martedì 31 luglio 2012

Awake Nu - There Is the Bomb (Don Cherry)

Lascio per pochi giorni la redazione di JnP ma, come già l’anno scorso, la pubblicazione delle musiche continuerà quotidiana. Agli eventuali commenti risponderò al mio ritorno. Ciao.

 Questo disco, terzo e ultimo di Don Cherry per la Blue Note, ti immerge subito, con Awake Nu, in una temperie ornettiana. Anche Pharoah Sanders, solista d’ispirazione e di concetto così difformi da quelli di Coleman, vi si adegua, se pure non senza frizione.

 Ma parlare solo di ambito colemaniano a proposito di questi dischi non è giusto. Cherry è stato cruciale e consustanziale alla definizione della musica di Ornette come si è definita nei tardi Cinquanta-primi Sessanta, tanto che non è così facile dire dove cominci l’uno e finisca l’altro. Cherry, che forse non ha avuto ancora una valutazione critica adeguata, ai primi ascoltatori suonò non meno inconsueto e nuovo di Ornette, anzi forse di più, vista la tradizione del suo strumento. Ecco che cosa ne scrisse nel 1966 A. B. Spellman:
 Ancora più complicate erano le cose con Don Cherry. Nel 1958 ero abituato agli articolatissimi arpeggi degli hard bopper, cioè di Clifford Brown e di quelli della sua scuola. Le note di Cherry, come quelle di Ornette, mi sembravano imprecise, raggiunte per puro caso. Cherry stava lavorando a una costruzione dell’assolo che non aveva nulla in comune con la disinvolta sicurezza che era la norma negli anni Cinquanta.
(A. B. Spellman, Four Lives in the Bebop Business, Limelight 1995 [1966], p. 117)

 There Is The Bomb, senza tradire le premesse, mostra Cherry in un suo pénchant già più astratto rispetto a Ornette.

 Awake Nu (Cherry), da «Where Is Brooklyn?», Blue Note 11435. Don Cherry, cornetta; Pharoah Sanders, sax tenore; Henry Grimes, contrabbasso; Ed Blackwell, batteria. Registrato l’11 novembre 1966.



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 There Is The Bomb (Cherry), id.



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lunedì 30 luglio 2012

I’ve Grown Accustomed To Your Face (James Clay)

 Dal curioso disco a nome di Don Cherry, James Clay esegue in trio la ballad di Lerner e Loewe. Un’esecuzione semplice e raccolta, molto intensa da parte di tutti e tre.

 Clay aveva una lunga consuetudine con Haden e Higgins (e con Cherry): nella seconda metà degli anni Cinquanta, a Los Angeles, era uno del piccolo gruppo di sodali di Ornette Coleman che si riuniva a sperimentare nel garage di George Newman (ne facevano parte anche Ed Blackwell, Bobby Bradford e Walter Norris).

 I’ve Grown Accustomed To Your Face (Lerner-Loewe), da «Art Deco», A & M 395 258-2. James Clay, sax tenore; Charlie Haden, contrabbasso; Billy Higgins, batteria. Registrato dal 27 al 30 agosto 1988.



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domenica 29 luglio 2012

A Touch Of Blue (Hank Mobley)

 Questo è, se non il più riuscito, probabilmente il disco più ambizioso di Hank Mobley. L’organico comprende tuba ed euphonium. Mobley compose e concepì questi pezzi durante un soggiorno in galera, e li affidò per la stesura a Duke Pearson, che all’epoca era una specie di direttore musicale della Blue Note. Il resto della formazione, come si vede, è eccelso.

 Il titolo è molto probabilmente un refuso (dovrebbe essere piuttosto «A Slice Off the Top»).

 A Touch Of Blue (Mobley), da «A Slice Of The Top», Blue Note B1 33582. Lee Morgan, tromba; Kiane Zawadi (Bernard McKinney), euphonium; Howard Johnson, tuba; James Spaulding, sax alto; Hank Mobley, sax tenore; McCoy Tyner, piano; Bob Cranshaw, contrabbasso; Billy Higgins, batteria. Registrato il 18 marzo 1966.



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sabato 28 luglio 2012

Tea For Two (Roy Eldridge)

 Dopo l’algida e in effetti irriconoscibile Tea For Two del giovane Lennie Tristano, sentita ieri, ho avvertito la necessità di rivisitare questa canzone in uno spirito diverso.

 Qui siamo nel 1944, appena un anno prima, in una jam session al teatro Metropolitan di NY delle Esquire All Stars, una formazione che a leggerla c’è da non crederci (e in altri momenti di quella serata si sentirono anche Louis Armstrong, Coleman Hawkins, Benny Goodman e Billie Holiday). L’esecuzione è al calor bianco e, sì, anche piuttosto sbracata nei fragorosi ensemble, ma questi sono grandi che restano grandi anche quando si rotolano per terra.

