tag:blogger.com,1999:blog-10333514517883431732024-03-14T08:51:28.519+01:00Jazz nel pomeriggioTutti i nomi del jazzMarco Bertolihttp://www.blogger.com/profile/09574362451161022405noreply@blogger.comBlogger2635125tag:blogger.com,1999:blog-1033351451788343173.post-76292549406677429102024-01-20T09:44:00.003+01:002024-01-20T10:32:26.478+01:00 Beautiful Are Those Who Fall – Orko (Alberto Forino)<p><span style="font-family: georgia;"><span style="font-size: large;"> Questo trio </span>nemmeno recentissimo del bresciano <b>Alberto Forino </b>(fra l’altro un vecchio amico di <i>Jazz nel pomeriggio</i>, cosa che ovviamente non rileva al giudizio) si inscrive nella tradizione dei pianisti-compositori, pianisti cioè il cui stile strumentale discende da una coltivata inclinazione compositiva e ne è informato, senza escludere che, trattandosi di musica <i>anche</i> improvvisata, il percorso di discendenza sia simultaneamente inverso (ascolta con attenzione <i>Orko</i>, una specie di pezzo programmatico del disco): penso a Herbie Nichols o a Franco D’Andrea, che di Forino è stato maestro.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"><span> </span>Spesso, ascoltando jazzisti di oggi, ho l’impressione di dovermi fare strada fra tante note suonate per arrivare a quelle necessarie: qui, l’impressione è di non aver sentito invece una nota di troppo; e, cosa ancora più rara almeno per me, di avere percepito un’autentica gioia del suonare da parte di Forino, di Corini e di Sala.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> <i><a href="http://www.filefactory.com/stream/2jloulfsfny0/04 - Beautiful Are Those Who Fall(1).mp3" target="_blank">Beautiful Are Those Who Fall</a></i> (Forino), da <i>«Tiny Toys»</i>, GleAM Records. <b>Alberto Forino</b>, piano; <b>Giulio Corini</b>, contrabbasso;<b> Filippo Sala</b>, batteria. Registrato nel dicembre <b>2021</b>.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"><i><a href="http://www.filefactory.com/stream/6up6y8b7tkkg/01 - Orko(1).mp3" target="_blank">Orko</a></i> (Forino), <i>id</i>.</span></p>Marco Bertolihttp://www.blogger.com/profile/09574362451161022405noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-1033351451788343173.post-40026326879912134522024-01-15T05:30:00.012+01:002024-01-15T09:39:07.770+01:00 Our Place – Ambivalence (David Binney)<p><span style="font-family: georgia;"><span style="font-size: large;"><b> David Binney</b> concepisce l’idea </span>di un disco<i> «tipo quelli commerciali degli anni Cinquanta o Sessanta, pensavo a uno di Gene Ammons dove suona ballate della durata di due minuti e mezzo, tre»</i>, ma per fortuna la cambia in corso d’opera. </span></p><p><span style="font-family: georgia;"> Per fortuna: non perché Gene Ammons non vada bene, anzi, proprio perché finora non si è sentito nessuno in grado di fare Gene Ammons meglio di Gene Ammons stesso, la cui musica è a tutti disponibilie in forma solida o liquida; chi voglia e sia capace di imitarlo sicuramente potrà divertirsi moltissimo a farlo, ma a casa sua.</span></p><p><span style="font-family: georgia;">Il disco si fa ascoltare con diletto a dispetto del titolo pretensioso, e più che se fosse stato la replica di un disco di Gene Ammons. Contiene anche due brevi assoli di </span><b style="font-family: georgia;">Craig Taborn</b><span style="font-family: georgia;">, reduce senza conseguenze apparenti da un’infatuazione jarrettiana.</span></p><p><i style="font-family: georgia;"> <a href="http://www.filefactory.com/stream/3vf0a22boxs8/01. David Binney Quartet - Our Place.mp3" target="_blank">Our Place</a></i><span style="font-family: georgia;"><a href="http://www.filefactory.com/stream/3vf0a22boxs8/01. David Binney Quartet - Our Place.mp3" target="_blank"> </a>(Binney), da </span><i style="font-family: georgia;">«A Glimpse of the Eternal»</i><span style="font-family: georgia;">, Criss Cross 1408 CD. </span><b style="font-family: georgia;">David Binney</b><span style="font-family: georgia;">, sax alto; </span><b style="font-family: georgia;">Craig Taborn</b><span style="font-family: georgia;">, piano;</span><b style="font-family: georgia;"> Eivind Opsik</b><span style="font-family: georgia;">, contrabbasso; </span><b style="font-family: georgia;">Dan Weiss</b><span style="font-family: georgia;">, batteria. Registrato il 29 giugno </span><b style="font-family: georgia;">2021</b><span style="font-family: georgia;">.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> </span><i style="font-family: georgia;"><a href="http://www.filefactory.com/stream/3fwbk20m9c4m/03. David Binney Quartet - Ambivalence.mp3" target="_blank">Ambivalence</a></i><span style="font-family: georgia;"> (Mendoza), </span><i style="font-family: georgia;">id</i><span style="font-family: georgia;">.</span></p>Marco Bertolihttp://www.blogger.com/profile/09574362451161022405noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1033351451788343173.post-64913326446371879192024-01-05T05:30:00.002+01:002024-01-05T11:18:48.336+01:00 Ye Hypocrite, Ye Beelzebub (George Russell)<p><span style="font-family: georgia;"> <span style="font-size: large;">Un musicista importante</span> che non ho mai approfondito, e per conseguenza di rara presenza su <i>Jazz nel pomeriggio</i>, è <b>George Russell</b>. Per la verità, temo di averlo citato qui più volte di riporto da Whitney Balliett, che una volta definì la sua musica <i>«una parodia malevola del jazz»</i>. Non è così che la penso io, e citavo Balliett per prendermela con qualcun altro, ma è un fatto che qualcosa mi abbia sempre tenuto lontano dalla musica di Russell, per quel non tanto che ne conosco. </span></p><p><span style="font-family: georgia;"> Diciamo allora che fra i miei propositi per quest’anno c’è quello di conoscere davvero George Russell; e ti prego di scusarmi se in questo post un po’ inane, una volta di più, non ho parlato di lui.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"><i> <a href="http://www.filefactory.com/stream/fpffj77oe1k/01 - Ye Hypocrite, Ye Beelzebub.mp3" target="_blank">Ye Hypocrite, Ye Beelzebub</a></i> (Russell), da <i>«The George Russell Smalltet – Jazz Workshop»</i>, Bluebird. <b>Art Farmer</b>, tromba; <b>Hal McCusik</b>, sax alto; <b>Bill Evans</b>, piano; <b>Barry Galbraith</b>, chitarra; <b>Milt Hinton</b>, contrabbasso; <b>Joe Harris</b>, batteria. Registrato il 31 marzo <b>1956</b>.</span></p>Marco Bertolihttp://www.blogger.com/profile/09574362451161022405noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1033351451788343173.post-56791884826313008332024-01-03T18:05:00.002+01:002024-01-03T19:42:30.855+01:00 Fantastic Vehicle (Ahmad Jamal)<p><span style="font-family: georgia;"><span style="font-size: large;"> Un concerto inedito di <b>Ahmad Jamal</b>, </span>che ci ha lasciati nell’aprile dell’anno appena trascorso; anno che pare essere stato difficile un po’ per tutti, oltre che per le patenti sciagure collettive, anche a livello personale – quanto a me, ne dia testimonianza lo stato di questo blog, abbandonato e negletto per un anno intero, come mai era successo prima. </span></p><p><span style="font-family: georgia;"> Nel <b>1968</b> Jamal suonava benissimo </span><i style="font-family: georgia;">au courant</i><span style="font-family: georgia;">, sempre a modo suo, lontano dagli stilemi di qual si voglia avanguardia: uno di quei musicisti che mi piace definire devoti a una particolare <i>avanguardia dell’anima</i> più che del linguaggio (un altro: Jelly Roll Morton) e che per questo mai rischiano di essere lasciati indietro.