venerdì 31 agosto 2012

[Guest Post #22] Sergio Pasquandrea & Herbie Hancock

Sergio ci ha preso gusto e ribatte colpo su colpo.

 Parliamo di Herbie Hancock, diceva Marco. E va bene, parliamone. E cominciamo magari da un disco di quelli minori. 

 «Fat Albert Rotunda» raccoglie la colonna sonora scritta per «Fat Albert and the Cosby Kids», un cartone animato prodotto da Bill Cosby, che appariva nella sigla e introduceva gli episodi. Nei primi anni Ottanta passò anche in Italia, con il titolo di «Albertone»: raccontava le avventure di un gruppo di ragazzini neri che, nel ghetto di Filadelfia, si ingegnano per campare la giornata nei modi più fantasiosi.

 Hancock ne approfitta per confezionare una colonna sonora in purissimo stile funky («molto telefilm anni Settanta», come ebbe a dire un amico una volta, e onestamente non posso dargli torto; io, poi, ci sono cresciuto con quei telefilm, figuriamoci).  In mezzo, ci piazza due ballad, la sospesa e sognante Jessica e questa delicata Tell Me a Bedtime Story.

 Ora, siamo d’accordo che non è né «Speak Like a Child»«The Prisoner» (anche se l’anno è lo stesso, così come buona parte della formazione). Però, anche in un contesto leggerino come questo, il nostro eroe riesce a sfoggiare un elegante lavoro di orchestrazione, che condisce una struttura per nulla banale, con armonie sofisticate e una serie di sottili scivolamenti metrici dal quattro al cinque quarti, e viceversa.

 Insomma, scusate, ma Herbie è sempre Herbie.

 Tell Me A Bedtime Story (Hancock), da «Fat Albert Rotunda», Warner WB1834. Herbie Hancock, piano elettrico; Johnny Coles, tromba, flicorno; Garnett Brown, trombone;Joe Henderson, flauto; Buster Williams, contrabbasso, basso elettrico; Albert «Tootie» Heath, batteria. Registrato nel maggio-giugno 1969.



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giovedì 30 agosto 2012

It Don’t Mean a Thing (If It Ain’t Got That Swing) (Modern Jazz Quartet)

 Enjoy Jnp’s dukish mood of this week.

 It Don’t Mean a Thing (If It Ain’t Got That Swing) (Ellington), da «Pyramid», Atlantic 81227 3679-2. The Modern Jazz Quartet: Milt Jackson, vibrafono; John Lewis, piano; Percy Heath, contrabbasso; Connie Kay, batteria. Registrato il 21 dicembre 1959.



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mercoledì 29 agosto 2012

Across the Track Blues (Duke Ellington) (Gerry Mulligan)

 Consapevole del fatto che la perfezione non si migliora, Gerry Mulligan ripete Across the Track Blues di Duke Ellington lasciandone l’arrangiamento (trascritto da Tom Fay) intatto.

  Nell’esecuzione del 1940, l’assolo di cornetta è di Rex Stewart; in quella del 1980, la tromba solista è Tom Harrell.

 Across the Track Blues (Ellington), da «Never No Lament: The Blanton-Webster Band», Bluebird 82876 50857 2. Wallace Jones, Cootie Williams, tromba; Rex Stewart, cornetta; Lawrence Brown, Joe Nanton, trombone; Juan Tizol, trombone a pistoni; Barney Bigard, clarinetto; Johnny Hodges, Otto Hardwicke, sax alto; Ben Webster, sax tenore; Harry Carney, sax baritono; Duke Ellington, piano; Fred Guy, chitarra; Jimmy Blanton, contrabbasso; Sonny Greer, batteria. Registrato il 28 ottobre 1940.



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 Across the Track Blues, da «Walk on the Water», DRG SL-5194. Laurie Frink, Barry Ries, Tom Harrell, Mike Davis, Danny Hayes, tromba; Keith O’Quinn, Dave Glenn, Alan Raph, trombone; Eric Turkel, Gerry Niewood, Ken Hitchcock, sax alto; Gary Keller, Ralph Olson, Seth Broedy, sax tenore; Gerry Mulligan, Joe Temperly, sax baritono; Mitchel Forman, piano; Mike Bocchicchio, contrabbasso; Richie de Rosa, batteria. Registrato nel settembre 1980.



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martedì 28 agosto 2012

I Have a Dream (Herbie Hancock)

 Herbie Hancock compositore per un complesso di medie dimensioni; Hancock arrangiatore «gilevansiano»; gli ultimi due Blue Note di Hancock, «Speak Like a Child» e «The Prisoner», appunto; il futuro di Hancock già adombrato in «The Prisoner»

 Non so – parliamone, qualche volta. Per il momento goditi, in questa bella I Have a Dream, Johnny Coles, trombettista (flicornista, qui) grande e inappariscente, Joe Henderson, estroso come sempre, e, negli ultimi due minuti soprattutto, un movimento delle parti davvero molto gilevansiano.

