lunedì 31 gennaio 2011

Solitude (Sathima Bea Benjamin)

  Sathima Bea Benjamin era moglie di Abdullah Ibrahim, quando ancora si faceva chiamare Dollar Brand, e fu scoperta in Sudafrica da Duke Ellington, che le produsse questo incantevole disco d’esordio, registrato a Parigi e in cui suona anche il marito.

  Solitude (Ellington), da «A Morning in Paris», Ekapa Records S.A. 004. Sathima Bea Benjamin con Duke Ellington, piano; Svend Asmussen, violino pizzicato; Johnny Gertze, contrabbasso; Makaya Ntschoko, batteria. Registrato il 23 febbraio 1963.

domenica 30 gennaio 2011

Minority (Jack DeJohnette)

 Tutti i musicisti jazz suonano un po’ il piano, per ragioni che s’intuiscono facilmente; e ci sono arrivate registrazioni, anche molto famose, in cui Gillespie o Miles Davis hanno dovuto improvvisarsi pianisti accompagnatori. Ci sono poi musicisti che si sono illustrati su altri strumenti ma che potrebbero aver intrapreso una carriera di pianisti. Uno è Jack DeJohnette, che coma pianista in trio ha inciso nel 1985 questo disco, senza sforzarsi troppo nel cercargli un titolo. Eddie Gomez negli anni Settanta era stato il bassista di Bill Evans, con il quale proprio DeJohnette aveva suonato per un breve periodo nello stesso decennio; infine, Minority, che apre il disco, nel 1958 apriva «Everybody Digs Bill Evans» (con tutto ciò, DeJohnette suona piuttosto bene, ma è, o era, senz’altro meglio come batterista, e taccio del fatto che altrove in questo disco metta mano a un sintetizzatore, con risultati di perfetto abominio).

 Minority (Gigi Gryce), da «Piano Album», Landmark LCD-1504-2. Jack DeJohnette, piano; Eddie Gomez, contrabbasso; Freddie Waits, batteria. Registrato il 14 febbraio 1985.

venerdì 28 gennaio 2011

When You’re Smiling (Yusef Lateef)

  Anche quando non suona l’oboe, il fagotto o qualche esotico strumento ad ancia doppia e quadrupla, e anche quando non esplora – o sogna, forse – l’Oriente, Yusef Lateef è un musicista di fantasia prodigiosa. Anche con un semplice sax tenore fra le labbra, e alle prese con uno degli standard più vieti e meno raccomandabili come When You’re Smiling. Quando poi, come qui, suonava con i suoi amici di Detroit, non gli serviva nemmeno il pianista (che pure, in tre pezzi di questo disco, è Barry Harris, non un pellegrino qualunque).

  When You’re Smiling (Shay-Fisher-Goodwin), da «Into Something», Fantasy OJCCD 700-2. Yusef Lateef sax tenore; Herman Wright, contrabbasso; Elvin Jones, batteria. Registrato il 29 dicembre 1961.

giovedì 27 gennaio 2011

You Stepped Out of a Dream - I Got It Bad and That Ain’t Good (Al Haig)

  Fra i primi pianisti a praticare il bebop, parecchi furono bianchi e alcuni – Dodo Marmarosa, Joe Albany, Al Haig – godettero di considerazione altissima fra i musicisti: tutti e tre quelli che ho appena ricordato suonarono e incisero con Charlie Parker e si dice anzi che lo sventurato Albany, che prima o poi ti farò sentire, fosse il suo preferito.

  Al Haig, che ha avuto una fecondissima seconda fase di carriera negli ultimi dieci anni di vita (morì nel 1982), seguita fra l’altro a una terribile vicenda giudiziaria, e che suonò e incise dischi famosi anche con Miles Davis (Birth of the Cool) e Stan Getz, era davvero un grande pianista; in gioventù, come Dodo Marmarosa, stava a cavallo fra tardo Swing e bop, ma più di Marmarosa sbilanciato verso il secondo; negli ultimi anni era solo his own man. Direi che la preferenza accordatagli da tanti musicisti importanti appaia giustificata.

  You Stepped Out of a Dream (Brown-Kahn), da «Al Haig Quartet», Fresh Sound FSR-CD 12. Al Haig, piano; Benny Weeks, chitarra; Teddy Kotick, contrabbasso; Phil Brown, batteria. Registrato il 13 settembre 1954.



