martedì 30 aprile 2013

Cape Town Fringe (Abdullah Ibrahim)

 Forse la composizione più famosa di Abdullah Ibrahim, incisa quando ancora si faceva chiamare Dollar Brand, questa semplice vamp intitolata in origine Mannenberg (una delle township di Città del Capo) fece vendere al disco che la conteneva 40.000 copie in un anno, una cifra notevole per il Sudafrica, e diventò un inno delle lotte anti-apartheid dopo i massacri di Soweto del 1976.

 Quello che sembra un clavicembalo o uno strumento elettrico è invece un pianino «preparato» da Ibrahim inserendo delle puntine da disegno nel feltro dei martelletti.

 Cape Town Fringe (Ibrahim), da «Cape Town Fringe», Chiaroscuro CR 2004. Robbie Jansen, Morris Goldberg, sax alto; Basil Coetzee, sax tenore; Abdullah Ibrahim, piano verticale preparato; Paul Michaels, contrabbasso; Monty Weber, batteria. Registrato nel 1974.



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lunedì 29 aprile 2013

Impressiones intimas #1 - Música callada #6 - Around Música callada # 27 (Federico Mompou-Richie Beirach)

Tolgo quanto segue da un articolo più lungo, uscito anni fa su All About Jazz.

 Federico Mompou (1893-1987), oggetto delle elaborazioni di questo trio euromericano, era catalano ma visse a lungo a Parigi. Il catalogo delle sue opere è dedicato con poche eccezioni al pianoforte solo. Le sue musiche non sono di ascolto frequente fuori dalla Spagna: le penalizza un carattere derivativo dagli impressionisti francesi, una somiglianza (piuttosto estrinseca) con la musica di Erik Satie e la mancanza di ambizione alle grandi forme, che lo ha confinato un po' nell’ambito, per quanto raffinato, del salon; a ciò andrà anche aggiunta una scomoda posizione storico-geografica, a seguire di una generazione la splendida fioritura pianistica iberica di Albeniz e di Granados.

 L’interesse di un jazzista per Mompou risiederà principalmente nell’inflessione modale che a primo ascolto lo pone molto vicino a Satie. Ma la qualità emotiva ne è radicalmente diversa: mentre il francese esplorava alla sua maniera entomologica il territorio della «musica al quadrato», offrendo strutture formali quasi a nudo, deprivate di motivazioni espressive, Mompou è un melodista di abbandono squisito, per quanto di breve respiro; la melodia, il canto, sono le dominanti espressive che fanno scorrere in quel senso gli altri parametri musicali. Ma laddove la musica apparentemente disseccata, marcatamente simmetrica di Satie era in realtà fertile per l'apertura che implicava con elementi evocati in absentia, le melodie vaghe e infinite di Mompou ricadono in se stesse in maniera solipsistica, lievemente ossessiva - loro tenue fascino e loro limite. Detto ciò, il linguaggio armonico di queste melodie consuona in maniera a volte sorprendente con il jazz, nell'uso frequente, per esempio, di un accordo-sigla composto di sol bemolle, do, mi bemolle, la bemolle e re, dei modi succitati e di scale a toni interi.

 Il fascino di queste ricreazioni ordite da Richie Beirach è quello della lontananza e del contrasto dai materiali d’origine. L’applicazione dell’improvvisazione e del timing jazzistico a queste brevi pagine pianistiche, col loro carattere di idillio, di miniatura conclusa in se stessa e schiva di sviluppi, finisce infatti con l’assumere carattere di fuga da esse, che si manifesta nel modo più brusco, ma più suggestivo esteticamente e musicalmente, quando i tre suonano con drive impressionante sopra il «quattro» infallibile di Mraz (Musica Callada #6, Musica Callada #1).

 Impressiones intimas #1 (Mompou), da «Round About Federico Mompou», ACT 9296-2. Gregor Huebner, violino; Richie Beirach, piano; George Mraz, contrabbasso. Registrato nel maggio 2001.



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 Música callada #6 (Mompou), id.



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 Around Música callada # 27 (Beirach-Huebner), id.