 Quello che fa la parte del leone, che suona più forte e più acuto, che sgomita per stare avanti a tutti è Roy Eldridge.

 Tea For Two (Youmans-Caesar), da «Roy Eldridge - Little Jazz Trumpet Giant», Proper P1373. Roy Eldridge, tromba; Jack Teagarden, trombone; Barney Bigard, clarinetto; Lionel Hampton, vibrafono; Art Tatum, piano; Al Casey, chitarra; Oscar Pettiford, contrabbasso; Sidney Catlett, batteria. Registrato il 13 gennaio 1944.



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venerdì 27 luglio 2012

Tea For Two (Lennie Tristano)

 Quando Lennie Tristano nel 1945 registrò per la prima volta, in un occasionale sestetto a nome del saxofonista Emmett Carls, il suo stile era già formato. Per cominciare, Tea For Two è in realtà una sua rielaborazione o «anatole» della nota canzone, lontanissima dall’originale e il cui head cita piuttosto Star Eyes. Il suo assolo, armonicamente avventuroso e prevalentemente a block chords, è lo zenith dell’esecuzione.

 Questa formazione, riunitasi in sala d’incisione a Chicago in occasione di un passaggio dell’orchestra di Woody Herman (ne facevano parte Swope, Markowitz, Jackson e Lamond), non si esibì mai dal vivo. Apprendo dalla biografa di Tristano Eunmi Shim che Emmett Carls era un allievo di sax tenore di Tristano, all’epoca in cui costui ambiva a suonare il tenore «come Chu Berry».

 Tea For Two (Caesar-Youmans), da «Intuition», Properbox 64. Irving «Marky» Markowitz, tromba; Earl Swope, trombone; Emmett Carls, sax tenore; Lennie Tristano, piano; Chubby Jackson, contrabbasso; Don Lamond, batteria. Registrato prob. nel marzo 1945.



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giovedì 26 luglio 2012

Unsung Heroes - Bells Of Joy (Khan Jamal)

 O Lancianese, tu che periodicamente ti lagni che io trascuri i vibrafonisti (ma non è mica vero), this is for you: eccone uno che non ho ancora mai pubblicato, Khan Jamal, che del resto conoscerai meglio di me.  Jamal (nato nel 1946) ha avuto una lunga carriera a fianco di esponenti insigni della free music come Sunny Murray e Charles Tyler, ma gestisce disinvolto ogni tipo di materiale musicale, dal post-bop ai ritmi latini e africani all’astrazione.

 Siamo su un altro piano rispetto a un Walt Dickerson (che un po’ Jamal ricorda, molto semplificato) o a un Bobby Hutcherson, ma Jamal si ascolta sempre con interesse e piacere e chi capisce di vibrafono lo ritiene un maestro nell’uso degli effetti di risonanza sullo strumento, quelli che si controllano tramite un pedale .

 Qui Khan Jamal ha con sé l’importante contrabbassista che fu il sudafricano Johnny Dyani.

 Unsung Heroes (Jamal), da «The Traveller», Steeplechase SCCD 31217. Khan Jamal, vibrafono; Johnny Dyani, contrabbasso; Leroy Lowe, batteria. Registrato il 31 ottobre 1985.



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 Bells Of Joy (Jamal), id.



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mercoledì 25 luglio 2012

Ahmad’s Waltz (Ahmad Jamal), Music To Watch Girls By (Jaki Byard)

 Jazz nel pomeriggio with strings, o sia l’angolo del kitsch.

 Quando nel jazz arrivano i violini, di solito se n’esce il jazz o più generalmente il minimo senso di decoro musicale; tuttavia questa è una rozza semplificazione. Oggi ti presento due formazioni che includono una un violino, l’altra un violino e un violoncello, ed entrambe hanno la chitarra. La prima, del 1960, è a nome di Ahmad Jamal (arrangiamenti di Joe Kennedy), un musicista qui sopra molto apprezzato ma che, è vero, ha spesso fatto l’equilibrista su un filo teso fra il jazz e la cocktail music, fra l’elegante e il puramente lezioso, fra il sublime e l’immondo (con qualche propensione / per il secondo). È il caso di questo quintetto? Non so, non te lo dico. Giudica tu da questo solo pezzo.

 Non direi invece che sia il caso del complesso guidato da Jaki Byard (il titolo del disco, che strilla With Strings! facendo immaginare una string section & harp, è piuttosto decettivo). Byard è forse il pianista il più lontano immaginabile da Jamal e qui, nel 1968, aggiunge al suo classico trio con Davis e Dawson il violino ellingtoniano di Ray Nance, la chitarra di George Benson e il violoncello stonato di Ron Carter; lui stesso dà di piglio all’Hammond e il risultato è una sorta di, boh, psychedelic free lounge music.

