giovedì 17 ottobre 2019

Flutist With Hat And Shoe – Ankunft (Gebhard Ullmann)


  Microtoni, scale non temperate, altezze fuori dal quadro di riferimento dell’orecchio occidentale: compositori e improvvisatori vi trafficano da tempo con alterni risultati e qui negli anni te ne ho fornito istanza del Rova Saxophone Quartet con Terry Riley e di Don Ellis, che addirittura aveva provvisto la sua sezione trombe di strumenti con il quarto pistone per l’esecuzione agevole dei quarti di tono.

  Fra chi a queste fumisterie si è dedicato con più costanza e con i risultati migliori io novero il tedesco Gebhard Ullmann, che l’ha fatto oltretutto  senza allontanarsi dalla sfera espressiva e ritmica del jazz, e Ullmann ha poi una bella sonorità di tenore, ricca e inflessa, pienamente jazzistica. Qui lo senti in due pezzi, il primo dei quali è una sua composizione che già ti ho presentato tempo fa; suo complice in queste scorrerie che sfidano la nostra comune percezione dei rapporti intervallari e della tonalità è il pianista Hans Lüdemann, che suona uno strumento appositamente accordato e uno strumento elettronico. 

  Laddove spesso questi esperimenti microtonali (di cui fu pioniere il saxofonista Joe Maneri) danno all’orecchio ingenuo l’impressione di sgradevoli stonature, qui le «note fra le note» cadono con naturalezza.

  Flutist With Hat And Shoe (Ullmann), da «MikroPULS», INT 34482. Gebhard Ullmann, sax tenore; Hans Lüdermann, piano e tastiere; Oliver Potratz, contrabbasso; Eric Schaefer, batteria. Registrato nel giugno 2017.

  Ankunft (Ullmann), id.

mercoledì 16 ottobre 2019

Handful Of Keys (Jason Moran)


  Jason Moran nel 2014 interpreta Handful Of Keys di Fats Waller, aggiungendovi qualcosa e togliendo quanto laggiunta non arriva a compensare, o almeno così pare a me. Dopo il primo minuto Moran comincia a sovrapporre un’altra parte di piano e verso la metà dell’esecuzione interviene un minaccioso disturbo sonoro, tipo un rombo di jet.

  Pettegolezzo: nelle note di copertina Jason Moran ringrazia tutti, come ormai nei dischi usa fare, dai famigliari antenati compresi al personale della casa discografica e, naturalmente, ai musicisti che suonano nel disco. Fra costoro cè «Stephen» Lehman, che mi figuro sia il noto Steve Lehman: è l’unico a non essere ricordato nei ringraziamenti.

  Handful Of Keys (Waller), da «All Rise. A Joyful Elegy For Fats Waller», Blue Note B001926102. Jason Moran, piano. Registrato nel 2014.

martedì 15 ottobre 2019

Nice Question (Gil Mellé) RELOAD

Reload dal primo giugno 2011.  

  È strano come negli anni Cinquanta certe cose apparissero progressive o addirittura avanguardistiche: Gil Mellé, per esempio. Sentilo qui (1956): musica elegante, piacevole e ingegnosa, figlia di due strani compagni di letto, i quartetti e sestetti di Mulligan e i gruppi di George Russell, senza avere la qualità amarognola e la sottile clownerie dei primi né la radicalità fra sardonica e asettica dei secondi. Bella musica, però, composta con attenzione, in un’epoca (se ricordi anche quanto ho pubblicato dei jazz workshop mingusiani) in cui si dava peso alla composizione. Ma la spinta in avanti al jazz, alla fine di quel decennio, l’avrebbero data gli improvvisatori, e una volta di più, come sempre nel jazz, la novità sarebbe venuta dal ritmo prima che da ogni altra cosa – e da musicisti neri.

  Gil Mellé mi sembra molto interessante come strumentista: prossimo a Serge Chaloff più che a Mulligan, con una sonorità sabbiosa, peculiari distorsioni sonore (tongue fluttering) e perfino premonizioni dei sheet of sound di Coltrane.