  I Got It Bad and That Ain’t Good (Ellington), da «Duke ’n’ Bird», Universal Music UCCJ-4018. Al Haig, piano. Registrato il 6 maggio 1976.

mercoledì 26 gennaio 2011

The Believer (John Coltrane)

  Due anni prima di chiamarlo a fare parte del suo quartetto, John Coltrane incise questa composizione di McCoy Tyner, The Believer, un blues in 24 battute d’impronta soul jazz. La cosa più interessante, qui, mi pare la modulazione metrica nell’introduzione, dove si passa da un chiaro 6/4 (4 + 2) nelle prime sedici battute al 3/4 delle ultime otto (il tema e i chorus improvvisati mantengono poi il 3/4). Coltrane, in questo momento della sua carriera, in un contesto hard bop così «normale» appare già esorbitante: dopo il suo assolo, quello di Red Garland appare niente più che una raffica di notine, tranne forse che nel chorus suonato a locked hands.

  The Believer (Tyner), da «The Believer», Prestige/OJCCD 876-2. Donald Byrd, tromba; John Coltrane, sax tenore; Red Garland, piano; Paul Chambers, contrabbasso; Louis Hayes, batteria. Registrato il 10 gennaio 1958.

The Priestess (George Colligan)

  George Colligan, fra i pianisti affermatisi fra i dieci e i quindici anni fa (lui è nato nel 1970), è secondo me uno dei più dotati, ma di lui non si sente parlare quanto di altri. Potrebbe essere un altro caso di infelice localizzazione geografica, come per Teddy Edwards qui sotto, visto che si è trasferito tempo fa in Canada, dove inoltre credo si dedichi prevalentemente all’insegnamento. George tiene anche un blog interessante e divertente, Jazztruth, che trovi segnalato qui a destra.

  The Priestess (Billy Harper), da «Stomping Ground», Steeplechase SCCD 31441. George Colligan, piano; Drew Gress, contrabbasso; Billy Hart, batteria. Regstrato nel settembre 1997.

martedì 25 gennaio 2011

Sunset Eyes (Teddy Edwards)

  Teddy Edwards (1924-2003) era nato nel Mississippi ma dopo qualche girovagare era arrivato nel 1944 in California, da cui si allontanò poi rarissimamente. Per questo non godette mai, se non appunto a Los Angeles e nei pressi, di fama pari ad altri colleghi di strumento e contemporanei, e anche per una serie di problemi di denti che lo afflissero fra gli anni Cinquanta e Sessanta. Era un bellissimo saxofonista, che al fraseggio rilassato e moderno di Lester Young univa un nerbo e uno spessore sonoro superiore a quello dei tenoristi West Coast dell’epoca, ai quali lo unisce in fondo solo l’appartenenza geografica.

  Sunset Eyes (Edwards), da «The Inimitable Teddy Edwards», Xanadu 134. Teddy Edwards, sax tenore; Duke Jordan, piano; Larry Ridley, contrabbasso; Freddie Waits, batteria. Registrato il 25 giugno 1976.

lunedì 24 gennaio 2011

Yesterdays (Paul Chambers)

  Per contrasto e contravveleno al precedente, un po’ di musica da camera (Chambers Music, recita il titolo di un altro suo disco) da un quartetto di Paul Chambers, qui alle prese con l’archetto, come spesso faceva, con un certo spregio per l’intonazione. «Blandamente interessante», come diceva Linus.

  Yesterdays (Kern), da «Bass on Top», Blue Note BLP 1569. Hank Jones, piano; Kenny Burrell, chitarra; Paul Chambers, contrabbasso; Art Taylor, batteria. Registrato il 14 luglio 1957.

domenica 23 gennaio 2011

Sweat, Sperm + Blood (John Zorn/Naked City)

  Sweat, Sperm + Blood (Naked City), da «Heretic, Jeux des Dames Cruelles», Avant 001. John Zorn, sax alto; Yamatsuka Eye, voce. Registrato nel 1991.

After the Rain (John Hicks)

  John Hicks era un pianista a cui non veniva mai meno, o raramente, l’intensità, e che riusciva sempre a suonare con eleganza: il che, nel contesto di uno stile percussivo come il suo, non è una cosa da poco. In questo disco della serie «At Maybeck Hall», che qualche volta ha suscitato nei pianisti dei censurabili estri concertistici, Hicks ne esce, come era sempre il caso con lui, molto bene. Questa After the Rain non è nemmeno il pezzo più riuscito di quel concerto, ma è una composizione che mi emoziona sempre.