 I Have a Dream (Hancock), da «The Prisoner», Blue Note 7243 5 25649 2 7. Johnny Coles, flicorno; Garnett Brown, trombone; Tony Studd, trombone basso; Hubert Laws, flauto; Jerome Richardson, clarinetto basso; Joe Henderson, sax tenore; Herbie Hancock, piano; Buster Williams, contrabbasso; Albert «Tootie» Heath, batteria. Registrato il 21 aprile 1969.



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lunedì 27 agosto 2012

Lullaby of Birdland - Dreamy Sort of Thing (Duke Ellington)

 La grande canzone di George Shearing ricreata dal Duca, poi un archetipico pezzo strayhorniano, con Billy Strayhorn stesso al piano.

 Lullaby of Birdland (Shearing), da «Piano in the Background», (Columbia) Essential Jazz Classics EJC55521. Willie Cook, Eddie Mullens, Andres Merenghito [Fats Ford], Ray Nance, tromba; Booty Wood, Britt Woodman, Lawrence Brown, trombone; Juan Tizol, trombone a pistoni; Jimmy Hamilton, clarinetto; Russell Procope, Johnny Hodges, sax alto; Paul Gonsalves, sax tenore; Harry Carney, sax baritono; Duke Ellington, piano; Aaron Bell, contrabbasso; Sam Woodyard, batteria. Registrato il 31 maggio 1960.



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 Dreamy Sort of Thing (Strayhorn). Ib.; Billy Strayhorn, piano, al posto di Ellington.



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domenica 26 agosto 2012

[Extracurricolare] Armstrong sulla luna

È morto ieri Neil Armstrong. Ripubblico qui un Phantasiestuck che scrissi tre anni fa, in occasione del quarantennale della sua grande impresa.

 Quella notte di luglio famosissima  in cui Armstrong poggiò circospetto il bianco piedone sulla terra della Luna, e nel farlo pronunciò una fanfaluca compitatagli mesi prima dalle Pubbliche Relazioni della NASA, il mondo, come dicono i giornalisti in gamba, tirò un sospiro di sollievo. Per lo scrivente bambino, un’aspettativa torturante cominciò invece solo in quell’attimo: quanti minuti sarebbero trascorsi, fatta la tara all’esasperante barbosità di tutta la messinscena, prima che Armstrong si levasse il casco, rivolgesse all’universo buio, per illuminarlo, il suo sorriso invincibile e premesse le amatissime labbra a mestolo al bocchino della tromba per lasciar risuonare, ci avrei scommesso, la sublime cadenza d’apertura di West End Blues?  Oh l’idea meravigliosa e poetica: che il primo uomo sulla Luna fosse quel medesimo che quasi cinquant’anni prima più d’ogni altro aveva rivelato  al mondo, cambiandolo per sempre, il pianeta del jazz!

 Ma già vedendolo girarsi penosamente, raggiunto poi dall’oscuro collega Aldrin (che non conoscevo: c’era sì un Moz Aldrin,  clarinettista del Dixieland Revival, ma mi sapeva male che Satchmo si accompagnasse, nell’occasione, a uno strimpellatore di seconda schiera, bianco per di più), non capivo dove potesse tenere la custodia dello strumento. E il tempo passava, passavano le ore, che se ore erano qui da basso, filtrate dalla televisione fino al lago d’Orta, lassù dovevano essere settimane, almeno, mesi. Niente. Louis e quell’Aldrin si baloccarono con certe pietrazze, che ce n’era di meglio sagomate e di più vivo colore in riva alla Sesia; fecero un giretto, ciuf ciuf ciuf, su una goffa automobilina a pedali, anche poco dignitosa se vogliamo; poi risalirono la scaletta, e ciao Luna.

 Sì, certo, anch’io vidi nei giorni successivi, in televisione, sulla Gazzetta, quell’Armstrong contraffatto, con la faccia da odontoiatra o da vetrina di barbiere e quel che è peggio, bianco come me, anzi di più, e con due labbruzza invisibili che sul bocchino della tromba o della cornetta non avrebbero prodotto che un pflit! sputoso ed equivoco; e con una vocetta bianca da baco da seta. Che brutto scherzo. Che errore stupido: non il mio, ma quello di chi, potendolo fare – e sono certo che Louis, che non si era peritato di suonare perfino per i comunisti rossi dell’Unione Sovietica, non avrebbe rifiutato – , non aveva mandato sulla Luna Louis Armstrong. A suonare da là, per tutti i lunatici di lassù e di quaggiù, West End Blues, Stardust, Basin Street Blues, Lazy River

 Comunque Louis Armstrong sulla Luna c’è poi stato, forse per conto suo, non so, e ha suonato e cantato e ballato con la sua All Stars, che aveva Jack Teagarden al trombone ed Earl Hines al pianoforte. Io lo so per certo, perché  da allora l’ho sognato molte volte, e io sogno sempre solo cose vere, che sono successe veramente, dato che non ho fantasia. Una volta, con loro, c'erano anche Buster Keaton e Duke Ellington.

