mercoledì 30 settembre 2015

I’ll Be A Friend «With Pleasure» (Bix Beiderbecke)

 La composizione e l’arrangiamento di questa canzone ne fanno quasi una parodia della musica da ballo dell’epoca, e soprattutto l’increscioso crooner eunucoide. Ma l’assolo di Bix, qui nell’eccellente compagnia di alcuni colleghi dell’orchestra di Paul Whiteman, è bellissimo: maestoso, pieno di swing e di relax.

 I’ll Be A Friend «With Pleasure» (Pinkard), da «The Chronological Bix Beiderbecke 1927-1930», Classics 788. Bix Beiderbecke And His Orchestra: Bix Beiderbecke, cornetta; Ray Ludwig, tromba; Tommy Dorsey, trombone; Benny Goodman, clarinetto; Jimmy Dorsey, sax alto; Bud Freeman, sax tenore; Min Leibrook, sax basso; Joe Venuti, violino; Irving Brodsky, piano;  Gene Krupa, batteria; canta Weston Vaughan. Registrato l’8 settembre 1930.

martedì 29 settembre 2015

Muffin Man (Leroy Vinnegar)

 Jazz funk ai minimi termini strumentali, diretto ed elegante. Il basso acustico, per quanto amplificato, di Leroy Vinnegar ha qui più peso e presenza di tanti bassi elettrici. Si dà anche l’occasione di ascoltare in assolo questo poderoso bassista, un maestro del walking.

 Una semplice, bellissima istantanea musicale del 1973.

 Muffin Man (Vinnegar), da «Glass of Water», Legend Records LGS-1001. Dwight Dickerson, piano elettrico; Leroy Vinnegar, contrabbasso; Chuck Carter, batteria. Michel Barrere, percussioni. Registrato nel 1973.

domenica 27 settembre 2015

Fou Amour (Ornette Coleman)

 Al jazzomane dabbene e aggiornato sembra non sia concesso avere perplessità su questo disco, come in generale sul «Prime Time» di Ornette Coleman.

 Io, lo sai, non sono né una cosa né l’altra, e qualche perplessità invece ce l’ho (e chi se ne frega). Credo che spesso, con il «Prime Time», Ornette abbia commesso quel peccato che in inglese si dice self-indulgence. In Ornette è perdonabile, perché vi è incorso ben raramente per un artista che ha conosciuto la sua acclamazione critica.

 Fou Amour (Coleman), da «Body Meta», Artists House. Ornette Coleman, sax alto; Charlie Ellerbie, Bernie Nix, chitarra; Jamaladeen Tacuma, basso elettrico; Ronald Shannon Jackson, batteria. Registrato il 19 dicembre 1976.

sabato 26 settembre 2015

Take The “A” Train – Land’s End (Clifford Brown & Max Roach)

 Credo si debba all’indole insolitamente estroversa e apollinea di Clifford Brown, associata a quella metodica, raziocinante di Max Roach, se i pezzi incisi dal quintetto Roach-Brown esorbitano lievemente dalla temperie hard bop che nel 1955 era già definita.

 Come per le più o meno contemporanee prove di Horace Silver, qui si avverte una dimensione espressiva più distesa, meno urgente e allo stesso tempo più consapevole, nelle esecuzioni e soprattutto nella scelta di repertorio (non pochi standard, Take the “A” Train, Stompin’ At The Savoy, Sweet Georgia Brown, Cherokee) e negli arrangiamenti, a tratti perfino curiosamente leziosi o arcaizzanti: vedi in Train l’effetto «treno» in apertura e chiusura.

 In queste due esecuzioni molto note figurano magnificamente anche Harold Land, autore di Land’s End dal melodiosissimo e disallineato bridge, e soprattutto Richie Powell.

 Take The “A” Train (Strayhorn), da «Clifford Brown - The Quintet», EmArcy EMS-2-403. Clifford Brown, tromba; Harold Land, sax tenore; Richie Powell, piano; George Morrow, contrabbasso; Max Roach, batteria. Registrato il 23 febbraio 1955.

