lunedì 30 giugno 2014

Wave (Benny Carter)

 Molto a Jnp può essere rimproverato, certo non di avere una programmazione originale, o incline al sorprendente e al nuovo, all’inaspettato, all’accostamento ricercato e rivelatore, alla callida junctura. No no, qui si procede nel solco sperimentato della norma meno avventurosa.

 Per esempio, come viene l’estate io ti servo del jazz tagliato con la musica brasiliana, che sarà indefettibilmente bossa nova, unico genere brasiliano a me noto, vagamente peraltro. Dal repertorio della bossa nova, poi, ho sempre cura di scegliere le canzoni più ovvie. Qui, a cimentarsi con risultati idiomaticamente discutibili (soprattutto ritmicamente), ma musicalmente… no, con Wave, è il sommo Benny Carter al festival di Montreux nel 1977.

 Precisano le note, e io doverosamente riporto per i pianisti in lettura, che Ray Bryant suona un Bosendorfer Concert Grand 275 invece del solito barattolo di tanti dischi di jazz; questo non deve sorprendere, perché siamo in un disco prodotto da Norman Granz.

 Wave (Jobim), da «Montreux ’77», [Pablo] OJC20 374-2. Benny Carter, sax alto; Ray Bryant, piano; Niels-Henning Ørsted Pedersen, contrabbasso; Jimmie Smith, batteria. Registrato il 13 luglio 1977.



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domenica 29 giugno 2014

You & the Night & the Music – Arcata (Fred Hersch)

 Fred Hersch è uno dei maggiori pensatori pianistici del jazz contemporaneo ed è forse la maggiore ispirazione di Brad Mehldau.

You & the Night & the Music (Dietz-Schwartz), da «Floating», Palmetto 53957 21712. Fred Hersch, piano; John Hébert, contrabbasso; Eric McPherson, batteria. Registrato nel 2013.



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 Arcata (for Esperanza Spalding) (Hersch), id.



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sabato 28 giugno 2014

R.B. (Air)

 Il trio Air, sentito diverse volte su Jnp, era composto da tre musicisti di grande levatura e di affinità così accentuata da produrre una musica complessa e profonda, largamente improvvisata, senza bisogno di strutture evidenti.

 Qui, per esempio, lo scarno materiale tematico attraversa un caleodiscopio di colori e di espressioni. La prima metà del pezzo è dominata da Fred Hopkins, contrabbassista che fra anni Settanta e Novanta (è morto molto prematuramente nel 1999) non ha forse avuto confronti.

 Anche gli Air, se pur molto diversi, riflettono la stessa fertile, fantasiosa temperie musicale del Braxton sentito ieri.

 R.B. (Hopkins), da «Air Mail», Black Saint BSR 0049 CD. Henry Threadgill, flauto basso, sax tenore; Fred Hopkins, contrabbasso; Steve McCall, batteria, percussioni. Registrato il 28 dicembre 1980.



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venerdì 27 giugno 2014

J-572 (431)-1 Quartet Ballad (Anthony Braxton)

 Dopo un pezzo dallo scoperto, quasi melodrammatico appeal emotivo come il Mingus di ieri, Anthony Braxton ti propone oggi (ti proponeva nel 1971, con la migliore delle sue band) un lungo, meditativo esercizio d’attenzione dall’escursione dinamica minima e da quella timbrica, viceversa, estesissima.

 Si iniziavano così gli anni Settanta di Braxton, periodo in cui ogni suo disco ed esibizione furono una specie di Wunderkammer musicale, che ricordo con emozione.

J-572
(431)-1 Quartet Ballad (Braxton), da «The Complete Braxton 1971», Arista/Freedom AF 1902. Kenny Wheeler, tromba; Anthony Braxton, clarinetto, clarinetto contrabbasso, sax alto, sax soprano, flauto dolce; Dave Holland, contrabbasso, violoncello; Barry Altschul, batteria, percussioni. Registrato nel febbraio 1971.



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giovedì 26 giugno 2014

[Guest Post #48] Riccardo Facchi & Charles Mingus

Una delle composizioni più impegnative di Mingus è presentata con l’entusiasmo che le compete da Riccardo Facchi, il facondo jazzologo bergamasco, gradito guest poster esordiente con già diversi altri interventi sugosi in canna.