Arlene (Teddy Charles)

 Questa formazione guidata da Teddy Charles fu commercializzata sul finire degli anni Cinquanta dalla Prestige come Prestige Jazz Quartet, per metterla in concorrenza diretta con il Modern Jazz Quartet d’identica formazione. Si è visto che concorrenza il PJQ sia stato oer il MJQ, ma era tutt’altro che una formazione scadente o meramente occasionale; in particolare, oltre ai molti meriti di Charles, aveva Mal Waldron al piano che già andava mettendosi in luce come compositore e pianista di personalità spiccata (e fra l’altro la situazione ci permette di notare nel pianismo del giovane Waldron un’influsso non trascurabile proprio del minimalismo lewisiano, di John Lewis, intendo).

 Fuori posto, forse solo fuori forma, mi pare invece Idrees Sulieman. Sulieman è stato un trombettista di carriera lunga, varia e illustre (fu nella prima seduta discografica di Monk a proprio nome, nel 1947), ma aveva uno stile e una sonorità, diciamo così, corpulenti, per alcuni versi premoderni, e piuttosti alieni a sottigliezze o sfumature, così che la sua tromba si aggiunge spesso alle trame sottostanti come una spessa mano di vernice all’olio. Si sente inoltre qui in modo particolarmente fastidioso un difetto tecnico che in qualche modo gli rendeva difficoltosi gli acuti, al tempo stesso praticamente privandolo del registro grave.

 Arlene, come sentirai subito, è All the Things You Are con le armonie modificate nell’head (non nei successivi chorus).

 Arlene (Charles), da «Vibe-Rant», Savoy/Blue Moon BMCD 1626. Idrees Sulieman, tromba; Teddy Charles, vibrafono; Mal Waldron, piano; Addison Farmer, contrabbasso; Jerry Segal, batteria. Registrato il primo aprile 1957.



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sabato 25 agosto 2012

Lazy Susan (Miles Davis)

 La Susanna del titolo sarà forse stata anche una ragazza infingarda, ma nel linguaggio di tutti giorni lazy Susan è quel vassoio o piatto di portata girevole che talvolta si trova al centro della tavola da pranzo, soprattutto nei ristoranti cinesi.

 La sezione ritmica di questa seduta di Miles del 1954, invece, è la perfezione.

 Lazy Susan (Davis), da «Miles Davis Vol. 1», Blue Note 7243 5 32610 2 3. Miles Davis, tromba; Horace Silver, piano; Percy Heath, contrabbasso; Art Blakey, batteria. Registrato il 6 marzo 1954.



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venerdì 24 agosto 2012

I Found a New Baby (Charlie Rouse & Stan Tracey)

 C’è Charlie Rouse nell’estrema e feconda parte di una carriera che avrebbe dovuto essere più lunga, e questo già ti dovrebbe bastare; invece non basta, perché al piano c’è Stan Tracey, figura monumentale del jazz inglese ed europeo (per Sonny Rollins, uno dei più grandi pianisti con cui avesse mai suonato) e con lui l’antico sodale Art Themen, anche lui al tenore. Rouse e Themen sono così diversi che non servirà che ti dica io chi suona prima e chi dopo; chiaramente si divertono un mondo e mi sono divertito molto anch’io a sentirli. Themen è un’iradiddio, un saxofonista caotico ma spettacolare. Tracey è come sempre his own man e uno dei pochi monkiani veri, ed è un accompagnatore grandioso.

 (Nota di colore: Art Themen appartiene alla non sparutissima categoria dei jazzmen che hanno svolto la carriera musicale in condominio con quella medica. Sono sicuro che me ne sfugga qualcuno, ma al momento ricordo Eddie Henderson e Danny Zeitlin, psichiatri tutti e due – Themen è ortopedico).

 (Seconda nota di colore: il disco fu inciso a Londra quel 16 ottobre 1987 in cui tutta l’Inghilterra meridionale fu investita dal più spaventoso uragano a memoria d’uomo, raccontato indimenticabilmente anche da W. G. Sebald nel penultimo capitolo di Gli anelli di Saturno).

 I Found a New Baby (Palmer-Williams), da «Playin’ in the Courtyard. Charlie Rouse with the Stan Tracey Quartet», Steam SJ 116. Charlie Rouse e Art Themen, sax tenore; Stan Tracey, piano; Dave Green, contrabbasso; Clark Tracey, batteria. Registrato il 16 ottobre 1987.



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giovedì 23 agosto 2012

On the Nile (Charles Tolliver)

 Questa esecuzione di Charles Tolliver ha due caratteristiche che abbastanza raramente si trovano insieme: è completamente del suo tempo (1969), e non è invecchiata. Buona parte del merito è naturalmente di Stanley Cowell e degli altri.

 (Tolliver aveva inciso On the Nile quattro anni prima in «Jacknife», disco a nome di Jackie McLean).

 On the Nile (Tolliver), da «The Ringer», Arista Freedom/Black Lion BLCD 760174. Charles Tolliver, tromba; Stanley Cowell, piano; Steve Novosel, contrabbasso; Jimmy Hopps, batteria. Registrato il 2 giugno 1969.