 Ahmad’s Waltz (Jamal), da «Listen To the Ahmad Jamal’s Quintet», Argo LP 673. Joe Kennedy, violino; Ahmad Jamal, piano; Ray Crawford, chitarra; Israel Crosby, contrabbasso; Vernel Fournier, batteria. Registrato il 15 agosto 1960.



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 Music To Watch Girls By (Ramin-Velona), da «Jaki Byard With Strings!», Prestige PRCD-24246-2. Ray Nance, violino; Jaki Byard, piano & organo; George Benson, chitarra; Ron Carter, violoncello; Richard Davis, contrabbasso; Alan Dawson, batteria. Registrato il 2 aprile 1968.



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martedì 24 luglio 2012

My Little Brown Book (Duke Ellington) (Duke Ellington) (Duke Ellington & John Coltrane)

 Una delle belle melodie di Billy Strayhorn, dapprima nell’esecuzione originale dell’orchestra di Duke Ellington (1942), cantata con enfasi e con mediocre tecnica vocale da Herb Jeffries. Segue la versione che Duke ne diede nel disco dedicato a Strayhorn del 1967, anno della sua morte, poi quella, molto più famosa, di Ellington e Coltrane nel famoso incontro discografico dei due per la Impulse!, avvenuto cinque anni prima.

 La seconda versione orchestrale può sfoggiare, più belle che mai, le voci di Lawrence Brown, di Barney Bigard, di Johnny Hodges e di Paul Gonsalves (e senti che netto contrasto fa il pianoforte di Duke dopo l’esposizione di Lawrence Brown), ma quella in quartetto ha un’invitante intimità, caratteristica del resto di Coltrane quando suonava una ballad.

 My Little Brown Book (Strayhorn), da «Never No Lament: The Blanton-Webster Band», Bluebird 82876 50857 2. Wallace Jones, Ray Nance, tromba; Rex Stewart, cornetta; Joe Nanton, Lawrence Brown, trombone; Juan Tizol, trombone a pistoni; Barney Bigard, clarinetto; Johnny Hodges, Otto Hardwic, sax alto; Ben Webster, sax tenore; Harry Carney, sax baritono; Duke Ellington, piano; Billy Strayhorn, celesta; Fred Guy, chitarra; Junior Raglin, contrabbasso; Sonny Greer, batteria. Registrato il 26 giugno 1942.



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 My Little Brown Book, da «… And His Mother Called Him Bill», RCA Victor 743218551512. Cootie Williams, Cat Anderson, Mercer Ellington, Herbie Jones, tromba; Lawrence Brown, Buster Cooper, trombone; John Sanders, trombone a pistoni; Chuck Connors, trombone basso; Jimmy Hamilton, clarinetto; Johnny Hodges, Russell Procope, sax alto; Paul Gonsalves, sax tenore; Harry Carney, sax baritono; Duke Ellington, piano; Aaron Bell, contrabbasso; Sam Woodyard, batteria. Registrato il 30 agosto 1967.



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 My Little Brown Book, da «Duke Ellington & John Coltrane», Impulse! IMPD-166. John Coltrane, sax tenore; Duke Ellington, piano; Aaron Bell, contrabbasso; Sam Woodyard, batteria. Registrato il 26 settembre 1962.



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lunedì 23 luglio 2012

Davenport Blues - Straight, No Chaser (Gil Evans)

 Dagli anni d’oro di Gil Evans, nel bel mezzo delle classiche collaborazioni con Miles Davis. In Davenport Blues, affidata al bravissimo Johnny Coles (oltre che a Steve Lacy e a Curtis Fuller), c’è traccia delle fantasie concertanti che Evans aveva appena cominciato a esprimere con Miles. 

 Straight No Chaser è un arrangiamento di grande semplicità di mezzi, dispiegati con senso accorto dell’architettura musicale e della tessitura sonora. Sintetizzando lo schema tracciato nelle note da David Baker, nel primo chorus la melodia di Monk è esposta in ottave; nel secondo, in ottave e, in una voce, una terza sopra; nel terzo, come nel secondo più, sovrapposta, l’inversione del tema; nel quarto chorus, come nel terzo più dei frammenti di tema sullo sfondo, più il sax soprano; nel quinto, come sopra, più l’assolo di soprano.

 Chiude il pezzo lo strano, inaudito trillo di piano, chitarra e flauto che lo aveva aperto.

 Davenport Blues (Beiderbecke), da «Great Jazz Standards», World Pacific/Poll Winners Records, PWR 27214. Johnny Coles, Louis Mucci, Allen Smith, tromba; Bill Elton, Curtis Fuller, trombone; Dick Lieb, trombone basso; Bill Barber, tuba; Al Block, ance, flauto; Steve Lacy, sax soprano; Gil Evans, piano; Chuck Wayne, chitarra; Dick Carter, contrabbasso; Denis Charles, batteria. Registrato a New York nel 1959.



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 Straight, No Chaser (Monk), id.