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> <a href=" http://www.filefactory.com/stream/253l5vul8yji/E_02_Fantastic Vehicle Aug 1.mp3" style="font-style: italic;" target="_blank">Fantastic Vehicle </a></span><span style="font-family: georgia;">(J. Kennedy), da </span><i style="font-family: georgia;">«Emerald City Nights Vol. 3»</i><span style="font-family: georgia;">, Jazz Detective. </span><b style="font-family: georgia;">Ahmad Jamal</b><span style="font-family: georgia;">, piano; </span><b style="font-family: georgia;">Jamil Nasser</b><span style="font-family: georgia;">, contrabbasso; </span><b style="font-family: georgia;">Frank Gant</b><span style="font-family: georgia;">, batteria. Registrato il 26 aprile </span><b style="font-family: georgia;">1968</b><span style="font-family: georgia;">.</span></p>Marco Bertolihttp://www.blogger.com/profile/09574362451161022405noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-1033351451788343173.post-32295353138977513212023-01-11T05:30:00.011+01:002023-01-11T10:12:14.507+01:00Summertime – Lowland-ism – Catwalk (Bennie Green)<div><span style="font-family: georgia; font-size: large;"> Nel 1927 James Weldon Johnson</span><span style="font-family: georgia;"> (1871-1938) pubblicò una raccolta di poesie intitolata <i>God’s Trombones: Seven Negro Sermons in Verse</i>, ispirata all’oratoria sacra afroamericana. </span></div><div><span style="font-family: georgia;"><br /></span></div><div><span style="font-family: georgia;"> La dice lunga che il poeta scegliesse il trombone come voce vicaria della spiritualità cristiana degli africani negli Stati Uniti. Questo strumento, che il jazz ha reinventato come tutti quelli che ha fatto suoi, esprime una qualità vocale e, appunto, oratoria, tipicamente afroamericana, soprattutto nei trombonisti del jazz premoderno e, fra i moderni, in uno stilista straordinario come <a href="http://pomeriggio-jazz.blogspot.com/search/label/Bennie%20Green" target="_blank"><b>Bennie Green</b>, che ti ho presentato diverse volte su Jazz nel pomeriggio</a>. </span></div><div><span style="font-family: georgia;"><br /></span></div><div><span style="font-family: georgia;"> Green, nato a Chicago nel 1923, morto nel 1977, fece parte della leggendaria orchestra di Earl Hines che comprendeva Parker, Gillespie, Billy Eckstine e Sarah Vaughan e suonò poi e registrò con i grossi calibri del jazz moderno, ma il suo bello è che non venne mai meno alla sonorità e a quell’approccio caratteristico del trombone classico; somiglia pochissimo, per intenderci, a J. J. Johnson.</span></div><div><span style="font-family: georgia;"><br /></span></div><div><span style="font-family: georgia;"> Non esagera in fondo Bill Coss, autore delle<i> liner notes</i> di questo bellissimo disco del <b>1960</b>, quando scrive che <i>«nel trombone di Bennie Green risiede il cuore del retaggio jazzistico»</i></span><i style="font-family: georgia;">. </i><span style="font-family: georgia;">Il disco ci mostra nella luce migliore anche Jimmy Forrest, tenorista con la qualità sonora e l’espressività un po’ greve dei tenori <i>r’n’b</i> degli anni Cinquanta ma la disinvoltura di fraseggio di un bopper di classe.</span></div><div><span style="font-family: georgia;"><br /></span></div><div><span style="font-family: georgia;"> <i><a href="http://www.filefactory.com/stream/5o5ou88qmuk0/01_summertime(1).mp3" target="_blank">Summertime</a></i> (Heyward-Gershwin-Gershwin), da <i>«Hornful of Soul»</i>. Bethlehem. <b>Bennie Green</b>, trombone; <b>Jimmy Forrest</b>, sax tenore; <b>Archie Hall</b>, organo; <b>Wyatt Ruther</b>, contrabbasso; <b>Art Taylor</b>, batteria; <b>Tommy Lopez</b>, conga. Registrato nel dicembre <b>1960</b>.</span></div><div><span style="font-family: georgia;"><br /></span></div><div><span style="font-family: georgia;"><i> <a href="http://www.filefactory.com/stream/1y5cigcl56uc/03_lowland(1).mp3" target="_blank">Lowland-ism</a></i> (Babs Gonzales), <i>ib</i>.; c.s. più <b>Lem Davis</b>, sax altro; <b>Mal Waldron</b>, piano, al posto di Hall.</span></div><div><span style="font-family: georgia;"><br /></span></div><div><span style="font-family: georgia;"> <i><a href="http://www.filefactory.com/stream/5lfmk68jz90w/07_catwalk(1).mp3" target="_blank">Catwalk</a></i> (Waldron), <i>id</i>.</span></div>Marco Bertolihttp://www.blogger.com/profile/09574362451161022405noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-1033351451788343173.post-25690625386191012152023-01-10T05:30:00.017+01:002023-01-10T11:01:08.344+01:00 Angel – Little Wing (Gil Evans)<p><span style="font-family: georgia;"><span style="font-size: large;"> Non so se a tutti</span> i frequentatori dei <i>social media</i>, segnatamente Facebook, sia capitato come a me in questi giorni di vedere una quantità di post su <b>Jimi Hendrix</b>. Io mi ero per questo persuaso dovesse ricorrere qualche anniversario relativo al chitarrista, che però era nato in novembre e morto in settembre. Boh.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> Comunque qui abbiamo il famoso disco del <b>1975</b> nel quale <b>Gil Evans</b> interpreta canzoni di Hendrix, con qualche anno di ritardo su un progettato incontro discografico dei due. La natura non jazzistica del repertorio non incide sull’impegno profuso da Evans nelle partiture, che sono, pur in consonanza con lo spirito degli originali e nell’uso di strumenti e ritmiche rock, ancora distintamente evansiane: parlo di <i>impegno</i> perché nei successivi incontri di Gil Evans con un musicista di quell’ambito, cioè Sting, a me Evans è parso rinunciatario e non veramente coinvolto; ebbi quest’impressione anche ascoltando i due in persona a Umbria Jazz, sullo scorcio finale degli anni Ottanta.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"><i> Little Wing </i>qui è presente in una versione diversa e meno concisa (o almeno mi sembra così: non ho al momento modo di controllare) di quella che compare in un altro disco di Evans del periodo, <i>«There Comes A Time</i>». A cantare è sempre Hannibal Peterson.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> <i><a href="http://www.filefactory.com/stream/3ntoew2qveae/01 Angel(1).mp3" target="_blank">Angel</a></i> (Hendrix), da <i>«Plays the Music of Jimi Hendrix»</i>, RCA. <b>«Hannibal» Marvin C. Peterson</b>, <b>Lew Soloff</b>, tromba; <b>Tom Malone</b>, trombone, sintetizzatore, flauto, basso; <b>Peter Gordon</b>, corno francese; <b>Howard Johnson</b>, clarinetto basso; <b>David Sanborn</b>, sax alto; <b>Billy Harper</b>, sax tenore; <b>Trevor Koehler</b>, sax tenore, flauto; <b>David Horowitz</b>, piano elettrico, sintetizzatore; <b>Peter Levin</b>, sintetizzatore; <b>John Abercrombie</b>, <b>Keith Loving</b>, <b>Ryo Kawasaki</b>, chitarra; <b>Michael Moore</b>, <b>Don Pate</b>, basso: <b>Warren Smith</b>, campane, percussioni, vibrafono; <b>Bruce Ditmas</b>, batteria; <b>Susan Evans</b>, conga, batteria. Registrato nel giugno <b>1974</b>.