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mercoledì 22 agosto 2012

A Night in Tunisia (Lee Morgan)

 Una bellissima versione di A Night in Tunisia da uno dei dischi non più noti di Lee Morgan, che lo incise a diciannove anni.

 I cinque delibano con gusto la composizione di Gillespie, quasi sempre (anche dal suo autore) ridotta a insipido preliminare all’orgasmo dell’assolo, esplorando le potenzialità ritmiche che suggerisce. Bobby Timmons, in accompagnamento, sembra che non faccia niente e invece butta carbone nella caldaia; Morgan e Adams sono affilati come lame e traggono il massimo profitto dalla front line abbastanza insolita di tromba e baritono; quanto a Philly Joe Jones, credo proprio che prima che i miei capelli siano divenuti tutti bianchi sarò venuto dell’opinione di molti batteristi con cui ho parlato, cioè che il più grande batterista del jazz sia stato lui.

 A Night in Tunisia (Gillespie-Paparelli), da «The Cooker», Blue Note BLP 1578. Lee Morgan, tromba; Pepper Adams, sax baritono; Bobby Timmons, piano; Paul Chambers, contrabbasso; Philly Joe Jones, batteria. Registrato il 29 settembre 1957.



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martedì 21 agosto 2012

Deep River (Arnett Cobb)

 Arnett Cobb (1918-1989), «the wild man of the tenor sax», ha rappresentato il Texas tenor al suo massimo di sudata intensità. Qui aveva già una certa età e da molti anni non godeva più di buona salute (non ne godette mai, anzi: in questo fu sfortunatissimo fin da bambino), ma se non altro la sua sonorità non aveva perso il lustro del tradizionale grease sudista, qui con l’unzione supplementare di un tocco spiritual.

 Deep River (Trad.), da «Keep On Pushin’», BeeHive BH 7017. Arnett Cobb, sax tenore; George Duvivier, contrabbasso. Registrato il 27 giugno 1984.



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lunedì 20 agosto 2012

Aim (Jimmy Woods)

Lascio ancora per due o tre giorni la redazione di Jnp ma la pubblicazione delle musiche continuerà quotidiana. Agli eventuali commenti risponderò al mio ritorno. Ciao. 

Di Jimmy Woods ti ho parlato con tutto il mio entusiasmo poche settimane fa, presentandotelo prima come comprimario di Joe Gordon e poi nel primo disco a suo nome.

 Devo dire che il suo secondo e ultimo disco, «Conflict», non mi sembra manterere in pieno quelle promesse, e ciò a dispetto di un line-up che parla da solo. Il fatto è che il disco si compone tutto di composizioni di Woods e a me non pare che quel talento sia in lui pari a quello del saxofonista.

 Chiarisco: si tratta di pezzi gradevoli, marcati da un senso spiccato della melodia e del blues, con una preferenza per i tempi di 3/4 o di 6/8, ma che in un disco uscito nel 1963 suonano vieux jeu se non proprio risaputi: mi hanno un po’ ricordato le composizioni e gli arrangiamenti che quasi dieci anni prima Richie Powell scriveva per il quintetto di Max Roach e Clifford Brown (anche lì c’era Harold Land, fra l’altro). Questo risalta vieppiù accanto allo stile strumentale non certo arcaico del leader, di Elvin Jones e soprattutto di Andrew Hill, nel 1963 ancora una figura relativamente nuova. Qui, pur sembrando quasi un pesce fuor d’acqua, Hill fornisce alcuni spunti d’interesse, principalmente nei suoi accompagnamenti volutamente sommarî e non interattivi, mentre in assolo è possibile notare nel suo pianismo l’eco inattesa di Lennie Tristano.
 Direi che Woods e Hill risultino un po’ staccati dal resto della front line (Carmell Jones e Land sembrano per tutta la seduta più a loro agio del leader stesso) ed eccentrici rispetto alle composizioni, in particolare quando – questo tratto stilistico li unisce – fraseggiano in periodi irregolari, che non cominciano e non finiscono dove si penserebbe e che, sommati alla poliritmìa di un Elvin Jones con le redini sul collo, rischierebbero di mandare l’esecuzione a carte quarantotto se non ci fosse George Tucker a tenerla insieme (è solo un’impressione, s’intende).

 Insomma, ritengo che nel complesso il disco patisca alcuni problemi caratteriali di Jimmy Woods, che come sappiamo si ritirò prestissimo dalla musica, problemi che le note di copertina mettono in chiaro: a petto di una grande consapevolezza culturale e capacità analitica, una scarsa sicurezza nei propri mezzi (vorrà dire qualcosa che due alternate take presenti nella riedizione in CD portino i numeri 43 e 39) e una certa ambivalenza verso i materiali della musica, rappresentata dalla scissione fra il saxofonista e il compositore e perfino dai titoli antinomici di molti pezzi del disco (Conflict, Apart Together, Pazmuerte).