  Nice Question (Mellé), da «Patterns of Jazz», Blue Note 9581. Gil Mellé, sax baritono; Joe Cinderella, chitarra; Oscar Pettiford, contrabbasso; Ed Thigpen, batteria. Registrato il primo aprile 1956.

lunedì 14 ottobre 2019

San Francisco Holiday – Crepuscule With Nellie – Off Minor (Alexander von Schilppenbach)


  Ecco l’interpretazione data da nel 2003 da Alexander von Schlippenbach di San Francisco Holiday di Monk, a confronto diretto con quella data da Frank Kimbrough quindici anni dopo e presentata qui stesso tre giorni fa. Per buon peso, vista la brevità delle esecuzioni, aggiungo Crespuscule With Nellie e Off Minor.

  Elaboro quanto dicevo nel post correlato: le versioni monkiane dei tedeschi sono più soddisfacenti di quelle del quartetto americano perché più disinvolte e più vivaci ritmicamente e timbricamente. Sono in quintetto, con frontline di tromba e clarinetto basso che improvvisano spesso in simultanea, o che enunciano il tema in discanto. Inoltre, in persona, il complesso non impiegava amplificazione alcuna, generando così un suono asciutto e caldo che appariva spontaneamente «d’epoca», anche per un certo scrupolo filologico della sezione ritmica, dove Ulli Jennessen sembrava ispirarsi a Shadow Wilson.

  Giova infatti ricordare che quella tedesca era una working band, che per alcuni anni portò in giro il progetto «Monks Casino», eseguendo in una serata, ovviamente in scorcio come qui, tutte le composizioni di Monk. Rispetto ai dischi di Frank Kimbrough, qui è esplicito il valore di macrotesto dell'impresa – molto tedesca, devo dire, nella sua spropositatezza – e per conseguenza è più rilevato il lavoro di gruppo.

  Datosi che l’interpretazione della musica di Monk è un tema carsico del blog, su questo confronto (Kimbrough vs. von Schlippenbach) gradirei la tua opinione.

  San Francisco Holiday (Monk), da «Monk’s Casino», Intakt 100. Axel Dörner, tromba; Rudi Mahall, clarinetto basso; Alexander von Schlippenbach, piano; Jan Roder, contrabbasso; Ulli Jennessen, batteria. Registrato nel giugno 2003.


  Off Minor (Monk), id.

venerdì 11 ottobre 2019

San Francisco Holiday (Frank Kimbrough)


  Ieri sarebbe stato il centoduesimo compleanno di Thelonious Monk. Lo festeggiamo sfasato con questa sua composizione non delle più note, che s’inizia con un obbligato di batteria, come tante composizioni di Herbie Nichols: e un po’ a me Herbie Nichols ricorda.

  La esegue un quartetto con il quale Frank Kimbrough ha inciso poco tempo fa tutte le composizioni di Monk, così come fece una quindicina di anni fa Alexander von Schlippenbach in «Monk’s Casino». Le  interpretazioni di von Schlippenbach, che ascoltai anche dal vivo a Novara, le ho trovate decisamente più interessanti e monkiane in ispirito di queste, che sono giusto corrette (dirò anche che Scott Robinson qui mi piace poco).

  La versione d’autore di riferimento per questo pezzo, con il titolo completo San Francisco Holiday (Worry Later) è una ripresa dal vivo al Blackhawk di San Francisco mi pare nel 1959, con il quartetto di Monk più Harold Land e con Billy Higgins alla batteria, il quale scandisce l’intro summentovata in even eights e non in tempo di marcia, come fa qui Billy Drummond.

  San Francisco Holiday (Monk), da «Monk’s Dreams», Sunnyside 4032. Scott Robinson, sax tenore; Frank Kimbrough, piano; Rufus Reid, contrabbasso; Billy Drummond, batteria. Registrato il 23 maggio 2018.

giovedì 10 ottobre 2019

Call of the Delta (Buster Bailey and His Seven Chocolate Dandies) RELOADED

Reload dal 19 giugno 2010. A quasi dieci anni dalla pubblicazione originale, mi pare che il mio commento sulla diffusa ignoranza del jazz prebellico rimanga valido.