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"><i> <a href="http://www.filefactory.com/stream/jyhvbvrebf2/08 Little Wing(1).mp3" target="_blank">Little Wing</a> </i>(Hendrix), <i>ib</i>.; <b>Peterson</b>, <b>Soloff</b>, <b>Ernie Royal</b>, tromba, flicorno; <b>Tom Malone</b>, <b>Joe Daley</b>, trombone;<b> Peter Gordon</b>, <b>John Clark</b>, corno francese; <b>David Sanborn</b>, sax alto, soprano, flauto; <b>George Adams</b>, sax tenore; <b>Howard Johnson</b>, sax baritono, clarinetto basso, tuba; <b>Bob Stewart</b>, tuba; <b>David Horowitz</b>, sintetizzatore, organo;<b> Ryo Kawasaki</b>, chitarra; <b>Paul Metzke</b>, basso elettrico, sintetizzatore, <i>koto;</i> <b>Herb Bushler</b>, basso elettrico; <b>Bruce Ditmas</b>, tabla, <i>cuica</i>, percussioni;<b> Joe Gallivan</b>, <i>drum synthesizer</i>, campane; <b>Warren Smith</b>, marimba, campane, gong, vibrafono, tamburo intonato; <b>Sue Williams</b>, percussioni; <b>Tony Williams</b>, batteria. Stessa data.</span></p>Marco Bertolihttp://www.blogger.com/profile/09574362451161022405noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-1033351451788343173.post-230167384795015282023-01-07T05:30:00.001+01:002023-01-07T05:30:00.182+01:00April in Paris (Thad Jones)<p><span style="font-family: georgia;"><span style="font-size: large;"><b> Thad Jones</b> è ricordato</span> più per i suoi meriti di arrangiatore e <i>bandleader</i> che per quelli di trombettista (e cornettista), eppure era uno strumentista eccelso – per Mingus, il migliore che avesse mai sentito sullo strumento – e immediatamente riconoscibile per il suono aperto e il fraseggio ricercato.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> In questa <i>April In Paris</i> (lenta, quasi cauta e stupita, come anche gli altri pezzi del disco) Thad apre il suo assolo citando la canzone popolare <i>Pop, Goes The Weasel</i>, proprio come aveva fatto nell’esecuzione famosa di Count Basie a cui aveva preso parte quello stesso anno. Osserva Bob Blumenthal nelle note alla riedizione del disco: <i>«Questa versione di </i>April in Paris<i> fa pensare che Jones avesse prestato attenzione alle sospensioni accordali così come Miles Davis cominciava ad adoperarle nel suo primo grande quintetto, un approccio che aveva interessato particolarmente Davis quando l’aveva sentito nel trio di Ahmad Jamal»</i>.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> <i><a href="http://www.filefactory.com/stream/26b21tw9zafu/01 April in Paris.mp3" target="_blank">April In Paris</a></i> (Duke-Harburg), da <i>«The Magnificent Thad Jones»</i>, Blue NOte 0946 3 92768 0. <b>Thad Jones</b>, tromba; <b>Billy Mitchell</b>, sax tenore; <b>Barry Harris</b>, piano; <b>Percy Heath</b>, contrabbasso; <b>Max Roach</b>, batteria. Registrato il 14 luglio <b>1956</b>.</span></p>Marco Bertolihttp://www.blogger.com/profile/09574362451161022405noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-1033351451788343173.post-18362656360030488702023-01-06T05:30:00.001+01:002023-01-06T05:30:00.187+01:00 Good Gravy – The Cellar Dweller – Avalon (Teddy Edwards)<p><span style="font-family: georgia;"><span style="font-size: large;"> Ci fu vita sulla West Coast,</span> intendo, fra i musicisti che avevano animato il <i>West Coast jazz</i>, anche dopo il tramonto del <i>West Coast jazz</i> vero e proprio, che a ben vedere durò ben poco, grosso modo dal 1952, anno delle prime incisioni del quartetto Mulligan-Baker, al 1956-57.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"><b> Teddy Edwards</b>, <a href="http://pomeriggio-jazz.blogspot.com/search?q=teddy+edwards" target="_blank">di cui su Jazz nel pomeriggio ho parlato diverse volte</a>, era un californiano che per la verità con il West Coast in quanto stile ebbe poco a che vedere. Era un affascinante, personale sax tenore ma anche un arrangiatore e compositore di talento e mestiere, <i>teste</i> questa session del <b>1960</b> che ci permette anche di ascoltare quell’altro eccentrico di <a href="http://pomeriggio-jazz.blogspot.com/search/label/Jimmy%20Woods" target="_blank">Jimmy Woods</a>, un artista interessantissimo che non diede più notizia di sé dopo il 1966.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> Se da una parte i pezzi di questo disco richiamano, anche per il tipo di formazione e per il repertorio scelto, il West Coast «di scuola», dall’altra hanno un’<i>edge</i>, un’urgenza sonora ed espressiva, una franchezza ritmica che dimostrano che i tempi erano cambiati.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"><i> <a href="http://www.filefactory.com/stream/6gy2p2xfo0n2/01 Avalon [Version 1].mp3" target="_blank">Good Gravy</a></i> (Edwards), da <i>«Back To Avalon»</i>, Contemporary CCD-14074-2. <b>Nathaniel Mees</b>, tromba; <b>Lester Robertson</b>, trombone; <b>Jimmy Woods</b>, sax alto; <b>Teddy Edwards</b>, sax tenore; <b>Modesto Brisenio</b>, sax baritono; <b>Danny Horton</b>, piano; <b>Rogers Alderson</b>, contrabbasso; <b>Larance Marable</b>, batteria. Registrato nel dicembre <b>1960</b>.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"><i> <a href="http://www.filefactory.com/stream/11nqymetews8/02 The Cellar Dweller.mp3" target="_blank">The Cellar Dweller</a></i> (Edwards), <i>id</i>.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> <i><a href="http://www.filefactory.com/stream/20e8o31dp6k6/07 Good Gravy.mp3" target="_blank">Avalon</a></i> (Jolson-De Silva-Rose) (take 1),<i> id</i>.</span></p>Marco Bertolihttp://www.blogger.com/profile/09574362451161022405noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1033351451788343173.post-91653885835706585582023-01-05T05:30:00.021+01:002023-01-05T09:13:13.569+01:00 But Not For Me – Dream Of Monk (Fred Hersch & esperanza spalding)<p><span style="font-family: georgia;"><span style="font-size: large;"> Mi fa dispiacere, </span>ed è la seconda volta in poco tempo, non poter dire bene di un disco di <b>Fred Hersch</b>, che tanto ammiro come musicista e, anche se non lo conosco, come persona.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> La primavera scorsa <a href="http://pomeriggio-jazz.blogspot.com/2022/05/begin-again-awakened-heart-breath-by.html" target="_blank">si era trattato del disco con il quartetto d’archi</a>; ora di un duetto </span><span style="font-family: georgia;">d’imminente uscita</span><span style="font-family: georgia;">, </span><i style="font-family: georgia;">live at the Village Vanguard</i><span style="font-family: georgia;">,</span><span style="font-family: georgia;"> con la cantante </span><b style="font-family: georgia;">esperanza spalding</b><span style="font-family: georgia;"> (le iniziali minuscole, come per e.e. cummings, sono requisito dell’artista stessa).