 Ho scelto questo primo brano, su stimolo e proposta di Marco per il suo blog, perché davvero considero Mingus il più grande compositore del jazz, secondo solo a Duke Ellington, e certamente uno tra i più grandi geni della storia di questa musica, inspiegabilmente poco preso in considerazione oggi rispetto a figure certo non meno meritevoli, ma sin troppo citate quali quelle di un Miles Davis o di un John Coltrane.

 «Let My Children Hear Music», di cui propongo il brano d’apertura The Shoes of the Fisherman’s Wife Are Some Jive Ass Slippers, orchestrato magistralmente e pertinentemente da Sy Johnson, è veramente un capolavoro: è autentica musica africana-americana di una impareggiabile «classicità», apprezzabile per il senso strutturale, per la finezza compositiva, per la creatività nell’uso della strumentazione, per la tipica, imprevedibile, espressività umorale e cangiante, per la potente snellezza ritmica, per la modernità di certe intuizioni. Certamente una fra le più affascinanti affermazioni del Mingus compositore. In meno di dieci minuti si riesce ad assistere nell’inconfondibile stile di scrittura di Mingus (solo lui è in grado di far suonare un’intera orchestra con quei cambi di ritmo e di tempo improvvisi e quelle accelerazioni e rallentamenti metrici che sarebbero quasi proibitivi in termini di pura lettura ad esecutori accademici) a una sorta di storia del jazz in miniatura. Ci si trova la polifonia New Orleans, sublimata nella sezione improvvisata tipicamente free, lo swing, Ellington, Parker (nel magico e sottostimato sax del fido Charles McPherson), oltre alla grande tradizione compositiva accademica, certo ben nota a Mingus.

 Una delizia per le orecchie, un nutrimento per lo spirito. Buon ascolto.

 The Shoes of the Fisherman’s Wife Are Some Jive Ass Slippers (Mingus), da «Let My Children Hear Music», Columbia KC 31039. Trascrizione e orchestrazione di Sy Johnson, basata sull’esecuzione al festival di Newport del 1965. Registrato nell’autunno del 1971.



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mercoledì 25 giugno 2014

Turkish Blues – Fez (Fred Kaz)

 Fred Kaz, nato nel 1934 e morto appena tre mesi fa, non deve la sua fama, del resto piuttosto underground, al jazz, ma all’essere stato per molti anni il direttore musicale della famosissima troupe teatrale chicagoana d’improvvisazione Second City, la stessa che ha formato, con poche eccezioni, quasi tutti i comici famosi del cabaret e del cinema statunitense degli ultimi trenta o quarant’anni.

 In questo disco Atlantic del 1960 Kaz esegue in trio sue composizioni d’ispirazione «orientale» evocategli, come dice nelle note, dai canti ascoltati in sinagoga. La valenza mediorientale, nelle melodie come nei ritmi, non è indagata con rigore musicologico, ma non è certo meno plausibile di quella esibita negli stessi anni da Yusef Lateef. Kaz è un bravo pianista che avrebbe potuto fare strada nel jazz: memore di Bud Powell (per la via di Horace Silver) e di Ahmad Jamal e non privo di alcuni tratti personali, come per esempio i frequenti ribattuti che, se dobbiamo dar fede alla sua dichiarata fonte d’ispirazione, potrebbero essergli stati suggeriti dalla «cantillazione» di qualche cantor.

 Turkish Blues (Kaz), da «Eastern Exposure», Atlantic SD-1335. Fred Kaz, piano; Victor Sproles, contrabbasso; Roger Wandersheid, batteria. Registrato il 25 marzo 1960.



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 Fez (Kaz), id.



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martedì 24 giugno 2014

It’s All Right With Me (Dave Liebman)

 It’s All Right With Me (Porter), da «Plays the Music of Cole Porter», Red Records RR 123236.2. Dave Liebman, sax soprano; Steve Gilmore, contrabbasso; Bill Goodwin, batteria. Registrato nell’autunno del 1998.


lunedì 23 giugno 2014

Days of Wine and Roses (Billy Taylor)

 Billy Taylor (1921-2010) ha fatto probabilmente più di ogni altro per diffondere lo studio del jazz a ogni livello, ed è stato il primo jazzman «accademico», avendo conseguito un PhD nel 1975. La sua attività didattica e di apologeta del jazz ha messo un po’ in ombra le sue doti di pianista, che erano grandi. Pochi giorni fa la città di New York gli ha dedicato una via, del che ci rallegriamo.

