giovedì 31 marzo 2011

Uranus (Walter Davis Jr.)

  Non so quanti che ascoltavano il jazz verso la fine degli anni Settanta avrebbero pensato a quella come a un’epoca d’oro della musica; ma è così che appare oggi. In Italia, fra festival, concerti e club, si sentivano abitualmente, tanto da darli per scontati, Anthony Braxton, Sam Rivers, l’Art Ensemble, George Lewis, Muhal Richard Abrams e gli altri dell’AACM di Chicago, allora tutti nel loro momento più fecondo ; Steve Lacy, Roswell Rudd, Carla Bley, Paul Bley; poi Max Roach, Art Blakey, Elvin Jones; gli europei della Globe Unity, e tantissimi altri.

  Il teatro Ciak di Milano, a cominciare credo dal 1978 fino agli anni Ottanta inoltrati, organizzava concerti e un festival annuale (oggi mi pare ospiti esclusivamente «comici» della tv e i musical all’italiana). Nel novembre del 1979 vi capitò Walter Davis Jr., pianista noto per tante sedute degli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta. Io ero presente ma ricordo poco, anzi: ammetto di ricordare soprattutto la strana, inquietante perfino, fisionomia del pianista… Chissà come e chissà quando, ho trovato in rete questo LP che una misteriosa casa discografica pubblicò due anni dopo, non so con quanta legittimità. Davis vi suona soprattutto sue composizioni e anche Glass Enclosure di Bud Powell, non molto bene per la verità.

  Davis era un pianista energico, di chiarissima ispirazione powelliana, e un compositore interessante, come mostra questa Uranus, dove l’improvvisazione ha poco spazio.

  Uranus (Davis), da «Uranus», Palcoscenico Records PAL 15008. Walter Davis Jr., piano. Registrato al teatro Ciak di Milano l’8 novembre 1979.

mercoledì 30 marzo 2011

Con Alma - Scarborough Fair - Lil’ Darlin (Ray Bryant)

  Ray Bryant (Philadelphia 1931) ha con i pianisti del soul jazz una coincidenza di repertorio e cronologica oltre che un’ovvia comune radice blues e gospel, ma rispetto a molti di loro, che io pure apprezzo (Bobby Timmons o Harold Mabern, per dire), ha sempre mostrato una superiore ricchezza di risorse lessicali, dovuta almeno in parte alla lunga attività di accompagnatore che lo ha visto accanto a grandi nomi quali Miles Davis, Sonny Rollins e Dizzy Gillespie.

  La varietà e la singolarità delle sue risorse pianistiche (neanche nel groove più bollente Bryant «zappa» mai la tastiera) la senti bene in questa versione della gillespiana Con Alma, in Scarborough Fair e in una versione felicemente upbeat e leggera di Lil’ Darlin di Neal Hefti, così spesso ponderosa in esecuzioni troppo lente.

  Con Alma (Gillespie), da «Sound Ray», Cadet LPS-830. Ray Bryant, piano; James Rowser, contrabbasso; Harold White, batteria. Registrato nel giugno 1969.



  Scarborough Fair (Trad.), ibid.



  Lil’ Darlin (Hefti), ibid.

martedì 29 marzo 2011

Stella By Starlight (Stanley Cowell)

  Stanley Cowell (l’hai sentito poco tempo fa con Max Roach) esegue Stella in 5/4 e in piena souplesse.

  Stella By Starlight (V. Young), da «Close to You Alone», DIW 603. Stanley Cowell, piano; Cecil McBee, contrabbasso; Ronnie Burrage, batteria. Registrato il 2 agosto 1990.

On a Turquoise Cloud I - II (Duke Ellington)

  On a Turquoise Cloud è ai vertici dell’opus di Duke Ellington. In forma bitematica-tripartita, a un’introduzione pianistica di quattro battute fa seguire un tema lirico di otto battute per la voce di soprano (Kay Davis), quindi un secondo tema di venti battute enunciato dal trombone di Lawrence Brown – tema che intrattiene con il primo il rapporto dialettico di innocenza vs. sofisticazione inscenato dalle pantomime del Cotton Club, secondo la nota lettura di Marcello Piras – che viene ripreso dapprima in un mirabile contrappunto di prima specie (nota contro nota) di voce e clarinetto, poi in contrappunto libero con le entrate successive di clarinetto basso, trombone, violino e ance per un’effetto armonico e di colore che è, veramente, qualcosa di mai sentito prima. Con la simmetria speculare amata da Ellington, ritorna il primo tema e quindi, in funzione di coda, l’intro pianistica.

  On a Turquoise Cloud è così splendida che non ti dispiacerà ascoltarne due versioni. La prima è quella in studio; la seconda è presa dal vivo alla Carnegie Hall, quattro giorni dopo.

  On a Turquoise Cloud (Ellington-Brown), da «The Complete Duke Ellington, 1947-52», vol. 2» CBS 462986 2. Ray Nance, violino; Lawrence Brown, Tyree Glenn, trombone; Jimmy Hamilton, clarinetto; Johnny Hodges, sax alto; Al Sears, sax tenore; Harry Carney, clarinetto basso; Duke Ellington, piano; Oscar Pettiford, Junior Raglin, contrabbasso Sonny Greer, batteria; Kay Davis, soprano. Registrato il 22 dicembre 1947.



  On a Turquoise Cloud, da «Carnegie Hall Concerts», Prestige 0600753232491. Formazione c.s., ma registrato il 26 dicembre 1947.

lunedì 28 marzo 2011

Malagueña (Pete LaRoca Sims)

  Malagueña, del compositore cubano Lecuona, in un’esecuzione chiaramente memore della coltraniana Olé di quattro anni prima. Il quartetto di Pete LaRoca brucia veramente, Henderson e Kuhn costruiscono assoli di progressione impacabile e intensità spaventosa, LaRoca è una roccia (appunto) e Steve Swallow, in quegli anni e in questa temperie, fra mainstream avanzato e avanguardia, aveva pochi rivali.