</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> Non mi è di grande sollievo il fatto che stavolta l’insuccesso del lavoro non sia da attribuire a Hersch, che vi suona bene, ma alla spalding, della quale potrei dire molto ma decido invece di non dire niente, da tanto la sua prestazione mi è sembrata orribile sotto tutti i punti di vista. </span></p><p><span style="font-family: georgia;"> Per giunta, la ripresa dal vivo non ci risparmia il <i>banter</i> della cantante con il pubblico: non che spiritoso o disinvolto, imbarazzante. Al proposito meriterà che riporti dalla <i>press release</i>* questa chiosa alla molto scadente versione di <i>Girl Talk</i> che qui si ascolta: <i>«Il motivetto maschilista </i>(chauvinistic) <i>di Neal Hefti e Bobby Troup</i></span><span style="font-family: georgia;"> </span><i style="font-family: georgia;">è sottoposto qui a un caustico esame da una prospettiva non soltanto femminista, ma anche eco-consapevole»</i><span style="font-family: georgia;">.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> L’omaggio a Monk è una composizione </span><span style="font-family: georgia;">di Hersch </span><span style="font-family: georgia;">francamente insulsa, frammenti monkiani o pseudo-tali contesti fra loro, con dei versi in tutto adeguati.</span></p><blockquote style="border: none; margin: 0px 0px 0px 40px; padding: 0px;"><p style="text-align: left;"><span style="font-family: georgia;"><i>*<span style="font-size: x-small;"> Dove un tempo avevamo le </span></i><span style="font-size: x-small;">liner notes<i>, infatti, oggi abbiamo le </i>press release<i>; dove un tempo i critici o, nei casi sfortunati, i giornalisti musicali, oggi i </i>PR people<i>.</i></span></span></p></blockquote><p><a href="http://www.filefactory.com/stream/5q09j82kinxe/01-But Not For Me(1).mp3" target="_blank"> <i>But Not For Me</i></a> (G.& I. Gershwin), da <i>«Alive At The Village Vanguard»</i>, Palmetto. <b>esperanza spalding</b> con <b>Fred Hersch</b>, piano. Registrato nell’ottobre <b>2018</b>.</p><p> <a href="http://www.filefactory.com/stream/d6cp1y2aqzs/02-Dream of Monk(1).mp3" target="_blank"><i>Dream Of Monk</i></a> (Hersch), <i>id</i>.</p>Marco Bertolihttp://www.blogger.com/profile/09574362451161022405noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-1033351451788343173.post-35652534800773041082023-01-04T05:30:00.059+01:002023-01-04T09:03:28.717+01:00 Milano (The Jazztet)<p><span style="font-family: georgia;"><span style="font-size: large;"><b> John Lewis </b>nel 1956</span> dedicò a Milano questa ballad di caratteristica ispirazione melodica; si contiene nell’LP <i>«Django»</i> del MJQ. Lewis avrebbe avuto a che fare direttamente con Milano ancora nel 1962, quando provvide la musica a una pellicola </span><span style="font-family: georgia;">dimenticata </span><span style="font-family: georgia;">di Eriprando Visconti, </span><i style="font-family: georgia;"><a href="https://www.torinofilmfest.org/it/1-festival-internazionale-cinema-giovani/film/una-storia-milanese/5890/" target="_blank">«Una storia milanese»</a></i><span style="font-family: georgia;">. </span></p><p><span style="font-family: georgia;"> La versione del </span><b style="font-family: georgia;">Jazztet</b><span style="font-family: georgia;"> di </span><b style="font-family: georgia;">Benny Golson</b><span style="font-family: georgia;"> e </span><b style="font-family: georgia;">Art Farmer</b><span style="font-family: georgia;">, in questo disco del </span><b style="font-family: georgia;">1960</b><span style="font-family: georgia;"> dedicato tutto alla musica di Lewis, è molto diversa dall’originale, meno atmosferica e più vicina alla temperie dell’hard bop, sia pure nelle mani di musicisti emotivamente contenuti come Farmer, Golson e Walton. A me, tuttavia, </span><a href="https://www.youtube.com/watch?v=IvYIRwFPQgk" style="font-family: georgia;" target="_blank">la versione originale del MJQ</a><span style="font-family: georgia;"> pare più «milanese», per come riusciva a cogliere una qualità delicata e umbratile</span><span style="font-family: georgia;">, che spesso sfugge a chi la visita e anche a chi vi abita,</span><span style="font-family: georgia;"> della mia bella città, dove torno sempre con piacere. </span></p><p><i style="font-family: georgia;"> <a href="http://www.filefactory.com/stream/2c1rn4xcrwcm/02 Milano.mp3" target="_blank">Milano</a></i><span style="font-family: georgia;"> (Lewis), da </span><i style="font-family: georgia;">«The Jazztet and John Lewis»</i><span style="font-family: georgia;">, Argo LP 684. </span><b style="font-family: georgia;">Art Farmer</b><span style="font-family: georgia;">, tromba; </span><b style="font-family: georgia;">Thomas McIntosh</b><span style="font-family: georgia;">, trombone; </span><b style="font-family: georgia;">Benny Golson</b><span style="font-family: georgia;">, sax tenore; </span><b style="font-family: georgia;">Cedar Walton</b><span style="font-family: georgia;">, piano; </span><b style="font-family: georgia;">Thomas Williams</b><span style="font-family: georgia;">, contrabbasso; </span><b style="font-family: georgia;">Albert Heath</b><span style="font-family: georgia;">, batteria. Registrato il 20 dicembre </span><b style="font-family: georgia;">1960</b><span style="font-family: georgia;">.</span></p><p class="p2" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 12px;"><span style="font-family: georgia;"><br /></span></p>Marco Bertolihttp://www.blogger.com/profile/09574362451161022405noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-1033351451788343173.post-46965587162100936792023-01-03T05:30:00.005+01:002023-01-03T10:41:43.674+01:00Invisible Words – Breathing Altered Air (Falkner Evans)<p><span style="font-family: georgia;"><span style="font-size: large;"><b> Falkner Evans </b>è un pianista </span>immagino fra i sessanta e i settanta, originario dell’Oklahoma, <i>terzo cugino di William Faulkner</i>, m’informa la <i>press release</i> di questo disco uscito nel <b>2021</b>. Evans risiede a NY e ha avuto delle collaborazioni importanti. Io non l’avevo mai sentito nominare.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> Questa è una seduta di piano solo occasionata da una sua circostanza esistenziale triste, la morte della moglie nel 2020; la musica che ne è uscita è sommessa e ruminativa ma non disperata e intrisa di presagi cupi come lo fu, per dire,<i> «You Must Believe In Spring»</i>, registrato da Bill Evans a seguire la morte, pure di propria mano, </span><span style="font-family: georgia;">del fratello.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> Falkner Evans inventa una musica essenziale, di passo misurato che cambia poco o per nulla nel corso degli otto pezzi del disco; musica intima ma non «monologica», che non esclude né allontana l’ascoltatore, anzi: sembra chiedergli, con garbo, di fermarsi a prestarle ascolto.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"><i> <a href="http://www.filefactory.com/stream/21hbyr3leoj4/01 Invisible Words(1).mp3" target="_blank">Invisible Words</a> </i>(Evans), da <i>«Invisible Words»</i>, Consolidated Artists Productions CAP 1070. <b>Falkner Evans</b>, piano. Registrato l’11 gennaio <b>2021</b>.