venerdì 31 luglio 2015

Sophisticated Lady – Orebro Treaty (Brian Landrus)

 «Rising star of baritone sax and other low wind instruments», così la cartella stampa di questo disco di Brian Landrus, che si è assicurato qui i servigi di una ritmica super.

 Landrus, che è nato nel Nevada nel 1978 e che, m’informa sempre la cartella, è al lavoro su un dottorato in composizione e su un concerto per sax baritono e orchestra, suona sax baritono e basso, clarinetto basso, flauto basso, insomma è uno specialista delle frequenze basse che in questo disco, tutto di pezzi brevi, applica ad alcuni standard e a composizioni sue poco avventurose, piacevoli.

 Sophisticated Lady (Ellington), da «The Deep Below», BlueLand Records BLR-2015. Brian Landrus, sax baritono; Lonnie Plaxico, contrabbasso; Billy Hart, batteria. Registrato il 25 e 26 agosto 2014.

 Orebro Treaty (Landrus), id. ma Landrus suona il clarinetto basso.

giovedì 30 luglio 2015

Flutist With Hat And Shoe (Gebhard Ullmann)

 In un tratto di limpido idealismo musicale, il flauto non si sente proprio in questo pezzo intitolato a un flautista e ingentilito (o inasprito) dalle coloriture lievi e incerte dei quarti di tono.

 Gebhard Ullmann (tedesco, n. 1957) è musicista forte assai.

 Flutist With Hat And Shoe (Ullmann), da «Hat And Shoes», betweenthelines BTLCHR 71238. Gebhard Ullmann Basement Research: Steve Swell, trombone; Gebhard Ullmann, sax tenore; Julian Argüelles, sax baritono; Pascal Niggenkemper, contrabbasso; Gerald Cleaver, batteria. Registrato il 24 febbraio 2013.

mercoledì 29 luglio 2015

On The Trail (Wynton Kelly & George Coleman)

 Con Jimmy Cobb alla batteria. È uno di quelli che sembra non fare niente più di din dindidìn, ma poi tiene in piedi tutta la baracca come se nulla fosse. Del resto Miles Davis non sarà mica stato scemo.

 On The Trail (Grofé), da «Wynton Kelly And George Coleman In Concert», Collectables 7141. George Coleman, sax tenore; Wynton Kelly, piano; Ron McClure, contrabbasso; Jimmy Cobb, batteria. Registrato il 22 settembre 1968.

[Guest Post #56] Alberto Arienti Orsenigo & Uri Caine, Ernst Glerum

Alberto Arienti Orsenigo, pur professandosi in stato colliquativo per il caldo, contribuisce validamente a questa inopinata risorgenza jazzistica di mezz’estate.

 Siamo di fronte a un altro disco in duo di Uri Caine e le sorprese non mancano. Intanto il bassista olandese Ernst Glerum non è certo un nome ricorrente nelle liste che contano e non è nemmeno giovane (è del 1955, mentre Caine è più giovane di un anno). I brani scelti sono tutti classici di cui conosciamo infinite versioni: la sfida è quindi tutta all’interno di un recinto ben definito.

 Eppure i contorni non sono così facilmente definiti. Sin dall’inizio il suono caldo del basso suonato con l’archetto ci introduce in un’atmosfera volutamente rilassata, forse nostalgica, ma forse semplicemente rievocativa. Le melodie scorrono tranquille, praticamente come sono state scritte, improvvisazioni quasi inesistenti o giocate sottono, come piccole varianti a un discorso lineare. E dietro questa voce quasi umana, il pianoforte commenta attento a non debordare introducendo con piccoli ma mirati interventi, un'atmosfera jazz che il basso così suonato non può dare.

Black And Tan Fantasy è un piccolo capolavoro minimalista, liberato da ogni tipo di retorica che a  volte sa suscitare, con le punteggiature di Caine perfettamente poste nei momenti giusti. In A Sentimental Mood oscilla tra la riproposizione del bel suono e una sotterranea inquietudine, con il pianismo del Duca richiamato qua e là con uno spirito riguardoso e divertito.

 Jazz più rievocato che eseguito, in una specie di seduta spiritica in una stanza piena di magnifiche presenze del passato che sorridono benevolmente: nessuna ricostruzione accademica di vecchie sonorità, semplicemente una nuova rilettura alla ricerca dell'essenza della musica. Un’operazione riuscita benissimo ma molto rischiosa, forse per questo la durata del disco è di soli 21 minuti.