  Malagueña (Ernesto Lecuona), da «Basra», Blue Note CDP 7243 8 32091 2 5. Joe Henderson, sax tenore; Steve Kuhn, piano; Steve Swallow, contrabbasso; Pete LaRoca Sims, batteria. Registrato il 19 maggio 1965.

domenica 27 marzo 2011

Good Old Soul (Tina Brooks)

  «True Blue» non fu il primo disco inciso per la Blue Note da Harold Floyd «Tina» Brooks (1932-1974), ma «Minor Move», che lo precedette di un anno, uscì solo molti anni dopo, secondo uno sconfortante e inspiegabile trend per cui, di cinque dischi incisi da Brooks per la Blue Note a proprio nome, quattro sarebbero usciti dopo la sua morte.

  Good Old Soul è una sua composizione bellissima che suona quasi come una prima stesura, del tutto compiuta, dell’altra composizione Street Singer, incisa con un sestetto nell’ottobre successivo e pubblicata a nome di Jackie McLean con il resto di quella seduta. A contrasto con il suo titolo, Good Old Soul è tesa e angosciosa, né la rischiara l’abbastanza sorprendente ritmo Latin del bridge. L’assolo di Tina è di grande complessità e allo stesso tempo di grandissima, diretta forza espressiva. Si può essere d’accordo con Richard Cook, lo storico della Blue Note, che questa seduta, se non una delle più note, sia una delle più belle dell’etichetta.

  Good Old Soul (Brooks), da «True Blue», Blue Note 724308 75264 2 6. Freddie Hubbard, tromba; Tina Brooks, sax tenore; Duke Jordan, piano; Sam Jones, contrabbasso; Art Taylor, batteria. Registrato il 25 giugno 1960.

sabato 26 marzo 2011

Six Bits Blues (Max Roach)

  OK, questo è il pezzo più lungo che Jazz nel Pomeriggio abbia mai pubblicato: di fatto, si tratta di un intero LP. Sentirai il grande quartetto che Max Roach portava in giro in quegli anni, spessissimo anche in Italia, dove infatti il disco fu registrato da Aldo Sinesio. A rendere il tutto più indimenticabile è il contrabbasso nelle mani di Reggie Workman. Billy Harper è struggente, Bridgewater molto bravo, Workman mostra chi sia anche con l’archetto, ma a strabiliare, una volta di più, è Max, che sostiene e innerva per più di mezz’ora un 6/8 lento e ieratico come non so quale altro batterista sarebbe stato capace di fare.

  Six Bits Blues (Roach), da «The Loadstar», HORO HDP 9-10. Cecil Bridgewater, tromba; Billy Harper, sax tenore; Reggie Workman, contrabbasso; Max Roach, batteria. Registrato a Roma il 27 luglio 1977.

venerdì 25 marzo 2011

All Blues (Milt Buckner)

  Una versione di All Blues di Miles Davis, il pezzo in 6/8 che apriva la seconda facciata di «Kind of Blue», eseguita da un quartetto con vibrafono di Milt Buckner, qui all’organo.

  Buckner, come sai, è un musicista che io apprezzo. Questa sua disinibita lettura del classico ricorda le musiche che accompagnavano i cartoni di Hanna e Barbera nel mai troppo rimpianto Braccobaldo Show, particolarmente nell’assolo di Buckner. La ascolto con la fascinazione colpevole con cui ci si ferma a guardare i postumi di un incidente automobilistico.

  All Blues (Davis), da «The New World of Milt Buckner», Betlehem BCP 6072. Gene Redd, vibrafono; Milt Buckner, organo; Bill Willis, contrabbasso; Phil Paul, batteria. Registrato il 26 novembre 1962.

I Didn’t Know What Time It Was (Charlie Parker) (Ahmad Jamal) (Rahsaan Roland Kirk) (Ruby Braff & Ellis Larkins)

  Sarà capitato anche a voi di avere una musica in testa, a me da qualche giorno vi circola questa di Rodgers & Hart. Purtroppo Monk non ne ha data versione, così che io possa contemperare l’una e l’altra mia ossessione del momento, ma te ne propongo qualcuna che non dovrebbe farti rimpiangere troppo questa lacuna della discografia.

  La prima ha la qualità sonora di un reperto, addirittura risultando più bassa di un tono intero (la tonalità originale, Mi minore, qui è Re) ma non importa, perché è Charlie Parker dal vivo al St. Nick’s con il suo quintetto, nel 1950. Già l’enunciazione della melodia è impagabile; qui come nel resto del breve assolo, Bird si avvicina molto a un’improvvisazione di tipo tematico, insolita per lui, e fa capire in che credito sia verso Sonny Rollins.

  Segue, per un contrasto netto, l’interpretazione del trio di Ahmad Jamal, luminosa ed elegantissima, ma, a paragone con quella di Parker, quasi fatua.

  Poi Rahsaan Roland Kirk, con, fra gli altri, Roy Haynes, che suona anche nella versione di Parker, ma non si sente.

  Per finire una classica e meravigliosa lettura in duo di Ruby Braff ed Ellis Larkins.

  I Didn’t Know What Time It Was (Rodgers-Hart), da «Bird at St. Nick’s», Jazz Workshop/OJC 200412. Red Rodney, tromba; Charlie Parker, sax alto; Duke Jordan, piano; Tommy Potter, contrabbasso; Roy Haynes, batteria. Registrato il 18 febbraio 1950.



  I Didn’t Know What Time It Was, da «Complete Live at the Spotlite 1958, Vol. 2», Gambit 69265. Ahmad Jamal, piano; Israel Crosby, contrabbasso; Vernell Fournier, batteria. Registrato il 6 settembre 1958.



  I Didn’t Know What Time It Was, da «Domino», Mercury 9588. Rahsaan Roland Kirk, flauto; Herbie Hancock, piano; Vernon Martin, contrabbasso; Roy Haynes, batteria. Registrato il 17 aprile 1962.