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domenica 22 luglio 2012

Struttin’ With Some Barbecue (Ruby Braff & George Barnes)

 Eh bé. Qui ancora di questa delizia.

 Struttin’ With Some Barbecue (Armstrong), da «Live at the New School», Chiaroscuro 126. Ruby Braff, cornetta; George Barnes, Wayne Wright, chitarra; Michael Moore, contrabbasso. Registrato il 22 aprile 1974.



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sabato 21 luglio 2012

Not Yet (Jimmy Woods)

 Jimmy Woods (1934), sentito pochi giorni fa con Joe Gordon, era davvero qualcuno, a dispetto della sua oscurità odierna. A suo nome esistono due soli dischi, il secondo dei quali, «Conflict», in formazione stellare. Io tuttavia comincio a presentartelo dal primo, un disco che davvero non dimostra i suoi cinquant’anni e dove il lineup, pur senza nomi imponenti, funziona a meraviglia.

 La non-carriera di Woods, che non ha dato più notizia di sé dopo il 1966, potrà aver avuto molte ragioni, ma certo non il suo scarso merito: era un saxofonista talentuoso e personalissimo, degno di figurare accanto a Coleman e Dolphy e vastamente superiore ad altri altisti contemporanei quali, per citare due pure registrati dalla Contemporary, Prince Lasha e Sonny Simmons. Lo avvicinerei, per doti e per mistero, a Earl Anderza, che registrò il suo unico disco quasi negli stessi giorni in cui Woods incideva questo.

 Qui puoi apprezzarne anche le doti di compositore. Not Yet è un pezzo in forma-canzone AABA in cui sia l’head che il bridge sono blues di 12 battute con accordi alterati o sostituiti. Del suo stile strumentale qualcosa ho già detto; sullo scheletro del blues si nota come la sua libertà armonica, che a qualche commentatore ha ricordato Dolphy, sia meno sistematica di quella di costui, più cantabile e in ciò più vicina, nello spirito se non nella lettera, a Ornette oltreché, per evidenti caratteri di fraseggio, a John Coltrane; ma di Coltrane, Woods è molto più avanzato ritmicamente, con le sue frasi di lunghezza irregolare.

 Not Yet (Woods), da «Awakening!!», Contemporary/OJCCD-1859-2. Jimmy Woods, sax alto; Dick Whittington, piano; Gary Peacock, contrabbasso; Milt Turner, batteria. Registrato il 19 febbraio 1962.



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venerdì 20 luglio 2012

Squeeze Me - Just A Memory (Duke Ellington & Johnny Hodges)

 Questo è davvero uno dei miei dischi del cuore, del resto chiunque ascolti il jazz e abbia un cuore vi terrà vicino i dischi delle piccole formazioni ellingtoniane, in ispecie quelle con Johnny Hodges. Qui oltre a Hodges ci sono Ben Webster, Lawrence Brown e Jo Jones e anche gli altri non sono da buttare via, e il pianoforte di Duke è nella luce migliore.

 Ellington e Hodges erano fatti musicalmente l’uno per l’altro; pare incredibile che «nella vita» si stessero cordialmente sulle croste.

 Squeeze Me (Waller-Williams), da «Side By Side», Verve 5210405-2. Harry «Sweets» Edison, tromba; Johnny Hodges, sax alto; Duke Ellington, piano; Les Spann, chitarra: Al Hall, contrabbasso; Jo Jones, batteria. Registrato il 29 febbraio 1959.



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Just A Memory (DeSylva-Brown-Henderson), ib.. Roy Eldridge, tromba; Lawrence Brown, trombone; Johnny Hodges, sax alto; Ben Webster, sax tenore; Billy Strayhorn, piano; Wendell Marshall, contrabbasso; Jo Jones, batteria. Registrato il 14 agosto 1958.



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giovedì 19 luglio 2012

Black And Tan Fantasy - Warm Valley (Earl Hines)

 Stamattina poche chiacchiere per musica che poche ne vuole: Earl Hines plays Duke Ellington.

 Black And Tan Fantasy (Ellington), da «Earl Hines Plays Duke Ellington», New World Records 80361. Earl Hines, piano. Registrato fra il 1971 e il 1975.



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Warm Valley (Ellington), id.



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mercoledì 18 luglio 2012

Bess, You Is My Woman Now (Dick Twardzik)

 Ho avuto per un attimo solo la tentazione di riesumare il quiz. Mi sarebbe piaciuto farti sentire questa perturbante Bess e domandarti chi, secondo te, avrebbe potuto suonarla così nel 1954. A parte le tante differenze di stile e di tecnica, nemmeno Cecil Taylor era avanti, allora e forse ancora per qualche anno, quanto il suo concittadino Dick Twardzik (Taylor parla anche di lui nel celebre libro di A.B. Spellman Four Lives In The Bebop Business) nel 1954. Anzi no: era avanti altrettanto, ma in maniera molto, molto diversa.

