martedì 29 novembre 2011

A Night in Tunisia (Art Blakey & the Jazz Messengers)

  Questa mattina voglio mettere un po’ di ginger nel tuo caffelatte decaffeinato, nel tuo orzo tostato, nella tua ovomaltina; voglio metterti un tigre nel motore. Fa’ conto di buttare giù un grappino giallo come fanno per colazione nelle Venezie: questa versione di Night in Tunisia dei Jazz Messengers, del resto molto nota, è veramente too much.

  A Night in Tunisia (Gillespie-Paparelli), da «A Night in Tunisia», Blue Note 4049. Lee Morgan, tromba; Wayne Shorter, sax tenore; Bobby Timmons, piano; Jymie Merritt, contrabbasso; Art Blakey, batteria. Registrato il 7 agosto 1960.



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lunedì 28 novembre 2011

The Boy Next Door (J. J. Johnson & Kai Winding)

  Sembrerà strano, ma il mellifluo connubio dei due tromboni di J. J. Johnson e Kai Winding fu un’idea di quel poco mellifluo fra tutti i musicisti jazz, Charles Mingus, che la portò alla luce in uno dei suoi workshop degli anni Cinquanta di qui si è già avuto modo di parlare (fa’ clic su Mingus nella «nuvola» qui a destra»). Mingus sperimentò anche con quattro e con otto tromboni, e quella delle formazioni tutte composte di tromboni resterà un’idea molto amata, anche se quasi solo dai trombonisti.

  In The Boy Next Door, che ricordo cantata da Judy Garland in «Meet Me in Saint Louis», espone il tema e prende il primo assolo Kai; poi è la volta di J. J., con infine di nuovo Kai a chiudere. In questo primo disco, che ha proprio Mingus al contrabbasso e Wally Cirillo al piano, all’epoca molto legato a Mingus, i due non sono melliflui come sarebbero diventati in seguito (ma a me piacciono sempre).

  The Boy Next Door (Martin-Blane) da «Jay And Kai», Savoy. J. J. Johnson, Kai Winding, trombone; Wally Cirillo, piano; Charles Mingus, contrabbasso; Kenny Clarke, batteria. Registrato il 26 agosto 1954



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domenica 27 novembre 2011

Mood Indigo (Morris Nanton)

  Torna il raffinato, intelligente, umoristico pianismo di Morris Nanton, un musicista che davvero non merita il dimenticatoio in cui è caduto (anche per colpa sua, però: non voleva viaggiare) e che JnP ti ha già presentato alcuni mesi fa.

  Mood Indigo, come tutte le composizioni di Ellington, non è materiale semplice per nessun altro: per dirne uno, pochi anni fa il trombonista italiano Petrella ne ha data una versione molto brutta e volgare in un suo premiato disco. Nanton e i suoi vi aggiungono una discreta ma vivida vena funk, come il periodo gradiva, e la percorrono con lieve musicalità in una entusiasmante climax.

  Mood Indigo (Ellington), da «Something We’ve Got», Prestige PR 7409. Morris Nanton, piano; Norman Edge, contrabbasso; Al Beldini, batteria. Registrato il 13 maggio o il 16 giugno 1965.



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sabato 26 novembre 2011

My Funny Valentine (Hank Jones)

  Hank Jones, qui in trio nel 1955, esegue la canzone celeberrima di Rodgers e Hart e ne dà una delle versioni definitive. A mio giudizio, eh – adesso come adesso, non riesco a farmene venire in mente una che mi piaccia di più, né di Miles né di Mulligan né di Chet Baker.

  In particolare l’esposizione del tema prima che entri la ritmica, non in tempo libero secondo la prassi tatumiana divenuta luogo comune, bensì in tempo rubato, con un lieve sfasamento fra le due mani ma con una pulsazione sempre evidente, basterebbe a illuminare la grandezza di questo pianista e a dare un esempio in vivo di che cosa sia lo swing, quella propulsione in avanti che è ovvia quando la senti ma che è difficile qualificare e quantificare. Quanto segue non è da meno.

  My Funny Valentine (Rodgers-Hart), da «Complete Original Trio Recordings», Lonehill Jazz, LHJ10340. Hank Jones, piano; Wendell Marshall, contrabbasso; Kenny Clarke, batteria. Registrato il 4 agosto 1955.



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venerdì 25 novembre 2011

Blue Seven - Well, You Needn’t (Jeremy Steig)

  Credo che il flauto sia lo strumento più negletto su Jazz nel Pomeriggio, anzi: ora non mi va di controllare, ma non credo che vi sia mai apparso altro flautista che Eric Dolphy, e anche lui in non più di un paio d’occasioni.