  I Didn’t Know What Time It Was, da «Two by Two: Ruby Braff And Ellis Larkins Play Rodgers And Hart», Vanguard 8507. Ruby Braff, cornetta; Ellis Larkins, piano. Registrato nell’ottobre 1955.

giovedì 24 marzo 2011

New York, Fall 1974, Cut Three (Anthony Braxton)

  La terza traccia del famoso disco autunnale di Braxton chiudeva in origine la prima facciata con un andamento decisamente swingante, tanto più dopo l’angolosa e interamente scritta «cut two», un circuitoso unisono di tromba sordinata, flauto e contrabbasso quasi tutto in staccato. Qui sotto, il titolo alfa-numerico-grafico che Braxton ha assegnato alla composizione.

  (Braxton), da «New York, Fall 1974», Arista AL 4032. Anthony Braxton, sax alto; Kenny Wheeler, tromba; Dave Holland, contrabbasso; Jerome Cooper, batteria. 27 settembre 1974.

mercoledì 23 marzo 2011

Wee-Jay (JR Monterose)

  Pensando a Ira Sullivan (il cui disco «Horizons», l’unico che abbia mai fatto per una major, a me piace molto), pensando a Ira Sullivan, dicevo, ho ripescato questo Blue Note nel 1956 in cui Sullivan fa il sideman a un altro musicista oscuro, il saxofonista tenore JR Monterose. Monterose, che è morto nel 1993, l’hai sentito qui in compagnia di Kenny Dorham ed ebbe un ruolo importante in uno dei dischi più importanti del jazz, «Pithecanthropus Erectus» di Mingus. Ma dopo esordi così promettenti, subì, o forse cercò, una lunga eclisse nella provincia americana e in angoli sperduti d’Europa, registrando poco e male.

  Monterose (da non confondere con il West coaster tenorista Jack Montrose) era uno strumentista dal fraseggio molto individuale, in cui frasi in even eights e in staccato si alternavano a strane distorsioni tonali, e il cui suono richiama Rollins (un’influsso che Monterose stesso riconosceva) ma, nella sua asciuttezza, anche Charlie Rouse.

  Wee-Jay (Monterose), da «J. R. Monterose», Blue Note 50999-2-15387-28. Ira Sullivan, tromba; JR Monterose, sax tenore; Horace Silver, piano; Paul Chambers, contrabbasso; Philly Joe Jones, batteria. Registrato il 21 ottobre 1956.

Dancing in the Dark - Jollity (Dorothy Ashby)

  Il suono complessivo del quartetto, sommati flauto e arpa, è un po’ oltre quanto un gusto nemmeno troppo sorvegliato consiglierebbe: ma ascolta l’attacco, il fraseggio, i voicing e lo swing della Ashby (che a 1:10 di Dancing cita Four di Miles Davis) quand’è sola con la ritmica: jazz coi fiocchi.

  Dancing in the Dark (Schwartz-Dietz), da «In a Minor Groove», Prestige PR 7140. Frank Wess, flauto; Dorothy Ashby, arpa; Herman Wright, contrabbasso; Art Taylor, batteria. Registrato il 9 settembre 1958.



  Jollity (Ashby), ibid.

martedì 22 marzo 2011

Smoke Gets In Your Eyes - Reflections - Off Minor (Thelonious Monk)

  Sì, in questo periodo sono ossessionato da Monk. Lo sono da più di trent’anni, in verità, ma adesso di più, per via di un lavoro che sto facendo. Comunque non credo che te ne lamenterai: pensa se il mio lavoro avesse riguardato, non so, Claudio Villa o i Nirvana.

  La prima traversata atlantica di TM, per il Salon du Jazz di Parigi del 1954, non fu priva d'infortuni, ma ci ha lasciato almeno queste stupende nove tracce, registrate un lunedì pomeriggio, due giorni prima della sua ripartenza, negli studi della Radiodiffusion Française. Henri Renaud, l’amico di Monk che ne aveva propiziato la venuta in Francia, e Charles Delaunay e André Francis, organizzatori del festival, non avevano intenzione di mai pubblicarle; inoltre, quel giorno i tecnici dello studio facevano sciopero, e Francis dovette occuparsi lui della presa di suono.

  L’interpretazione che Monk dà qui della canzone di Jerome Kern è un classico; Reflections è una delle sue composizioni che suonò più raramente; Off Minor, dopo ’Round Midnight, è probabilmente quella che suonò e registrò di più ed è uno dei pezzi che io infilo qui ogni volta che posso.

  Smoke Gets In Your Eyes (Kern-Herbach), da «Monkism», LaserLight 17 179. Thelonious Monk, piano. Registrato il 7 giugno 1954.



  Reflections (Monk), ibid.



  Off Minor (Monk), ibid.

Snowy Morning Blues (James P. Johnson)

  Un utile memento di stride piano autentico.

  Snowy Morning Blues (Johnson), da «King of Stride Piano 1918-1944», Giant Of Jazz Recordings. James P. Johnson, piano; Eddie Dougherty, tamburo rullante. Registrato nel 1944.

lunedì 21 marzo 2011

You Don’t Know What Love Is - Misty (Harold Mabern)

  Ho un debole per Harold Mabern e per i pianisti di quel tipo, intensamente bluesy, ma il piano solo non mi sembra la situazione in cui rendono meglio. Per esempio, in «Misty», disco inciso nel 2007, Harold non evita di apparire uniforme e sommario, per non dire rozzo, nel fraseggio e nelle dinamiche, soprattutto in pezzi che hanno conosciuto rese pianistiche di altissimo esito, come Stolen Moments. A momenti, p.e. in You Don’t Know What Love Is, risolto in un uniforme martellamento (dopo un pur promettente vamp introduttivo, molto tyneriano nelle sue armonie quartali), sembra che il pianista abbia semplicemente fretta di finire, perché la canzone non gli piace, e il risultato è molto semplicemente… piuttosto brutto. Io te lo faccio sentire, mi dirai un po’ tu.

  Non così in Misty, ballad su cui i pianisti hanno sempre riversato sciroppo a brocche, a cominciare dal suo autore. Qui, è vero, lo stride di Mabern è sui generis, un po’ a pendola, ma la composizione si giova della sua asciuttezza e devozione allo swing e al blues. Nota poi come Mabern esegua all’inizio anche il verse, la strofa, della canzone, non limitandosi al chorus.