  After the Rain (John Coltrane) da «John Hicks – Live at Maybeck Recital Hall, Vol. 7», Concord Jazz CCD-4442. John Hicks, piano. Registrato il primo agosto 1990.

sabato 22 gennaio 2011

Mrs. Robinson - If I were a Carpenter (Ray Bryant)

  Così, per divertirci un po’, un easy listening di una certa classe da musicisti di alto livello. Tromba e flicorno sono un arredo sonoro inconfondibilmente late Sixties e, nel primo pezzo, fanno molto Bacharach (sulla cui I Say a Little Prayer, infatti, il disco si conclude).
  Queste due canzoni mi sono sempre piaciute, soprattutto la seconda, composta da Tim Hardin, un bravissimo cantautore americano morto tanti anni fa e non troppo conosciuto qui da noi, almeno credo.
  Mrs. Robinson (Paul Simon), da «Up Above the Rocks», Cadet. Ray Bryant, piano; Ron Carter, contrabbasso; Grady Tate, batteria, più Snooky Young e Debbie Hiques, tromba e flicorno. Registrato nel settembre 1968.

  If I were a Carpenter (Tim Hardin), ib. ma Danny Moore al posto di Young.

venerdì 21 gennaio 2011

Monk’s Point (Thelonious Monk)

  Per chi pensa ancora che Monk fosse un pianista di tecnica rudimentale (bisognerebbe parlare a lungo di che cosa significhi tecnica nel jazz), ecco questo suo «studio» sulle bent note.

  Monk’s Point (Monk), da «Solo Monk», Columbia 88697145482. Thelonious Monk, piano. Registrato il 2 novembre 1964.

Tones for Joan’s Bones (Chick Corea) (Ahmad Jamal)

  Ahmad Jamal, apparentemente fermo in uno stile cristallizatosi molto presto in una sua perfezione (ma non è tanto vero), almeno fino a un certo momento ha tenuto le orecchie aperte ai suoni nuovi, e non mi riferisco alla sua discutibile e non brevissima parentesi easy listening, fra anni Settanta e Ottanta. Per esempio, Jamal mise per tempo in repertorio questa composizione di Chick Corea, Tones for Joan’s Bones, che dava titolo al primo disco a proprio nome di costui, del 1966.
  Qui ti propongo la versione del suo autore (riascoltandola poco fa dopo anni, mi è parso di cogliere dei precisi tratti di Jamal nel suo stile giovanile), poi una di Jamal ripreso dal vivo nel 1981 con l’argento vivo addosso. Come sempre, suonando composizioni altrui Jamal le decompone e ricompone rendendole proprie. Qui, la ballad di Corea poco manca che sia irriconoscibile, a non sapere prima che cos’è; Ahmad vi sottrae perfino quel poco di sentimentale che vi era rimasto dopo che Corea avea provveduto a eliminarlo fin dal nome (la Joan di cui alle ossa del titolo era l’allora moglie di Corea, e il titolo, come Corea spiega nelle note, intendeva appunto smentire ogni sospetto di mushiness).

  Tones for Joan’s Bones (Corea), da «Tones for Joan’s Bones», Atlantic 8122-75352-2. Chick Corea, piano; Steve Swallow, contrabbasso; Joe Chambers, batteria. Registrato il primo dicembre 1966.



  Tones for Joan’s Bones, da «Ahmad Jamal Live at MIDEM with Gary Burton», Black Label BLCD 8031. Ahmad Jamal, piano; Sabu Adeyola, contrabbasso; Payton Crossley, batteria. Registrato il 26 giugno 1981.

giovedì 20 gennaio 2011

Sometimes I Feel Like a Motherless Child (Bobby Timmons)

  Roots! Roots! Come se non bastasse Bobby Timmons, fra i pianisti più bluesy e rootsy, qui Timmons e i suoi eseguono Sometimes I Feel Like a Motherless Child, uno degli spiritual più arcaici e di cui è più evidente il carattere africano, per la semplice melodia pentatonica.

  Sometimes I Feel Like a Motherless Child (Trad.), da «Born to be Blue!», Riverside/Fantasy OJCCD 873-2. Bobby Timmons, piano; Ron Carter, contrabbasso; Connie Kay, batteria. Registrato il 10 settembre 1963.

Dolphy #1 (Jaki Byard)

  Non serve nessun motivo speciale per farti sentire una cosa di Jaki Byard, naturalmente; ma se devo trovarne uno, è per portare alla tua attenzione un’altra volta il contrabbassista George Tucker, nel quale negli ultimi tempi mi vado ripetutamente imbattendo e che mi sembra davvero giganteggiare, in un periodo (1955-1965 ca.) foltissimo di autentici colossi dello strumento.