 Aim (Woods), da «Conflict», (Contemporary) OJCC-1954-2. Carmell Jones, tromba; Jimmy Woods, sax alto; Harold Land, sax tenore; Andrew Hill, piano; George Tucker, contrabbasso; Elvin Jones, batteria. Registrato nel marzo 1963.



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domenica 19 agosto 2012

Wow - Hugo’s Head (Lee Konitz)

 I dischi che Lee Konitz ha fatto fra gli anni Sessanta e Settanta e anche a Settanta inoltrati (penso a «Satori») sono molto belli perché ben calibrati nella scelta del repertorio e dei musicisti. Qui per esempio (era il 1971) Lee ha dato l’occasione di farsi ascoltare all’elusivo pianista newyorkese Sal Mosca, fuggevolmente apparso su Jnp, una figura di culto fra i tristaniani e un pianista che, non impastoiato da un’aderenza addirittura proverbiale ai dettami di Lennie Tristano, riesce ad affermare la sua personalità. 

 Wow, naturalmente, è ripreso da una delle sedute tristaniane del 1949 con Konitz e Marsh.

 Wow (Tristano), da «Spirits», Milestone 00025218702423. Lee Konitz, sax alto; Sal Mosca, piano. Registrato nel febbraio 1971.



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Hugo’s Head, ib. Konitz; Ron Carter, contrabbasso; Mousey Alexander, batteria.



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sabato 18 agosto 2012

That Old Black Magic (Bobby Hackett)

Bobby Hackett with strings, curiosamente in compagnia tristaniana. 

 That Old Black Magic (Arlen-Mercer), da «Bobby Hackett Chronological Classics 1948-1954», Classics 1403. Bobby Hackett, cornetta; Lou Stein, piano; Billy Bauer, chitarra; Arnold Fishkin, contrabbasso; Denzil Best, batteria; quattro viole e violoncello. Registrato l’11 maggio 1953.



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Rufus (Ron Carter)

 Era in ben altro affaccendato il Rufus di Ron Carter, 1973, rispetto a quello di Shepp.

 Come spesso nella musica a nome di questo grande contrabbassista, prevale la ricerca della gradevolezza, non a scapito di una musicalità raffinata – un carattere, questo, che in quegli anni e soprattutto sotto l’etichetta CTI di Creed Taylor non poteva darsi per scontato.

 Rufus (Carter), da «All Blues», CTI 6037. Joe Henderson, sax tenore; Roland Hanna, piano; Ron Carter, contrabbasso; Billy Cobham, batteria. Registrato il 24 ottobre 1973.



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venerdì 17 agosto 2012

Rufus (swung his face at last to the wind, then his neck snapped) (Archie Shepp)

 Indimenticabile il titolo, che in poche parole dice tutta una storia e il clima di quegli anni in America; e indimenticabile la musica, naturalmente, eseguita un giorno d’estate del 1965 al festival di Newport. 

 Rufus (swung his face at last to the wind, then his neck snapped) (Shepp), da «New Thing at Newport», Impulse!  0602517920392. Archie Shepp, sax tenore; Bobby Hutcherson, vibrafono; Barre Phillips, contrabbasso; Joe Chambers, batteria. Registrato il 2 luglio 1965.



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How I Got Over (Fontella Bass & David Murray)

 Allelujah! Fontella Bass conobbe brevemente il successo nel rhythm and blues negli anni Sessanta, poi trovò redenzione e una nuova carriera nel gospel (sua madre era stata uno dei famosi Gospel Singers di Clara Ward). Per qualche anno fu sposata con Lester Bowie e si esibì con L’Art Ensemble of Chicago negli anni Settanta. Questo bel disco è a nome di David Murray.

 How I Got Over (Pearson-Ward), da «Speaking in Tongues», Justin Time JUST 118-2. Fontella Bass con Hugh Ragin, tromba; David Murray, sax tenore; Jimane Nelson, organo; Stanley Franks, chitarra; Clarence «Pookie» Jenkins, basso elettrico; Ranzell Merritt, batteria; Leopoldo E. Flemming, percussioni. Registrato il 5 dicembre 1997.



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giovedì 16 agosto 2012

Cat’s Cradle Conference Rag (Jaki Byard)

 Do per una volta ragione incondizionatamente alla Penguin’s, per cui questo disco  del 1968 di Jaki Byard (te ne ho già propinato un pezzo senza nessun successo, anzi) «non assomiglia a niente che abbiate mai ascoltato».

 Di quanto sia insolita la formazione, ho detto. Ma è la musica che lascia di stucco.

 Byard rende avvincente perfino il violino del vecchio e glorioso Ray Nance, di norma inascoltabile al di fuori del suo habitat ellingtoniano, associandolo al petulante violoncello pizzicato di Ron Carter, che regolarmente cala nell’intonazione, e alla ortodossa chitarra bop di George Benson. In questo pezzo dal titolo assurdo (cat’s cradle è un gioco infantile, non c'è traccia di rag e non ho idea a che conference si alluda), Byard sovrappone Take the A Train, nella cui versione originale Nance eseguiva il famoso assolo di tromba, a Jersey Bounce, che ha le stesse armonie, si produce in un ruspante assolo di vibrafono poi lascia in assolo i tre pizzicanti con esito sonicamente inaudito, infine alterna un suo assolo pianistico (in cui si sovrappone anche) a momenti di musique concrète.

