sabato 30 gennaio 2016

Elsa’s Dream – Old Folks (Kenny Davern)

 C’è il mainstream, cosiddetto, che è una cosa, e poi c’è della musica, fatta da musicisti anche bravi, che è revival, perché altro non cerca che di ripetere con mimetica esattezza gesti musicali trascorsi per raggiungere e procurare quel «piacere del riconoscimento» che è poi, per molti ascoltatori del jazz e della musica in genere, l’unico piacere noto e ricercato.

 Mi pare il caso di questo quartetto guidato da Kenny Davern, clarinettista virtuoso. Tuttavia non è disdicevole divertirsi con della musica così ben fatta, un sabato mattina* alla fine del mese tradizionalmente più lungo dell’anno.

 * Sì, ok, è Jazz nel pomeriggio, ma anche il Corriere della Sera lo leggi al mattino.

 Elsa’s Dream (Davern-Phillips), da «One Hour Tonight», Musicmasters 5003-2-C. Kenny Davern, clarinetto; Howard Alden, chitarra; Phil Flanigan, contrabbasso; Giampaolo Biagi, batteria. Registrato nel gennaio 1988.

 Old Folks (Hill-Robinson), ib. Davern e Alden.

venerdì 29 gennaio 2016

Drifting – Nota Cambiata (Walter Norris)

 Walter Norris (Arkansas, 1931-2011) resta nella memoria della maggior parte dei jazzofili come il pianista che si ascolta nel primo disco di Ornette Coleman, «Something Else!!!!» (1958), dove, pur suonando più che bene, si avverte come presenza un po’ allotria e non per colpa sua. In quegli anni Norris lavorò con diversi West coasters e poi, trasferitosi a New York, con l’orchestra di Thad Jones e Mel Lewis e brevemente con Mingus, prima di trasferirsi in Germania nel 1977 per non più fare ritorno in patria.

 Questo disco di duetti con il grande bassista ceco Jiri (George) Mraz dimostra a usura che fior di musicista fosse Walter Norris. Nota cambiata è un termine generico del contrappunto a specie a definire una nota non armonica, del tipo dell’appoggiatura o del ritardo.

 Drifting (Norris), da «Drifting», Enja 2044. Walter Norris, piano; George Mraz, contrabbasso. Regstrato nel 1974.

 Nota Cambiata (Norris), id.

giovedì 28 gennaio 2016

Once Upon A Time (Don Pullen)

  Once Upon A Time (Pullen), da «New Beginnings», Blue Note CDP 7 91785 2. Don Pullen, piano; Gary Peacock, contrabbasso; Tony Williams, batteria. Registrato il 16 dicembre 1988.

mercoledì 27 gennaio 2016

Exactly Like You – Changin’ The Blues (Earl Hines & Jimmy Rushing)

 In Changin’ The Blues, Earl Hines cambia cinque volte la tonalità.

 Exactly Like You (Fields-McHugh), da «Blues & Things», New World Records 804652. Jimmy Rushing con Budd Johnson, sax tenore; Earl Hines, piano; Bill Pemberton, contrabbasso; Oliver Jackson, batteria. Registrato il 19 luglio 1967.

 Changin’ The Blues (Hines), c.s. senza Rushing; Johnson suona il sax soprano.

martedì 26 gennaio 2016

Moon And Sand – Walk With Me (Eddie Bert)

 Prima una versione insolita, afro-cuban, minacciosa, per due fiati e batteria, di Moon and Sand di Alec Wilder, che ti ho fatto ascoltare qualche tempo da un trio di Stefano Battaglia. Segue Walk With Me, una passeggiata lungo il ciclo delle quinte che il titolare del disco Eddie Bert aveva già registrato con il titolo About Town e che Jazz nel pomeriggio aveva pubblicato in un anno che mi appare lontanissimo, pur essendo vicino. O forse viceversa, vicinissimo ma apparentemente lontano: con il tempo, non so mai dire.

 Eddie Bert (1922-2012), veterano trombonista, uno dei più registrati del jazz, è stato un musicista più interessante di quanto non si dica.

 Moon And Sand (Wilder), da «I Hear Music, Modern Music», [Savoy] Fresh Sound Records FSR-737. Eddie Bert, trombone; Jerome Richardson, flauto; Osie Johnson, batteria. Registrato nel novembre 1955.