 Land’s End (Land), id.

venerdì 25 settembre 2015

Torrid Zone (Ian Carr & Nucleus)

 Crepuscolo mattinale della fusion e primo disco del complesso inglese Nucleus, brainchild di quel notevole musicista e scrittore di musica che è stato Ian Carr (1933-2009) del quale qui si è già parlato autorevolmente, anche se forse non abbastanza.

 Con gli anni io sono diventato meno sollecito delle etichette e forse anche dei generi – che non sono la stessa cosa, però – e qui sento del jazz eccellente, concepito e suonato da personaggi di alta levatura. Gli inglesi in questione non potevano conoscere «Bitches Brew» di Miles Davis che ancora non era uscito, e nemmeno un disco come «Red Clay» di Freddie Hubbard che veniva registrato proprio nei medesimi giorni del 1970 e che, pare a me, presenta con «Elastic Rock» alcune somiglianze. Che certe cose siano nell’aria in certi momenti è un luogo comune, ma spesso vero.

 In «Red Clay», che compariva su Jazz nel pomeriggio prima del disatro che la scorsa primavera l’ha privato della voce, il pianista era Herbie Hancock e non c’è dubbio che l’influsso della sua musica sia stato molto forte su Ian Carr come del resto su tutto il movimento fusion: è ovvio come questa Torrid Zone sia esemplata direttamente su Maiden Voyage (1965), di cui ripete il pattern ritmico, il profilo melodico, l’uso degli accordi «suspended» e del piano elettrico e perfino la tonalità.

 Torrid Zone (Jenkins), da «Elastic Rock», [Vertigo] Universal Records. Ian Carr, tromba; Brian Smith, sax tenore; Karl Jenkins, piano elettrico; Chris Spedding, chitarra; Jeff Clyne, basso elettrico; John Marshall, batteria. Registrato nel gennaio 1970.

mercoledì 23 settembre 2015

Indent: Second Layer, Part One (Cecil Taylor)

 La musica per pianoforte solo di Cecil Taylor di quel periodo (primi anni Settanta), come già sentita anche qui in passato, soprattutto nel disco dal vivo a Montreux «Silent Tongues» del 1974, era difficile o meglio impegnativa, ma era anche incredibilmente espressiva ed estroversa.

 Anche questo disco fu ripreso dal vivo, all’Antioch College di Yellow Springs, Ohio.

 Indent: Second Layer, Part One (Taylor), da «Indent», [Black Lion] da music CD877676-2. Cecil Taylor, piano. Registrato l’11 marzo 1973.

martedì 22 settembre 2015

Flamingo (Shirley Scott & Stanley Turrentine)

 Così come per stanare il coniglio si fa il verso della carota, così io, per evocare dalla remota Pordenone Valentina, una dei lettori, ascoltatori, collaboratori storici di Jnp di cui ho quasi perso le tracce, pubblico una versione di Flamingo, richiamo per lei irresistibile.

 Flamingo (Anderson-Grouya), da «Blue Flames», Prestige PR 7338. Stanley Turrentine, sax tenore; Shirley Scott, organo; Bob Cranshaw, contrabbasso; Otis Finch, batteria. Registrato il 31 marzo 1964.

lunedì 21 settembre 2015

Crazy Rhythm – Willow Weep For Me (Bud Powell)

 Primo giorno d’autunno: benvenuto, autunno. Qui a Milano, come immagino altrove, ci godiamo ancora una tarda estate, anzi, la parte più beata dell’estate, almeno per chi può frequentare se non altro un bel parco. Ma astronomicamente è autunno, ed è il piano sempre febbrile di Bud Powell a segnalare il ritorno della vita su ritmi più urgenti.

 Crazy Rhythm (Meyer-Kahn-Caesar), da «Piano Interpretations By Bud Powell», [Norgran] POCJ-2743. Bud Powell, piano; George Duvivier, contrabbasso; Art Taylor, batteria. Registrato nell’aprile 1955.

 Willow Weep For Me (Ronnell), id.

domenica 20 settembre 2015

Ode To A Green Frisbee – Ow-wah-blues – Sharing (Giorgio Gaslini & Roswell Rudd)

 Roswell Rudd l’abbiamo sentito spesso qui sopra, Giorgio Gaslini no, e l’avverto come colpa, perché è stato un grande musicista e una figura importante e unica del jazz europeo.