  Metto una toppa con Jeremy Steig, un musicista elusivo, che si è visto poco e ha inciso ancora meno (credo che oggi si dedichi in prevalenza alla pittura, sulle orme del padre, storico vignettista del New Yorker) ma che fra anni ’60 e ’70 fu gradito al pubblico e apprezzato dai colleghi, tanto che Bill Evans, che come non tutti sanno era un discreto flautista, lo volle con sé in un disco.

  Sul finire degli anni Sessanta la musica di Steig virò verso la fusion, ma il suo disco d’esordio «Flute Fever» (1963) era prettamente jazzistico, composto tutto di standard o di celebri composizioni jazz come appunto Blue Seven, leggendaria esecuzione di Sonny Rollins (con il titolo originale di Blue 7) in «Saxophone Colossus», e Well, You Needn’t. Il suono raschiato, fischiante di Steig si deve anche alla particolare imboccatura che era costretto a usare per via di un qualche incidente che aveva subìto alla bocca.

  Nel disco si ascolta anche il concettoso pianista Danny Zeitlin, un altro artista che, come Steig, ha sempre alternato la musica con un’altra attività: nel caso suo, la psichiatria.

  Blue Seven (Rollins), da «Flute Fever», CBS/Sony SOPM 159. Jeremy Steig, flauto; Danny Zeitlin, piano; Ben Tucker, contrabbasso; Ben Riley, batteria. Registrato il 23 ottobre 1963.



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  Well, You Needn’t (Monk), id.



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giovedì 24 novembre 2011

[comunicazione di servizio] Jazz From Italy cambia indirizzo

  O almeno speriamo che lo faccia: a causa della chiusura della piattaforma, il più bel blog di jazz in lingua italiana chiude, mentre continua l’altro omonimo. Speriamo che lo strenuo titolare riesca a trasportare in quel sito, o in uno nuovo, il suo lavoro di questi anni (chi sa come fare, per favore, glielo dica).

Bottoms Up - Sassy (Illinois Jacquet)

  Nessun artista può tenersi responsabile dei suoi ammiratori né tampoco dei suoi seguaci. Eppure non vedo altra ragione che quella che possa giustificare l’assenza di Illinois Jacquet dal canone dei massimi sax tenori del jazz.

  Jacquet, a cominciare dal suo apocalittico assolo in Flying Home con l’orchestra di Lionel Hampton, nel 1942, fu preso a modello dai saxofonisti del rhythm and blues che ne esasperarono alcune caratteristiche (lo honking, l’insistenza sui riff, la sonorità rasposa) che Illinois mise sempre a partito con musicalità.

  Sull’esempio di Chu Berry, di Herschel Evans e, in minor misura, di Ben Webster, Jacquet maturò prestissimo uno stile che, come’è dei grandi, lo rende riconoscibile dalla prima nota. No, dico – proprio dalla prima nota che suona in Bottoms Up!

  Bottoms Up (Jacquet), da «Bottoms Up», Prestige/OJCCD-417-2. Illinois Jacquet, sax tenore; Barry Harris, piano; Ben Tucker, contrabbasso; Alan Dawson, batteria. Registrato il 26 marzo 1968.



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  Sassy (Milt Buckner), id.



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mercoledì 23 novembre 2011

Sonny Boy - I Ain’t Got Nobody (Red Garland)

  Nella prima metà degli anni Sessanta, Red Garland fu forse il più popolare dei pianisti jazz, grazie al suo lavoro nel primo quintetto di Miles Davis con Coltrane e, dopo, per una serie piuttosto lunga di dischi in trio per la Prestige, che conobbero un grande successo commerciale anche presso chi, probabilmente, il quintetto di Miles non lo conosceva.

  Garland, che combinava a suo modo le influenze disparate di Ahmad Jamal, di Bud Powell e di Erroll Garner, era un pianista di grandissima facilità, nel senso di istinto e di destrezza ma anche nel senso che la parola facile assume in inglese: piacevole e sempre di buon gusto ma alla fine superficiale. I suoi tanti dischi in trio per lo più si equivalgono e, a mio giudizio, sono tutti ascrivibili a una superiore muzak jazzistica, particolarmente apprezzabile come sottofondo quando si stia facendo dell’altro.

  (Se ti va, di I Ain’t Got Nobody puoi ascoltare la versione mirabile che diede nel 1937 Fats Waller).