  Una formazione medio-piccola di studio a nome di Buster Bailey che nel 1934 ha riunito nella front line quattro grandi del jazz classico nessuno dei quali, oggi, noto come merita all’ascoltatore medio del jazz, ammesso che un’entità simile esista.

  L’interessante composizione di Bailey è impreziosita dall’arrangiamento di Fletcher Henderson, nientemeno, ma la gemma del pezzo è sicuramente l’assolo di Red Allen, forse l’unico trombettista che in quegli anni potesse tenere testa ad Armstrong.

  Call of the Delta (Bailey), da «Swing Street», TAX S-9-2. Henry «Red» Allen, tromba; J. C. Higginbotham, trombone; Buster Bailey, clarinetto; Benny Carter, sax alto; Charlie Beal, piano; Danny Barker, chitarra; Elmer Jones, contrabbasso; Walter Johnson, batteria; Fletcher Henderson, arrangiamento. Registrato il 28 dicembre 1934.

mercoledì 9 ottobre 2019

The Seagulls Of Kristiansund (Mal Waldron)

  Il titolo di questo disco, con i connotati marini e il riferimento a una città della Norvegia, autorizza a immaginare un disco di jazz scandinavo, magari di marca ECM. Si tratta invece di una all stars impressionante a leggerne i nomi, ripresa dal vivo al Village Vanguard di New York nel 1986 sotto la direzione di Mal Waldron, autore della scheletrica composizione, se così possa dirsi; in realtà è appena uno spunto svolto in carattere, più ancora che  nordico o malinconico, decisamente funebre (anche se in un paio di momenti in pedana si ridacchia). 

  Tuttavia di cose ne succedono, specialmente per opera di Reggie Workman e non solo perché fa il verso ai gabbiani titolari, e insomma non ci si annoia, benché l’esecuzione sfiori la mezz’ora. È fra l'altro una delle poche occasioni che ci si diano per ascoltare Charlie Rouse post Monk.


  The Seagulls Of Kristiansund (Waldron), da «The Seagulls Of Kristiansund», Soul Note. Woody Shaw, tromba; Charlie Rouse, sax tenore; Mal Waldron, piano; Reggie Workman, contrabbasso; Ed Blackwell, batteria. Registrato il 16 settembre 1986.

lunedì 7 ottobre 2019

Confirmation (Charlie Parker)


  Confirmation è una delle composizioni più famose di Charlie Parker e a mio parere è anche la più bella. In forma AABA, il tempo è al più un medium fast ma la sequenza armonica, sotto un melodia attorta, è impegnativa per l’improvvisatore, che è messo a cimento, nell’head cioè nelle prime otto battute, dal dover costruire un linea filante su una serie discendente di successioni II-V-I dalla tonica alla sottodominante (batt. 1-4), e da lì (batt. 5-8) di nuovo alla tonica.

  Anche il suo compositore doveva giudicare Confirmation piuttosto impervia: la incise in studio una volta sola, per la Verve, ed è la versione che ascolti oggi. Tutte le altre sue versioni note sono dal vivo, e tutte, a eccezione di quella della Carnegie Hall del 1947 con la ritmica della big band di Dizzy, impiegano il quintetto regolare di Parker.

  Questa versione, che nell’integrale è preceduta da due false partenze, è stupenda, come il resto dei pezzi creati in quella seduta (fra l’altro un brillante Now’s The Time). A momenti, per esempio da 00:50 a 00:57, pare di sentire Eric Dolphy con dieci anni d’anticipo.

  Confirmation (Parker), da «The Complete Charlie Parker On Verve», Verve 983 3382. Charlie Parker, sax alto; Al Haig, piano; Percy Heath, contrabbasso; Max Roach, batteria. Registrato il 30 luglio 1953.

sabato 5 ottobre 2019

Take the «A» Train (Shelly Manne) RELOADED

Reload dal 21 settembre 2011.  