 Qui il dottor Taylor è un po’ in vacanza: con un’orchestra d’archi arrangiata e diretta da Oliver Nelson («lush, light and swinging backgrounds») suona la bellissima canzone di Henry Mancini, dal film omonimo di Blake Edwards con Jack Lemmon e Lee Remick.

 The Days of Wine and Roses (Mancini), da «Midnight Piano», Capitol T 2302. Billy Taylor, piano; Ben Tucker, contrabbasso; Grady Tate, batteria, con orchestra d’archi diretta da Oliver Nelson. Registrato nell’ottobre 1964.



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sabato 21 giugno 2014

[Extracurricolare] È morto Gian Mario Maletto

 Triste! È morto Gian Mario Maletto, redattore di «Musica Jazz» fin quasi dalla sua fondazione, memoria storica non solo della rivista ma di tutto il jazz italiano, grande giornalista e persona di grande simpatia. Condoglianze vivissime di Jazz nel pomeriggio a tutta la redazione di «Musica Jazz».

Conception – My Funny Valentine (Gary Burton)

 Gary Burton è uno dei molti nomi illustri a non essere mai comparsi su Jazz nel pomeriggio in quattro anni, o a esservi apparsi «di striscio». Questo del 1962 è il secondo disco a suo nome. Burton aveva solo diciannove anni ma la RCA puntava molto su di lui, guarda in che compagnia lo mise (e dovresti leggere che sbrodolata di blurb, che comincia addirittura sulla copertina).

 Il disco non contiene alcuna composizione del titolare, il che è strano visto che Burton si sarebbe poi illustrato come compositore non meno che come vibrafonista; in compenso anche la sua presenza come solista è piuttosto contenuta. My Funny Valentine, per esempio, è quasi un one man show di Clark Terry (ma Burton si fa valere eccome nell’accompagnamento).

 Conception (Shearing), da «Who Is Gary Burton», RCA Victor. Clark Terry, tromba; Bob Brookmayer, trombone a pistoni; Phil Woods, sax alto; Gary Burton, vibrafono; Tommy Flanagan, piano; John Neves, contrabbasso; Chris Swansen, batteria. Registrato nel novembre 1962.



 My Funny Valentine (Rodgers-Hart), ib. ma Terry suona il flicorno.


venerdì 20 giugno 2014

Sunday (Ben Webster & Don Byas)

 Crepuscolo degli dèi. Due protagonisti del sax tenore, grosso modo coetanei, s’incontrano negli anni di un tramonto che per entrambi fu precoce, affrettato da una carriera logorante e dalla compagnia immancabile del bicchiere.

 Come avevamo già osservato un’altra volta, la sonorità di Don Byas aveva a questo punto già perso il suo nerbo e con esso la sua lussurreggiante flessuosità; e a questo punto, curiosamente, si avverte nel suo fraseggio, molto forte, l’influsso di John Coltrane, musicista della generazione successiva alla sua. Ben Webster è semplicemente quasi spento, ma fra un soffio e l’altro le sue pause riescono ancora ad essere specialmente espressive.

 Tete Montoliu e il tedesco Peter Trunk in quegli anni erano fra i maggiori specialisti europei dei rispettivi strumenti.

 Sunday (Cann-Miller-Krueger-Styne), da «Ben Webster Meets Don Byas», MPS 827 920-2. Ben Webster, Don Byas, sax tenore; Tete Montoliu, piano; Peter Trunk, contrabbasso; Albert «Tootie» Heath, batteria. Registrato nel febbraio 1968.



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giovedì 19 giugno 2014

I Surrender Dear (Lennie Tristano)

 Già nel 1946 Lennie Tristano trattava la tonalità da contegnosa distanza.

 I Surrender Dear (Gershwin-Duke), da «Intuition», Properbox 64. Lennie Tristano, piano; Billy Bauer, chitarra; Clyde Lombardi, contrabbasso. Registrato l’8 ottobre 1946.