Sonny Boy (Henderson-De Sylva-Brown), da «When There Are Grey Skies», Prestige/OJCCD-704-2. Red Garland, piano; Wendell Marshall, contrabbasso; Charli Persip, batteria. Registrato il 9 ottobre 1962.



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  I Ain’t Got Nobody (Williams-Graham), id.



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martedì 22 novembre 2011

Overtime - Tin Tin Deo (Phineas Newborn)

  Dal suo arrivo sulla scena del jazz a New York, nel 1956, e per pochi anni di seguito, si sarebbe detto che la carriera di Phineas Newborn (1931-1989) non avesse limite in vista. Era un pianista tecnicamente non meno dotato di Oscar Peterson, con un tocco belllissimo e ricco di nuance, un’inesauribile fantasia armonica e uno swing bruciante. Parte della critica vide in lui soprattutto l’esibizionismo del virtuoso, e si dice che anche per questo Phineas sviluppasse dei problemi emotivi che ovviamente già covavano.

  Seguirono per tutti gli anni Sessanta e parte dei Settanta ricoveri in ospedale, cure farmacologiche pesanti e probabilmente inadeguate, un infortunio alla mano sinistra e infine, fra anni Settanta e Ottanta, un breve ritorno sulle scene, non disonorevole ma che purtroppo mostrò che qualcosa, o molto, era andato irrimediabilmente perduto.

  Overtime (Newborn), da «Phineas’ Rainbow», RAC/Victor. Phineas Newborn, piano; Calvin Newborn, chitarra; George Joyner, contrabbasso; Philly Joe Jones, batteria. Registrato il 19 ottobre 1956.



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  Tin Tin Deo (Gillespie-Chano Pozo), id. Registrato il 22 ottobre 1956.



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lunedì 21 novembre 2011

Quo Vadis (Zbigniew Seifert)

  È lunedì e allora ti becchi un po’ di fusion anni Settanta di primo mattino, con tanto di contrabbasso sovramplificato, suonaccio di batteria, tastiere e filtri elettronici di dubbia natura.

  Vale la pena, credo, per sentire il grande violinista polacco Zbigniew Seifert nel disco che registrò tre mesi soli prima di morire.

  Quo Vadis (Seifert), da «Passion», Capitol ST-11923. Zbigniew Seifert, violino; John Scofield, chitarra; Richie Beirach, piano; Eddie Gomez, contrabbasso; Jack DeJohnette, batteria; Nana Vasconcelos, percussioni. Registrato nel novembre 1978.



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domenica 20 novembre 2011

Alone (Vic Dickenson)

  Vic Dickenson (1906-1984) è stato uno dei più grandi tromboni del jazz classico e di tutto il jazz. Incise moltissimo come sideman e con un vasto numero di musicisti importanti, anche moderni. Una curiosità: nella famosa fotografia di Art Kane, Vic è l’unico trombonista.

  Alone (Dickenson), da «Bobby Hackett Live at the Roosevelt Grill feat. Vic Dickenson», Chiaroscuro CR(D) 105. Vic Dickenson, trombone; Dave McKenna, piano; Jack Lesberg, contrabbasso; Cliff Leeman, batteria. Registrato in aprile o maggio 1970.



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sabato 19 novembre 2011

The Moontrane (Woody Shaw)

  Woody Shaw interpreta la sua composizione più famosa nel disco omonimo del 1974. Un’esecuzione splendida, ma io continuo a preferirle quella di nove anni prima nel disco di Larry Young «Unity», che aveva Joe Henderson ed Elvin Jones. Shaw è comunque grandioso: a non voler considerare Booker Little, morto troppo giovane, il più personale fra i seguaci di Clifford Brown emersi negli anni Sessanta.

  The Moontrane (Shaw), da «The Moontrane», 32 Jazz 32019. Woody Shaw, tromba; Steve Turre, trombone; Azar Lawrence, sax tenore; Onaje Allan Gumbs, piano; Buster Williams, contrabbasso; Victor Lewis, batteria. Registrato l’11 dicembre 1974.

giovedì 17 novembre 2011

Composition II (Anthony Braxton)

  Ultimamente ricorro con sempre maggior frequenza ad Anthony Braxton. Questo live del 1972 è una delle sue cose più avanzate di quel decennio, tanto disinvolta da includere un’estesa sezione (che comincia circa al minuto 3:20) sulla sequenza armonica di All The Things You Are. La seconda parte del concerto da cui la Composition II è tratta consta poi di una lunga interpretazione della canzone di Jerome Kern.