  Dolphy #1 (Byard), da «The Last from Lennie’s», Prestige PRCD-11029-2. Joe Farrell, sax tenore; Jaki Byard, piano; George Tucker, contrabbasso; Alan Dawson, batteria. Registrato il 15 aprile 1965.

mercoledì 19 gennaio 2011

Song for Sathima (Abdullah Ibrahim)

  Guardando le statistiche del sito, vedo con sorpresa che questo pezzo, che ho pubblicato due settimane fa, è stato ascoltato una sola volta e non è stato ritenuto degno di un commento. Sono sorpreso, perché avrei giurato che l’incantevole melodia di Abdullah Ibrahim e la magnifica esecuzione del suo settetto avrebbero incontrato il gusto del colto e dell’inclita. Ma magari ti è solo sfuggita. Sì, dev’essere andata così: eccezionalmente, dunque, ne replico la pubblicazione.

  Song for Sathima (Abdullah Ibrahim), da «Water from an Ancient Well», ENJA/Tiptoe 888812 2. Dick Griffin, trombone; Carlos Ward, sax alto; Ricky Ford, sax tenore; Charles Davis, sax baritono; Abdullah Ibrahim, piano; Cecil McBee, contrabbasso; Ben Riley, batteria. Registrato nell’ottobre 1985.


martedì 18 gennaio 2011

Blue Monk (Thelonious Monk & Pee Wee Russell)

  Al festival di Newport del 1963, George Wein ebbe la trovata di far suonare Pee Wee Russell, che i più associavano alla cerchia di Eddie Condon e dei vecchi Chicagoans, con il quartetto di Thelonious Monk; il quale Monk, reduce da una tournée dell’Europa e da una del Giappone, era in quel momento il jazzman di scuola moderna più popolare al mondo, dopo Miles Davis. Pee Wee, in realtà, si sentiva frustrato nell’angolo dei vecchi arnesi e dei revivalist in cui la critica e gli impresari lo relegavano, e già da un po’ aveva costituito con Marshall Brown un quartetto che aveva in repertorio composizioni di Tadd Dameron, John Coltrane, Ornette Coleman e, appunto, Monk.
  I due accettarono la proposta di Wein con piacere. Monk però, more solito, si mostrò allergico alle prove (anche con i suoi complessi, lui le prove le faceva sempre in pedana, a scrittura cominciata e talvolta inoltrata) e la cosa non andò giù a Russell, che un anno dopo, riascoltando quell’esibizione in un
blindfold test, si lamentò: «Niente prove, buttato in scena con un complesso con cui non c’entravo niente. E a me, comunque, quel genere di musica non piace». Certo è che Russell rimase sconcertato dall’abitudine di Monk di smettere di suonare per lunghi tratti (strolling), lasciando il solista solo con contrabbasso e batteria (in Nutty, per un intero chorus, si sente Pee Wee non sapere dove si trovi, finché Monk non rientra).
  I giudizi su quell’esibizione furono divisi. Che cosa ne pensasse Russell si è visto; Ira Gitler e Dan Morgenstern trovarono che i due avessero esibito una grande intesa e rispetto reciproci; per John S. Wilson del
New York Times, invece, «il risultato dell’incontro è stata la simultanea presenza in palcoscenico dei due e poco più». Quarto fra cotanto senno critico, a me l’incontro sembra molto riuscito, anche se è vero che a momenti Pee Wee sembra «to try a little too hard» con gli intervalli strani e le fuoriuscite dalla tonalità. Ma del resto, a chi riteneva che Russell volesse «fare il moderno» a tutti i costi, Coleman Hawkins – suo amico e ammiratore – rispose una volta: «Non sapete quello che dite. Lui ha sempre suonato così».

  Blue Monk (Monk) da «At Newport 1963 and 1965», Columbia 63905. Pee Wee Russell, clarinetto; Charlie Rouse, sax tenore; Thelonious Monk, piano; Butch Warren, contrabbasso; Frankie Dunlop, batteria. Registrato il 4 luglio 1963.

Autumn in New York (George Coleman)

  George Coleman, artista sottovalutato, interpreta Autumn in New York dando fra l’altro un saggio vertiginoso di virtuosismo strumentale e armonico.