 Una musica  psichedelica, liberissima, byardiana dalla prima all’ultima nota e godibile come poche altre dell’epoca.

 Cat’s Cradle Conference Rag (Byard), da «Jaki Byard With Strings!», Prestige PRCD-24246-2. Ray Nance, violino; Jaki Byard, piano & vibrafono; George Benson, chitarra; Ron Carter, violoncello; Richard Davis, contrabbasso; Alan Dawson, batteria. Registrato il 2 aprile 1968.



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mercoledì 15 agosto 2012

Brass Rings (Herbie Nichols)

 Herbie Nichols era newyorkese purosangue ma i suoi genitori, come tanti altri sudditi britannici delle cosiddette Indie Occidentali, erano arrivati in America intorno agli anni della Prima guerra mondiale.

 Nichols fu sempre consapevole di questa particolare eredità, che condivideva con altri musicisti della sua generazione. In Brass Rings, dal primo dei suoi due Blue Note (1955), si cimenta con un ritmo caraibico con l’essenziale contributo di Art Blakey. Nichols amava la batteria, che considerava lo strumento più caratteristico e direttamente africano del jazz e per la quale scriveva le parti per esteso, e amava in particolare Art Blakey.

 Brass Rings (Nichols), da «The Complete Blue Note Recordings», Blue Note 8 59355 2. Herbie Nichols, piano; Al McKibbon, contrabbasso; Art Blakey, batteria. Registrato il 6 maggio 1955.



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martedì 14 agosto 2012

So What (Miles Davis)

 Nei due anni da «Kind of Blue» ecco come era evoluta la concezione davisiana di So What, il più famoso incipit di un disco di jazz. Il tempo è di parecchio più mosso e manca la stupefatta introduzione (opera di Gil Evans, che poi la orchestrò per il famoso concerto della Carnegie Hall); al posto di Coltrane e Bill Evans troviamo Hank Mobley e Wynton Kelly, e non c’è Cannonball Adderley.

 Nelle esecuzioni dei quintetti successivi di Davis, il tempo sarebbe diventato progressivamente più veloce.

 So What (Davis), da «In Person: Saturday Night at the Blackhawk, San Francisco, Volume 2», Columbia CK 44425. Miles Davis, tromba; Hank Mobley, sax tenore; Wynton Kelly, piano; Paul Chambers, contrabbasso; Jimmy Cobb, batteria. Registrato il 22 aprile 1961.



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lunedì 13 agosto 2012

Giant Steps (One For All)

 Ovvìa, ecco del neo hard-bop dall’inizio del decennio scorso, così impeccabile da parere, a momenti, finto. Questo sestetto One For All gode della sponsorship di Cedar Walton, la cui marca stilistica – un hard bop oliato, filante, veloce, esemplato sull’edizione dei Jazz Messengers che lo ebbe direttore musicale – è ben evidente.

 Giant Steps è arrangiato da Eric Alexander, sax tenore che in questo specifico ambito, piuttosto conservativo, ha fama di avere pochi rivali.

 Giant Steps (Coltrane), da «Blueslike», Criss Cross CRISS 1256 CD. One For All: Jim Rotondi, flicorno; Steve Davis, trombone; Eric Alexander, sax tenore; David Hazeltine, piano; Peter Washington, contrabbasso; Joe Farnsworth, batteria. Registrato il 14 dicembre 2003.



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domenica 12 agosto 2012

All Alone - Dear Bix (Richie Kamuca)

 All Alone (Irving Berlin), da «Drop Me Off In Harlem», Concord CJ-39. Richie Kamuca, sax tenore; Dave Frishberg, piano. Registrato nel 1977.



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 Dear Bix (Frishberg), ib. Kamuca, sax tenore e canto; Herb Ellis, chitarra; Ray Brown, contrabbasso.



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sabato 11 agosto 2012

I Knew Prez (Ray Crawford)

 Ray Crawford (1924-1997), il chitarrista che contribuì molto a rendere inconfondibile il suono del più classico trio di Ahmad Jamal e che in seguito lavorò, fra gli altri, con Gil Evans e Jimmy Smith, qui nel 1961 è in uno dei pochi dischi a proprio nome.

 Crawford, che ebbe una carriera di saxofonista troncata in gioventù dalla tisi, è brillante ed estroso come sempre e nel disco esprime anche le sue doti di compositore (i cinque pezzi sono tutti dei blues o imbevuti di blues) e di arrangiatore. La formazione comprende tutti cannoni ma mi fa un piacere particolare ritrovarvi Frankie Dunlop, batterista di Monk fra il 1960 e il ’64, uno dei migliori.

 I Knew Prez (Crawford), da «Smooth Groove», Candid CCD 79028. Johnny Coles, tromba; Cecil Payne, sax baritono; Ray Crawford, chitarra; Junior Mance, piano; Ben Tucker, contrabbasso; Frankie Dunlop, batteria. Registrato nel febbraio 1961.