 Walk With Me (Bert), ib. Bert; Vinnie Dean, sax alto; Hank Jones, piano; Barry Galbraith, chitarra; Oscar Pettiford, contrabbasso; Johnson.

lunedì 25 gennaio 2016

Windows Of The World > Here I Am (Steve Kuhn)

 Robe strane! Steve Kuhn fa precedere questa esecuzione di due canzoni di Bacharach, una attaccata all’altra senza soluzione di continuità, da un breve oggetto sonoro allotrio, materico (ma non ironico, grazie, Steve), con effetto di modernità sorprendente.

 Windows Of The World > Here I Am (Bacharach), da «Watch What Happens!», MPS CRM 676. Steve Kuhn, piano; Palle Danielsson, contrabbasso; Jon Christensen, batteria. Registrato il 4 luglio 1968.

domenica 24 gennaio 2016

Tears Inside (Art Pepper)

 Ornette Coleman elaborò e mise in atto i suoi concetti musicali e poetici in California nella seconda metà degli anni Cinquanta; qui una sua famosa composizione si trova interpretata da musicisti californiani, e intendo proprio i Californiani, quei bianchi là (non Butler, a vero dire; Bond, non so) del West Coast Jazz, che forse nel 1960 non sapevano bene che cosa fare.

 I cinque, fra i quali il sommo Art Pepper titolare della seduta, decidono di suonarla come un qualsiasi blues in 12  battute e via così; il più relativamente disinvolto con l’armonia e la forma, o quello che almeno sembra provarci, è curiosamente Pete Jolly.

 Ornette Coleman aveva registato Tears Inside l’anno prima, in «Tomorrow Is The Question».

 Tears Inside (Coleman), da «Smack Up», Contemporary. Jack Sheldon, tromba; Art Pepper, sax alto; Pete Jolly, piano; Jimmy Bond, contrabbasso; Frank Butler, batteria. Registrato nell’ottobre 1960

sabato 23 gennaio 2016

Sea Change – Debased Line (John Surman)

 Osserva la naturalezza con cui, in Sea Change, la musica trapassa da 3/2 a 6/4 (4 + 2) all’entrare del sax baritono solista di John Surman.

 Questo disco, ispirato alla dichiarazione dei diritti dell’uomo e registrato dal vivo nel 2001, è una specie di scrigno delle memorie di musica inglese: la banda, i madrigalisti, gli inni, Purcell, Gibbons, Walton, Elgar,  il progressive e oltre a tutto ciò Stravinskij, Gil Evans e perfino Stan Kenton, Don Ellis e Philip Glass.

 Sea Change (Surman), da «Free And Equal», ECM 1802. John Surman, sax baritono; Jack DeJohnette, piano e batteria; London Brass: Andrew Crowley, Paul Archibald, John Barclay, tromba; Anne McAneney, flicorno; Richard Bissill, corno; Dan Jenkins, Richard Edwards, David Purser, trombone; David Stewart, trombone basso; Owen Slade, tuba. Registrato nel giugno 2001.

 Debased line (Surman), id. ma Surman suona il clarinetto basso.

venerdì 22 gennaio 2016

Toeing The Line – 9x9 (Ron Horton)

 Ron Horton (Maryland, 1960) è un eccellente trombettista e un bel musicista all around, per anni sideman di Andrew Hill.

 Ricordo di averlo sentito in quartetto (al piano, come in questo disco, c’era Antonio Zambrini) una decina di anni fa a Milano in un locale del Vigentino quasi in fondo alla via Ripamonti, locale rumoroso e volgarotto giusta il suo nome, che presentava tuttavia spesso del bel jazz. «La Salumeria della Musica» si chiamava, fra la gloriosa Società Ginnastica Milanese Forza e Coraggio da una parte e il ristorante «Lucky Club», padre di un paio di generazioni di gastritici, dall’altra. Credo sia ancora lì ma che presenti tutt’altro.

 Toeing The Line (Horton), da «It’s A Gadget World…», Abeat AB JZ 067. Ron Horton, tromba; Antonio Zambrini, piano; Ben Allison, contrabbasso; Tony Moreno, batteria. S.d. ma 2006.

 9x9 (Motian), id. ma Horton suona il flicorno.

giovedì 21 gennaio 2016

Fly With The Wind – In A Sentimental Mood (Lucky Thompson)

 Lucky Thompson. Le cose sue che ho pubblicato sono sparite per cui forse le ripubblicherò, ma intanto oggi ti dò qualcosa nuova per il blog; quanto alle mie impressioni di Lucky, se t’interessassero cerca alla voce «Lucky Thompson» nella farragine di nomi qui a destra e in particolare leggi qui, dove ho cercato di circoscriverne lo stile in poche parole.