 Black And Tan Fantasy (Ellington-Miley), da «In A Sentimental Mood», Favorite Records FAV9. Uri Caine, piano; Ernst Glerum, contrabbasso. Registrato nel febbraio 2013.

  In A Sentimental Mood (Ellington), id.

martedì 28 luglio 2015

The Beat Goes On – Listen Here (Young-Holt Unlimited)

 «E niente»,  come dicono su internet, fra poco sarà di nuovo agosto, e già del MMXV; possiamo divertirci con un soul jazz di buona fattura e poche pretese.

 Young & Holt erano stati la ritmica del trio di Ramsey Lewis, che non faceva nulla di troppo diverso ma lo faceva con un filo di classe in più: qui si va sul facile, sia nel repertorio che negli effetti. Comunque ti ho fatto grazia del pezzo psichedelico cantato, che ovviamente non manca e che ha il fegato di titolarsi Good Vibrations. Del resto, era il MCMLXVII, «Summer of Love».

 The Beat Goes On (Sonny Bono), da «The Beat Goes On», Brunswick
54128. Young-Holt Unlimited: Don Walker, piano; Eldee Young, contrabbasso. Isaac «Red» Holt, batteria. Registrato nel 1967.

 Listen Here (Eddie Harris), ib. Walker suona l’organo; Young anche la chitarra.

lunedì 27 luglio 2015

Evil Eyes – The Big Street (Bill Holman)

 «Fabulous» è marketing discografico da anni Cinquanta, ma Bill Holman ci sapeva davvero fare come arrangiatore e compositore, oltre che suonare un buon sax tenore. Qui siamo nel 1957, cioè già nella fase occidua del West Coast Jazz, di cui la big band di Holman espone alcuni nomi classici. La scrittura non ricerca novità, basata com’è su una dialettica fra le sezioni di derivazione basiana – e basiano ne è anche il concetto ritmico, v. il  blues Evil Eyes – , con in più un cenno  di sovrapposizione melodica secondo imitazione, tipica di questi musicisti sommariamente eruditi in contrappunto grazie al G.I. Bill.

 Lievemente eccentrica, nettamente nel senso della morbidezza sonora, è la composizione dell’organico, con tre trombe e quattro tromboni (anzi che quattro e tre) e con ben tre sax tenori.

 In questo jazz della California meridionale sembra che non accada nulla mentre, a prestare attenzione, accadono tante cose. O forse, invece, accade poco ma l’impressione sub-liminare è che, sotto sotto, in altre stanze, accada chissà che. Non è la musica limpida, spensierata che vorrebbe apparire, questo è certo: qui c’è davvero qualche camera buia e chiusa a chiave. Era Los Angeles, erano gli anni Cinquanta, questa gente si guadagnava pane e companatico, anche lauto, suonando nelle colonne sonore di cinema e tv. Illusionismo hollywoodiano – e dietro, la California infernale di Ellroy e Crumley.

 Evil Eyes (Holman), da «The Fabulous Bill Holman», Sackville 2013. Conte Candoli, Ray Lynn, Al Porcino, tromba;  Harry Betts, Bob Fitzpatrick, Ray Sims, trombone;  Stu Williamson, trombone a pistoni; Herb Geller, Charlie Mariano, sax alto; Bill Holman, Richie Kamuca, Charlie Kennedy, sax tenore; Steve Perlow, sax baritono; Lou Levy, sax tenore; Max Bennett, contrabbasso; Mel Lewis, batteria. Registrato il 25 aprile 1957.

 The Big Street (Holman), id.

domenica 26 luglio 2015

Send In The Clowns – City Of Peace (George Adams)

 Questa canzone, Send In The Clowns, non mi è mai piaciuta molto, anzi, mi è sempre parsa cute, ricattatoria, sudaticcia, perfino bavosetta in alcune interpretazioni.

 Ma non qui con George Adams ancora redolente di Mingus, e sì che non fa molto altro che enunciarne il tema.

 Poi, per il refrigerio, City Of Peace.