  You Don’t Know What Love Is (Raye-De Paul), da «Misty», Venus AVEN 19197. Harold Mabern, piano. Registrato nel 2007.



  Misty (Garner), ibid.

domenica 20 marzo 2011

Jersey Bounce - Sunny (Milt Buckner)

  Milt Buckner, che ti ho già proposto una volta come organista, era un musicista proteiforme, arrangiatore, vibrafonista ma soprattutto pianista. In quest’ultima veste praticò per primo lo stile locked hands, in cui le due mani procedono a voci parallele, armonizzando ogni nota della lina melodica, la quale è affidata alla nota superiore dell’accordo della mano destra e, di solito, a quella inferiore della sinistra, due ottave sotto, con alcune possibili varianti nel mezzo. George Shearing, che si è da pochissimo reso defunto, perfezionò lo stile e lo rese popolare con il suo quintetto.

  Nel secondo pezzo, la notissima Sunny di Bobby Hebb, Milt suona l’organo e illustra bene perché le sue esibizioni organistiche trovino spesso posto nelle compilation dedicate al «genere» lounge. Il suono che Buckner imposta sull’Hammond è comunque diverso da quello di Jimmy Smith, ripreso grosso modo da tutti gli organisti successivi del soul jazz; ricorda più la sonorità caratteristica, un po’ circense, dei grandi organi a canne americani da teatro, i Wurlitzer o i Gulbransen, quelli con cui incise Fats Waller.

  In entrambi i pezzi, Milt è registrato a Colonia con la sezione ritmica della Clarke/Boland Big Band (non c’è refuso nel nome del batterista: la CBBB ebbe a un certo momento due batteristi quasi omonimi, il co-direttore Kenny Clarke e, appunto, l’inglese Kenny Clare).

  Jersey Bounce (Johnson-Platter-Bradshaw-Wright), da «Locked Hands», Saba/MPS 5290942. Milt Buckner, piano; Jimmy Woode, contrabbasso; Kenny Clare, batteria. Registrato il 20 o il 30 agosto 1968.



  Sunny (Hebb), ibid. ma Buckner suona l’organo.

sabato 19 marzo 2011

Schroeder - Linus and Lucy (Vince Guaraldi)

  Questo l’avevo mezzo promesso in un commento, e una mezza promessa è un mezzo debito. Vince Guaraldi (1928-1976), pianista di San Francisco, ha il suo nome legato quasi per intero ai cartoni di Charlie Brown, che musicò nella seconda metà degli anni Sessanta. Fece altre buone cose e nella sua città è tuttora ricordato con molto affetto, ma avesse fatto solo questo, basterebbe per lasciare un buon ricordo. Infatti Vince seppe fornire ai Peanuts una colonna sonora schiettamente jazzistica, senza compromettere di un’oncia il suo stile spontaneamente semplice e comunicativo, davvero molto californiano.

  Schroeder mi fa sempre ridere, perché prende spunto dalla prima battuta di un brutto minuetto in Sol di Beethoven che tanti che hanno preso lezione di piano da bambini si sono visti infliggere.

  Schroeder (Guaraldi), da «A Boy Named Charlie Brown», Fantasy FSA-8430-6. Vince Guaraldi, piano; Monty Budwig, contrabbasso; Colin Bailey, batteria. Registrato nel 1964.



  Linus and Lucy (Guaraldi), ibid.

venerdì 18 marzo 2011

Time After Time - Nancy (With the Laughing Face) (Ben Webster)

  Ben Webster with Strings! Con un quartetto d’archi, per la precisione, più sezione ritmica, arrangiati da Johnny Richards (ero incerto se fartici svegliare, ma poi ho pensato che l’avresti preferito, invece, come viatico ai sogni d’oro. Qui a Milano oggi era primavera).

  Time After Time (Styne-Cahn), da «Warm Moods», Warner Bros. 8122 73721 2. Ben Webster, sax tenore; Donn Trenner, piano, celesta; Don Bagley, contrabbasso; Frank Capp, batteria; Armond Karpoff, violoncello; Cecil Figelsky, viola; Alfred Lustgarten, Lisa Minghetti, violino. Registrato nel gennaio 1960.



  Nancy (With the Laughing Face) (Van heusen-Silvers), ibid.

Ubu Suku - Jumping Rope (Abdullah Ibrahim [Dollar Brand])

  Come immagino tu sappia, e se non lo sai te lo dico adesso io, fu Duke Ellington a portare sulla scena jazzistica internazionale Dollar Brand/Abdullah Ibrahim nel 1964, così come, l’anno prima, sua moglie Sathima Bea Benjamin. Questo disco di Ibrahim, in un trio tutto africano e prodotto da Ellington, mostra fra l’altro il livello e l’aggiornamento dei jazzisti in un paese fino ad allora jazzisticamente oscuro come il Sudafrica, che proprio in quel 1964, inizio dell’avventura europea dei Blue Notes, andava rivelandosi al mondo. Il contrabbassista Johnny Gertze e il grande batterista Makaya Ntshoko sono una ritmica fortissima.

  Più nel dettaglio, Dollar Brand dimostra di aver ascoltato e assorbito Monk come pochi avevano fino ad allora, anche in America. Nel disco è contenuto Brilliant Corners (dunque sbagliavo, mesi fa, scrivendo che era stato Braxton l’unico a riprendere questa composizione monkiana), sia pure eseguito con un inspiegabile errore: Re al posto di Re bemolle nella seconda metà della seconda battuta del tema; e Ubu Suku, che ti faccio sentire, il cui tema prende spunto dagli incisi inziali di due standard spessissimo eseguiti da Monk, I’m Getting Sentimental Over You e You Are Too Beautiful, e che alla quinta battuta ha un movimento di bassi uguale a quello di Crepuscule with Nellie.

  Ubu Suku (Dollar Brand), da «Duke Ellington Presents the Dollar Brand Trio», Warner Bros. 6111. Dollar Brand, piano; Johnny Gertze, contrabbasso; Makaya Ntshoko, batteria. Registrato il 3 febbraio 1964.