</span></p><p><i style="font-family: georgia;"><a href="http://www.filefactory.com/stream/5q4tu0mgajb0/04 Breathing Altered Air(1).mp3" target="_blank">Breathing Altered Air</a></i><span style="font-family: georgia;"> (Evans), <i>id.</i></span></p>Marco Bertolihttp://www.blogger.com/profile/09574362451161022405noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1033351451788343173.post-50017548394709298502022-12-08T05:30:00.007+01:002022-12-08T05:30:00.185+01:00 K-4 Pacific (Gerry Mulligan)<p><span style="font-family: georgia;"><span style="font-size: large;"> Stimolato da un mio amico</span> che l’ha nominato, ho riascoltato questo dimenticato da anni. <b>Gerry Mulligan </b>tornava alla discografia dopo un certo intervallo di tempo, con un jazz colorato di pop, molto <b>1971</b>, molto piacevole.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"><a href="http://www.filefactory.com/stream/62znk26utjg4/02 - K-4 Pacific.mp3" target="_blank"><i> K-4 Pacific</i> </a>(Mulligan), da <i>«The Age of Steam»</i>, A&M SP-3036. <b>Harry “Sweets” Edison</b>, <b>Roger Bobo</b>, tromba; <b>Bob Brookmeyer</b>, trombone a pistoni; <b>Jimmy Cleveland</b>, trombone; <b>Ken Shroyer</b>, trombone basso; <b>Bud Shank</b>, sax alto; <b>Tom Scott</b>, <b>Ernie Watts</b>, sax tenore, flauto; <b>Gerry Mulligan</b>, sax baritono; <b>Roger Kellaway</b>, piano; <b>Howard Roberts</b>, chitarra; <b>Chuck Domanico</b>, contrabbasso; <b>Joe Porcaro</b>, batteria. Registrato nel luglio <b>1971</b>.</span></p>Marco Bertolihttp://www.blogger.com/profile/09574362451161022405noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1033351451788343173.post-67545662981801806782022-12-05T05:30:00.001+01:002022-12-05T05:30:00.190+01:00Sin Street (Pete LaRoca Sims)<p><span style="font-family: georgia;"> <span style="font-size: large;">Le turcherie, effetto collaterale</span> nella musica, nell’arte e nel costume europei delle guerre contro i Turchi (e particolarmente della battaglia di Lepanto, 1571) sono arrivate a influenzare indirettamente il jazz, come riflesso di certe musiche sette- e ottocentesche da <i>salon</i>, e anche direttamente, come dimostra fra l’altro questo disco del <b>1967</b> del batterista P<b>ete LaRoca Sims</b>, molto bello e molto avanzato (peccato che PLRS, il batterista originale del quartetto di Coltrane, abbia di lì a poco abbandonato per molti anni la musica per mattersi a fare, <i>go figure</i>, l’avvocato…).</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> In copertina il disco ha <i>Le Bain Turc</i> di Dominique Ingres, proprio come avrebbe avuto <i>«Electric Bath»</i> di Don Ellis, inciso nel settembre di quell’anno e contenente la famosissima turcheria <i>Turkish Bath </i>nell’allora esotico tempo di 7/4. Ma anche il tempo pari di questa sorta di blues turco di LaRoca cela una curiosa divisione interna, 2+4+2.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> <i><a href="http://www.filefactory.com/stream/5584ni9nvyt8/06 Sin Street(1).mp3" target="_blank">Sin Street</a></i> (Pete LaRoca Sims), da <i>«Turkish Women at the Bath»</i>, 32 Jazz CD 32052. <b>John Gilmore</b>, sax tenore; <b>Chick Corea</b>, piano; <b>Walter Booker</b>, contrabbasso; <b>Pete Laroca Sims</b>, batteria. Registrato il 25 maggio <b>1967</b>.</span></p>Marco Bertolihttp://www.blogger.com/profile/09574362451161022405noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1033351451788343173.post-11196122732332190552022-12-03T05:30:00.004+01:002022-12-03T05:30:00.184+01:00 Night and Day (Vijay Iyer)<p><span style="font-family: georgia;"><span style="font-size: large;"> Mi ha entusiasmato </span>questa versione di <i>Night and Day</i> di <b>Vijay Iyer</b>, un musicista che mi sembra diventare via via più bravo (questo è uno dei suoi ultimi dischi); o almeno, a me piace sempre di più con tempo, laddove<a href="http://pomeriggio-jazz.blogspot.com/2016/02/black-and-tan-fantasy-darn-that-dream.html" target="_blank"> sulle prime non mi aveva persuaso</a>.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> Bene alla sua altezza sono gli altri due; il batterista Sorey ha una carriera parallela, o forse convergente, di compositore «concertistico».</span></p><p><span style="font-family: georgia;"><i> <a href="http://www.filefactory.com/stream/65pzbdet4grw/03. Night And Day.mp3" target="_blank">Night and Day</a></i> (Porter), da <i>«Uneasy»</i>, ECM. <b>Vijay Iyer</b>, piano; <b>Linda Oh</b>, contrabbasso; <b>Tyshawn Sorey</b>, batteria. Registrato nel <b>2020</b>.</span></p>Marco Bertolihttp://www.blogger.com/profile/09574362451161022405noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-1033351451788343173.post-13010009888586813132022-12-02T05:30:00.007+01:002022-12-02T05:30:00.193+01:00 Love, Gloom, Cash, Love (Herbie Nichols) RELOAD<p style="text-align: center;"><span style="font-family: georgia;">Reload <i>dal 21 settembre <b>2011</b></i></span> </p><p><span style="font-family: georgia;"><span style="font-size: large;"> Che disastro che <b>Herbie Nichols</b></span> non abbia potuto suonare e incidere di più con musicisti al suo livello. Con lui, anche gente come Roach, Blakey, Richmond, per tacere dei contrabbassisti, suonavano addirittura meglio del loro solito.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> <i><a href="http://www.filefactory.com/stream/61gn3mudkerc/04 - Love, Gloom, Cash, Love(1).mp3" target="_blank">Love, Gloom, Cash, Love</a> </i>(Nichols), da <i>«Love, Gloom, Cash, Love»</i>, Betlehem/Rhino 76690. <b>Herbie Nichols</b>, piano; <b>George Duvivier</b>, contrabbasso; <b>Danny Richmond</b>, batteria. Registrato nel novembre <b>1957</b>.</span></p>Marco Bertolihttp://www.blogger.com/profile/09574362451161022405noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-1033351451788343173.post-58819518189950553272022-12-01T05:30:00.013+01:002022-12-01T05:30:00.200+01:00 Surrounding – Trees for the Forest – Trembling (Caleb Wheeler Curtis)<p><span style="font-family: georgia;"> <b><span style="font-size: large;">Caleb Wheeler Curtis</span></b> suona il sax alto e il soprano e compone le musiche che suona: ha trentasette anni, viene dal Michigan, è bianco. È un protetto del pianista Orrin Evans, che ha prodotto questo come i precedenti due dischi di Curtis per la sua casa discografica Imani.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> Da questo disco, Curtis esce un musicista riflessivo, poco sollecito di una musica e di un linguaggio solistico incalzanti e di immediata presa ritmica. La sua sonorità, quando non richiami Ornette (cosa che fa esplicitamente in <i>Surrounding</i>) è un po’ sfocata, sabbiosa, volutamente così poco autorevole fino a risuonare timida.