 In Sentimental Lucky suona il sax soprano, di cui è stato uno dei maggiori praticanti già prima di Coltrane. È un’esecuzione memorabile, da cui resta esclusa la batteria. Fly With The Wind viene a ricordarti come Lucky fosse compositore di temi quirky, ritmicamente accidentati, armonicamente semplici (questo è un rhythm changes e, come sempre nelle esecuzioni dei suoi complessi, il primo chorus del suo assolo esclude il pianoforte), sempre stranamente orecchiabili.

 Fly With The Wind (Thompson), da «Lucky Strikes», [Prestige] OJCCD 194-2. Lucky Thompson, sax tenore; Hank Jones, piano; Richard Davis, contrabbasso; Connie Kay, batteria. Registrato il 15 settembre 1964.

 In A Sentimental Mood (Ellington), id.

mercoledì 20 gennaio 2016

Tone Field – Trilogy I (Gary Peacock)

 Lo Standard Trio di Keith Jarrett, che credo sia ora nel trentacinquesimo anno di attività ammesso che agisca ancora, nacque nel 1977 come formazione esclusivamente discografica a nome di Gary Peacock e per determinata iniziativa di Manfred Eicher, il creatore della ECM; e fin qui, non è chi non lo sappia.

 In realtà io non giurerei che quella circostanza autorizzi a cercare lì delle premonizioni del trio di Jarrett. Quanto risulta chiaro chiarissimo da questo disco, dal titolo infinitamente suggestivo, è l’influenza molto forte che Paul Bley e i suoi trii hanno esercitato su questa musica e in particolare su Keith Jarrett*, e non è di sicuro un’osservazione di grande originalità  neanche questa. Peacock è un collaboratore storico di Bley e quasi a principio di Trilogy I cita And Now, The Queen, composizione di Carla Bley resa celebre soprattutto da una memorabilissima interpretazione di Paul in «Open, To Love».

 Tone Field è un’escursione in un territorio free, con juicio, che questo trio, ormai di Jarrett, non avrebbe rivisitato prima del 2000 nel disco «Inside Out». A proposito di «Inside Out», Ethan Iverson racconta che Bley gli disse: qui Keith Jarrett ha dimostrato che, in fin dei conti, è capace di suonare come suonavo io nel 1965.

* Sull’internet ho letto qualcuno che, sicuramente sentendosi furbissimo, ha citato questo fatto come se dovesse ricadere a disdoro di Jarrett. Si può essere più buzzurri?

 Trilogy I (Peacock), da «Tales Of Another», ECM 1101. Keith Jarrett, piano; Gary Peacock, contrabbasso; Jack DeJohnette, batteria. Registrato nel febbraio 1977.

 Tone Field (Peacock), id.

martedì 19 gennaio 2016

Somnifacient (Dewey Redman)

 Dewey Redman ha avuto le associazioni più famose con Ornette e con Jarrett. Era un artista molto puro, scevro da intellettualismi e di un’espressione poco gravata da progettualità: essenzialmente una voce individuale, inconfondibile, un po’ una vox clamantis in deserto ma sempre qui e ora. In questo senso, un jazzman della più bell’acqua e nella tradizione più genuina.

 Nel 1974, il free jazz che Redman suona, più che assomigliare al coevo spiritual jazz con il quale condivide alcune sonorità ma poco altro, sembra piuttosto una continuazione in sogno di quello del decennio precedente. Prova a pensarlo così, prima di commentare che non ti piace, e che è una brodaglia, e che palle etc. La musica richiede pure che ci mettiamo un po’ del nostro, insomma, che ci mettiamo anche noi qualcosa; non viene mica via gratis.

 O no?

 Somnifacient (Redman), da «Coincide», Impulse! ASD-9300. Ted Daniel, tromba; Dewey Redman, clarinetto; Leroy Jenkins, violino; Sirone, contrabbasso; Eddie Moore, batteria e percussioni. Registrato nel settembre 1974.

lunedì 18 gennaio 2016

Lonely Woman – Funk In The Evening (Curtis Amy)

 Di nuovo ti presento musica di Curtis Amy, di nuovo mi riprometto di parlartene meglio e di nuovo non lo faccio. Non penso tuttavia che tu abbia a rammaricartene.