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domenica 28 aprile 2013

Charlie Parker’s Last Supper (Clifford Jordan & Mal Waldron)

 Che Charlie Parker, per gli hipster del Greenwich Village come per i beatniks – che però di jazz capivano poco – sia stata figura cristologica («Bird lives!») non è di sicuro una novità. Lo rimarcano, con una certa distanza non solo temporale, Clifford Jordan e Mal Waldron in questo disco a nome del secondo, del 1981.

 Charlie Parker’s Last Supper (Jordan), da «What It Is», Enja 4010. Clifford Jordan, sax tenore; Mal Waldron, piano; Cecil McBee, contrabbasso; Dannie Richmond, batteria. Registrato il 15 novembre 1981.



sabato 27 aprile 2013

[Guest post #34] Carlo Tosetti & Gerry Mulligan


 Voci nuove, voci interessanti: esordisce nel guest post di Jazz nel pomeriggio l’estroso Carlo Tosetti/Musnorvegicus, poeta, chitarrista e altro (per me soprattutto poeta, con tutto che anche la sua prosa, come stai per leggere o forse già sai dal suo blog, merita nota). Com’è suo singolare talento, partendo da una cosa Carlo arriva a parlare di tante altre.

 Anni fa, prima che mi decidessi ad approfondire temi che gravitano intorno alla salute, fui tormentato da una fastidiosa dermatite che mi straziava l’interno delle braccia. Rinomati luminari della dermatologia, senza spiegarmi le cause di tale afflizione e neppure confessando che – forse – le cause riposavano ancora in una zona d’ombra, dove la scienza medica non aveva ancora scovato l’interruttore della luce, tentarono di curarmi con continui insuccessi.

 Disperato per le mie condizioni, ascoltai il consiglio di un’amica e finii a Milano, da un medico Tibetano.

 Fu una visita molto curiosa. Guardò contro luce le mie urine, controllò gli occhi, la lingua e l’attaccatura dei capelli, mi scrutò il polso alla «moda cinese», poi sentenziò: fegato e vie biliari stressate. Tutto si svolse grazie all’intermediazione di un altro tibetano, traduttore. Mi proibì di mangiare agrumi e mi diede delle perle nerastre, da assumere mattina e sera. Erano disgustose, ma la cura funzionò.

 Che c’entra tutto ciò con Jnp? Il fatto è che, nella sala d’aspetto del centro Tibetano, spiccavano delle foto – formato gigante – di un tizio occidentale, circondato da monaci. Domandai: si trattava di Gerry Mulligan, grande sostenitore della causa del Tibet.
Durante la grave malattia che lo colpì, si fece aiutare anche dai suoi amici orientali. Milano ricorda un suo stupendo concerto con Ornella Vanoni ed il coro dei Monaci del Tibet, poco prima di spegnersi; ulteriore dimostrazione della sua vicinanza a quella cultura.

 Era molto legato a Milano; sua moglie era milanese, a Milano aveva una casa. Ovviamente aveva suonato col caro Enzo Jannacci. Ho letto che spesso s’infilava nel Teatro Alla Scala, durante le prove: conosceva i professori d’orchestra. Insomma, per chi non lo sapesse: era più milanese di molti milanesi…

 Dopo la visita al centro Tibetano, mi informai ed acquistai «Night Lights», disco del 1963, che – delicato e dolce – permise di avvicinarmi al jazz. Marco ha già trattato quel disco, ma mi permetto di proporre un altro brano.
A ricordo di quei giorni, del carissimo medico Tibetano e del grande Mulligan.

 Ciao Marco, ciao a tutti,
 Carlo Tosetti

 Morning of the Carnival [Manha de carnaval] (Bonfa), da «Night Lights», Mercury 818 271-2. Art Farmer, tromba; Bob Brookmeyer, trombone a pistoni; Jim Hall, chitarra; Gerry Mulligan, piano; Bill Crow, contrabbasso; Dave Bailey, batteria. Registrato nel settembre 1963.


venerdì 26 aprile 2013

[Guest post #33] Andrea 403 & Lester Bowie

Si apre con una sapida tranche di vita milanese contemporanea questo gradito ritorno su Jnp di Andrea 403, il prestigioso autore e blogger, che ci propone un personaggio importante e finora qui trascurato.
 Stiamo tornando a casa dopo cena, io e Marco, e si cammina per parco Ravizza e si chiacchiera di Milano com'era diventata negli anni ’80 e di come doveva essere nei ’50 e nei ’60 e poi, non so neanch'io come, ci si trova a parlare dei nostri blog, mah…