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mercoledì 18 giugno 2014

U.M.M.G. (Billy Strayhorn & Duke Ellington)

 Morto Billy Strayhorn nel 1967, Duke Ellington gli rese questo bell’omaggio discografico. Si discute se, Strayhorn vivo, Duke abbia sempre riconosciuto come meritavano gli inestimabili suoi contributi al repertorio dell’orchestra; anche il più recente biografo di Duke, Terry Teachout, è al proposito ben più che scettico.

 U.M.M.G è una composizione al tempo stesso melodicamente definita e armonicamente avventurosa: proprio quello che a Duke riusciva piuttosto di rado, e a Strayhorn, invece, sempre. Il titolo è acronimo di «Upper Manhattan Medical Group», il primo ospedale di Harlem il cui staff fosse composto interamente di afroamericani.

 U.M.M.G. (Strayhorn), da «… And His Mother Called Him Bill», RCA Victor 74321851512.  Cat Anderson, Mercer Ellington, Herbie Jones, Cootie Williams, tromba; Clark Terry, flicorno; Lawrence Brown, Buster Cooper, trombone; Chuck Connors, trombone basso; Jimmy Hamilton, clarinetto; Johnny Hodges, Russell Procope, sax alto; Paul Gonsalves, sax tenore; Harry Carney, sax baritono; Duke Ellington, piano; Aaron Bell, contrabbasso; Sam Woodyard, batteria. Registrato il 28 agosto 1967.



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martedì 17 giugno 2014

The Hymn – Lunartique (Lou Levy)

 Lou Levy, nome associato soprattutto al jazz californiano, è stato in realtà uno dei pianisti più completi del modern mainstream, e uno che non ha mai smesso di ascoltare quello che gli succedeva intorno nel mondo della musica.

 Eccolo nel 1993, ripreso a Parigi in uno strano quartetto con due contrabbassi, prima, poi contrabbasso e violoncello. La bossa Lunartique è una versione, sostanzialmente riarmonizzata, di How High the Moon.

 The Hymn (Parker), da «Ya Know», Verve 519 700-2. Lou Levy, piano; Eric von Essen, Pierre MIchelot, contrabbasso; Alvin Queen, batteria. Registrato fra marzo e aprile 1993.



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 Lunartique (Levy), id., ma von Essen suona il violoncello.



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lunedì 16 giugno 2014

Caribbean Sun (Betty Carter)

 Buon Bloomsday! A proposito di personalità contorte, neanche al sole dei Caraibi quella bella matta di Betty Carter cantava una canzone con semplicità…

 Caribbean Sun (Carlos Garnett), da «The Audience with Betty Carter», Polygram 835 684-2. Betty Carter con John Hicks, piano; Curtis Lundy, contrabbasso; Kenny Washington, batteria. Registrato nel dicembre 1979.



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domenica 15 giugno 2014

This Can’t Be Love – Body and Soul (Charles McPherson)

 Charles McPherson è un maestro dell’idioma jazz moderno. L’amico Sergio Veschi, che credo mi segua e che la sa lunga, non perde occasione per dire che Bobby Watson è il migliore sax alto degli ultimi decenni, nell’idioma mainstream moderno. Watson è sicuramente un padreterno, ma sarà davvero tanto meglio di McPherson?

 This Can’t Be Love (Rodgers-Hart), da «Beautiful!», Xanadu XCD 1230. Charles McPherson, sax alto; Duke Jordan, piano; Sam Jones, contrabbasso; Leroy Williams, batteria. Registrato il 12 agosto 1975.



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 Body and Soul (Heyman-Green), id.



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sabato 14 giugno 2014

Teeter Totter (Joe Henderson)

 In questi ultimi giorni, fra il gran caldo e una cosa e l’altra, come avrai visto taglio un po’ corto con le chiacchiere. Del resto l’abbiamo sempre saputo che la cosa caratteristica e importante di Jazz nel pomeriggio è la musica, non sono le parole.

 Comunque: apprezza, in questo blues alterato di Joe Henderson, soprattutto le frasi concettose e interminabili di Kenny Dorham, stilista inconfondibile.