 Questa Lonely Woman non è quella di Ornette Coleman, evocata in absentia per due giorni di seguito, e nemmeno quella di Horace Silver. Funk In The Evening è ripresa dal vivo alla Lightouse di Hermosa Beach, LA, già palestra del West Coast jazz e nel 1962 dotata di un pianoforte derelitto, su cui tuttavia John Houston mostra un certo spirito.

 E ora divertiti, è un ordine.

 Lonely Woman (Amy), da «Mosaic Select: Curtis Amy», MS-007 72453 93419 2 7. Dupree Bolton, tromba; Curtis Amy, sax soprano; Ray Crawford, chitarra; Jack Wilson, piano; Victor Gaskin, contrabbasso; Doug Sides, batteria. Registrato il 3 febbraio 1963.

 Funk In The Evening (Amy), id. Roy Brewster, trombone a pistoni; Amy, sax tenore; Roy Ayers, vibrafono; John Houston, piano; Bob Whitlock, contrabbasso; Larance Marable, batteria. Registrato il 29 luglio 1962.

domenica 17 gennaio 2016

Here’s That Rainy Day – Day Dream (Helen Merrill)

 Nei commenti a una Lonely Woman interpretata da un complesso di Hugh Hopper, un paio di mesi fa, l’ascoltatore GuySock, che non credo di aver mai incontrato né prima né dopo, nominava un’esecuzione della canzone di Ornette da parte di Helen Merrill e Dick Katz.

 Quella versione non l’ho trovata; ho trovato però un altro disco in cui la Merrill e Katz (e altri) si trovano associati. Io non vado matto per «miss Merrill», come  nei dati discografici di questa ristampa la diafana cantante è appellata, ma vado matto invece per Thad Jones, che in Day Dream ruba la scena alla bionda e a tutti gli altri con un assolo memorabile per fantasia e concisione.

 Here’s That Rainy Day (Burke-Van Heusen), da «The Feeling Is Mutual», Gitanes Jazz Production 558 549 2. Helen Merrill con Dick Katz, piano. Registrato nel 1965.

 Day Dream (Latouche-Ellington-Strayhorn), ib. Merrill; Katz; Thad Jones, cornetta; Jim Hall, chitarra; Ron Carter, contrabbasso; Pete LaRoca, batteria.

sabato 16 gennaio 2016

The Blessing – You Are A Creature (Nick Sanders)

 Ci sono composizioni, canzoni etc che, quando le ritrovo in un disco, devo fartele sentire per forza. Una è The Blessing di Ornette Coleman (dal suo primo disco «Something Else!!!!» del 1958), una melodia che non so meglio definire che con l’aggettivo inglese haunting e che infatti ti ho propinato in diverse versioni.

 Questa del giovanotto americano Nick Sanders, nativo di New Orleans (è bianco), studente di Fred Hersch, Jason Moran, Danilo Perez, non sfigura accanto a nessuna che ho pubblicato. Se non mi sbaglio, di questo Nick sentiremo parlare ancora, perché la sua musica scoppia quasi dalle cose da dire e dalla smania evidente di comunicarle. Non sarà per nulla che questo disco del ragazzo, il suo secondo, abbia avuto, come già il primo, Fred Hersch produttore esecutivo.

 Comunque, ascoltato questo trio mi pare si possa dire se non altro che i Bad Plus e i trii di Mehldau e Moran sono ormai storicizzati.

 (Non ho mica capito quanti anni abbia Sanders e non ho voglia, ora, di mettermi a fare indagini; dalle foto, lui e i suoi colleghi di trio hanno l’aria di aver cominciato da pochissimo a maneggiare il rasoio).

 The Blessing (Coleman), da «You Are A Creature», Sunnyside SSC 1389. Nick Sanders, piano; Henry Fraser, contrabbasso; Connor Baker, batteria. Registrato nell’agosto 2014.

 You Are A Creature (Sanders), id.

venerdì 15 gennaio 2016

Tricotism – Caribbean Fire Dance (John Fedchock)

 Un po’ di big band, va’, che non te ne faccio sentire quasi mai.

 O meglio, quasi mai big band bianche, che come ho spiegato una volta o forse due non mi vanno «a sangue», neanche quando portino nomi molto insigni come p.e. quello di Gerry Mulligan, musicista che per il resto adoro. Bada che non sto facendo affermazioni ideologiche à la B.A.M. o trovate del genere, lontanissime dal mio sentire con riguardo alla musica: ammetto solo un mio limite di ascoltatore.