  Autumn in New York (Duke), da «Amsterdam After Dark», Timeless CD SJP 129. George Coleman, sax tenore; Hilton Ruiz, piano; Sam Jones, contrabbasso; Billy Higgins, batteria. Registrato il 29 dicembre 1978.

lunedì 17 gennaio 2011

Waltz of the Demons (Frank Strozier)

  Frank Strozier, saxofonista contralto di Memphis, città dove è nato nel 1937, è una figura semileggendaria presso i musicisti e una delle più misteriose del jazz moderno: non si è nemmeno del tutto sicuri se sia o non sia afroamericano (della sue poche foto uno direbbe di no, ma non vuol dire). Malgrado il grande talento e la spiccata originalità del suo stile, che balzano subito all’orecchio, Strozier si è ritirato presto dalla scena. Discorrendo con Ahmad Jamal, anni fa, si è venuti a parlare anche di Strozier, e io gli ho chiesto che fine avesse fatto. Mi ha risposto Jamal:
«L’insegnante di biologia, credo. Non suona più se non, occasionalmente, il piano. Sembra che a un certo momento, dopo essersi trasferito a New York dalla California, dove suonava con Shelly Manne, si sia disgustato della scena musicale. Ho sentito circolare molte storie al proposito: la più bizzarra dice che avrebbe abbandonato il sax per la penuria in commercio di ance di sua soddisfazione… il che, se ci pensi bene, non è una ragione così bizzarra, se uno suona il sax! Un musicista brillantissimo, anche come compositore: mi piace suonare ogni tanto la sua Frank’s Tune. Ma la verità è che Frank ha sempre desiderato essere un pianista…»
  Ti presento Frank Strozier nel primo dei pochi LP che abbia inciso a proprio nome, in un gran quintetto (la ritmica di Miles Davis!) con il suo concittadino Booker Little.

  Waltz of the Demons (Booker Little), da «Fantastic Frank Strozier», Vee Jay/Koch KOC-CD-8550. Booker Little, tromba; Frank Strozier, sax alto; Wynton Kelly, piano; Paul Chambers, contrabbasso; Jimmy Cobb, batteria. Registrato il 2 febbraio 1960.

Aum/Venus/Capricorn Rising (Pharoah Sanders)

  Sorprende, a sentirla oggi, come la musica che Pharoah Sanders registrò alla fine degli anni Sesanta abbia preannunciato molta altra musica a venire, anche in anni recentissimi: world e compagnia sbrodolante, spesso praticata da musicisti di levatura inferiore. Qui, dal suo disco più famoso di quegli anni, ti propongo un’intensa improvvisazione collettiva che ricorda piuttosto quanto Sanders andava suonando con John Coltrane nello stesso periodo. Questa scelta vuole anche essere un parziale correttivo, o risarcimento, per quella che precede.

  Aum/Venus/Capricorn Rising (Sanders), da «Tauhid», Impulse!/GRP Records GRD-129. Pharoah Sanders, sax tenore; Sonny Sharrock, chitarra; Dave Burrell, piano; Henry Grimes, contrabbasso; Roger Blank, batteria; Nat Bettis, percussioni. Registrato il 15 novembre 1966. GRP Records GRD-129

Spheres (I Movement) (Keith Jarrett)

  Frammento di un’allucinazione organistica di Keith Jarrett, colto nel suo periodo più oltranzista o, altri direbbe, megalomaniaco. La musica non presenta uno speciale interesse, secondo me; è interessante il modo in cui Jarrett, adoperando una registrazione (= uso dei registri) inortodossa, tragga spesso dall’organo barocco dell’abbazia bavarese di Ottobeuren dei suoni che mai si sarebbe immaginato il suo costruttore Karl Joseph Riepp, il maggiore organaro dell’età di Bach. Altrove in questi due dischi Jarrett coraleggia, richiamando piuttosto il pompierismo di certi organisti francesi di tardo Ottocento, à la Widor.

  P.S. Sì, ho scritto appena sotto che questo blog si occupa solo di jazz-jazz. Mi contraddico? Ebbene, mi contraddico. Contengo moltitudini.

  Spheres (I Movement) (Jarrett), da «Hymns/Spheres», ECM 1086/87. Keith Jarrett, organo. Registrato nel settembre del 1976.



Quiz #7

sabato 15 gennaio 2011

What Is This Thing Called Love (John Lewis) [era: Quiz #7]

  Il pianista. La soluzione martedì 18 in mattinata.