  In Jumping Rope, avrai la sorpresa di sentire Dollar Brand sotto l’influsso, oltre che di Monk, di Ahmad Jamal: potrebbe davvero essere di Jamal la composizione a sezioni, con un preludio, una lunga sezione centrale per gli assoli e un breve outchorus prima della ripresa del preludio. Jumping Rope ha un’altra curiosità strutturale: il preludio anticipa, contratta, la struttura armonica della distesa sezione centrale.

  Jumping Rope (Dollar Brand), id..

Cool Blue (Coleman Hawkins)

  Una seduta di Hawk dei tardi anni Cinquanta, senza troppe pretese, senza nessuno nel line-up che possa dargli ombra, in cui non rielabora allo sfinimento gli accordi di qualcuno dei suoi standard preferiti; una seduta di tutti blues, o di canzoni-blues, o pezzi colorati di blues. In una parola, una meraviglia.

  Cool Blue (Valentine), da «Swingville», Prestige/OJCCD 096-2. Joe Thomas, tromba; Vic Dickenson, trombone; Coleman Hawkins, sax tenore; Tommy Flanagan, piano; Wendell Marshall, contrabbasso; Osie Johnson, batteria. Registrato l’8 gennaio 1960.

giovedì 17 marzo 2011

Blues for Tomorrow («East Coast All-Stars»)

  Il blues che segue è da considerarsi in absentia Thelonii, perché inciso da un gruppo radunato da Thelonious Monk, nel corso di una seduta di Monk («Monk’s Music», 1957, il disco che ha in coperina Monk seduto su un carrettino), ma Monk non c’è. Ecco le singolari circostanze di questa incisione, nel racconto dal biografo di Monk Robert D. G. Kelley:

  Monk non smise di manipolare Crepuscule [with Nellie] fino al giorno dell’incisione per la Riverside, il 25 di giugno. Per diverse notti immediatamente precedenti era rimasto alzato a tormentarsi sulla musica, completamente smarrito per l’assenza di Nellie. In particolare era ansioso per la seduta, non solo perché sarebbe stato il debutto di Crepuscule, ma anche perché aveva per l’occasione ingaggiato il suo eroe e primo mentore Coleman Hawkins. Monk e Hawkins non suonavano insieme da oltre dieci anni, ma si erano sempre tenuti in contatto. Come gli aveva promesso, Thelonious aveva poi chiamato Coltrane, il trombettista Ray Copeland e Gigi Gryce, costui anche con le mansioni di arrangiatore. La sezione ritmica si componeva di due dei musicisti preferiti di Monk, Blakey e Wilbur Ware. Quando Blakey arrivò con più di un’ora di ritardo, l’ansia di Monk era prossima al punto di rottura. (…) Prossimo a soccombere alla stanchezza, Monk dichiarò finita la seduta. Ma Orrin Keepnews [produttore della Riverside], che non era tipo da sprecare del tempo che era stato pagato agli studi, chiese alla band di registrare un blues improvvisato facendo a meno del pianista. In fretta e furia, Gryce compose un blues a riff alla Count Basie. Ne uscì una jam session di tredici minuti, Blues for Tomorrow, più tardi pubblicata dalla Riverside sotto nome di Hawkins.

  Blues for Tomorrow (Gryce), da «Blues for Tomorrow», Riverside/OJCCD-030-2. «East Coast All-Stars»: Ray Copeland, tromba: Gigi Gryce, sax alto; Coleman Hawkins, John Coltrane, sax tenore; Wilbur Ware, contrabbasso; Art Blakey, batteria. Registrato il 25 giugno 1957.

mercoledì 16 marzo 2011

Kryptonite (Wayne Shorter)

  Ti vengono in mente altri casi in cui un jazzman si sia ispirato a un fumetto? Se ti vengono in mente, ti prego di lasciarmeli nei commenti (a proposito: sveglia!). È una curiosità per contemperare questi due miei interessi, suggeritami anche dall’ascolto di questo magnifico disco di Wayne Shorter del 1967. Qui in Kryptonite ascolta con attenzione particolare la cadenza di Shorter senza piano, sul pedale suonato da Carter (intorno a 3:30) e poi il rientro graduale di Hancock e di Carter.

  Kryptonite (Shorter), da «Schizophrenia», Blue Note BST 84297. Curtis Fuller, trombone; James Spaulding, flauto; Wayne Shorter, sax tenore; Herbie Hancock, piano; Ron Carter, contrabbasso; Joe Chambers, batteria. Registrato il 10 marzo 1967.

martedì 15 marzo 2011

Soft Lights and Sweet Music‬ (John Coltrane)

  John Coltrane aveva il gusto e il genio perverso di prendere una canzonetta innocua e anche insulsa e di trasformarla in un qualcosa ossessivo e minaccioso (My Favorite Things, Chim-Chim-Cheree), come anche di prendere un garbato fox-trot e di metterlo semplicemente nella lavatrice con la centrifuga veloce, come fa qui.
  Va osservato comunque che questo ‪Soft Lights and Sweet Music‬ di Irving Berlin ha già di suo una progressione armonica insolita, e questo avrà probabilmente attratto Coltrane più di ogni altra cosa. Erano gli anni in cui era dentro fino ai capelli nell’esplorazione e nella espansione delle strutture accordali: in questo disco «Traneing In», non certo dei più noti, Coltrane fa delle scelte di repertorio peculiari, dettate appunto dall’interesse del materiale armonico (te ne ho già fatta sentire Slow Dance).

  Soft Lights and Sweet Music‬ (Berlin), da «Traneing In», Prestige/OJCCD 189. John Coltrane, sax tenore; Red Garland, piano; Paul Chambers, contrabbasso; Art Taylor, batteria. Registrato il 23 agosto 1957.

Lift Ev’ry Voice and Sing - He Puts On His Coats and Leaves… (Jason Moran)

  Prima un’interpretazione espressionistica, eccessiva, cerebrale di Lift Ev’ry Voice and Sing, «the Black National Anthem», da parte di Jason Moran. Poi un suo assolo, caratteristicamente intenso e variato nella tessitura e nella dinamica.