 Comunque fanno eccezione alla mia perplessità i primi due herd di Woody Herman e non a caso questa New York Big Band è creatura di John Fedchock, trombonista, compositore e arrangiatore nato nel 1957 in Ohio, che negli anni Ottanta lavorò molto per Herman.

 Una formazione ferratissima e degli arrangiamenti ingegnosi e di buon gusto finché vuoi, davvero no-nonsense secondo l’inappariscente egida del disco, che tuttavia non posso dire mi entusiasmino. A dire il vero non mi ricordo nemmeno bene perché avessi lì questo disco, che non credo di aver mai ascoltato fino a oggi. Non potevo comunque fare a meno di farti sentire Tricotism di Oscar Pettiford, la composizione che ha dato titolo a uno dei miei dischi di jazz preferiti. In Caribbean Fire Dance, versione evirata rispetto all’originale hendersoniano, i solisti sono Rick Margitza, Barry Ries e Fedchock stesso.

 Tricotism (Pettiford), da «No Nonsense», Reservoir RSR CD170. John Fedchock’s New York Big Band: Tony Kadlock, Craig Johnson, Scott Wendholt, Barry Ries, tromba e flicorno; John Fedchock, Keith O’Quinn, Clark Gayton, trombone; George Flynn, trombone basso; Mark Vinci, Charles Pillow, sax alto; Rich Perry, Rick Margitza, sax tenore; Allen Farnham, piano; Lynn Seaton, contrabbasso; Dave Ratajczak, batteria. Registrato nel maggio 2002.

 Caribbean Fire Dance (Joe Henderson), id.

giovedì 14 gennaio 2016

Veneli ab em Guggisberg – One For Makaya (Pierre Favre)

 Jazz svizzero da alcuni suoi qualificati esponenti, fra cui un luminare della percussione d’avanguardia, il titolare del disco Pierre Favre (1937).

 Makaya è Makaya Ntshoko, grande batterista sudafricano sentito qui sopra con Benny Bailey, con Abdullah Ibrahim e perfino con Duke Ellington e che risiedette in Svizzera e forse vi risiede tuttora. È notevole quanto spesso la percussione d’ispirazione africana abbia trovato risonanza in musicisti svizzeri: oltre a Favre, ricordo il più giovane Lucas Niggli, anche lui comparso su «Jazz nel pomeriggio» e anche lui batterista-compositore e nelle cui band si ritrovano sovente il clarinettista Puntin e il chitarrista Schaufelberger, presenti tutti e due qui.

 Pierre Favre applica moduli ritmici africani addirittura a un’antica canzone popolare della Svizzera centrale, Veneli ab em Guggisberg, trattata per il resto con una scrittura armonica severa, per un risultato a mio avviso molto suggestivo e felicemente lontano da pastoni world music o «contaminati». Tutto il disco, seppure troppo uniforme, è ben suonato e ben scritto da Favre, che trae partito dal contrapporre in discanto chitarra e trombone alla sezione di saxofoni.

 Veneli ab em Guggisberg (trad., arr. Favre), da «Le Voyage», Intakt CD 186. Pierre Favre Ensemble: Samuel Blaser, trombone; Claudio Puntin, clarinetto e clarinetto basso; Beat Hofstetter, Sascha Armbruster, Andrea Formenti, Beat Keppeler, saxofoni; Philipp Schaufelberger, chitarra; Wolfgang Zwiauer, chitarra basso; Bänz Oester, contrabbasso; Pierre Favre, batteria e percussioni. Registrato nel gennaio 2010.

 One For Makaya (Favre), ib. Favre, batteria e percussioni.

mercoledì 13 gennaio 2016

Antiquity: The Hunter And His Game – Down In The Bottom (Jackie McLean & Michael Carvin)

 La formazione del duo sax + batteria è di norma associata al jazz d’avanguardia, soprattutto dagli anni Settanta in poi; qui la temperie è invece piuttosto quella di un hard bop avanzato, modale, spiritual, tipica dell’epoca in cui il disco è stato registrato (1974). La «antiquity» del titolo è quella del retaggio africano e della deportazione (The Crossing s’intitola un altro pezzo).

 Antiquity: The Hunter And His Game (McLean-Carvin), da «Antiquity», Steeplechase SCCD 31028. Jackie McLean, sax alto; Michael Carvin, batteria e percussioni. Registrato il 16 agosto 1974.