 Teeter Totter (Henderson), da «Our Thing», Blue Note CD 7243 5 25647 2 9. Kenny Dorham, tromba; Joe Henderson, sax tenore; Andrew Hill, piano; Eddie Khan, contrabbasso; Pete LaRoca, batteria. Registrato il 9 settembre 1963.



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venerdì 13 giugno 2014

I Waited for You – Tears (Art Farmer)

 In entrambi i pezzi da questo disco magnifico e già sentito qui sopra, assoli fantasiosissimi di Steve Kuhn. In generale, questa sezione ritmica funziona come un sogno. Oggi invece è venerdì 13.

 I Waited for You (Fuller-Robbins), da «Sing Me Softly of the Blues», Atlantic 7567-80773-2. Art Farmer, flicorno; Steve Kuhn, piano; Steve Swallow, contrabbasso; Pete La Roca, batteria. Registrato il 30 marzo 1965.



 Tears (LaRoca), id.


giovedì 12 giugno 2014

Sphere (Branford Marsalis)

 Il bassista Eric Revis omaggia Monk (che aveva «Sphere» come secondo nome), e direi anche la sonorità che al suo quartetto conferiva il sax tenore di Charlie Rouse, in questo disco del quartetto di Branford Marsalis.

 Sphere (Revis), da «Metamorphosen», Marsalis Music 0874946001106. Branford Marsalis, sax tenore; Joey Calderazzo, piano; Eric Revis, contrabbasso; Jeff «Tain» Watts, batteria. Registrato nell’agosto 2008.



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mercoledì 11 giugno 2014

Strike Up the Band (Eddie «Lockjaw» Davis)

 I tre «Cookbook» di Eddie Davis – con il concorso essenziale di Shirley Scott, la più musicale degli organisti jazz – sono un compendio di modern mainstream e di jazz intriso di «soul», che tuttavia non è soul jazz, ma una cosa più profonda. 

Strike Up the Band (Gershwin-Gershwin), da «Cookbook Vol. 3», [Prestige] OJCCD-756-2. Eddie «Lockjaw» Davis, sax tenore; Shirley Scott, organo; George Duvivier, contrabbasso; Arthur Edgehill, batteria. registrato il 15 dicembre 1958.



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martedì 10 giugno 2014

Shinjitu – Yesterdays (Elvin Jones)

Elvin Jones, oltre che uno dei grandi batteristi del jazz, è stato uno dei leader più originali degli anni Settanta e in questo ruolo deve essere ancora valutato come merita.

 Keiko Jones, autrice di Shinjitu, è la moglie di Elvin; il George Coleman che vi si ascolta è forse out come mai lo è stato. In Yesterdays, autore della cadenza iniziale è Frank Foster (ex-Basie, uno dei grandi sax tenori del jazz moderno), che poi espone il tema in forma imitata con Coleman.

 Come sempre, la presenza di Elvin conferisce alla musica un’«aura» che eccede la semplice esecuzione alla batteria.

 Shinjitu (Keiko Jones), da «Coalition», Blue Note BST-84361. Frank Foster, clarinetto basso; George Coleman, sax tenore; Wilbur Little, contrabbasso; Elvin Jones, batteria; Candido, conga. Registrato il 17 luglio 1970.



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 Yesterdays (Harbach-Kern), ib. ma Foster suona il sax tenore.



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lunedì 9 giugno 2014

Un Día (Charlie Rouse)

 Un po’ alla volta, un anno dopo l’altro, questo disco di Charlie Rouse sto finendo per fartelo sentire tutto. Non conosco altri dischi di jazzisti che abbiano affrontato il repertorio brasiliano con lo stesso esito artistico, anche se per la verità Un Día è l’unico original del disco.

 Margarita Orelia Benskina, che figura come coautrice e nota anche come Princess Orelia Benskina, non era russa come il nome può fare pensare, ma panamense. Era un personaggio multiforme, danzatrice, cultrice di scienze occulte e, in quel torno di tempo, la manager di Rouse.

 Un Día (Margarita Orelia Benskina-Rouse), da «Bossa Nova Bacchanal», Blue Note 4119. Charlie Rouse, sax tenore; Kenny Burrell, Chauncey «Lord» Westbrook, chitarra; Larry Gales, contrabbasso; Willie Bobo, batteria; Patato Valdez, conga; Garvin Masseaux, chekere. Registrato il 26 novembre 1962.