  PS Con regolarità che fra poco si farà monotona (scherzo), anche questo quiz, come il precedente, è stato sciolto da Paolo Lancianese: era What Is This Thing Called Love di Cole Porter eseguita da John Lewis al piano nel 2001 con Howard Alden alla chitarra, George Mraz al contrabbasso e Lewis Nash alla batteria, nel disco «Evolution II», Atlantic 7567-83313-2.

Portrait of Wellman Braud (Duke Ellington) (Stefon Harris)

  Qualche riflessione sul repertorio jazz e sulla sua interpretazione può venire dalla rispettosa esecuzione che Stefon Harris dà di questo movimento della tarda e bellissima New Orleans Suite di Duke Ellington, in un disco dal titolo infelice. La precede l’originale.

  Portrait of Wellman Braud (Ellington), da «New Orleans Suite» (Atlantic 7567-81376-2). Duke Ellington, piano; Cootie Williams, Cat Anderson/Money Johnson, Mercer Ellington, Al Eubin, Fred Stone, tromba e flicorno; Booty Wood, Julian Priester, trombone; Dave Daylor/Chuck Connors, trombone basso; Russell Procope, sax alto e clarinetto; Johnny Hodges, sax alto; Norris Turney, sax alto, clarinetto, flauto; Harold Ashby, sax tenore e clarinetto; Paul Gonsalves, sax tenore; Harry Carney, sax baritono, clarinetto, clarinetto basso; Joe Benjamin, contrabbasso; Rufus Jones, batteria. Registrazione del 1970.




  Portrait of Wellman Braud, da «African Tarantella», Blue Note 0946 3 41090 2 4. Steve Turre, trombone; Anne Drummond, flauto; Greg Tardy, clarinetto; Stefon Harris, vibrafono; Xavier Davis, piano; Junah Chung, viola; Louise Dubin, violoncello; Derrick Hodge, contrabbasso; Terreon Gully, batteria. Registrato nel 2006.

venerdì 14 gennaio 2011

Motherlap (Jenny Scheinman)

  Questo blog è riservato exclusivamente al jazz-jazz, perché a me quello interessa e le contaminazioni mi annoiano potentemente (e poi trovo cretino e offensivo il termine stesso, contaminazione). Faccio un’eccezione per la Jenny Scheinman che qui, incidendo per la Tzadik di John Zorn, è scopertamente kletzmer ma è in compagnia di jazzisti sperimentati, e comunque fa sempre della musica bella e intelligente. E il titolo del disco mi ha ricordato Il gatto del rabbino, fumetto di Joan Sfar.

  Motherlap (Scheinman), da «The Rabbi’s Lover», Tzadik TZ7165. Jenny Scheinman, violino; Russ Johnson, tromba; Adam Levy, chitarra; Greg Cohen, contrabbasso; Kenny Wollesen, batteria. Registrato nel 2002.

Inanout (Pepper Adams)

  Questo quintetto spettacolare è composto di musicisti originari di Detroit e sobborghi, fatta l’eccezione di Zoot Sims. Come ti sarà noto, Detroit nel Michigan è stato uno dei grandi vivai del jazz post-bop. Park «Pepper» Adams (the Knife), titolare della seduta, è forse l’unico che abbia mai suonato il sax baritono in uno stile squisitamente hard bop.

  Inanout (Adams), da «Encounter», Prestige/OJC 892. Zoot Sims, sax tenore; Pepper Adams, sax baritono; Tommy Flanagan, piano; Ron Carter, contrabbasso; Elvin Jones, batteria. Registrato l’11 dicembre 1968.

giovedì 13 gennaio 2011

God Bless the Child (Walt Dickerson)

  Il valore di Walt Dickerson ormai ti sarà noto; qui ti propongo un omaggio a uno dei grandi contrabbassisti degli anni Cinquanta/Sessanta, George Tucker (1927-1965), fra i pochi nel jazz capaci di suonare davvero con l’arco. Il rimanente del disco vede una rarissima apparizione di Andrew Hill come sideman.

  God Bless the Child (Holiday), da «To My Queen», Prestige/OJCCD-1880-2. Walt Dickerson, vibrafono; George Tucker, contrabbasso. Registrato il 21 settembre 1962.



  Download

mercoledì 12 gennaio 2011

Pee Wee Blues (Pee Wee Russell)

  Ti ho già proposto Pee Wee Russell, ma in una versione che in certo modo non gli rende giustizia, un po’ ripulita da quello squadrato di Marshall Brown. Qui Pee Wee è al suo più tipico e in compagnia più consona, compagnia sontuosa, fra l’altro, visto che nel resto del disco compaiono Ruby Braff, Vic Dickenson e Bud Freeman.

