Willem van Manen, trombonista olandese, con Misha Mengelberg e il contrabbassista sudafricano Harry Miller nella ballad di Monk dedicata alla sua grande amica, baronessa de Koenigswarter. Van Manen è bravo ma, come capita a molti anche bravissimi, un po’ pedestre nel trattare Monk (questa è un po’ una mia ossessione); Mengelberg, invece, è uno dei pochi monkiani veri e puri.
Pannonica (Monk), da «Willem van Manen», BvHaast. Willem van Maanen, trombone; Misha Mengelberg, piano; Harry Miller, contrabbasso; Martin van Nuynhoven, batteria. Registrato nel 1979
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6 commenti:
Credo di aver capito che per "trattare Monk" bisognerebbe avere: 1) il suo stesso "orecchio armonico", come lo chiamava Ornette Coleman, o qualcosa che di molto gli si avvicini; 2) la sua capacità di guardare al di là della realtà (o sopra o sotto la realtà), perché anche lui non crede "che la realtà sia quella che si vede"; 3) la sua concezione del "silenzio", che è sacro come la musica perhé è esso stesso musica.
Per quel che conosco (il disco, ad esempio, in cui esegue brani anche di Herbie Nichols), Mingelberg lo può fare. E chi altri?
Mengelberg, ovviamente.
Secondo te qual è una bella interpretazione monkiana in un disco in cui non suoni Monk?
A me piace come Steve Lacy rifà Monk. Del resto, me l'hai insegnato tu.
"Rifà". Che verbo infelice! Ma volevo dire: fa suo.
Oltre al sopracitato Lacy, "Portrait of Thelonoius" di Bud Powell ?
aL
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