 Down In The Bottom (McLean-Carvin), id.

martedì 12 gennaio 2016

Eddie’s Blues (Eddie South & Django Reinhardt)

 Questo blues di Eddie South (1904-1962), insieme con Joe Venuti il primo distinto violinista del jazz, qui a Parigi con Django Reinhardt, a me sembra una contraffazione di Lonesome Blues, il blues-canzone di Lil Hardin-Armstrong la cui esecuzione più nota è quella di Sidney Bechet.

 Eddie’s Blues (Lil Hardin), da «Black Gipsy», Jazz Archives. Eddie South, violino; Django Reinhardt, chitarra. Registrato il 29 settembre 1937.

lunedì 11 gennaio 2016

I’m Gonna Sit Right Down And Write Myself A Letter (Ruby Braff)

 A gentile e istante richiesta di Luciana!

 I’m Gonna Sit Right Down And Write Myself A Letter (Razaf-Waller-Brooks), da «The Complete Betlehem Recordings», Solar Records SOL-126341. Ruby Braff, cornetta; Ed Hubble, trombone; Sam Margolis, sax tenore; Dick Katz, piano; Gene Ramey, contrabbasso; Izzy Skylar, batteria. Registrato il 31 dicembre 1954.

domenica 10 gennaio 2016

Jabberwocky (Branford Marsalis)

 Risuona una quantità di cose in questo Jabberwocky di Branford Marsalis, alcune misteriose, un po’ come nella buffa poesia da «Through the Looking Glass» da cui il pezzo prende nome.

 Il riferimento è scoperto a Ornette, anche per l’uso insolito del sax alto da parte del leader, mentre l’assolo di sola mano destra di Joey Calderazzo ricorda sì Tristano, ma per il tramite dell’Herbie Hancock del quintetto davisiano (soprattutto in «Miles Smiles»).

 Jabberwocky (B. Marsalis), da «Metamorphosen», Marsalis Music 0874946001106. Branford Marsalis, sax alto; Joey Calderazzo, piano; Eric Revis, contrabbasso, Jeff «Tain» Watts, batteria. Registrato nell’agosto 2008.

sabato 9 gennaio 2016

Sweet Love Of Mine – Here Is that Rainy Day (Art Pepper)

 Oggi sono contento di dedicare due pezzi di Art Pepper a un mio amico jazzofilo (e tante altre cose) di Brisbane, Australia, il caro ed estroso Harry McCullagh, che in questo periodo sta ascoltando molto Pepper degli anni Settanta.

 Buon anno, Harry! 

 Today’s songs I’ve expressly selected for my whimsical friend, jazz fan, film-maker and what have you, Mr Harry McCullagh from Brisbane, Australia. Harry is on a 70s Pepper binge these days.

 Happy new year, dear Harry!

 Sweet Love Of Mine (Wody Shaw), da «The Trip», Contemporary VDJ-1583. Art Pepper, sax alto; George Cables, piano; David Williams, contrabbasso; Elvin Jones, batteria. Registrato nel settembre 1976.

 Here Is that Rainy Day (Burke-Van Heusen), da «Living Legend», Fantasy OJCCD 408-2. Art Pepper, sax alto; Hampton Hawes, piano; Charlie Haden, contrabbasso; Shelly Manne, batteria. Registrato il 9 agosto 1975.

venerdì 8 gennaio 2016

I Didn’t Know What Time It Was – Lullaby Of Birdland – Almost Like Being In Love (Lester Young)

 Prima di tutto, non c’è due senza tre e una cosa di cui «Jazz nel pomeriggio» ha osservanza sono i luoghi comuni, le ovvietà tramandate, i proverbi.

 In secondo luogo, di Lester Young non solo non se ne sentirà mai abbastanza, ma su «Jazz nel pomeriggio», in quasi sei anni, se n’è sentito dolorosamente poco. In conclusione, se ti sarà ragione di querela l’aver trovato su «Jazz nel pomeriggio» Lester Young tre giorni di seguito, è indizio che: I - «Jazz nel pomeriggio» non fa per te, II - tu non mi hai mai capito, non mi vuoi bene, e III - forse non me ne hai mai davvero voluto.

 (Mi è stato domandato di ricordare Paul Bley; l’ho fatto oggi, con questo post).

 I Didn’t Know What Time It Was (Rodgers-Hart), da «Le dernier message de Lester Young», Gitanes Jazz Productions 589 557-2. Lester Young, sax tenore; René Urtreger, piano; Jimmy Gourley, chitarra; Jamil Nasser, contrabbasso; Kenny Clarke, batteria.