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venerdì 10 agosto 2012

[Guest Post #21] Sergio Pasquandrea & Django Reinhardt

 Il vero nordico che sono, io patisco il caldo, ma so tuttavia apprezzare i pochi distillati piaceri della mezza estate, lieto oggi di dividere con te un raro guest post di Sergio Pasquandrea, quel puntuto scrittore, che è andato a tirar fuori un Django Reinhardt bopper, elettrificato. Da parte mia, osservo che Django è sempre stato così avanti, armonicamente soprattutto, che il vocabolario bop pare scorrergli sotto le dita senza nessuno sforzo apparente, ciò che non direi dei suoi compagni nell’occasione, che del bebop sembrano un po’ la caricatura.

 Django chi? Ah sì, quello del jazz manouche, le due chitarre all’unisono sui quattro quarti, i virtuosismi con due sole dita, e al di sopra di tutto il violino di Stéphane Grappelli che disegna trine e ricami. Puro swing anni Trenta, no?
 Sì, sì, okay. Però ora ascoltate questa roba, poi ne riparliamo.

 (E, già che ci siamo, Django morì il 16 maggio 1953, per un’emorragia cerebrale. Già da qualche tempo soffriva di forti cefalee e difficoltà nei movimenti, ma non aveva mai voluto farsi visitare perché era terrorizzato dai medici. Aveva appena compiuto quarantadue anni e tutti lo consideravano ormai un musicista sorpassato.)

 Improptu (Reinhardt), da «The Electric Years», Avid AMSC 920. Django Reinhardt, chitarra elettrica; Bernard Hullin, tromba; Hubert Fol, sax alto; Raymond Fol, piano; Pierre Michelot, contrabbasso; Pierre Lemarchand, batteria. Registrato a Parigi il 10 febbraio 1951.



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 Flèche d’or (Reinhardt), ib. Django Reinhardt, chitarra elettrica; Roger Guerin, tromba; Hubert Fol, sax alto; Raymond Fol, piano; Barney Spieler, contrabbasso; Pierre Lemarchand, batteria. Registrato a Parigi il 30 gennaio 1952.



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Nuits de Saint-Germain-des-Prés (Reinhardt), id.



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giovedì 9 agosto 2012

Mean, Angry, Nasty and Lowdown (Shirley Scott)

 È così che mi sento io, e mica solo oggi, sempre, anche se la mia prosa tende a dissimularlo  in una specie di rondismo ben fuori tempo massimo. Turrentine e Scott almeno riescono ad esprimermi in modo piacevole e anche ballabile, chi lo volesse.

 Mean, Angry, Nasty and Lowdown (Scott), da «The Great Live Sessions», Impulse!  IA 9341-2/Vintage Pressing 1978. Stanley Turrentine, sax tenore; Shirley Scott, organo; Bob Cranshaw, contrabbasso; Otis «Candy» Finch, batteria. Registrato il 23 settembre o il 5 dicembre 1964.



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mercoledì 8 agosto 2012

Tapestry In Sound (Jimmy Garrison)

 Questo assolo di Jimmy Garrison, caratteristicamente eloquente nella sua semplicità, viene da un’esibizione a Seattle del quartetto storico di John Coltrane nella sua ultima fase e nell’occasione rinforzato da Pharoah Sanders e da Donald Garrett. 

 Tapestry In Sound (Garrison), da «Live In Seattle», Impulse! GRP 21642. Jimmy Garrison, contrabbasso. Registrato il 30 settembre 1965.



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martedì 7 agosto 2012

Our Love Is Here To Stay (Lester Young)

 «Ci sono momenti in quest’album – scriveva Jack Fuller nelle note di copertina originali di «Going for Myself» – in cui Lester è l'impeccabile Presidente il cui genio creativo ha illuminato la strada a tutta una generazione di saxofonisti. Ci sono altri momenti in cui non non lo è». Non c’era molto altro da dire e non si sarebbe potuto dirlo diversamente.

 In Our Love Is Here To Stay Lester comincia esitando: sulle prime note, il poco fiato non basta nemmeno a impegnare l’ancia e quel soffio è un suono che stringe il cuore. Poi un poco si rinfranca.

 Alla fine ci resta il senso di aver ascoltato, in un modo o in un altro, qualcosa di inconfondibilmente lesteriano.

 Our Love Is Here To Stay (G. & I. Gershwin), da «Going for Myself», [Verve] Poll Winners Records 27294. Harry «Sweets» Edison, tromba; Lester Young, sax tenore; Oscar Peterson, piano; Herb Ellis, chitarra; Ray Brown, contrabbasso; Louie Bellson, batteria. Registrato il 31 luglio 1957.



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lunedì 6 agosto 2012

Can Your Glue Do This? (Andy LaVerne)

 Questa formazione è davvero particolare, con il pianoforte e l’Hammond insieme. Andy LaVerne è un mainstreamer di lunghissima esperienza e un insegnante molto reputato, a sua volta allievo diretto di Bill Evans; Versace è un organista di buon nome e di buon gusto, cosa rara.