  Lift Ev’ry Voice and Sing (J. W. Johnson-J. R. Johnson), da «Artist in Residence», Blue Note 0946 3 62711 2. Garvin Sewell, chitarra; Jason Moran, piano; Tarus Mateen, contrabbasso; Nasheet Waits, batteria. Registrato il 16 febbraio 2006.



  He Puts On His Coats and Leaves… (Moran), ibid., Jason Moran, piano.

lunedì 14 marzo 2011

Man of the Light (Zbigniew Seifert)

  Zbigniew Seifert (1946-1979), polacco, voleva «suonare il violino come l’avrebbe suonato John Coltrane» e lo fece con risultati entusiasmanti. Alcuni dei pochi dischi a suo nome, sentiti oggi, sentono un po’ di una fusion datata (non questo, guarda che ritmica), ma Zbigniew era davvero un solista di qualità eccezionali.

  Conformemente alla sue inclinazioni coltraniane, Man of the Light è dedicato a McCoy Tyner, e Joachim Kühn vi suona come un Tyner crucco.

  Man of the Light (Seifert), da «Man of the Light», MPS 68.163. Zbigniew Seifert, violino; Joachim Kühn, piano; Cecil McBee, contrabbasso; Billy Hart, batteria. Registrato dal 27 al 30 settembre 1976.

domenica 13 marzo 2011

The Bite (Steve Lacy)

  Steve Lacy e Roswell Rudd, come ricordavo poco sotto, hanno avuto una lunga e approfondita esperienza della musica di Monk, Lacy avendo anche suonato con Monk per diversi mesi. L’affinità è secondo me molto evidente in questa composizione di Lacy, e non solo nella composizione, ma nell’improvvisazone – qui per lo più simultanea – delle due voci soliste. Alla batteria fa’ attenzione al grande Beaver Harris, che ti ho fatto sentire di recente con Archie Shepp.

  The Bite (Lacy), da «Trickles», Black Saint 120008-2. Roswell Rudd, trombone; Steve Lacy, sax soprano; Kent Carter, contrabbasso; Beaver Harris, batteria. Registrato il 14 marzo 1976.

Cookin’ at the Continental (Horace Silver)

  «Cookin’ at the Continental (dall’album “Finger Poppin’”) (…) è eseguita, così dai solisti come dal complesso, con energia e impeto eccezionalmente sostenuti, e con un’ispirazione swingante quale di rado è catturata in una sala di registrazione, e quasi altrettanto raramente dal vivo. (…). Cookin’ offre poi anche l’occasione di sentire il saxofonista Junior Cook echeggiare qui e lì lo stile di Lester Young, un approccio assai adatto allo stile di Silver».
(Martin Williams, The Jazz Tradition, Oxford University Press, 1993 [II ed.], p. 195).

  Cookin’ at the Continental (Silver), da «Finger Poppin’», Blue Note 7 243 5 42304 2 4. Blue Mitchell, tromba; Junior Cook, sax tenore; Horace Silver, piano; Gene Taylor, contrabbasso; Louis Hayes, batteria. Registrato il 31 gennaio 1959.

sabato 12 marzo 2011

Monk’s Mood (Bud Powell) (New York Contemporary Five)

  Prima la versione di Monk’ Mood di Bud Powell, drammatica, quasi viscerale. Poi quella «programmatica» dei New York Contemporary Five, all’epoca una delle punte più avanzate del jazz (infatti avevano dovuto cercare lavoro in Danimarca).

  Al proposito, ecco un po’ di storia, anzi va’, di gossip. I NYCF avevano in repertorio diverse composizioni di Monk; il loro contrabbassista Don Moore, poi, molte altre le aveva suonate come membro del quartetto di Steve Lacy e Roswell Rudd, il cui repertorio comprendeva anzi solo pezzi di Monk. E proprio a Moore, da poco tornato negli S.U. nel 1964, toccò la ventura di suonare con Monk, che era stato piantato in rapidissima successione dai suoi ultimi due bassisti, Butch Warren e Bob Cranshaw (i pochi anni di carriera che ancora restavano a Monk avrebbero visto una successione infinita di bassisti nel quartetto).
  Moore dovette accorgersi a sue spese che suonare Monk con Monk era tutt’altro paio di maniche: nel quartetto durò una settimana. Dopo una serata a Boston, Thelonious fu sentito chiedersi perché mai «i contrabbassisti non sanno suonare il loro strumento» e lamentare la morte di Oscar Pettiford – con il quale aveva comunque litigato a morte anni prima, ai tempi di «Brilliant Corners». Moore fu licenziato il giorno dopo.

  Monk’s Mood (Monk) da «A Portrait of Thelonious», Columbia/Legacy 65187. Bud Powell, piano; Pierre Michelot, contrabbasso; Kenny Clarke, batteria. Registrato il 17 dicembre 1961.



  Monk’s Mood, da «The New York Contemporary Five», Storyvile STCD8209. Don Cherry, cornetta; John Tchicai, sax alto; Archie Shepp, sax tenore; Don Moore, contrabbasso; J. C. Moses, batteria. Registrato alla Jazzhus Montmartre di Copenaghen il 15 novembre 1963.

venerdì 11 marzo 2011

Happyology (Yusef Lateef)

  Titolo e foto di copertina di questo disco di Yusef Lateef sono molto tongue-in-cheek, ma, secondo spirito più genuino del jazz, dicono con nonchalance e umorismo la pura verità, comunicando riflessioni profonde.

  Happyology scherza con un nome che richiama i classici del bop, e la composizione stessa altro non è che la dizzyiana Woody ’n’ You, incunabolo del bop e pietra miliare dell’afro-cuban: nella sua introduzione, Lateef la fa risalire alla madre comune delle musiche caraibiche e del jazz, l’Africa, ma un’Africa (anche) sapidamente caricaturale. Poi, poco dopo la metà, il pezzo abbandona la sequenza armonica di Woody ’n’ You per incantarsi su un ostinato e assumere un colore modale, per l’epoca (1957) insolito. Poco più di dieci minuti per una riflessione poietica e, come dicono i critici di polso, metalinguistica sul presente, il passato e il futuro del jazz!