 Lullaby Of Birdland (Shearing), id.

 Almost Like Being In Love (Lerner-Loewe), id.

giovedì 7 gennaio 2016

I Got Rhythm (Dicky Wells & Lester Young)

 Non so se ho reso un buon servizio a Dicky Wells presentandolo nel suo autunno, qualche giorno fa. Agganciandomi allora anche alla presenza in questa seduta di Lester Young, collega basiano di Wells sentito appena ieri, e contravvenendo all’elementare critierio della varietà che regge il blog, riecco qui Wells. Il suo assolo in questa versione modificata di I Got Rhythm è molto espressivo delle qualità, in particolare del suo famoso umorismo, che lo resero celebre.

 Tuttavia qui non senti solo un uso accorto delle potenzialità «comiche» del trombone: Wells sembra volerne testare i limiti tecnici ed espressivi, percorrendone lestensione e la la varietà timbrica. Dal secondo 1:50 l’assolo assume una forma antifonale in cui Wells, forzando verso l’acuto, sembra duettare con se stesso.

 I Got Rhythm (Gershwin-Gershwin), da «Kansas City Swing», Definitive DRCD11118. Bill Coleman, tromba; Dicky Wells, trombone; Lester Young, sax tenore. Ellis Larkins, piano; Freddie Green, chitarra; Al Hall, contrabbasso; Jo Jones, batteria. Registrato il 21 dicembre 1943.

mercoledì 6 gennaio 2016

Sunday (Lester Young)

 La Befana ti porta Lester Young sullo scorcio finale del 1946, in un contesto prettamente bebop.

 Lui suona come più o meno aveva sempre fatto e appare a suo agio. I suoi compagni sono qui piuttosto oscuri, il meno tale essendo Argonne Thornton aka Sadik Hakim, che in quel torno di tempo registrò con nomi anche illustri, compose (così si dice) Eronel poi attribuita a Monk per infine più o meno scomparire in Canada e ricomparire poco prima della morte, avvenuta nel 1983.

 Sunday (Miller-Kruger-Conn-Styne), da «The Complete Aladdin Recordings», Blue Note CDP 7243 8 32787 2 5. Shorty McConnell, tromba; Lester Young, sax tenore; Argonne Thornton (Sadik Hakim), piano; Fred Lacy, chitarra; Rodney Richardson, contrabbasso; Lyndell Marshall, batteria. Registrato nell’ottobre 1946.

martedì 5 gennaio 2016

Sid’s Delight – Focus (Tadd Dameron)

 Ecco Tadd Dameron con la sua marca particolare di bebop: non quello sperimentale, spericolato, pericoloso dei piccoli gruppi dell’high bebop (1944-’47); non quello atletico e avveniristico della big band di Dizzy Gillespie, ma un bebop per formazioni di medie dimensioni, tornito, sperimentale in un suo modo quieto (ma non è il cool jazz, neanche quello della «tuba band» di Davis), in cui il nuovo vocabolario armonico è  finalmente lessicalizzato e presentato in forma per così dire discorsiva, senza più bisogno di ostentare la quinta diminuita, il raddoppio del tempo, lo spasmo ritmico; un bebop le cui forme sono estese con intro, tag e outchorus – Horace Silver se ne sarebbe ricordato – e per tutte queste ragioni un bebop diverso anche da quello, di poco più tardo, concepito da John Lewis e Miles Davis che ti ho presentato un paio di mesi fa. Fats Navarro, in front line della prima di queste due formazioni, ne è l’interprete ideale. 

 Sid’s Delight è nota anche come Webb’s Delight.

 Sid’s Delight (Dameron), da «Strictly Bebop», Capitol M-11059. Fats Navarro, tromba;  Kai Winding, trombone;  Sahib Shihab, sax alto; Dexter Gordon, sax tenore; Cecil Payne, sax baritono; Tadd Dameron, piano; Curley Russell, contrabbasso; Kenny Clarke, batteria; Vidal Bolado, conga. Registrato il 18 gennaio 1949.