  Con la batteria del leader in primissimo piano, Take the «A Train» viene contratta e stirata in almeno quattro tempi diversi: quello scorciato e parodico della notissima intro e outro, quello dell’assolo a locked hands di Hank Jones, umoristico e quasi grottesco, quello uptempo degli assoli di Coleman Hawkins e George Duvivier e quello strascinato della ripresa.

  In tutto ciò, Shelly Manne divide il tempo e lo colora in un’infinità di maniere diverse senza mai allentare le redini della pulsazione, quando serve anche tacendo: il batterista impareggiabile che era.

  Take the «A» Train (Strayhorn), da «2 3 4», Impulse/Analogue Productions CIPJ 20 SA. Coleman Hawkins, sax tenore; Hank Jones, piano; George Duvivier, contrabbasso; Shelly Manne, batteria. Registrato nel febbraio 1962.

giovedì 3 ottobre 2019

The Second Time Around – Drag ’Em Out (Shirley Scott)


  Shirley Scott è una dei miei organisti preferiti, il che non è dire molto perché l’organo nel jazz mi piace poco; mi pesa sulle orecchie, mi frastorna, sovente mi annoia e mi dispiace e mi rende dispiacevole e noioso di riflesso. Shirley non frastornava, se non altro, e riusciva tuttavia, alla necessità, a esprimere uno swing bruciante. 

  Qui, per disdegnoso gusto, te la presento prima in un pezzo veramente cheesy, del genere che gradisco soltanto allorché, per meglio addormentarmi, lascio accesa la radio sul comodino e mi auguro che ne fuoriesca appunto una melassa narcotica come questa esecuzione di The Second Time Around (l’organo Hammond, infatti, quando non batta i timpani come testa di martello, evoca il luna park ovvero réclame di tisane).

  Poi te la faccio sentire nel blues, dove le cose vanno un po’ meglio, sebbene direi che anche qui vi sia piuttosto da dormire, se non quando Major Holley prende un assolo alla sua maniera, con l’arco e raddoppiando dalle voce all’unisono. Quella maniera era ispirata a Slam Stewart, che il contrabbasso raddoppiava all’ottava superiore.

  The Second Time Around (Cahn-Van Heusen), da «Drag Em Out», Prestige PR 7305. Shirley Scott, organo; Major Holley, contrabbasso; Roy Brooks, batteria. Registrato il 27 maggio 1963.

  Drag ‘Em Out (Scott), id.

martedì 1 ottobre 2019

Celebration – Angel Eyes (Joe Bonner)


  Joe Bonner (1948-2014), pianista, si è illustrato come sideman soprattutto in parecchi dischi di Pharoah Sanders lungo tutti gli anni Settanta, poi, su disco, con Woody Shaw, Richard Davis e Billy Harper, fra gli altri. Qui negli anni te l’ho fatto sentire con Davis e Harper, in due dischi che lo mettono in luce come discepolo non pedissequo, anzi estroso e colorito, di McCoy Tyner. Bonner era a suo completo agio – teste la lunga collaborazione con Sanders – in quella corrente che nei primi anni Settanta si volle etichettare di spiritual jazz e in questo disco inciso fra il 1974 e il ’76 lo si sente bene, anche nelle sue dichiarazioni nelle note di copertina.

  Te ne faccio ascoltare due pezzi. Il primo, Celebration, è tipicissimo di quella temperie e conosce una climax impetuosa che culmina, verso il settimo minuto, in un’apice informale, diciamo free. Sentiamo Billy Harper e Leroy Jenkins in un ruolo per lui poco consueto. Un tocco molto d’epoca è dato dal canto di Linda/Lynda Sharrock, che io, almeno qui, trovo orribile e antimusicale per giunta. 

  Angel Eyes è la nota canzone, affrontata da Bonner in solitudine con piglio bluesy e powelliano. Versione bellissima.

  Celebration (Bonner), da «Angel Eyes», Muse MR 5114. Billy Harper, sax tenore; Leroy Jenkins, violino; Joe Bonner, piano; Juni Booth, contrabbasso; Jimmy Hopps, batteria; canta Linda Sharrock. Registrato nel gennaio 1976.

  Angel Eyes (Dennis), ib. Bonner, piano. Registrato nellottobre 1974.