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> Il disco si dichiara concepito nel corso di una <i>residence</i> che dev’essere stata bucolica a <a href="https://newengland.com/today/travel/new-hampshire/guide-to-peterborough-nh-eat-stay-play/" target="_blank">Peterborough, NH</a>, come <i>«MacDowell fellow»</i> e ne porta secondo me gli indizi nel suo passo deliberato, ruminativo, in certo modo doveroso, quasi di chi senta di doversi attenere a un progetto, come da lui ci si aspetta. Musica ben fatta da musicisti competenti a dire poco, ma che mi ha dato l’impressione di marciare sul posto, un’impressione corroborata dal fatto che, della relativa larghezza delle maglie nell’armonia delle composizioni di Curtis, nessuno dei quattro si sente invogliato ad approfittare. La musica si sostiene alla fine sull’impalcatura robusta di una ritmica di pezzi grossi.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> Il programma si svolge sagacemente in pezzi brevi, e sono parecchi, dieci; sono arrivato in fondo non dirò stanchezza, ma con un piccolo sforzo dell’attenzione.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> Direi che mi vale la pena aspettare Curtis – che mi sembra più attrezzato come sopranista – al prossimo suo disco.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"><i> <a href="http://www.filefactory.com/stream/2vlip74462xe/03 - Caleb Wheeler Curtis - Surrounding(1).mp3" target="_blank">Surrounding</a></i> (Curtis), da <i>«Heatmap»</i>, Imani. <b>Caleb Wheeler Curtis</b>, sax alto;<b> Orrin Evans</b>, piano; <b>Eric Revis</b>, contrabbasso; <b>Gerald Cleaver</b>, batteria. Registrato il 20 luglio <b>2021</b>.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"><i> </i><a href="http://www.filefactory.com/stream/7kme7y1d90q4/06 - Caleb Wheeler Curtis - Trees for the Forest(1).mp3" target="_blank"><i>Trees for the Forest</i> </a>(Curtis), <i>id</i>. ma Curtis suona il sax soprano.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> <a href=" http://www.filefactory.com/stream/2bnpt46aqg0k/07 - Caleb Wheeler Curtis - Trembling(1).mp3" target="_blank"><i>Trembling</i></a> (Curtis), <i>id</i>.</span></p>Marco Bertolihttp://www.blogger.com/profile/09574362451161022405noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-1033351451788343173.post-17436964595997386222022-11-29T05:30:00.003+01:002022-11-29T05:30:00.205+01:00 It Don’t Mean A Thing (If It Ain’t Got That Swing) – Don’t Blame Me – Snowy Morning Blues (Sammy Price) <p><span style="font-family: georgia;"><span style="font-size: large;"> <b>Sammy Price</b> (1908-1992), texano, </span>formatosi professionalmente a Kansas City come un altro musicista che gli è spesso accostato, <a href="http://pomeriggio-jazz.blogspot.com/search/label/Jay%20McShann" target="_blank">Jay McShann</a>, si affermò a New York come pianista accompagnatore in tante sedute di registrazione della Decca, conosciuto soprattutto per le sue capacità nel boogie e per la sua inclinazione blues.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> Price non era tuttavia un musicista folk come i classici pianisti del boogie woogie (<a href="http://pomeriggio-jazz.blogspot.com/search/label/Jimmy%20Yancey" target="_blank">Jimmy Yancey</a> viene alla mente), ma un musicista di esperienze e orizzonti più vasti e di variate risorse strumentali, come dimostra questo tardo disco in assolo registrato in Canada nel <b>1979</b>. Il blues nelle esecuzioni è sempre presente, se non come forma, certo come linguaggio. <i>Snowy Morning Blues</i>, <a href="https://www.youtube.com/watch?v=vBB87sltANY" target="_blank">il ragtime di James P. Johnson</a>, si presenta qui radicalmente ristrutturato, in forma di canzone.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> <a href="http://www.filefactory.com/stream/3ntrs3q41w06/01 01-It Don\'t Mean A Thing (If It Ain\'t Got That Swing).mp3" target="_blank"><i>It Don’t Mean A Thing</i> <i>(If It Ain’t Got That Swing)</i></a> (Ellington-Mills), da <i>«Sweet Substitute»</i>, Sackville 3024. <b>Sammy Price</b>, piano. Registrato il primo novembre <b>1979</b>.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> <i><a href="http://www.filefactory.com/stream/7fh3k7gm0svq/06 06-Don\'t Blame Me.mp3" target="_blank">Don’t Blame Me</a></i> (Fields-McHugh), <i>id</i>.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> <i><a href="http://www.filefactory.com/stream/2d2jdoloxkzq/09 09-Snowy Morning Blues.mp3" target="_blank">Snowy Morning Blues</a></i> (Johnson), <i>id</i>.</span></p>Marco Bertolihttp://www.blogger.com/profile/09574362451161022405noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1033351451788343173.post-63988387975173094312022-11-28T05:30:00.005+01:002022-11-28T11:57:01.640+01:00Sunday (Coleman Hawkins)<p class="p1" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: georgia;"><i><br /></i></span></p><p class="p1" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: georgia;"><i> <a href="https://www.filefactory.com/stream/1p2dwqz25l46/03.Sunday(1).mp3" target="_blank">Sunday</a></i> (Miller-Styne), da <i>«Coleman Hawkins and Confrères»</i>, Verve. <b>Roy Eldridge</b>, tromba; <b>Coleman Hawkins</b>, sax tenore; <b>Hank Jones</b>, piano; <b>George Duvivier</b>, contrabbasso; <b>Mickey Sheen</b>, batteria. Registrato nel <b>1957</b>.</span></p><p class="p1" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: georgia;"><i><br /></i></span></p><p class="p1" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><br /></p>Marco Bertolihttp://www.blogger.com/profile/09574362451161022405noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-1033351451788343173.post-60447711535935533472022-11-26T05:30:00.004+01:002022-11-26T05:30:00.176+01:00 Keeping up with Time – In Moscow (Vagif Mustafazadeh)<p><span style="font-family: georgia;"><span style="font-size: large;"><i> Jazz nel pomeriggio</i> riapre</span> dopo la pausa più lunga che abbia conosciuto in oltre dodici anni, interrotta soltanto da un generoso<i> guest post</i> di Alberto Arienti Orsenigo.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> Si ricomincia, tuttavia non a pieno regime. Per esempio, oggi ti propongo due pezzi di <b>Vagif Mustafazadeh </b>(1940-1979), pianista e compositore originario dell’Azerbaigian, padre della nota Aziza Mustafazedeh, pianista a sua volta e cantante: un musicista di grande talento e personalità su cui tanto ci sarebbe da dire, come puoi immaginare. Però oggi io non te ne dico niente, se non che Vagif Mustafazadeh qui si è sovraregistrato; per il resto, ti lascio appunto immaginare. </span></p><p><span style="font-family: georgia;"> Prometto, a me stesso in primo luogo, di tornarci sopra in seguito, e intanto sarò lieto, anzi felice, se volessi dirne qualcosa tu, che probabilmente ne saprai già più di me.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"><i> <a href="http://www.filefactory.com/stream/6rolh93n10ag/04 Vagif Mustafazade - 04-Keeping up with time.mp3" target="_blank">Keeping up with Time</a> </i>(Mustafazadeh), da «<i>Hands over Hands»,</i> Azerbaijan International – AICD1401. <b>Vagif Mustafazadeh</b>, piano e tastiere. Registrato nel <b>1971</b>.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"><i> <a href="http://www.filefactory.com/stream/mp035rmvj0i/07 07-In Moscow.mp3" target="_blank">In Moscow</a></i> (Mustafazadeh), <i>id</i>.