 Lui mi dice che ancora non ha deciso cosa posterà l'indomani su Jnp e io, fresco di un post che ho appena fatto da me, gli dico «perché non pubblichi qualcosa di Lester Bowie?» e Marco, di rimando, «in effetti, di lui come solista non ho mai pubblicato nulla… ma perché non mi ci fai tu un guest post?».

 Ed eccomi qua, a notte fonda, assieme al primo album della sua Brass Fantasy. Formazione tutta ottoni (e batteria) che debutta nel 1985 per l'ECM con questo «I Only Have Eyes For You», un lavoro dal passo lento e dalle atmosfere per lo più spensierate.

 I Only Have Eyes for You (Dubin, Warren), da «I Only Have Eyes For You», ECM 1296. Lester Bowie, Malachi Thompson, Stanton Davis, Bruce Purse, tromba e flicorno; Vincent Chancey, corno; Craig Harris, Steve Turre, trombone; Bob Stewart, tuba; Phillip Wilson, batteria. Registrato nel febbraio del 1985.



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  Think (Purse), id.



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 Coming Back, Jamaica (Bowie), id.



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giovedì 25 aprile 2013

Memories Of You (Art Tatum)

Buona Liberazione!   

 Memories Of You (Razaf-Blake), da «The Art Tatum Solo Masterpieces», Pablo 0600753312018. Art Tatum, piano. Registrato il 28 dicembre 1953.



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mercoledì 24 aprile 2013

Synaps II (Reggie Workman)

 Reggie Workman è una delle più costanti, rassicuranti presenze del jazz fin dai primissimi anni Sessanta; tu dì un nome qualsiasi di jazzista degli ultimi cinquant'anni, Workman ci ha suonato e spesso anche registrato. Una delle vere pietre di paragone del contrabbasso, a 76 anni è ancora in attività, brillante come sempre.

 Qui è in una impegnativa seduta live a proprio nome, con la presenza inaspettata della braxtoniana Crispell.

 Synaps II (Workman), da «Synthesis», Leo Records LR 131. Oliver Lake, sax alto; Marilyn Crispell, piano; Reggie Workman, contrabbasso; Andrew Cyrille, batteria. Registrato il 15 giugno 1986.



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martedì 23 aprile 2013

If You Go Away [Ne me quitte pas] (Frank Sinatra)

  Sinatra è stato il Derrida della hit parade. Il postmoderno del microfono, colui che ha fatto a Cole Porter e a George Gershwin quello che Roland Barthes ha fatto, in S/Z, a “Sarrasine” di Honoré de Balzac. Altri avranno cantato canzoni d’amore; Sinatra le ha decostruite. 
Ted Gioia, «The Birth (And Death) Of The Cool», Speck Press 2009, p. 169.
 È sorprendente che in tre anni non abbia mai pubblicato una canzone cantata da Frank Sinatra, uno dei miei preferiti; ancora di più lo è forse che ne abbia scelta, fra le migliaia, una così poco jazzistica, anche nell’arrangiamento. Gli è che volevo proprio fare pendent con l’esecuzione di Nina Simone subito sotto (nonché citare l’esorbitante paragrafo di Ted Gioia).

 If You Go Away [Ne me quitte pas] (Brel-McKuen), da «My Way», Concord Records. Frank Sinatra. Registrato nel febbraio 1969.



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lunedì 22 aprile 2013

[Guest post #32] Paolo il Lancianese & Nina Simone

 Il Lancianese ritorna, salvando fra l’altro un lunedì di mia scarsa ispirazione.

 So che qui non si fanno commemorazioni. Ma si può fare, credo, un’eccezione per Nina Simone nel decimo anniversario della morte. Mi piace ricordarla con questa tarda versione di Ne me quitte pas, eseguita durante un concerto tenuto a San Paolo del Brasile il 13 aprile 2000.