 Il trio funziona come deve grazie  alle composizioni di LaVerne, tutte orecchiabili e on the light side, e alla relativa levità di Versace, che naturalmente provvede anche i bassi. Insomma, direi che va bene per una prima mattina di un lunedì agostano.

 Can Your Glue Do This? (LaVerne), da «Intelligent Design», SteepleChase SCCD 31618. Andy LaVerne, piano; Gary Versace, organo; Danny Gottlieb, batteria. Registrato nel gennaio 2006.



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domenica 5 agosto 2012

What’s Your Story, Morning Glory (Jimmie Lunceford)

 «Williams», terzo fra gli autori, è Mary Lou. L’arrangiamento è di Billy Moore Jr. 

 What’s Your Story, Morning Glory (Webster-Lawrence-Williams), da «Lunceford Special», Columbia/Legacy 503283 2. Eddie Tompkins, Sy Oliver, Paul Webster, tromba; Elmer Crumbley, Russell Bowles, Trummy Young, trombone; Willie Smith, clarinetto; Ted Buckner, Dan Grissom, sax alto; Joe Thomas, sax tenore; Earl Carruthers, sax baritono; Ed Wilcox, piano; Al Norris, chitarra; Moses Allen, contrabbasso; Jimmy Crawford, batteria. Registrato il 28 febbraio 1940.



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sabato 4 agosto 2012

Winter Is Here (Joanne Brackeen)

 Non serve il titolo per capire che Winter Is Here è Spring Is Here di Richard Rodgers appena travisata. Joanne Brackeen, una pianista con la distinzione di essere stata l’unica Jazz Messenger donna (1970-72), la esegue in una formazione tipica del jazz di mezzo (Nat King Cole, Art Tatum, i primi trii di Oscar Peterson) con due partner valorosi, particolarmente il fortissimo Clint Houston (1946-2000). 

 Winter Is Here (Kawasaki), da «AFT», Timeless TI 302. Joanne Brackeen, piano; Ryo Kawasaki, chitarra; Clint Houston, contrabbasso. Registrato il 30 dicembre 1977.



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venerdì 3 agosto 2012

Reflections (Sonnny Rolins & Thelonious Monk)

 Uscito fuor dal pelago procelloso delle teorie della ricezione con Sun Ra, faccio vela alla riva sicura dei valori incontrovertibili: Sonny Rollins suona Reflections di Monk (una delle sue composizioni meno eseguite) accompagnato da Monk stesso, nel 1957.

 I due, anzi, i quattro – Blakey è il quintessenziale batterista monkiano – levitano sul tempo tagliato scandito da Paul Chambers come su una nuvola di swing.

 Reflections (Monk), da «Sonny Rollins Vol. 2», Blue Note 7243 4 97809 2 7. Sonny Rollins, sax tenore; Thelonious Monk,  piano; Paul Chambers, contrabbasso; Art Blakey, batteria. Registrato il 14 aprile 1957.



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giovedì 2 agosto 2012

Dreaming (Sun Ra)

 In presenza di Sun Ra l’ascolto analitico va un po’ a farsi benedire; voglio dire che, nelle specifiche condizioni gravitazionali create dalla sua orbita musicale (perbacco, scrivo come Gennaro Fucile), certe cose assumono un peso e un contorno diverso da quelli che avrebbero in un altro contesto.

 Per esempio, questa specie di Latin soul dall’approssimativo arrangiamento vocale doowooppeggiante e dall’accompagnamento alla come viene, una volta saputo che è opera di Sun Ra, puoi leggerlo come qualcos’altro che un pezzo di Sun Ra? Non sarebbe fuori luogo, una considerazione prettamente musicale? Non è l’orizzonte di attesa, in un caso simile, a fare aggio su tutti i meccanismi di giudizio?

 Questo è uno di molti 45 giri registrati (spesso in tirature di soli cinquanta pezzi) da Sun Ra fra il 1954 e il 1982.

 Dreaming (Sun Ra-Orio-Barron), da «The Singles», Evidence ECD 22164-2. Calvin Barron e trio vocale con Sun Ra, piano; Richard Evans, contrabbasso; Robert Barry, batteria; Tito, bongos. Registrato a Chicago nel 1955.



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mercoledì 1 agosto 2012

Old Devil Moon (Chet Baker)

 Dicono che Chet Baker «piaccia un po’ a tutti» e che con il suo canto riesca a rendere accetto il jazz  addirittura alle donne.

 Allora, oggi primo agosto, per non dispiacere a nessuno e a nessuna, ecco Chet Baker in una seduta del 1986, uscita postuma. In questa Old Devil Moon, però, Baker non canta: io, scusami tanto, le voci bianche le reggo poco.

 Old Devil Moon (Lane-Harburg), da «Chet In Chicago», Enja ENJ 9524 2. Chet Baker, tromba; Bradley Young, piano; Larry Gray, contrabbasso; Rusty Jones, batteria. Registrato l’11 maggio 1986.



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