 Twardzik, del quale ti faccio la solita promessa da marinaio di parlarti bene in futuro, era nato nel 1931 e sarebbe morto già l’anno successivo a questa registrazione mentre in tournée a Parigi con Chet Baker. Ora ti faccio solo notare il finale di Bess, cioè le ultime otto battute che seguono la conclusione effettiva dell’improvvisazione, dopo il minuto 03:00. Il trio, dopo un’esecuzione disorientante, prende incongruo a swingare nella maniera più convenzionale e baldanzosa, sulla più banale delle progressioni cadenziali, con un tratto d’ironia e forse di scherno verso l’ascoltatore (tratto già adombrato a 02:20, nella codetta del tema).

 Bess, You Is My Woman Now (Gershwin-Gershwin), da «Complete Recordings», Lone Hill Jazz LHJ 10120. Dick Twardzik, piano; Carson Smith, contrabbasso; Peter Littman, batteria. Registrato nell’ottobre o nel dicembre 1954.



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martedì 17 luglio 2012

Ballad For Anna (Chick Corea)

 Ho letto questa lunga intervista che Fred Hersch ha concesso al suo vecchio studente Ethan Iverson, in cui parla con sincerità soprattutto di pianisti, e fra lui e Iverson si leggono cose molto interessanti – non c'è che dire, nessuno sa far parlare un musicista come un altro musicista, peccato che così pochi musicisti sappiano scrivere o abbiano voglia di farlo (non che lo sappiano fare molti che scrivono di mestiere, intendimi bene). A un certo punto, dice Hersch di Chick Corea: 
Chick is basically early McCoy, a bit of Bud Powell and a lot of Latin music, if you have to reduce it.  
 È una riduzione, appunto (Hersch ci va pesante: per lui, Red Garland è «the ultimate junkie pianist», il pianista drogato per definizione), ma con molto di vero: Tyner e Powell formano il grosso del vocabolario di Corea. A seguire, un pezzo da un suo disco in solitudine che non richiama immediatamente né McCoy né Bud.

 Ballad For Anna (Corea), da «Piano Improvisations, Vol. 1», ECM 1014. Chick Corea, piano. Registrato nell’aprile 1971.



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lunedì 16 luglio 2012

I Can’t Get Started (Walt Dickerson)

 Walt Dickerson, che qua sopra incontri con una certa frequenza perché è un mio pallino nonché il mio vibrafonista preferito, è giustamente noto per quei dischi impareggiabili in cui la sua valentìa strumentale si applica al suo peculiare talento compositivo; oggi ascoltalo in uno standard battutissimo.

 Il suo genio di improvvisatore vi è forse ancora più lampante. L’assolo si svolge in una serie d’invenzioni melodiche e ritmiche imprevedibili eppure conseguenti, con un senso continuato di scoperta. Il tema non è neppure enunciato, anzi, dopo una breve e sorprendente introduzione pianistica che non introduce proprio nulla, opera del bravissimo Austin Crowe, il tema che Walt cita è quello di Moonlight in Vermont

 I Can’t Get Started (Gershwin-Gershwin), da «Relativity», Prestige/OJCCD-1867-2. Walt Dickerson, vibrafono; Austin Crowe, piano; Ahmed-Abdul-Malik, contrabbasso; Andrew Cyrille, batteria. Registrato il 16 gennaio 1962.



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domenica 15 luglio 2012

Why Did You Leave Me? (Dorothy Ashby)

 Il seguente disco è un period piece che denuncia candidamente l’anno d’incisione, che è il 1965: un soul jazz a media cottura, con un arrangiamento semplice ma sonicamente lussurreggiante che schiera un trombone choir.

 La singolarità è che in simile cornice è racchiusa l’arpa di Dorothy Ashby. Niente renderà mai funky il suono dell’arpa, che in nessuna maniera si presta a una pronuncia jazzistica, ma la Ashby, già sentita qui sopra tempo fa in contesti, diciamo, più asciutti, era una musicista coi fiocchi, detentrice di uno swing autentico.

 Why Did You Leave Me? (Ashby), da «The Fantastic Jazz Harp Of Dorothy Ashby», Atlantic SD 1447. Dorothy Ashby, arpa; Jimmy Cleveland, Quentin Jackson, Sonny Russo, Tony Studd, trombone; Richard Davis, contrabbasso; Grady Tate, batteria. Registrato nel 1965.



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sabato 14 luglio 2012

Just Friends (Booker Ervin)

 Diamo un’occhiata ai primi versi  (anzi, alle «liriche», come dicono i giornalisti musicali) di Just Friends:
Just friends
Lovers no more
Just friends
But not like before
To think of what we’ve been
And not to kiss again
Seems like pretending
It isn’t the ending
 Sì, OK, però nell’eloquio spiritato di Booker Ervin io non colgo traccia di questa malinconica e signorile rassegnazione. Booker è incazzato nero, altro che rassegnato, altro che just friends!, e gliene sta patentemente dicendo quattro, a quella: un vero blue streak.