 Non è mai stata incisa su disco, per quel che mi risulta, e non conosco i nomi dei musicisti che l’accompagnano. Ma non ha importanza. Meno che mai ha importanza qualsiasi commento che io possa farne. Nina Simone pretende solo di essere ascoltata. Sempre. Anche quando nella sua voce si avverte tutta la fatica di una vita che è diventata via via sempre più insopportabile.

 Ne me quitte pas (Jacques Brel). Nina Simone con acc. sconosciuti. Registrato il 13 aprile 2000.



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domenica 21 aprile 2013

Turnaround (Ornette Coleman)

 Ho citato ieri Turnaround, l’asimmetrico blues di Ornette Coleman che fu oggetto di uno dei primi post di Jazz nel pomeriggio, e mi è venuta voglia di riascoltarne l’esecuzione che l’autore ne diede in questo suo tardo e bel disco, accolto ai tempi della sua uscita (2006) con gli aggettivi delle grandi occasioni.

 Ornette ha qui il quartetto con due contrabbassi con cui girava all’epoca; a Cohen sono demandati il ruolo ritmico e di sostegno, mentre Falanga, con l’arco, funge da discanto alle voci del leader. Denardo Coleman ha sempre goduto di cattiva stampa, ma se pure è vero che si tratta di un batterista rozzo come pochi, è poi singolarmente adatto alla musica del padre, avvezzo com’è a scandire con naturalezza un tempo che pare essere un ininterrotto 1-1-1-1 (…).

 Turnaround (Coleman), da «Sound Grammar», Sound Grammar SG001. Ornette Coleman, sax alto; Tony Falanga, Greg Cohen, contrabbasso; Denardo Coleman, batteria. Registrato il 14 ottobre 2005.



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sabato 20 aprile 2013

Irene (Hampton Hawes & Charlie Haden)

 Charlie Haden è stato ed è un grande accompagnatore per chiunque a cui si sia accompagnato, ma la chimica, come dicono gli americani, che aveva con il suo vecchio amico Hampton Hawes l’ha avuta con pochi altri e il risultato musicale è entusiasmante.

 Questa è l’ultima seduta di registrazione a proprio nome di Hawes, che sarebbe morto meno di un anno dopo, ancora giovane. Di questo disco bellissimo, ispirato e commovente (ma me, Hampton Hawes mi commuove sempre almeno un po’)  ti ho già fatto ascoltare qui su Jnp un paio di pezzi; uno è una versione davvero stupenda di Turnaround di Ornette Coleman.

 Irene (Hawes), da «As Long As There’s Music», Verve 513534-2. Hampton Hawes, piano; Charlie Haden, contrabbasso. Registrato il primo agosto 1976.



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venerdì 19 aprile 2013

Stardust (Clark Terry)

 In quest’esecuzione di Stardust, che viene da una delle più swinganti sedute degli anni Cinquanta, Clark Terry attinge alla sfera espressiva armstronghiana, magari per il tramite di Rex Stewart.

 Il titolo di questo disco è un omaggio a Rosa Parks.

 Stardust (Carmichael), da «Serenade To A Bus Seat», Riverside/OJC 66. Clark Terry, tromba; Johnny Griffin, sax tenore; Wynton Kelly, piano; Paul Chambers, contrabbasso; Philly Joe Jones, batteria. Registrato il 27 aprile 1957.



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giovedì 18 aprile 2013

Mozambique (Jimmy McGriff & Richard «Groove» Holmes)

 Jimmy McGriff (1936-2008) è forse l’unico organista degli anni Sessanta di una qualche importanza che non abbiamo contemplato nella rivista fattane lo scorso anno. Qui è dal vivo in un complesso che unisce il suo trio a quello di Richard «Groove» Holmes, il mercuriale organista viceversa già ascoltato qui e che di McGriff era stato insegnante, con in più un terzo chitarrista, Mark Elf (McGriff è sul canale sinistro, Holmes sul destro).

 I sette ci vanno giù duro con il funky e l’atmosfera, quella sera a Boston, si tagliava a fette.

 Mozambique (McGriff-Holmes), da «Giants Of The Organ In Concert», LRC LTD 24102. Jimmy McGriff e Richard «Groove» Holmes, organo; O’Donel Levy, Leon Cook e Mark Elf, chitarra; Mike Moss e Kwasi Jayourba, batteria e percussioni. Registrato nel 1973.