  Happyology (Lateef), da «Jazz for the Thinker», Savoy MG 12109. Yusef Lateef, sax tenore; Curtis Fuller, trombone; Hugh Lawson, piano; Ernie Farrow, contrabbasso, Louis Hayes, batteria. Registrato il 5 aprile 1957.

giovedì 10 marzo 2011

Fly Me to the Moon (Roy Haynes)

  Versione «in tre» della celebre canzone in una rara (per l’epoca) uscita a proprio nome di Roy Haynes. Credo che questa sia una delle prime versioni jazzistiche della canzone, che all’epoca era ancora recente. Rahsaan Roland Kirk si è sempre trovato a proprio agio sui tempi dispari.

  Fly Me to the Moon (Howard), da «Out of the Afternoon», Impulse A-23. Rahsaan Roland Kirk, sax tenore, stritch, manzello; Tommy Flanagan, piano; Henry Grimes, contrabbasso; Roy Haynes, batteria. Registrato il 16 maggio 1962.

Smithville (Louis Smith)

  L’estate scorsa ti ho fatto sentire Louis Smith, un grande trombettista che a una brillante carriera preferì l’insegnamento. Qui è nel secondo di ben pochi dischi a suo nome, in una compagnia ideale composta dei soliti sospetti, in una seduta Blue Note tipica dei tardi Cinquanta, godibile come un bel sogno.

  Smithville (Smith), da «Smithville», Blue Note 58289. Louis Smith, tromba; Charlie Rouse, sax tenore; Sonny Clark, piano; Paul Chambers, contrabbasso; Art Taylor, batteria. Registrato il 30 marzo 1958.

mercoledì 9 marzo 2011

Wanderlust - Dooji Wooji (Johnny Hodges/Duke Ellington)

  A nome di Johnny Hodges, due complessi di ellingtoniani con la partecipazione e il tocco inconfondibile di Duke stesso. «Rabbit» si conferma uno dei più grandi suonatori di blues.

  Wanderlust (Ellington), da «Hodge Podge», Sony/Epic 599. Cootie Williams, tromba; Johnny Hodges, sax soprano; Harry Carney, sax baritono; Duke Ellington, piano; Billy Taylor, contrabbasso; Sonny Greer, batteria. Registrato il 20 dicembre 1938.



  Dooji Wooji (Hodges), ibid. ma Hodges suona il sax alto; Lawrence Brown, trombone. Registrato il 27 febbraio 1939.

martedì 8 marzo 2011

Body and Soul (Joe Gordon)

  Rileggo i titoli dei post dell’ultimo paio di settimane o tre e mi accorgo che la programmazione si è fatta meno varia che in passato, sia nell’ambito temporale che in quello stilistico. Gli è che il periodo mi suggerisce, m’impone, una comfort music dai titoli volentieri culinari, come mi è stato fatto autorevolmente osservare. Del resto, I never promised you a rose garden.

  Dico questo per giustificare la somministrazione così ravvicinata di un terzo Body & Soul. È meno consueto in quanto eseguito da un trombettista + ritmica, e non dal solito sax tenore, e poi perché il trombettista è Joe Gordon. Le sue cose più note, Gordon le ha fatte come comprimario, con Shelly Manne in una serie famosa di dischi West Coast (che sempre voglio farti sentire e sempre mi dimentico), e come occasionale sideman di Monk, a San Francisco nel 1960. Qui lo senti al suo esordio come leader – seguì solo un altro disco, o altri due – , esordio che basta per dire che Joe prometteva moltissimo. Aveva una sonorità gradevolmente acida, una vena melodica spiccata e un certo senso dell’umorismo (senti il suo ritorno per gli ultimi due chorus, al minuto 3:05), messi molto bene a servizio di Body and Soul in questa esecuzione a cui i timpani di Blakey conferiscono, all’inizio, un curioso andamento solenne. Gordon morì nel 1963, solo trentacinquenne, per le conseguenze di un incendio a casa sua.

  Body and Soul (Heyman-Green), da «Introducing Joe Gordon», (Mercury) EmArcy 9106. Joe Gordon, tromba; Junior Mance, piano; James Schenk, contrabbasso; Art Blakey, batteria. Registrato l’8 settembre 1954.

lunedì 7 marzo 2011

Chocolate Cadillac (Horace Parlan)

  Ammetto che ho voluto pubblicare questa Chocolate Cadillac soprattutto per l’allegria carnevalesca del suo titolo, un sogno di cuccagna dal ghetto nero di qualche grande città del Nord degli SU, rispecchiato dal buffo temino a domanda e risposta che, nella sua prima sezione, è costruito sulle armonie di Blue Skies. Horace Parlan vale sempre l’ascolto ed è fra l’altro un virtuoso sensazionale, se pensi che, per via della polio contratta da piccolo, suona con sole tre dita della sinistra e due della destra. Ricompare poi Frank Strozier, che ultimamente si vede spesso da queste parti, con Frank Foster, no slouch either.

  Chocolate Cadillac (Parlan), da «Frank-ly Speaking», SteepleChase SCCD 31076. Frank Strozier, sax alto; Frank Foster, sax tenore; Horace Parlan, piano; Lisle Atkinson, contrabbasso; Al Harewood, batteria. Registrato il 5 febbraio 1977.

domenica 6 marzo 2011

Monaco (Kenny Dorham) [Era: Quiz #8]

  A grande richiesta (unanime, di fatto) torna il quiz, da ultimo monopolizzato da Paolo (il) Lancianese. Il nome del trombettista entro mercoledì 9 in mattinata.

Aggiornamento: come avevo facilmente previsto, PL ha risposto prima che chiunque altro potesse perfino provarcisi.

  Monaco (Dorham), da «’Round About Midnight at the Cafe Bohemia», Blue Note CDP 7 46541-1. Kenny Dorham, tromba; J. R. Monterose, sax tenore; Bobby Timmons, piano; Sam Jones, contrabbasso; Arthur Edgehill, batteria. Registrato il 31 maggio 1956.