 Focus (Dameron), ib. Miles Davis, tromba; J.J. Johnson, trombone; Shihab; Benjamin Lundy, sax tenore; Payne; John Collins, chitarra; Dameron; Russell; Clarke. Registrato il 21 aprile 1949.

lunedì 4 gennaio 2016

There’ll Be Some Changes Made (Jack Teagarden)

 La ragione che ho per farti sentire questo pezzo, da una reunion dei ragazzi chicagoani della Austin High School (rispolvera i tuoi testi di storia del jazz), è essenzialmente il canto di Jack Teagarden, dalla musicale e disossata cadenza texana, oltre al suo trombone, si capisce.

 Non è che gli altri ex-ragazzi della front line non si esprimano con autorevolezza, tuttavia.

 There’ll Be Some Changes Made (Higgins-Benton Overstreet), da «Chicago/Austin High School Jazz In Hi-Fi», RCA RGP 1088(M). Billy Butterfield, tromba; Jack Teagarden, trombone; Peanuts Hucko, clarinetto; Bud Freeman, sax tenore; Gene Schroeder, piano; Leonard Gaskin, contrabbasso; George Wettling, batteria. Registrato nel 1957.

domenica 3 gennaio 2016

Larry-Larue (Max Roach)

 Larry-Larue (Little), da «Deeds, Not Words», [Riverside] OJC20 304-2. Booker Little, tromba; Ray Draper, tuba; George Coleman, sax tenore; Art Davis, contrabbasso; Max Roach, batteria. Registrato il 4 settembre 1958.

sabato 2 gennaio 2016

[Comunicazione di servizio] «La musica di Crumb»

 Siccome faccio di mestiere il traduttore, segnalo qui quando venga pubblicato qualche mio lavoro che riguardi il jazz.

 L’editore Comicon, branca editoriale dell’omonimo festival del fumetto di Napoli, ha appena pubblicato il terzo volume delle opere di R Crumb che vado, appunto, traducendo io. Credo che questo possa interessarti perché s’intitola «La musica di Crumb» e raccoglie i lavori che il grande artista americano ha dedicato non solo alla sua passione, che è il jazz arcaico e il blues rurale, ma anche a più spicciole polemiche di costume con pretesto musicale; e inoltre ritratti di musicisti, copertine di dischi e riviste, figurine, tutti riprodotti a colori con bella cura tipografica.

 Il volume contiene in particolare Patton e Jelly Roll Morton e la maledizione Voodoo, che definisco senza meno due capolavori, e in allegato c’è un CD di rarità musicali selezionate da R Crumb stesso.

 Le note e il saggio finale sono di Luca Boschi, il lettering originale è stato ricreato con bravura e amore da Walter Dipino. L’Editore ha poi ritenuto il caso di stampare a inizio del volume (206 pagine, 24 euro)  una breve prefazione scritta da me.

The Bridge Across – Stream Of Light (Matthew Shipp)

 Di Matthew Shipp qui sopra ho detto poco, comunque sia bene sia male. Ora dico solo che questo suo disco molto recente, dove Shipp mi pare aver trovato un suo groove, come è forse significato anche dal titolo, mi è piaciuto. 

 The Bridge Across (Shipp), da «The Conduct Of Jazz», Thirsty Ear Recording 57211. Matthew Shipp, piano; Michael Bisio, contrabbasso; Newman Taylor Baker, batteria. Registrato nel 2015.

  Stream Of Light (Shipp), ib. Shipp solo.

venerdì 1 gennaio 2016

Heavy Duty (Dicky Wells)

 William «Dicky» Wells (1907-1985) oggi è un nome noto per lo più solo ai cultori del jazz degli anni Trenta e Quaranta, durante i quali fu prima parte nella sezione tromboni dell’orchestra di Count Basie e uno dei più noti specialisti dello strumento, eppure ai suoi tempi godette di considerazione molto alta fra il pubblico e la critica; io ricordo di aver letto con stupore le pagine che volle dedicargli André Hodeir nel famoso «Hommes et problèmes du jazz» del 1954.

 Qui te lo presento nel 1959 in una fase tarda della sua carriera, solista con un gruppo abbastanza indistinto non fosse che per la presenza di un trombone choir comprendente un grande nome come Vic Dickenson. Wells è il solista di trombone, dopo l’assolo di Everett Barksdale insolitamente al basso elettrico, suonato del resto come una chitarra.

 Buon anno!

 Heavy Duty (Wells), da «Trombone Four In Hand», Affinity AFF 168. Dicky Wells, Benny Morton, George Matthews, Vic Dickenson, trombone; Skip Hall, piano; Everett Barksdale, basso elettrico; Major Holley, contrabbasso; Herbie Lovelle, batteria. Registrato il 21 aprile 1959.