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mercoledì 17 aprile 2013

Meat Wave - Alone Together (Stanley Turrentine)

 Qui c’è poco da dire: Stanley Turrentine è per molte buone ragioni una specie di beniamino della comunità di Jnp, secondo il cui consenso questo è il suo disco più bello, tanto che nel tempo te ne ho già fatto ascoltare una buona metà (cerca sotto «Stanley Turrentine» nella nuvola qui a destra).

 Meat Wave (Hank Johnson), da «Easy Walker», Blue Note CDP 7243 8 29908 2 6. Stanley Turrentine, sax tenore; McCoy Tyner, piano; Bob Cranshaw, contrabbasso; Mickey Roker, batteria. Registrato l’8 luglio 1966.



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 Alone Together (Dietz-Schwartz), id.



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martedì 16 aprile 2013

Merci Bon Dieu - Homage To Alfred Hitchcock (Ran Blake)

 In questo disco, registrato nel 1999 a Milano, Ran Blake ha voluto fornire delle istantanee di una memoria che si proietta nelle manifestazioni, cinematografiche e musicali, di un momento e di un luogo un po’ veri un po’ sognati, la Los Angeles noir fra anni Quaranta e Cinquanta; è quello che a modo suo ha voluto fare Charlie Haden con il Quartet West o, in altro genere, Ry Cooder in «Chavez Ravine».

 Blake asseconda il suo gusto per la dissacrazione di melodie suggestive e delicate (nel disco lo fa anche con I Say A Little Prayer For You, qui già sentita) affrontando Merci Bon Dieu, la canzone resa famosa da Harry Belafonte e  già ascoltata nella versione, viceversa rispettosissima, di Charlie Rouse.

 In Homage To Alfred Hitchock ricorre il famoso valzer della Vedova Allegra di Léhar, presente nella colonna sonora di Shadow Of A Doubt (1943), il film di Hitch che il regista preferiva. Qui Blake è misericordiosamente solo (il chitarrista «Knife» Fabris può apporsi tutti i nomignoli fighi che vuole: a me sembra uno scarsone, e non capirò mai perché a Blake piaccia tirarselo dietro).

 Merci Bon Dieu (Casseus), da «Indian Winter», Soul Note 121327-1. David «Knife» Fabris, chitarra; Ran Blake, piano. Registrato nel novembre 1999.




 Homage To Alfred Hitchcock (Blake), ib. ma senza Fabris.



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lunedì 15 aprile 2013

Opus De Funk - Prelude To A Kiss (Horace Silver)

 Horace Silver nel 1953 in una delle prime sedute a proprio nome e insolitamente in trio, formazione che non amava particolarmente e che infatti non avrebbe ripreso. Peccato, perché sono una meraviglia quelle tre sedute del ’53 con Art Blakey, in cui al contrabbasso furono di volta in volta Gene Ramey, Curly Russell e Percy Heath.

 Come ogni tanto mi accade, questo post mi è stato stimolato da uno di Ethan Iverson, che pubblica anche la trascrizione dell’assolo di Horace in Opus De Funk con la linea di basso di Heath. Già uno sguardo a questo spartito dà un'idea dell’equilibrio e delle proporzioni dell’assolo.

 Prelude To A Kiss esemplifica la «prima maniera» di Silver con le ballad (meno originale di quella successiva, molto più asciutta e distaccata, quasi strutturalista): con una lunga esposizione ad libitum, manierismi tatumiani e perfino il basso con l’arco.

 Opus De Funk (Silver), da «Horace Silver Trio», Blue Note 7243 5 925 2 . Horace Silver, piano; Percy Heath, contrabbasso; Art Blakey, batteria. Registrato il 23 novembre 1953.



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 Prelude To A Kiss (Ellington), ib. ma Curly Russell sostituisce Heath. Registrato il 20 ottobre 1952.