  Pee Wee Blues (Russell), da «Pee Wee Russell - Archive of Folk and Jazz», Everest. Pee Wee Russell, clarinetto; Nat Pierce, piano; Charles Potter, contrabbasso; Karl Kiffe, batteria. Registrato prob. nel 1958.

martedì 11 gennaio 2011

Triple Trip (Albert Mangelsdorff)

  Albert Mangelsdorff, trombonista tedesco già ascoltato qui sopra in compagnia mista, qui nel 1971 è in un fortissimo quartetto tutto di connazionali. Sono passati quasi esattamente quarant’anni, ma questa musica suona ancora aggiornata.

  Triple Trip (Mangelsdorff), da «Live at Dug, Tokyo», ENJA CD 2006-2. Albert Mangelsdorff, trombone; Heinz Sauer, sax tenore; Günther Lenz, contrabbasso; Ralf Hübner, batteria. Registrato il 15 febbraio 1971.

lunedì 10 gennaio 2011

Blues for the Orient (Yusef Lateef)

  Ogni tanto, mentre ascolto una musica o semplicemente ci penso, mi vieni in mente tu, lettrice/lettore, e mi dico: di questo voglio parlarle. Spesso lo faccio, altrettanto spesso no, perché non trovo la voglia o il tempo di comporre il post come mi piacerebbe e come dovrei. Ma è una sciocchezza, perché se questo luogo vale per qualcosa, questa è la musica, non quello che io ci scrivo intorno (spero non sopra).

  E insomma, tutto per dire che, sì, prima o poi ti scriverò qualcosa di articolato a proposito di
Yusef Lateef, ma non vedo perché intanto dovrei privarti del suo ascolto. Naturalmente, se vuoi, ne puoi parlare tu, qui sotto, anzi ne sarei felice.
  Blues for the Orient (Lateef), da «Eastern Sounds», OJC 612. Yusef Lateef, oboe; Barry Harris, piano; Ernie Farrow, contrabasso; Lex Humphries, batteria. Registrato nel settembre 1961.

  John Coltrane agli inizi del suo ultimo, enigmatico periodo, in una delle ultime sedute in studio con il quartetto classico.

  Sun Ship (Coltrane), da «The Classic Quartet - the Complete Impulse! Studio Recordings», IMPD8-280. John Coltrane, sax tenore; McCoy Tyner, piano; Jimmy Garrison, contrabbasso; Elvin Jones, batteria. Registrato il 26 agosto 1965.

Alexander’s Ragtime Band (Jaki Byard)

  Jaki Byard esegue l’arcaica canzone di Irving Berlin come fosse un pezzo di rhythm ’n’ blues.

  Alexander’s Ragtime Band (Berlin), da «On the Spot!», Prestige/OJCCD-1031-2. Jaki Byard, piano; Paul Chambers, contrabasso; Billy Higgins, batteria.

domenica 9 gennaio 2011

I Thought About You (Dodo Marmarosa)

  Il grande pianista Dodo Marmarosa in una delle sue rarissime apparizioni su disco dopo che si era ritirato, molto per tempo, nella natìa Pittsburgh (città da cui sono venuti un sacco di jazzmen importanti, Ahmad Jamal e Art Blakey per dirne solo due). A quindici anni dal suo apogeo, non aveva perso smalto.

  I Thought About You (Van Heusen-Mercer), da «Dodo’s Back!», UCCC-9007. Dodo Marmarosa, piano; Richard Evans, contrabbasso; Marshall Thompson, batteria. Registrato nel 1961.

Dragon’s Head (Mary Halvorson)

  Sfogliando l’insostituibile «Inconstant Sol» trovo questa registrazione radiofonica di un trio della chitarrista Mary Halvorson, che non conoscevo. Ho ascoltato e, senza invocare il miracolo come pare abbia fatto parte della critica USA, ho apprezzato questa musica di controllata astrazione e di forte impegno compositivo, dal momento ritmico sempre presente e intenta a un suono totale complesso e originale, espansione di quello della chitarra della leader. La Halvorson, che giudicando dalle foto è molto giovane, non somiglia a altri chitarristi che ho sentito (anche se ne ricorda più d’uno di quelli storici), e perfino lo strumento che suona, sempre dalle foto, mi sembra insolito – se un chitarrista mi leggesse, ne vorrei conferma. Mary, oltre a fronteggiare complessi proprî (questo trio, un quintetto, un duo con la violista Jessica Pavone) è una collaboratrice abituale di Anthony Braxton. Approfondiremo, intanto questo è uno dei pezzi che con i suoi ha suonato in quell’occasione.