Effi (Max Roach)

  Grande quintetto di Max Roach della fine degli anni Sessanta, con la luminosa presenza, soprattutto, di Charles Tolliver e di Stanley Cowell. Max avrebbe tenuto questo valzer di Cowell nel repertorio dei suoi quartetti degli anni Settanta, ma dandone versioni meno torride e più canore.

  Effi (Cowell), da «Members Don’t Git Weary», Koch KOC-CD-8514. Charles Tolliver, tromba; Gary Bartz, sax alto; Stanley Cowell, piano; Jymie Merritt, contrabbasso; Max Roach, batteria. Registrato nel giugno 1968.

sabato 5 marzo 2011

Pannonica (Willem van Manen)

  Willem van Manen, trombonista olandese, con Misha Mengelberg e il contrabbassista sudafricano Harry Miller nella ballad di Monk dedicata alla sua grande amica, baronessa de Koenigswarter. Van Manen è bravo ma, come capita a molti anche bravissimi, un po’ pedestre nel trattare Monk (questa è un po’ una mia ossessione); Mengelberg, invece, è uno dei pochi monkiani veri e puri.

  Pannonica (Monk), da «Willem van Manen», BvHaast. Willem van Maanen, trombone; Misha Mengelberg, piano; Harry Miller, contrabbasso; Martin van Nuynhoven, batteria. Registrato nel 1979

venerdì 4 marzo 2011

Stardust (Eddie «Lockjaw» Davis) (Frank Strozier)

  Ancora due versioni di uno standard notissimo. Nella prima senti Eddie «Lockjaw» Davis, uno dei saxofonisti più originali e bizzarri di sempre, nel formato tenor & organ che in quegli anni era diventato popolarissimo, non solo discograficamente, ma anche come formazione presente nei bar dei quartieri neri delle grandi città degli S.U., visto che consentiva di risparmiare sul bassista. Qui li bassista c’è eccome – è George Duvivier – , perché la Shirley Scott era passata solo da poco dal piano all’organo, che suona comunque già con stile personale e delizioso, secondo me più musicale di quello di Jimmy Smith. Jerome Richardson ci sta, con il flauto, come il proverbiale cavolo a merenda.

  Stardust (Carmichael), da «Cookbook 2», Prestige OJCCD-653-2. Eddie «Lockjaw» Davis, sax tenore; Jerome Richardson, flauto; Shirley Scott, organo; George Duvivier, contrabbasso; Arthur Edgehill, batteria. Registrato il 5 settembre 1958.



  Segue la versione di un quartetto di Louis Hayes, incisa esattamente vent’anni dopo. Frank Strozier se ne appropria con la cadenza iniziale e non la molla più, seguito a meraviglia dal gruppo che esegue un arrangiamento con un interessante twist armonico: i Coltrane changes a cesura e a chiusa della sequenza.

  Stardust, da «Variety Is the Spice», Gryphon G-787. Frank Strozier, sax alto; Harold Mabern, piano; Cecil McBee, contrabbasso; Louis Hayes, batteria. Registrato il 9 ottobre 1978.

giovedì 3 marzo 2011

Body and Soul (Paul Gonsalves) (Archie Shepp)

  Due versioni di Body and Soul. Sono entrambe lontanissime da noi nel tempo, ma non così fra loro: undici anni appena, eppure… Paul Gonsalves, qui con la band di Ellington a ranghi ridotti, è senz’altro uno dei tenoristi che Shepp ha più cari. In questa esecuzione, Shepp mette perfino a buon partito le modeste risorse pianistiche e musicali di Dave Burrell. Puoi fare tre ascoltando la bella e classica versione di Body and Soul data da Lucky Thompson.

  Body and Soul (Heyman-Green), da «The Cosmic Scene», Tristar. Paul Gonsalves, sax tenore, con Clark Terry, tromba; Quentin Jackson, Britt Woodman, trombone; John Sanders, trombone a pistoni; Jimmy Hamilton, clarinetto; Duke Ellington, piano; Jimmy Woode, contrabbasso; Sam Woodyard, batteria. Registrato il 2 aprile 1958.



  Body and Soul, da «Yasmina, A Black Woman», (BYG Actuel) SNAP 162. Archie Shepp, sax tenore; Dave Burrell, piano; Malachi Favors, contrabbasso; Philly Joe Jones, batteria. Registrato a Parigi il 12 agosto 1969.

mercoledì 2 marzo 2011

Never Let Me go (Dolo Coker)

  Charles Mitchell «Dolo» Coker (1927 – 1983) pianista, era cresciuto e si era formato a Filadelfia, poi aveva avuto un’intensa carriera di sideman con artisti importanti. Arrivò a incidere come leader solo nel 1976: per l’etichetta Xanadu fece in tempo a produrre quattro LP a suo nome e a suonare in molti altri. Non è un pianista appariscente, ma nei suoi assoli come nei suoi accompagnamenti non si troverà una nota, un voicing, una sfumatura dinamica che non siano calibrati alla luce di considerazioni musicali, e poi perfettamente eseguiti.

  Nel pezzo che ti propongo, Dolo ha con sé Leroy Vinnegar, il formidabile contrabbassista californiano, in possesso di uno dei più possenti walking del jazz moderno, e l’altro eccellente californiano Frank Butler.

  Never Let Me go (Livingston-Evans), da «Dolo!», Xanadu 139. Dolo Coker, piano; Leroy Vinnegar, contrabbasso; Frank Butler, batteria. Registrato il 26 dicembre 1976.

martedì 1 marzo 2011

Hyla Crucifer… Silence Of (Henry Threadgill)

  Henry Threadgill si è immaginato così questa piccola rana (Hyla crucifer) che aspetta la pioggia nel silenzio. Almeno, a me piace pensare che sia la ila a dire io in questo idillio siccitoso e notturno.

  Hyla Crucifer… Silence Of (Threadgill), da «Carry the Day», Columbia 66995. Very Very Circus: Henry Threadgill, flauto; Mark Taylor, corno; Brandon Ross, chitarra soprano; Tony Cedras, fisarmonica; Edwin Rodriguez o Marcus Rojas, tuba; Gene Lake, batteria. Sentienla Toy, canto. Registrato nel 1995.