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domenica 14 aprile 2013

Sweet Lorraine (Oscar Peterson)

 In aggiunta al suo talento di pianista, Oscar Peterson ne aveva un altro più peculiare, perfettamente inutile: quello di saper cantare quasi come Nat King Cole. Così fece, suonando anche, per tutto questo disco del 1965, l’anno in cui Cole morì. Il timbro è effettivamente molto simile, e per qualche secondo ci si può perfino confondere.

 Interessa di più notare come, nel suo assolo, Oscar tenga la marcia bassa per evocare lo stile pianistico di Cole, che del resto era stata una delle sue originarie ispirazioni.

 Sweet Lorraine (Burwell-Parrish), da «With Respect To Nat», Verve 557486. Oscar Peterson con Herb Ellis, chitarra; Ray Brown, contrabbasso. Registrato il 28 ottobre 1965.



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sabato 13 aprile 2013

Blackjack - Oleo (Pat Martino)

 Pat Martino adopera in tutto questo disco la chitarra a dodici corde; il suono che ne cava, sodo e piuttosto sordo, non direi che sia di mio gradimento. Ma il suo fraseggio e il suo timing, soprattutto sul tempo veloce di Oleo, sono qualcosa da sentire, così come l’accompagnamento propulsivo del batterista Ferguson, uno di Philadelphia come il resto della compagnia.

 Blackjack (Martino), da «Desperado», [Prestige] OJCCD-397-2. Eric Kloss, sax soprano; Pat Martino, chitarra a dodici corde; Eddie Green, piano elettrico; Tyrone Brown, basso elettrico; Sherman Ferguson, batteria. Registrato il 9 marzo 1970.



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 Oleo (Rollins), id. ma senza Kloss.



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giovedì 11 aprile 2013

Mais Uma Vez - E Nada Mais (Dwike Mitchell & Willie Ruff)

 Altri due pezzi brasiliani dall’incantevole disco del duo Mitchell-Ruff già sentito la scorsa estate.

 Mais Uma Vez (Sergio Augusto-Lula Freire), da «A Viagem», Forma 102VDL. Willie Ruff, corno e contrabbasso; Dwike Mitchell, piano; Sergio Augusto, chitarra; Chico Batera, batteria. Registrato nel 1966.



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 E Nada Mais (Durval Ferreira-Lula Freire), id.



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mercoledì 10 aprile 2013

But Beautiful - Three Deuces (Eddie «Lockjaw» Davis)

 Torna il tenore estroso ed elegantemente sbracato di Eddie Davis in uno dei riuscitissimi Cookbooks fatti in coppia con Shirley Scott, una delle nostre organiste preferite, che qui impiega al massimo il caratteristico attacco percussivo dell’Hammond. C’è anche il controcanto di Jerome Richardson,  un po’ incongruo al flauto in But Beautiful e anche lui al tenore in Three Deuces, dove fa efficacemente lo straight man di Lockjaw.

 But Beautiful (Burke-Van Heusen), da «Cookbook Vol. 1», [Prestige] OJCCD-652-2. Eddie «Lockjaw» Davis, sax tenore; Jerome Richardson, flauto; Shirley Scott, organo; George Duvivier, contrabbasso; Arthur Edgehill, batteria. Registrato il 20 giugno 1958.



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 Three Deuces (Davis), ib. ma Richardson suona il sax tenore.



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martedì 9 aprile 2013

Tune In - No Man’s Land (Booker Ervin)

 Di questo che mi dici? Disco del 1963. I due saxofonisti della front line sentono entrambi del nuovo influsso di John Coltrane, ma in due modi che più diversi non potrebbero essere. Frank Strozier è un maestro della sottigliezza: tonale, armonica e ritmica. Booker Ervin è un maestro che sottigliezze non conosce, un coriaceo gladiatore del sax il cui ascolto, per questa ragione, non è sempre facile. Bene gli altri, e vorrei pure vedere: orecchio soprattutto al sottovalutato Walter Perkins.

 Tune In (Ervin), da «Exultation!», [Prestige] OJCCD-835-2. Frank Strozier, sax alto; Booker Ervin, sax tenore; Horace Parlan, piano; Butch Warren, contrabbasso; Walter Perkins, batteria. Registrato il 19 giugno 1963.



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 No Man’s Land (Perkins), id.