  Il batterista Philip Wilson, collaboratore non abituale di Braxton, fu un membro fondatore dell’Art Ensemble of Chicago e lo si ascolta in un paio di dischi importanti di Julius Hemphill.

  Composition II (Dedicated to the Composer-Pianist Frederick Rzewski) (Braxton), da «Town Hall (Trio & Quintet) 1972», hatHUT 6119. Anthony Braxton, sax alto; Dave Holland, contrabbasso; Philip Wilson, batteria. Registrato alla Town Hall di New York il 22 maggio 1972.



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mercoledì 16 novembre 2011

Without Malice (Andrew Hill)

  Andrew Hill in una seduta Blue Note della fine degli anni Sessanta, con due accompagnatori molto empatici, in un clima meditativo e per lui insolitamente sereno.

  Without Malice (Hill), da «One on One», Blue Note CDP7-89287-2. Andrew Hill, piano; Ron Carter, contrabbasso; Ben Riley, batteria. Registrato il 23 gennaio 1970.



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lunedì 14 novembre 2011

The Messenger - Abiding Unicity (Edward Simon)

  Un eccellente trio in cui il pianista (venezuelano, il cui cognome si pronuncia dunque com’è scritto) si accompagna a quella che da anni è la ritmica del quartetto di Wayne Shorter. Abiding Unicity è una dedica di Simon al multistrumentista e compositore brasiliano Egberto Gismonti, che ha avuto su di lui un influsso evidente.

  The Messenger (Patitucci), da «Unicity», Cam Jazz 7796-2. Edward Simon, piano; John Patitucci, contrabbasso; Brian Blade, batteria. Registrato nel febbraio 2006.



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  Abiding Unicity (Simon), id.



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domenica 13 novembre 2011

Mainstem - Auf einer Burg (Don Byron)

  Disco d’esordio per il clarinettista, che esibisce la gamma molto variata delle sue capacità e dei suoi interessi, ai quali negli anni successivi, con un disco famoso dedicato a Mickey Katz, si sarebbe aggiunto il kletzmer.

  Qui Byron suona Ellington, Schumann (il settimo lied dal Liederkreis op. 39, presente anche in «Modernistic» di Jason Moran) e per il resto sue composizioni, in verità non tutte interessanti, una delle quali intitolata a Diego Rivera.

  Mainstem (Ellington), da «Tuskegee Experiments», Elektra Nonesuch 7559-79280-2. Don Byron, clarinetto; Bill Frisell, chitarra; Lonnie Plaxico, contrabbasso; Ralph Peterson, batteria. Registrato nel 1990 o 1991.



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  Auf einer Burg (Schumann), id. Byron, clarinetto basso; Joe Berkovitz, piano.



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sabato 12 novembre 2011

Here I Am (Donald Byrd)

  Donald Byrd, ottantenne l’anno venturo, è il più anziano della triade di trombettisti che dai tardi anni Cinquanta si distinsero nel solco di Clifford Brown, gli altri essendo Lee Morgan e Freddie Hubbard, ed è il solo ancora in vita.

  Va detto che, di quei due, Byrd, comunque uno strumentista di classe, rimase sempre alle spalle: nessuno dei suoi dischi è al livello dei loro migliori, né Byrd poté mai vantare le collaborazioni stellari di Morgan e Hubbard [NB Non proprio, v. i commenti], il primo con i Jazz Messengers di Blakey e Shorter e il secondo presente con parti di primo piano nei tre testi jazzistici maggiori degli anni Sessanta, cioè «Free Jazz», «Out To Lunch» e «Ascension». Va poi detto che la sua musica cominciò dopo i primi anni Settanta a deteriorare.

  Come trombettista, di Hubbard Byrd ha la sonorità lucente e l’attacco, ma non la pienezza nel registro grave, che in lui è più flebile e a momenti un po’ sfibrato. È stato comunque un musicista intelligente, e, almeno fino a un certo momento, si è scelto le compagnie migliori, fra l’altro favorendo gli esordi di Herbie Hancock. Un esempio è questo disco del 1959 in cui si ascolta con particolare gioia Pepper Adams, l’amico e sodale con il quale era venuto a New York da Detroit.