  Dragon’s Head (Halvorson). Mary Halvorson Trio Live at WFMU on The Long Rally 12/10/2008. Mary Halvorson, chitarra; John Hebert, contrabbasso; Ches Smith, batteria. Registrato l’8 dicembre 2008.

sabato 8 gennaio 2011

Prey-Loot (Lucky Thompson), ’Round Midnight (Barney Wilen)

  Riflettevo, a seguito di un post di qualche giorno fa, sull’uso del sax soprano nel jazz moderno. Se l’impiego indiscriminato di questo pericoloso e sovente molesto ordigno si deve senz’altro all’esempio di John Coltrane dopo My Favorite Things (1960), a suonarci sopra in idioma moderno avevano pensato prima di lui Steve Lacy, e questo lo sanno tutti, ma anche Lucky Thompson, cosa che forse sono in meno a ricordare, e il francese Barney Wilen, famoso soprattutto per aver suonato con Miles nella colonna sonora di Ascenseur pour l’échafaud. Sia Thompson sia Wilen dimostravano sullo strumento una migliore intonazione e un superiore controllo del suono rispetto a quelli che a Coltrane interessava ottenere.
  Ti propongo dunque un’esibizione sopranile di Thompson (questa è del
1964, ma fidati: lo suonava prima di Coltrane), e poi una di Wilen dal vivo al festival di Newport del 1959 (qui Wilen alla fine riprende il tema col tenore).

  Prey-Loot (Thompson), da «Lucky Strikes», OJC 194. Lucky Thompson, sax soprano; Hank Jones, piano; Richard Davis, contrabbasso; Connie Kay, batteria. Registrato il 15 settembre 1964.




  ’Round Midnight (Monk), da «Barney Wilen Quartet - Newport ’59», Fresh Sound FS CD-165. Barney Wilen, sax soprano; Toshiko Akiyoshi, piano; Tommy Bryant, contrabbasso; Roy Haynes, batteria. Registrato il 4 luglio 1959.


Polka Dots and Moonbeams (Lee Konitz)

  Lee Konitz ha da un paio d’anni un nuovo quartetto multinazionale: pianista tedesco, bassista americano, batterista israeliano. Qui però te lo propongo in un duetto con il pianista Weber preso da un ingaggio del quartetto al Village Vanguard (gli altri due sono Jeff Denson e Ziv Ravitz). Konitz ha compiuto ottantatré anni quattro mesi fa e per questo ritorno al leggendario locale di NY, dal quale mancava da oltre trent’anni, ha voluto adoperare il vecchio contralto dei suoi dischi con Tristano, debitamente restaurato.

  Polka Dots and Moonbeams (Burke-Van Heusen), da «Lee Konitz New quartet Live at the Village Vanguard», ENJA ENJ-9542 2. Lee Konitz, sax alto; Florian Weber, piano. New York, Village Vanguard, 31 marzo 2009.

venerdì 7 gennaio 2011

Casa Obscura (Mark Turner)

  Articolata composizione a sezioni del mio prediletto fra i tenoristi presenti (non dico «giovani» perché, oltre che il mio stesso nome, ha anche la mia età). Mark Turner, che ti ho già fatto sentire in un quintetto del francese Benoît Delbecq, ha una insolita ed evidente predilezione per Warne Marsh. Lavora spesso con Kurt Rosenwinkel, Ethan Iverson (Iverson’s Odyssey s’intitola il pezzo incipitario di questo disco), Reid Anderson e il da me poco amato Brad Mehldau. Con costoro, o almeno con Rosenwinkel e Mehldau, Turner condivide l’attrazione per certe atmosfere sospese e quasi stuporose, in lui più comunicative e intense che negli altri due. Il «giorno del Dharma» è il giorno dell’inizio della predicazione del Buddha a seguito dell’illuminazione e dell’intrapresa del sentiero della verità (Dharma).

  Casa Obscura (Turner), da «Dharma Days», Warner Bros. 47998. Mark Turner, sax tenore; Kurt Rosenwinkel, chitarra; Reid Anderson, contrabbasso; Nasheet Waits, batteria. Registrato il 29 gennaio-primo febbraio 2001.