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domenica 8 giugno 2014

I Mani (Faith) (Lonnie Liston Smith)

 Un pezzo di spiritual jazz tipico della temperie dei primi anni Settanta da Lonnie Liston Smith (1941), un pianista dal bel curriculum, qui al suo esordio come leader. La distesa, serena melodia è contraddetta da un esplosivo assolo free del tenorista George Barron. L’obesa sezione ritmica comprende il bravissimo batterista David Lee, già sentito qui sopra con Sonny Rollins nell’album «Horn Culture» di quello stesso anno (album in cui suonava anche il percussionista James Mtume), poi scomparso di vista.

 Il disco uscì originariamente (1973) per la Flying Dutchman, eclettica etichetta fondata da Bob Thiele dopo che ebbe lasciato al Impulse.

 I Mani (Faith) (Smith), da «Astral Traveling», [Flying Dutchman] BGP CDBGPM 273. George Barron, sax tenore; Lonnie Liston Smith, piano; Cecil McBee, contrabbasso; James Mtume, Sonny Morgan, percussioni; Badal Roy, tabla; Geeta Vashi, tamboura. Registrato nel 1973.



sabato 7 giugno 2014

Blow Up (Joe Chambers)

 Qualche giorno fa abbiamo ascoltato la musica fornita da un jazzista a un film di Michelangelo Antonioni; oggi ne sentiamo ancora. Si tratta di quella scritta da Herbie Hancock per Blow-Up, l’«epocale» film di Antonioni del 1966. Te l’avevo già presentata in una versione di Bobby Hutcherson in quartetto con Hancock stesso; qui è suonata da un gruppo di Joe Chambers (pure presente in quel quartetto) e la versione è più vicina all’originale della colonna sonora, molto funk.

 Nota che, per due giorni di fila, ti presento la rarità di dischi il cui leader è un batterista (Joe Chambers, come Tony Williams, è anche un dotato compositore).

 Blow Up (Hancock), da «New World», Porter Records. Dick Meza, sax tenore, flauto; Eddie Martinez, piano elettrico; Paul Metzke, chitarra; Herb Bushler, basso elettrico; Joe Chambers, batteria; Ray Mantilla, Omar Clay, percussioni. Registrato nel 1976.



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venerdì 6 giugno 2014

Tomorrow Afternoon (Tony Williams)

 È musica, quella dei due dischi Blue Note di Tony Williams, di un’audacia, cioè di una sincerità espressiva, addirittura sconcertante, e ancora dopo cinquant’anni. Musica ben diversa da quella di «Out to Lunch» di Eric Dolphy, di cui Williams era stato parte pochi mesi prima di registrare «Life Time», ma che ne è una specie di complemento emotivo, o di poetico contrappeso.

 Tony Williams (1945-1997) è stato un musicista di talento enorme.

 Tomorrow Afternoon (Williams), da «Life Time», Blue Note CDP 7 84180 2. Sam Rivers, sax tenore; Gary Peacock, contrabbasso; Tony Williams, batteria. Registrato il 21 agosto 1964.



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giovedì 5 giugno 2014

Piece for Ornette (Keith Jarrett)

 Quest’omaggio di Keith Jarrett a Ornette Coleman è molto riuscito, impiegando anche due ex collaboratori di Ornette, e ha uno scrupolo di autenticità filologica, come un vero omaggio dovrebbe sempre avere: Keith non vi suona il piano, strumento com’è noto estraneo alla concezione ornettiana e impiegato, e rarissimamente, solo su disco, per soffiare invece in un sax soprano.

 Piece for Ornette (long version), da «El Juicio», Atlantic SD 1673. Keith Jarrett, sax soprano; Dewey Redman, sax tenore; Charlie Haden, contrabbasso; Paul Motian, batteria. Registrato il 15 luglio 1971.



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 Ascoltane anche la «short version», affidata alla sola front line, sono solo dodici secondi.

 Piece for Ornette (short version), id.