 Ah, non si scherza mica con Booker Ervin.

 Just Friends (Klenner-Lewis), da «The Complete Songbook Sessions», Jazz Lips JL771. Booker Ervin, sax tenore; Tommy Flanagan, piano; Richard Davis, contrabbasso; Alan Dawson, batteria. Registrato il 27 febbraio 1964.



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venerdì 13 luglio 2012

Forward Flight (Booker Little)

 Come ho già osservato più di una volta (cerca «Booker Little» nella nuvola qui a destra), gli ultimi due dischi – su solo quattro – a nome di Booker Little hanno un carattere d’intensità costante e dolorosa che si riscontra in ben pochi dischi di jazz moderno; è impossibile non ricordare, ascoltando «Victory And Sorrow», che a Booker restava esattamente un mese di vita, e che lo sapeva.

 Nota come George Coleman, un saxofonista a volte esaltato a sproposito ma più spesso semplicemente sottovalutato, si adatti con sensibilità allo stile del suo amico.

 Forward Flight (Little), da «Victory And Sorrow», Betlehem BCP-6034. Booker Little, tromba; Julian Priester, trombone; George Coleman, sax tenore; Don Friedman, piano; Reggie Workman, contrabbasso; Pete LaRoca, batteria. Registrato nell’agosto o settembre 1961.



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giovedì 12 luglio 2012

Three Little Words (Milt Jackson & John Coltrane)

 Questo incontro discografico di Milt Jackson e John Coltrane (1959) mi piace per tutti i motivi ovvî e per un altro ancora: accosta due fra gli improvvisatori di jazz più grandi e due che non potrebbero essere più diversi, proprio in quanto improvvisatori. La musica sgorga da Jackson spontanea e in apparenza inesauribile come acqua da una sorgente che scorra poi impetuosa, ma entro argini ben segnati; in Coltrane, ogni frase risulta da una ricerca testarda e faticosa e la loro successione non si svolge orizzontale, come quella (fluviale) di Jackson, ma si tende verso l’alto, a volte ricadendo su se stessa, nello sforzo di vincere la gravità musicale.

 Three Little Words (Ruby-Kalmar), da «Bags & Trane», Atlantic 7657-81348-2. John Coltrane, sax tenore; Milt Jackson, vibrafono; Hank Jones, piano; Paul Chambers, contrabbasso; Connie Kay, batteria. Registrato il 15 gennaio 1959.



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mercoledì 11 luglio 2012

[Guest post #20] Gennaro Fucile & Lol Coxhill, r.i.p.

 Guest post di Gennaro questa volta in coincidenza con un’occasione triste: la morte, dopo breve malattia, di Lol Coxhill, il lunare, lunatico musicista-fantasista inglese che proprio Gennaro ci aveva proposto per primo tempo fa.

 Niente da fare. Neanche la bella strega Samantha – quella del telefilm Bewitched – l’ha spuntata con la vecchia megera, come si augurava Alessandro Achilli in un guest post di domenica 18 marzo. La partita è chiusa, Lol Coxhill se ne è andato la sera del 9 luglio e c’è poco da aggiungere, se non invitare ancora una volta a visitare il caleidoscopico pianeta di un artista inimitabile.

 Si è scelta The Vacant Pool per questo saluto. È una divagazione nel mistero forse registrata sull’orlo di un cratere lunare nel quale di colpo precipita e svanisce.

 Bye Bye Lol.

 The Vacant Pool (Lol Coxhill) da «Home Produce: Country Bizzarre», NDN 37. Lol Coxhill, sax soprano. Registrato nel 1982.



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martedì 10 luglio 2012

Non-Viennese Waltz Blues (Joe Gordon)

 Non si può naturalmente sapere che cosa avrebbe fatto Joe Gordon (1928-1963) se fosse vissuto fino al termine naturale di sua vita. Dopo tutto morì a 35 anni, che per un jazzista non è un’età così verde. Di sicuro era un fuoriclasse della tromba, come mostrò nei due dischi a suo nome e nelle più note collaborazioni (Monk, Manne). Cecil Taylor, bostoniano come Gordon, lo ha ricordato come il miglior trombettista della città, all’inizio degli anni Cinquanta, e poi, una volta trasferitosi a New York, ammirato da Charlie Parker e temuto in jam session da Miles Davis, per quanto poco ciò possa significare.

 In questo, che è l'ultimo disco a suo nome, Gordon ricorda abbastanza Lee Morgan (oltre al suo modello primo, Gillespie), ma ritmicamente più disteso, più classico. Le sue composizioni non sono altro che semplici riff per lanciare l’improvvisazione, cosa che fanno con la massima efficienza.