 Send In The Clowns (Sondheim), da «Paradise Space Shuttle», Timeless SJP 127. George Adams, sax tenore; Ron Burton, piano; Don Pate, contrabbasso; Al Foster, batteria; Azzedin Weston, percussioni. Registrato il 21 dicembre 1979.

 City Of Peace (Adams), id.

Dunkel (Julia Hülsmann)

 Forse certe forme sonore fabbricate dalla Ecm, così polite e fredde, cupe (dunkel) ma in maniera tutt’affatto che minacciosa, anzi, rassicurante come una stanza da letto dalle pareti spesse e  le imposte semichiuse in un primo pomeriggio di estate piena; forse, dicevo, queste musiche che in tanti appassionati adoriamo disprezzare trovano una loro ragione d’uso proprio in pomeriggi canicolari com’è questo.

 Il blog si vota provvisoriamente al ristoro fisico dei quattro ascoltatori residui. Prima o poi qualcosa succederà, come continuavo a ripetermi ascoltando questo disco della tedesca Julia Hülsmann, che era più fantasiosa, audace e anche più pop quando registrava per la ACT, una decina di anni fa.

 È musica dolcemente sepolcrale.

 Dunkel (Hülsmann), da «In Full View», Ecm 2306. Tom Arthurs, tromba; Julia Hülsmann, piano; Marc Muellbauer, contrabbasso; Heinrich Köbberling, batteria. Registrato nel giugno 2012.

sabato 25 luglio 2015

Hard Times (Bill Frisell)

 In questa estate strana e piuttosto difficile, in cui il Jazz nel pomeriggio, da poco risorto, tuttavia non pare cavarsela troppo bene, può capitare di peggio che sentire Elvin Jones che accompagna Bill Frisell (in tandem con Dave Holland) in una canzone di Stephen Foster, il «padre della musica americana», l’autore di Oh! Susanna.

 Hard Times (Foster), da «Bill Frisell With Dave Holland And Elvin Jones», Nonesuch 7559-79624-2. Bill Frisell, chitarra, loops; Dave Holland, contrabbasso; Elvin Jones, batteria. Registrato nel 2001.

giovedì 16 luglio 2015

Straight Up And Down (Corea)

 La vita umana si è allungata ed entro i suoi limiti si sono allungate le età della vita; si è adolescenti, poi giovani, più a lungo.

 Oggi un jazzista di quarant’anni, come qualsiasi donna o uomo di quell’età, è giustamente considerato giovane e i suoi lavori sono ascoltati con l’attenzione particolare, magari più indulgente, che si riserva alla giovinezza.

 Cinquant’anni fa Chick Corea, venticinquenne, appariva ben maturo nel primo disco a proprio nome: giovane nel vigore e nell’ingegno, ma non certo in necessità di alcuna particolare benevolenza. In questo disco la matrice tyneriana del suo pianismo è in bella vista.

 I suoi compagni qui erano più o meno suoi coetanei, tutti sotto i trenta; come puoi vedere, parliamo di quattro padreterni, tutti già perfettamente formati e con una voce propria e caratteristica.

 Straight Up And Down (Corea), da «Tones for Joan’s Bones», Atlantic 8122-75352-2. Woody Shaw, tromba; Joe Farrell, sax tenore; Chick Corea, piano; Steve Swallow, contrabbasso; Joe Chambers, batteria. Registrato il primo dicembre 1966.

mercoledì 15 luglio 2015

Composition 6 C (Anthony Braxton)

 Un esempio di fantasia sfrenata e rigorosa, cioè: prima rigorosa, poi sfrenata.

 Negli anni Settanta ho sentito Anthony Braxton dal vivo tante volte, ogni volta era come guardare dentro un caleidoscopio, qualcosa che mi faceva dimenticare il mondo di fuori, che non mi pareva un granché, per subito dopo farmelo vedere in modo un po’ diverso. C’è da dire che ero tanto giovane, ma ascoltando i reperti discografici di quegli anni ancora mi incanto. Forse sono rimasto giovane, che Dio mi benedica.

PS Ora ci sono, ora no; abbi pazienza. Ti penso sempre.

 Composition 6 C (Braxton), da «Dortmund (Quartet) 1976», hat ART. Anthony Braxton, sax alto & sopranino; George Lewis, trombone; Dave Holland, contrabbasso; Barry Altschul, batteria. Registrato il 31 ottobre 1976.