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lunedì 8 aprile 2013

A Jump Ahead (Herbie Hancock)

 Tanti auguri a Paolo il Lancianese, che oggi compie gli anni. Come fa ogni anno! 

 A Jump Ahead (Hancock), da «Inventions And Dimensions», Blue Note 4147. Herbie Hancock, piano; Paul Chambers, contrabbasso; Willie Bobo, batteria e timbales; Osvaldo «Chihuahau» Martinez, conga e bongo. Registrato il 30 agosto 1963.



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domenica 7 aprile 2013

Bow Jest (Hampton Hawes)

 Questo pezzo da un disco molto famoso, apprendo dalle note, contiene il primo assolo con l’arco mai registrato da Red Mitchell, il quale credo che all’epoca (1958) usasse sullo strumento ancora l’accordatura tradizionale, per quarte (in seguito ne avrebbe adottato una per quinte).

 Bow Jest (Mitchell), da «Four!», [Contemporary] OJCCD-165-2. Hampton Hawes, piano; Barney Kessel, chitarra; Red Mitchell, contrabbasso; Shelly Manne, batteria. Registrato il 27 gennaio 1958.



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sabato 6 aprile 2013

Silent Rain (Cecil & Ron Bridgewater)

 Di questi due fratelli, Cecil Bridgewater (1942) è quello relativamente più noto, avendo suonato per tutti gli anni Settanta con Max Roach; in questo ruolo l’abbiamo già ascoltato anche qui più d’una volta, nonché con Michael Carvin (presente in questo disco) e perfino come prima tromba con Abdullah Ibrahim. Come Ron, che fu suo compagno nell’orchestra di Thad Jones e Mel Lewis, Cecil ha fatto dell’insegnamento la sua carriera e per questo da molti anni se ne sente parlare poco, ma è un buon musicista e uno strumentista senza pecca, come Ron del resto.

 Ne dà testimonianza piacevole questo disco, inciso verso la fine del 1977 e intriso degli umori del jazz del periodo: un lieve tocco spiritual e una facilità melodica un po’ corriva che contraddice i tuoni e i fulmini che il titolo dell’album annuncia. Comunque tutti suonano benissimo, va’ solo che ritmica; l’introduzione pianistica di Stanley Cowell, in particolare, è intensa e ispirata.

 Silent Rain (Ron Bridgewater), da «Lightning And Thunder», Denon YX 7625. Cecil Bridgewater, flicorno; Ron Bridgewater, sax soprano; Stanley Cowell, piano; Reggie Workman, contrabbasso; Michael Carvin, batteria. Registrato nel 1977.



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venerdì 5 aprile 2013

Mrs. Parker of K.C. (Eric Dolphy)

 Il 1960 fu discograficamente produttivo per Eric Dolphy, che registrò diversi album a proprio nome e partecipò come sideman a parecchi altri (uno, in sezione, perfino di Sammy Davis Jr). Sorprende di più quanto Dolphy potesse essere produttivo in un medesimo giorno: «Far Cry», una delle poche testimonianze in studio della sua collaborazione con l’impareggiabile Booker Little, fu inciso da Dolphy più tardi nello stesso giorno in cui prese parte, con il clarinetto basso, a «Free Jazz» di Ornette Coleman per la Atlantic.

 I primi tre pezzi del disco, i soli a cui Little prenda parte, sono uniti da riferimenti parkeriani. Mrs. Parker, composto da Jaki Byard, è un blues boppeggiante nella linea e armonicamente straniato.

 Mrs. Parker of K.C. (Bird’s Mother) (Byard), da «Far Cry», Prestige New Jazz/ OJC 0600753381793. Booker Little, tromba: Eric Dolphy, clarinetto basso; Jaki Byard, piano; Ron Carter, contrabbasso; Roy Haynes, batteria. Registrato il 21 dicembre 1960.