 I suoi quattro compagni sono oscuri ma eccellenti: t’invito ad ascoltare con attenzione speciale il saxofonista Jimmy Woods, di cui riparlerò presto: ha una sonorità priva di vibrato, opaca e corposa, molto personale, e in Non-Viennese Waltz Blues costruisce un assolo serenamente slegato dalle armonie e dal metro di base.

 Non-Viennese Waltz Blues (Gordon), da «Lookin’ Good», Contemporary/OJC-174. Joe Gordon, tromba; Jimmy Woods, sax alto; Dick Whittington, piano; Jimmy Bond, contrabbasso; Milt Turner, batteria. Registrato nel luglio 1961.



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lunedì 9 luglio 2012

Specific Gravity (Ernie Henry)

 Got the Monday blues? Ernie Henry (1926-1957), saxofonista contralto noto soprattutto per la sua partecipazione all’avventuroso «Brilliant Corners» di Monk, registrò poco a suo nome prima di morire di eroina. Non era un grande solista, ma riconoscibile per la sua pronuncia spontanea, lievemente acida e calante, che rendeva soprattutto nel blues.

 Come sempre quando c'è Wilbur Ware, la linea di basso è così ben costruita da potersi seguire come una melodia autonoma. Nota poi come, soprattutto nei suoi four, Philly Joe Jones sappia non far calare la tensione ritmica anche a un tempo così rilassato.

 Specific Gravity (Henry), da «Seven Standards And A Blues», Riverside/OJCCD-1722-2. Ernie Henry, sax alto; Wynton Kelly, piano; Wilbur Ware, contrabbasso; Philly Joe Jones, batteria. Registrato il 30 settembre 1957.



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domenica 8 luglio 2012

My One And Only Love (Richie Kamuca)

 Mi piace che a Prez segua subito uno dei suoi allievi più fedeli ma non servili, e uno troppo poco ricordato, Richie Kamuca (1930-1977). Con lui suona una delle ritmiche migliori che Los Angeles potesse fornire in quegli anni.

 My One And Only Love (Wood-Mellin), da «Richie Kamuca Quartet», [Mode]V.S.O.P. #17CD. Richie Kamuca, sax tenore; Carl Perkins, piano; Leroy Vinnegar, contrabbasso; Stan Levey, batteria. Registrato nel giugno 1957.



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sabato 7 luglio 2012

Just You, Just Me - There Wlll Never Be Another You (Lester Young)

 Gli ultimi anni di Lester Young furono poco lieti, anche musicalmente. In una scrittura all’Olivia’s Patio Lounge di Washington, nel 1956, Lester fu tuttavia fortunato, perché ebbe una buona sezione ritmica di giovani che lo veneravano e che seppero fornirgli un accompagnamento competente e discreto in un repertorio di suoi classicissimi. Anche l’ambiente dovette riuscire di suo genio.

 Il pianista Bill Potts, noto poi soprattutto come arrangiatore per varie orchestre e come insegnante, registrò quelle serate che la Pablo diede alla luce in alcuni dischi molti anni dopo la morte di Lester, avvenuta nel 1959.

 Just You, Just Me (Greer-Klages), da «Lester Young in Washington D.C., 1956, Vol. Three», Pablo/OJC 00025218690126. Lester Young, sax tenore; Bill Potts, piano; Norman Williams, contrabbasso; Jim Lucht, batteria. Registrato nel dicembre 1956.



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 There Will Never Be Another You (Gordon-Warren), id.



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venerdì 6 luglio 2012

Strange As It Seems (Jackie McLean & Ornette Coleman)

 Due grandi suonatori di blues, Ornette Coleman e Jackie McLean. 

 Strange As It Seems (Coleman), «Old and New Gospel», BST 84262. Ornette Coleman, tromba; Jackie McLean, sax alto; Lamont Johnson, piano; Scott Holt, contrabbasso; Billy Higgins, batteria; Registrato nel 1967.



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giovedì 5 luglio 2012

Watermelon Man - Transblucency (Duke Ellington)

 Il Watermelon Man di Duke Ellington non ha ovviamente niente a che vedere con quello di Herbie Hancock. Canta Ivie Anderson.

 A bilanciare questo Ellington disimpegnato del 1938 segue il raffinato e impressionistico blues-canzone Transblucency, affidato a due delle voci più seducenti di Ellingtonia, Barney Bigard e Lawrence Brown.

 Watermelon Man (Ellington), da «Classic Recordings Vol. 5: 1938 - Braggin’ In Brass», Naxos Jazz Legends 8.120706. Wallace Jones, Cootie Williams, tromba; Rex Stewart, cornetta; Joe Nanton, Lawrence Brown, trombone; Juan Tizol, trombone a pistoni; Barney Bigard, clarinetto; Johnny Hodges, sax alto; Harry Carney, sax baritono; Otto Hardwick, sax alto, sax basso; Duke Ellington, piano; Fred Guy, chitarra; Billy Taylor, contrabbasso; Sonny Greer, batteria. Registrato il 20 giugno 1938.