</span></p>Marco Bertolihttp://www.blogger.com/profile/09574362451161022405noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-1033351451788343173.post-67664249426305160352022-11-25T07:22:00.000+01:002022-11-25T07:22:24.488+01:00Move Over (Duke Ellington)<p><span style="font-family: georgia;"><span style="font-size: large;"><i> Move Over</i>, del <b>1928</b>,</span> mostra <b>Duke Ellington</b> men che trentenne già in possesso di una sagacia compositiva caratteristica, e illumina almeno in parte <a href="http://pomeriggio-jazz.blogspot.com/2014/12/blues-in-blueprint-blues-in-orbit-duke.html" target="_blank">il suo rapporto non ovvio, non facile con il blues</a>.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> Il pezzo è in forma AA'BA ed è preceduto da una intro di otto battute dalle armonie diminuite su un basso cromatico discendente; il primo tema A, nella misura insolita di 20 battute, si compone di due frasi, una di 8 battute e una di 12; di questa seconda, le ultime otto richiamano armonicamente due terzi del blues; su B, preceduto da un transizione di quattro battute, si svolgono poi tre chorus di blues effettivo con gli assoli di trombone, chitarra e clarinetto. </span></p><p><span style="font-family: georgia;"> Ha osservato Benjamin Givan («Ellington and the Blues», in <i>The Cambridge Companion to Duke Ellington</i>, Cambridge University Press, 2014): <i>«Dopo meno di dieci anni di carriera, Ellington aveva già trovato una maniera straordinariamente complessa per incastrare delle progressioni blues entro le norme fraseologiche della canzone popolare»</i>.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> <i><a href="http://www.filefactory.com/stream/2q6epk1nrco2/12 - Move Over(1).mp3" target="_blank">Move Over </a></i>(Ellington), da <i>«The Original Edward “Duke” Elllington Hits, Vol. 1 - 1927/31»</i>, King Jazz KJ 144 FS. <b>Bubber Miley</b>, <b>Arthur Whetsol</b>, tromba: <b>Joe Nanton</b>, trombone; <b>Barney Bigard</b>, clarinetto e sax tenore; <b>Johnny Hodges</b>, sax alto, clarinetto; <b>Harry Carney</b>, sax alto; <b>Duke Ellington</b>, piano; <b>Lonnie Johnson</b>, chitarra; <b>Fred Guy</b>, banjo; <b>Wellman Braud</b>, contrabbasso; <b>Sonny Greer</b>, batteria. Registrato il primo ottobre <b>1928</b>.</span></p>Marco Bertolihttp://www.blogger.com/profile/09574362451161022405noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-1033351451788343173.post-62561798124818449312022-10-01T05:30:00.006+02:002022-10-01T09:20:36.960+02:00[Guest post #76] Alberto Arienti Orsenigo & Blossom Dearie<p><span style="font-family: georgia;"></span></p><blockquote><p><span style="font-family: georgia;"><i> Com’è ormai, se non ancora tradizione, buona abitudine dopo che </i>Jazz nel pomeriggio <i>è rimasto chiuso a lungo, ad aprire le finestre per cambiare l’aria è <b>Alberto Arienti Orsenigo</b>, che, conforme al suo gusto, ha scelto una cantante e una bellissima versione di un amato classico dell’</i>American songbook<i>.</i></span></p></blockquote><p><span style="font-family: georgia;"><i><span style="font-size: large;"> Tea for two </span></i>è una zuccherosa canzone scritta da Vincent Youmans (testo di Irving Caesar) inserita nel musical (e nel film) <i>«No, No, Nanette»</i>. Scritta nel 1925, ha avuto successo per l’orecchiabilità del tema e per il testo ruffiano e civettuolo. Le versioni cantate sembrano voler perpetrare il misfatto e quella di Doris Day è forse quella perfetta per il traboccare di melassa. Le versioni jazzistiche solo suonate prendono il tema come fosse un’autostrada nel deserto, piatta e senza curve, e danno il gas (forse sperando di finire prima); famoso il virtuosismo mostrato da Art Tatum, che ne esce vincitore assoluto. </span></p><p><span style="font-family: georgia;"> La canzone fu spremuta abbastanza ma ci fu ancora Tommy Dorsey che ebbe la sfrontatezza di eseguirla in versione cha-cha-cha, ottenendo uno dei suoi pù grandi successi.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> La popolarità un po’ ossessiva del tema spinse persino Dmitri Shostakovich a scrivere un suo arrangiamento, sebbene solo per scommessa col direttore d’orchestra Nikolai Malko: dopo averla ascoltata per radio, il compositore scommise di scrivere una nuova orchestrazione in mezz’ora, e ci riuscì.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> Io però vorrei parlare di una versione vocale che secondo me è perfetta perché rispetta lo spirito del testo ma contemporaneamente lo tradisce, trasformando il tutto in un giochino di alta sofisticazione. L’artista autrice di questa abile trasformazione è la cantante-pianista <b>Blossom Dearie</b> (1924 - 2009). </span></p><p><span style="font-family: georgia;"> Dotata di un’aggraziata voce di ragazzina e di un notevole senso dello swing, nonché di un notevole humor molto garbato, ci propone le dolcezze della vita di coppia (legittima) con un'ingenuità fresca e affascinante. Lentamente, come lento è il tempo scelto, giocando su inflessioni, sospiri e ritardi, l’ingenuità del testo assume una sfumatura maliziosa che finisce per promettere molto di più dei pasticcini da tè, visto che poi alla fine lei vuole due bambini, la femmina per lui e il maschio per lei. Roba da non far dormire un’intera generazione di malintezionati!</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> Ma l’eleganza della confezione, sobria nell’orchestrazione, alla fine vince su tutto e trasforma la canzone in un gioiellino, alla faccia anche degli autori.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> <i><a href="http://www.filefactory.com/stream/10gr64y6y3va/Blossom Dearie - Tea For Two.mp3" target="_blank">Tea for Two </a></i>(Youmans-Caesar), da <i>«Once Upon a Summertime»</i>, Verve. <b>Blossom Dearie</b>, canto e piano; <b>Mundell Lowe</b>, chitarra; <b>Ray Brown</b>, contrabbasso; <b>Ed Thigpen</b>, batteria. Registrato nel <b>1959</b>. </span></p>Marco Bertolihttp://www.blogger.com/profile/09574362451161022405noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-1033351451788343173.post-89913561324626321562022-06-07T05:30:00.003+02:002022-06-07T05:30:00.191+02:00 Softly, As In A Morning Sunrise (Larry Young)<p><span style="font-family: georgia;"><span style="font-size: large;"> L’organo nel jazz </span>non mi piace (onde, per disdegnoso gusto, su <i>Jazz nel pomeriggio</i> negli anni te ne ho fatto ascoltare quasi tutti gli esponenti principali), con qualche sceltissima eccezione tuttavia; la più vistosa è <b>Larry Young</b>, che con </span><i style="font-family: georgia;">«Unity»</i><span style="font-family: georgia;"> creò </span><span style="font-family: georgia;">nel <b>1965</b> </span><span style="font-family: georgia;">uno dei più bei dischi di jazz di quel decennio.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> La formazione è quella che è, e </span><span style="font-family: georgia;">tutti </span><span style="font-family: georgia;">suonano veramente come indemoniati.