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giovedì 4 aprile 2013

Spring Is Here (Miles Davis & Gil Evans)

  E se lo dicono loro due…

 Spring Is Here (Rodgers-Hart), da «Miles Davis At Carnegie Hall», Columbia C2K 65027. Miles Davis con orchestra arrangiata e diretta da Gil Evans: Ernie Royal, Bernie Glow, Johnny Coles, Louis Mucci, tromba; Jimmy Knepper, Dick Hixon, Frank Rehak, trombone; Julius Watkins, Paul Ingrahan, Bob Swisshelm, corno; Bill Barber, tuba: Romeo Penque, Jerome Richardson, Eddie Caine, Bob Tricarico, Danny Bank, ance; Janet Putnam, arpa; Wynton Kelly, piano; Paul Chambers, contrabbasso; Jimmy Cobb, batteria; Bobby Rosengarden, percussioni. Registrato il 19 maggio 1961.



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mercoledì 3 aprile 2013

Lullaby Of The Leaves - Reservation Blues - These Foolish Things (Freddie Gambrell)

 Per un profilo di quella figura veramente molto, molto strana che è (è stato?) il pianista Freddie Gambrell – reinventatosi a un certo momento come «Federico Cervantes», trombettista – non trovo di meglio che affidarti alla prosa immaginifica se pure un po’ contorta di Eugene Chadbourne.

 Gambrell, che era cieco, fu scoperto  nel 1956 in un club di San Francisco da Chico Hamilton, che due anni dopo lo volle a registrare con sé in trio. In quei solchi sentiamo un virtuoso di ceppo tatumiano, non troppo lontano, per alcuni versi, a quanto pochi anni prima andava facendo Dick Twardzik e di lì a poco avrebbe fatto Cecil Taylor, entrambi sulla costa Est, ma con una vena umoristica sua, che per esempio lo porta a enunciare il tema di These Foolish Things in modo minore. Comunque sia, un grande talento.

 Lullaby Of The Leaves (Young-Petkere), da «The Chico Hamilton Trio Introducing Freddie Gambrell», Fresh Sound FSRCD 599. Freddie Gambrell, piano; Ben Tucker, contrabbasso; Chico Hamilton, batteria. Registrato nel marzo 1958.



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 Reservation Blues (Gambrell), id.



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These Foolish Things (Strechey-Marvel-Link), id.



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martedì 2 aprile 2013

Sugar - Beale Street Blues (Fats Waller)

 L’organo da teatro è uno dei suoni più americani che ci siano e fra le molte suggestioni ne ha, almeno per me, una particolare, sinistra: per esempio, l’esecuzione che Fats Waller vi dà della famosa Sugar, pur brillante e canora, a me evoca la scena di Jack Nicholson con i fantasmi/allucinazioni in The Shining.

 In Beale Street Blues, inciso lo stesso giorno del 1927, con Fats c’è Alberta Hunter, cantante all’epoca famosissima. Porgi orecchio al solenne, maestoso gioco di bassi al pedale di Fats.

 Sugar (Pinkard-Mitchell-Alexander), da «Fats Waller – The Complete Recorded Works Vol. 1», JSP Records, JSP927. Fats Waller, organo. Registrato il 20 maggio 1927.



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 Beale Street Blues (W. C. Handy), ib. Alberta Hunter con Fats Waller, organo.



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lunedì 1 aprile 2013

I’ll Remember April (Bud Shank & Bob Cooper)

 L’idea era di un pesce d’aprile per cui, con questo post, chiudevo il blog e ne annunciavo uno nuovo dal titolo «Tori impagliati», dedicato alle altre mie due passioni: tauromachia e tassidermia. Poi ho lasciato stare (avevo già cominciato ad allestire un blog falso), perché — in un momento in cui il mondo ha due Papi e l’Italia addirittura dieci saggi — temevo che tu potessi cascarci.

  L’aprile lo celebro comunque, con questa entusiasmante versione acefala live di April da parte dei diòscuri della West Coast, Bob Cooper e Bud Shank, due grandi saxofonisti al loro esordio su Jazz nel pomeriggio. Apprezza anche Albert Mangelsdorff nella sua consumata qualità di bopper e Joe Zawinul prima che si americanizzasse.

 I’ll Remember April (Raye-DePaul), da «European Tour 1957», Lone Hill Jazz LHJ10246. Albert Mangelsdorff, trombone; Bud Shank, sax alto; Bob Cooper, sax tenore; Joe Zawinul, piano; Johnny Fischer, contrabbasso; Victor Plasil, batteria. Registrato il 25 marzo 1957.



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