  Le composizioni di «Byrd in Hand» sono tutte di Byrd tranne Witchcraft e sono piacevoli e ingegnose; sia in Here I am che in Devil Whip, sta’ attento agli assoli di Adams, di un'aggressività sonora impressionante al punto da fare apparire perfino Charlie Rouse un po’ scolorito. Adams era un uomo dai modi forbiti e smilzo, tanto che faceva un certo effetto vederlo con l’enorme saxofono baritono nelle mani, ma non per nulla si era meritato il soprannome di «the Knife».

  In quel periodo, Jones e Taylor erano la sezione ritmica del quartetto di Thelonious Monk, che era completato da Rouse; i tre, più proprio Byrd e Adams, presero parte al leggendario primo concerto della Town Hall di Monk, esattamente tre mesi prima della registrazione di questo disco.

  Here I Am (Byrd), da «Byrd in Hand», Blue Note 7243 5 42305 2 3. Donald Byrd, tromba; Charlie Rouse, sax tenore; Pepper Adams, sax baritono; Walter Davis Jr, piano; Sam Jones, contrabbasso; Art Taylor, batteria. Registrato il 31 maggio 1959.



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  Devil Whip (Byrd), id.



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venerdì 11 novembre 2011

City Tribal Dance - Prayer Song (Ray Bryant)

  Non ce la mette proprio tutta, il caro Ray Bryant, in questi due ditty appena appena colorati di blues, ma sono pezzulli allegri e credo che faranno piacere a tutti.

  City Tribal Dance (Bryant) da «The Bryant Touch», Cadet LP 793. Ray Bryant, piano; Jimmy Rowser, contrabbassso; Rudy Collins, batteria. Registrato il 19 o il 20 maggio 1967 al Memory Lane di Chicago.



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  Prayer Song (Bryant), id.



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giovedì 10 novembre 2011

Keepin’ Out of Mischief Now (Dave Brubeck)

  Bella e di grande verve questa versione della canzone di Fats Waller da parte della prima versione del quartetto di Brubeck, il quale non nasconde la sua derivazione dal grande pianista.

  Keepin’ Out of Mischief Now (Waller), da «Brubeck Time», Jazz Track LPJT 1027. Paul Desmond, sax alto; Dave Brubeck, piano; Bob Bates, contrabbasso; Joe Dodge, batteria. Registrato il 10 ottobre 1954.



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mercoledì 9 novembre 2011

In a Sentimental Mood (David Murray)

  David Murray, e dico il vero, non sa suonare molto bene. Ha una conoscenza dell’armonia abbastanza approssimativa, una tecnica strumentale sommaria. Ma ha un suono suo, individuale, ha swing, ha nella dita la memoria di saxofonisti del passato come Ben Webster e Paul Gonsalves, e insomma di solito riesce a farsi ascoltare con piacere.

  In a Sentimental Mood (Ellington-Mills), da «Lovers», DIW-814. David Murray, sax tenore; Dave Burrell, piano; Fred Hopkins, contrabbasso; Ralph Peterson, batteria. Registrato nel gennaio 1988.



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martedì 8 novembre 2011

Arts High Boogie - Homage-Young People (Dave King)

  Dave King, noto soprattutto come iperattivo batterista del trio The Bad Plus e leader degli Happy Apple, qui fa tutto da solo sovrapponendo batteria e piano variamente contraffatto. A me viene da dire: contento lui. Io penso che la sovrapposizione di se stessi, già a partire dai primi esperimenti di Sidney Bechet negli anni Trenta, stia al jazz come le bambole gonfiabili stanno al sesso. Ciò detto, Dave King, come pianista, non mi sembra un gran che.

  Arts High Boogie (King), da «Indelicate», Sunnyside SSC1229. Dave King, piano, batteria. Registrato nel 2010.



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  Homage - Young People (King), id.



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lunedì 7 novembre 2011

Velhos Tempos (Charlie Rouse)

  Un altro pezzo dal già lodatissimo «Bossa Nova Bacchanal», il disco brasiliano di Charlie Rouse.

  Velhos Tempos (Bonfa), da «Bossa Nova Bacchanal», Blue Note 4119. Charlie Rouse, sax tenore; Kenny Burrell, Chauncey «Lord» Westbrook, chitarra; Larry Gales, contrabbasso; Willie Bobo, batteria; Patato Valdez, conga; Garvin Masseaux, chekere. Registrato il 26 novembre 1962.



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domenica 6 novembre 2011

Exactly Like You (Ben Webster)

  Quando pubblico Ben Webster, ho sempre l’impressione di farti un bel regalo.