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> <i><a href="http://www.filefactory.com/stream/16srt5ihpl96/05 - Softly, as in a Morning Sunrise.mp3" target="_blank">Softly, As In A Morning Sunrise</a></i> (Romberg-Hammerstein II), da <i>«Unity»</i>, Blue Note 56416-2. <b>Woody Shaw</b>, tromba; <b>Joe Henderson</b>, sax tenore; <b>Larry Young</b>, organo; <b>Elvin Jones</b>, batteria. Registrato il 10 novembre <b>1965</b>.</span></p>Marco Bertolihttp://www.blogger.com/profile/09574362451161022405noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-1033351451788343173.post-38168075291530701942022-06-05T06:46:00.003+02:002022-06-05T08:02:25.432+02:00Blue Friday – Lotus Blossom – Old Folks (Kenny Dorham)<div><span style="font-family: georgia;"> <span style="font-size: large;">Pochi jazzisti moderni </span>hanno un CV come quello di <b>Kenny Dorham</b> (1924-1972), che fu presente alla nascita del bebop; fu membro delle big band di Billy Eckstine e della prima di Dizzy, trombettista di Charlie Parker nel 1948-49, dopo Miles Davis, poi negli originali Jazz Messengers cooperativi; che suonò e registrò con Monk, Coltrane, Andrew Hill e perfino con Cecil Taylor; che sostituì Clifford Brown nella band di Roach e fece esordire discograficamente Joe Henderson.</span></div><div><span style="font-family: georgia;"><br /></span></div><div><span style="font-family: georgia;"> <a href="http://pomeriggio-jazz.blogspot.com/search/label/Wynton%20Kelly">Dicevo altrove parlando di Wynton Kelly</a> di musicisti che hanno dato al jazz più di quanto abbiano ricevuto, almeno in termini di fama: eccone forse l’esempio più insigne.</span></div><div><span style="font-family: georgia;"><br /></span></div><div><span style="font-family: georgia;"> Formatosi dunque nel crogiolo del bebop, il suo stile incorporava con naturalezza quella sintassi: la sola influenza di cui chiarissimamente risenta è quella di Parker, per il resto si tratta di uno dei trombettisti più personali del jazz, al punto di essere anomalo per sonorità, che è inflessa e delicata senza essere milesiana, e per il fraseggio lunghissimo, concettoso, direi pianistico. Come compositore, ha dato al repertorio almeno due pezzi, <i>Blue Bossa</i> e <i>Lotus Blossom</i>, il quale ultimo senti qui oggi.</span></div><div><span style="font-family: georgia;"><br /></span></div><div><span style="font-family: georgia;"> Il setting di tromba con sezione ritmica non è dei più consueti ma a Kenny si addice più che a qualsiasi altro trombettista che mi venga in mente, con la parziale eccezione di Art Farmer in <i>«Sing Me Softly Of The Blues»</i>. Ascolta, soprattutto in <i>Blue Friday</i>, l’intesa di tromba e batteria. In tutto il disco, Art Taylor è pari alla fama che, a paragone di altri batteristi, non ha (un altro).</span></div><div><span style="font-family: georgia;"><br /></span></div><div><span style="font-family: georgia;"> <i><a href="http://www.filefactory.com/stream/2egagn8d6jiw/02 Kenny Dorham - Blue Friday(1).mp3" target="_blank">Blue Friday</a> </i>(Dorham), da <i>«Quiet Kenny»</i>, [Prestige] VICJ-23574. <b>Kenny Dorham</b>, tromba; <b>Tommy Flanagan</b>, piano; <b>Paul Chambers</b>, contrabbasso; <b>Art Taylor</b>, batteria. Registrato il 13 novembre <b>1959</b>.</span></div><div><span style="font-family: georgia;"><br /></span></div><div><span style="font-family: georgia;"> <i><a href="http://www.filefactory.com/stream/5udhvu6fag90/07 Kenny Dorham - Lotus Blossom(1).mp3" target="_blank">Lotus Blossom</a></i> (Dorham), <i>id</i>.</span></div><div><span style="font-family: georgia;"><br /></span></div><div><span style="font-family: georgia;"> <i><a href="http://www.filefactory.com/stream/2j5286airn2a/06 Kenny Dorham - Old Folks(1).mp3" rel="nofollow">Old Folks</a></i> (Hill-Robinson), <i>id</i>.</span></div>Marco Bertolihttp://www.blogger.com/profile/09574362451161022405noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-1033351451788343173.post-42334568218706904792022-05-31T06:15:00.002+02:002022-05-31T06:15:26.814+02:00 I Surrender Dear (Lennie Tristano) RELOAD<p><span style="font-family: georgia;"></span></p><blockquote> Reload <i>dal 19 giugno 2014</i></blockquote><p></p><p><span style="font-family: georgia;"><span style="font-size: large;"> Già nel <b>1946 Lennie Tristano</b></span><b> </b>trattava la tonalità da sussiegosa distanza.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"><i> <a href="http://www.filefactory.com/stream/ryy7xozieg0/03 - I Surrender Dear - Lennie Tristano Trio - G. Clifford.mp3" target="_blank">I Surrender Dear</a></i> (Gershwin-Duke), da <i>«Intuition»</i>, Properbox 64. <b>Lennie Tristano</b>, piano; <b>Billy Bauer</b>, chitarra; <b>Clyde Lombardi</b>, contrabbasso. Registrato l’8 ottobre <b>1946</b>.</span></p>Marco Bertolihttp://www.blogger.com/profile/09574362451161022405noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-1033351451788343173.post-76980927411689719782022-05-30T05:30:00.001+02:002022-05-30T05:30:00.196+02:00 If I Had You – Wild Man Blues – I Remember Harlem (Roy Eldridge)<p><span style="font-family: georgia;"><span style="font-size: large;"> Provo rammarico</span> per aver prestato poca attenzione, purtroppo non solo su <i>Jazz nel pomeriggio</i>, a uno dei solisti più grandi, originali e influenti del jazz, cioè <b>Roy Eldridge</b>.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> Eldridge era un uomo di particolare sensibilità e, carattere che sovente a questo si accompagna, orgoglioso e anche competitivo. Per questo patì l’ascesa dei <i>beboppers</i> e in particolare di Dizzy Gillespie il quale, come ebbe a confessare a Norman Granz, temeva suonasse «più tromba» di lui. Eppure Roy non poteva ignorare che senza il suo esempio Dizzy non sarebbe diventato il Dizzy che tutti conoscono, e il bebop stesso sarebbe forse stato diverso.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> Come che sia, dopo la guerra Roy preferì suonare fuori dagli USA e in Francia in particolare. Qui è colto appunto a Parigi, prima con alcuni connazionali (a eccezione del bassista Michelot) e poi con dei francesi.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> <a href="http://www.filefactory.com/stream/3dqn0s3yj2l0/03_if_I_had_you(1).mp3" target="_blank"><i>If I Had You</i></a> (King-Shapiro), da «Roy Eldridge & His Orchestra», Dial. <b>Roy Eldridge</b>, tromba; <b>Gerald Wiggins</b>, piano; <b>Pierre Michelot</b>, contrabbasso; <b>Kenny Clarke</b>, batteria. Registrato il 29 marzo <b>1951</b>.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> <i><a href="http://www.filefactory.com/stream/3btt8k20con6/01_wild_man_blues(1).mp3" target="_blank">Wild Man Blues</a> </i>(Morton), <i>id</i>.</span></p><p><span style="font-family: georgia;"> <i><a href="https://www.filefactory.com/stream/fw6meo497po" target="_blank">I Remember Harlem</a></i> (Eldridge), <i>ib</i>. <b>Eldridge</b>; <b>Benny Vasseur</b>, trombone; <b>Albert Ferrari</b>, sax tenore; <b>William Boucaya</b>, sax baritono; <b>Raymond Fol</b>, piano; <b>Barney Spieler</b>, contrabbasso; <b>Robert Barnet</b>, batteria. Registrato il 28 ottobre <b>1950</b>.</span></p>Marco Bertolihttp://www.blogger.com/profile/09574362451161022405noreply@blogger.com0