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mercoledì 4 giugno 2014

Over the Rainbow (Lucky Thompson)

 Over the Rainbow (Arlen-Harburg), da «Test Pilot Vol. 1», Swingtime ST 1005. Ray Copeland, tromba; Sahib Shihab, sax alto; Lucky Thompson, sax tenore; Pritchard Cheseman, sax baritono; Edwin Swanston, piano; Leonard «Peck» Morrison, contrabbasso; Al Walker, batteria. Registrato nel 1950.



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 Una nota che non c’entra con Lucky Thompson: su Quaderni d’Altri Tempi esamino la riedizione dei dischi Verve di Bill Evans.

martedì 3 giugno 2014

Ice Freezes Red – Infatuation (Fats Navarro)

 Ora della fine, il trombettista più influente del jazz moderno non sarà stato Dizzy Gillespie né Miles Davis, ma Fats Navarro, che, partendo da Dizzy con una solida base di Armstrong e aggiungendovi tanto di suo, diede origine alla più frequentata e illustre scuola trombettistica del dopoguerra, quella fondata di fatto da Clifford Brown.

 Con Fats nella prima seduta si sentono Leo Parker (1925-1962), un notevole saxofonista baritono che non incise moltissimo, e Tadd Dameron, compositore e arrangiatore importante e originale, pianista di qualità modeste. In Infatuation, Fats lascia quasi per intero la scena a Don Lanphere (1928-2003), in quegli anni uno di non pochi sax tenori bianchi grosso modo coetanei, tutti devoti di Lester Young e di eccezionali doti: Stan Getz, Zoot Sims, Al Cohn, Allen Eager, Brew Moore.

 Ice Freezes Red (Dameron-Navarro), da «Fats Navarro 1947-1949», Classics 1108. Fats Navarro, tromba; Leo Parker, sax baritono; Tadd Dameron, piano; Gene Ramey, contrabbasso; Denzil Best, batteria. Registrato il 29 novembre 1947.



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 Infatuation (Scon.), ib. Navarro, Don Lanphere, sax tenore; Linton Garner, piano; Al Casey, chitarra; Jimmy Johnson, contrabbasso; Max Roach, batteria. Registrato il 29 novembre 1948.



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lunedì 2 giugno 2014

St. Louis Blues (Fats Waller)

 St. Louis Blues, scritta da W. C. Handy, pubblicata nel 1914, unisce la forma (semplificata) del ragtime e quella della canzone, l’armonia e il profilo melodico del blues e, nel bridge-introduzione, il ritmo afro-sudamericano del tango: come per annunciare al mondo musicale d’Occidente l’arrivo di una forza nuova e torrenziale, in procinto di cambiare tutto.

 Interpretazione vigorosissima, intensamente espressiva, di Fats Waller e Benny Payne, del 1930. Nella coda, Fats – che fa la parte del leone, Payne essendo un efficiente supporto – cita il secondo tema di African Ripples.

 St. Louis Blues (Handy), da «Fats Waller. Complete Victor Piano Solos», Definitive Records DCD11297. Fats Waller e Benny Payne, piano. Registrato il 21 marzo 1930.



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domenica 1 giugno 2014

[Guest Post #47] Alberto Arienti Orsenigo & Giorgio Gaslini

 Da Alberto Arienti Orsenigo, musicofilo di ampie frequentazioni, musicista lui stesso, polemista arguto e guest poster esordiente su Jnp, mi aspettavo una scelta insolita e raffinata come questa, che attinge alla musica composta e suonata da Giorgio Gaslini per un grande – checché ne pensi Alberto – film di Michelangelo Antonioni del 1960, La notte.
 Avevo un vago ricordo del film come fosse un sogno e nel sogno la musica mi sembrava l’unica cosa reale, nonostante fosse abbastanza eterea. Non conoscevo Gaslini e comunque l’avrei conosciuto in situazioni più politicizzate qualche anno dopo e mi sembrava facesse musica di grande spessore.

 Non ho più rivisto il film, ho tentato poco tempo fa ma non sono andato oltre i primi 5 minuti. È invecchiata meglio la musica.

 Lettura della lettera (Gaslini), da «La notte. Colonna sonora originale del film di Michelangelo Antonioni», Quartet Records, QRSCE021. Eraldo Volonté, sax tenore; Giorgio Gaslini, piano; Alceo Guatelli, contrabbasso; Ettore Ulivelli, batteria. Registrato nel 1960.



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