  Exactly Like You (Fields-McHugh), da «Big Ben Time», Philips 814 410-2. Ben Webster, sax tenore; Dick Katz, piano; Spike Heatley, contrabbasso; Tony Crombie, batteria. Registrato nel gennaio 1967.



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sabato 5 novembre 2011

Yancey Stomp - State Street Special - Slow and Easy Blues (Jimmy Yancey)

  Fra i tre pianisti più famosi del boogie, ricordati poco sotto nel post su Gene Ammons, credo non ci siano dubbi che il maggior artista fosse Jimmy Yancey. Goditelo in tre sue composizioni.

  (Yancey aveva il vezzo strano di concludere ogni sua esecuzione con un minuscolo tag, una specie di firma: un accordo di settima di dominante di Mi bemolle, indipendente dalla tonalità del pezzo. Nota come qui lo piazzi in Yancey Stomp, che è in Do maggiore, e in Slow and Easy Blues, che è in Fa, ma non in State Street Special, che è proprio in Mi bemolle).

  Yancey Stomp (Yancey), da «Barrelhouse Piano», Bluebird 8334-2-RB. Jimmy Yancey, piano. Registrato il 25 ottobre 1939.



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  State Street Special (Yancey), id.



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  Slow and Easy Blues (Yancey)



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[comunicazione di servizio]

  È di Genova uno dei miei commentatori più assidui, M.G. Gli sono vicino e spero che stia bene.

venerdì 4 novembre 2011

Some Other Time in C - Db - G (Marc Copland)

  Marc Copland, un saxofonista che si è dedicato al pianoforte solo passati i trenta, rappresenta bene quel pianismo bianco, ruminativo e concettoso, di cui un altro esponente passato su JnP è Eric Watson. Copland è armonicamente più inquieto e, nei limiti della sua estetica, più sperimentale di Watson.

  In questo disco, per esempio, esegue la canzone di Leonard Bernstein prima nella sua tonalità originale, Do maggiore, poi in Re bemolle e infine in Sol, per riprenderla da ultimo in Do. Le tre tonalità, strettamente apparentate la prima e la terza, lontanissima (la più lontana) dall’originale la seconda, gli ispirano, anche per ragioni puramente meccaniche, interpretazioni diverse, il Sol maggiore addittura inducendogli quasi un’ombra di vivacità ritmica.

  Some Other Time - C Major (Bernstein), da «Time Within Time», HatOLOGY 619. Marc Colpand, piano. Registrato il 28 o il 29 luglio 2004.



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  Some Other Time - Db Major, id.



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  Some Other Time - G Major, id.



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giovedì 3 novembre 2011

Memories of You (Cozy Cole)

  Fine 1944: «Intanto, mentre il bebop quagliava… ». Dei due tenori, il primo solista è Don Byas.

  Memories of You (Blake), da «The Chronological Cozy Cole 1944-1945», Classics 865. Cozy Cole’s All Stars: Charlie Shavers, tromba; Hank D’Amico, clarinetto; Don Byas, Coleman Hawkins, sax tenore; Johnny Guarnieri, piano; Tiny Grimes, chitarra; Slam Stewart, contrabbasso; Cozy Cole, batteria. Registrato il 21 novembre 1944.



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mercoledì 2 novembre 2011

’Round About Midnight - Green With Envy (Grant Green)

  Grande versione di ’Round Midnight da un trio senza pianoforte di Grant Green. Segue, dalla stessa seduta del 1961, un original del chitarrista dove si dimostra la singolare caratteristica che Green talvolta dimostrava di non suonare quasi niente, in termini di puro fraseggio, ma di farlo sempre con immenso swing.

  ’Round About Midnight (Monk), da «Green Street», Blue Note 7 243 5 40032 2 6. Grant Green, chitarra; Ben Tucker, contrabbasso; Dave Bailey, batteria. Registrato il primo aprile 1961.



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  Green With Envy (Green), id.



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martedì 1 novembre 2011

Blue Hymn (Gene Ammons) [Era: Quiz #18]

  Era Gene Ammons e, senza nominarlo e con sfoggio di finta modestia, tanto per cambiare l’ha indovinato Paolo il Lancianese (il padre a cui allude è Albert Ammons, con Jimmy Yancey e Meade Lux Lewis uno dei tre grandi pianisti del boogie).

  Blue Hymn (Ammons), da «Big Sound», Prestige/OJCCD 651-2. Gene Ammons, sax tenore; Jerome Richardson, flauto; Mal Waldron, piano; George Joyner, contrabbasso; Art Taylor, batteria. Registrato il 3 gennaio 1958.



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