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Blue Light (Transblucency) (Ellington), id. Registrato il 22 dicembre 1938.



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mercoledì 4 luglio 2012

Goin’ Home (Ike Quebec)

 Faccio contento il mio amico M.G., soprattutto in previsione dell’attesa ospitalità ligure, e posto qualcosa da questo disco da lui molto ammirato di un saxofonista che piace anche a me, Ike Quebec.

 Nota come la formazione comprenda ben tre i quali, meno di due mesi dopo, saranno negli stessi studi di Van Gelder per la Blue Note a registrare il qui apprezzatissimo «Bossa Nova Bacchanal». A rischio di compromettere future mescite di Rossese da parte di M.G., confesserò che questo disco, pur piacevole, non mi sembra all’altezza di quello di Rouse, né quest’esecuzione di Goin’ Home pari a quella di Yusef Lateef da poco sentita. Il bello di «Bossa Nova Bacchanal», oltre a un repertorio più interessante, stava proprio nella sonorità e nel fraseggio del tenore di Rouse, che vi sono più che mai abrasivi e «urbani», mentre suono e fraseggio morbidissimi, butirrosi di Quebec aderiscono più alle convenzioni bossanoviane di quegli anni. 

 Goin' Home, qui da Quebec ha un ritmo di bossa ma un’armonizzazione più convenzionalmente jazzistica (Lateef, conforme all’originale di Dvorák, mantiene l’accordo minore di sesto grado – Re m – alla seconda battuta, mentre Quebec, più ordinariamente, inserisce sotto la prima metà della seconda battuta la mediante maggiore – La M), il che fra l’altro lo conduce a rispettare la melodia senza sostituire con una blue note la sensibile (Mi –> Mib) come invece fa Lateef a vantaggio di un sapore folklorico misolidio. 

 Goin’ Home (Fisher-Dvorák), da «Bossa Nova Soul Samba», Blue Note 0 946-3-92783-2 9. Ike Quebec, sax tenore; Kenny Burrell, chitarra; Wendell Marshall, contrabbasso; Willie Bobo, batteria; Garvin Masseaux, chekere. Registrato il 5 ottobre 1962.



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martedì 3 luglio 2012

All the Things You Are (Grant Green)

 Io non soffro particolarmente il caldo, che in questi giorni a Milano infierisce, mi dicono, con crudeltà, come del resto non patisco per nulla il freddo. Però anch’io dal caldo sono un po’ logorato, se conti poi che in aggiunta a mantenerti rifornito o rifornita di jazz mi tocca anche lavorare, uscire a fare la spesa, e una cosa e un’altra.

 Interessante, eh? Voglio dire che non puoi legittimamente aspettarti post di speciale impegno, in questi giorni. Sulla qualità della musica però non transigo mai, ed eccoti Grant Green, il quale, anche per il richiamo di menta nel nome, trovo sempre rinfrescante, soprattutto nella formazione per lui ideale del trio senza pianoforte. Certo che con Wilbur Ware e Al Harewood avrei suonato con swing anch’io.

 All the Things You Are (Kern), da «Standards», Blue Note 7243 8 21284 2 7. Grant Green, chitarra; Wilbur Ware, contrabbasso; Al Harewood, batteria. Registrato il 29 agosto 1961.



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lunedì 2 luglio 2012

Lush Life (Clifford Jordan)

 Prima di entrare in un brusco groove in tre, Clifford Jordan enuncia la difficile melodia di Strayhorn con correttezza, espressione e un giusto grado di libertà agogica, che giustifica la bizzarra scelta di tempo che segue.

 Lush Life (Strayhorn), da «Spellbound», Prestige/OJC 766. Clifford Jordan, sax tenore; Cedar Walton, piano; Spanky DeBrest, contrabbasso; Albert Heath, batteria. Registrato il 10 agosto 1960.



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domenica 1 luglio 2012

Under the Surface (Joachim Gies)

 In questi giorni non smettono di capitarmi in mano dischi di cui ignoro, o meglio non ricordo, la provenienza, che sarà da ricercarsi in una precedente vita da recensore. Recensore negligente, però, visto che nemmeno di questo disco ricordo nulla. È l’assolo di un saxofonista e clarinettista tedesco impegnato nella produzione di suoni (anche diversi simultaneamente) inortodossi tramite tecniche estese.

 La musica prodotta è suggestiva e secondo me anche interessante. Soprattutto stupisce e meraviglia la gamma di sonorità e dunque di colori che Joachim Gies trae, in questo pezzo, da un ordinario sax contralto, senza effetti e sovraincisioni.

 Under the Surface (Gies), da «Whispering Blue», Leo Records LEO LAB CD 074. Joachim Gies, sax contralto. Registrato nel maggio 2000.



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