 Proponendomi di ricuperare, eccoli tutti e due in un duetto bellissimo dagli anni Settanta, un ascolto promessoti un po’ di tempo fa. Due  composizioni di Rudd, una che è un dinamico tripudio di armonie quartali, e l’altra un blues dalla sonorità ellingtoniana, in cui Rudd sovrappone tre voci di trombone; e un assolo «tristaniano» di Gaslini in cui, sulla base di una scala a toni interi, si sovrappongono tre parti di pianoforte, una delle quali accelerata.

 Ode To A Green Frisbee (Rudd), da «Sharing», Dischi della Quercia Q 28007. Roswell Rudd, trombone; Giorgio Gaslini, piano. Registrato il 20 luglio 1978.

 Ow-wah-blues (Rudd), id.

 Sharing (Gaslini), ib., Gaslini solo.

sabato 19 settembre 2015

Stella By Starlight – Space Reflex – Maid Of The Moon (Dick Hyman)

 Questo disco del 1963 non lo trovi ricordato nelle storie del jazz, benché sia opera di un jazzista insigne, Dick Hyman, ma in quelle del lounge, space age pop, incredibly strange music, insomma ci siamo intesi: Google te ne dirà anche più di quanto tu possa desiderarne.

 Con la sostanziale collaborazione di Mary Mayo, una cantante oggi dimenticata, Hyman produce un disco di musica elettronica live, cioè suonata tutta in diretta, senza l’elaborazione di nastri come nella coeva musique concrète. Al di là della curiosità novelty che lo data ineluttabilmente, il disco è disseminato di buone idee musicali ed aggiunge qualche suggestione all’ascolto pensare che l’anno e in fondo l’ispirazione «spaziale» siano gli stessi, benché espressi meno ingenuamente, di un successo pop come Telstar di Joe Meek. Leonard Feather nelle note al disco rivendica a Space Reflex, di cui è coautore, il primato nell’uso jazzistico del 5/4, ma il pezzo più suggestivo è Maid Of The Moon, memore delle collaborazioni di Kay Davis con Duke Ellington.

 Grazie a Gennaro Fucile per la preziosa segnalazione.

 Stella By Starlight (Young), da «Moon Gas», MGM. Mary Mayo con Dick Hyman, organo Lowrey; Nick Tagg, organo Hammond, Lowrey, piano; Vinnie Bell, chitarra elettrica modificata; Joe Benjamin, contrabbasso; Bobby Rosengarden, batteria, oscillatore. Registrato nel 1963.

 Space Reflex (Feather-Hyman), id.

 Maid Of The Moon (Hyman), id.

venerdì 18 settembre 2015

Lyresto – Why Was I Born? (Kenny Burrell & John Coltrane)

 Nel breve periodo in cui John Coltrane fu un mainstreamer rampante, la Prestige lo associò volentieri a musicisti in quel momento più affermati di lui, come qui Kenny Burrell. Non che Trane suonasse poi in queste occasioni in modo molto diverso da come avrebbe fatto negli anni immediatamente successivi, dopo aver lasciato Miles Davis: per dire, gli sheets of sound ci sono già, anche se meno frequenti ed estesi.

 Lyresto (Burrell), da «Kenny Burrell & John Coltrane», [Prestige] OJCCD-300-2. John Coltrane, sax tenore; Kenny Burrell, chitarra; Tommy Flanagan, piano; Paul Chambers, contrabbasso; Jimmy Cobb, batteria. Registrato il 7 marzo 1958.

 Why Was I Born? (Kern-Hammerstein), ib., Coltrane e Burrell.

giovedì 17 settembre 2015

Lester Left Town (Art Blakey & The Jazz Messengers)

 Questa bellissima composizione di Wayne Shorter per Art Blakey presenta agli improvvisatori una vera sfida nella sezione a contrasto, la cui sequenza armonica, molto shorterianamente, procede ambigua, con sonnambolica sicurezza.

 Lester Left Town
(Shorter), da «The Big Beat», Blue Note CDP 7 46400 2. Lee Morgan, tromba; Wayne Shorter, sax tenore; Bobby Timmons, piano; Jymie Merritt, contrabbasso; Art Blakey, batteria. Registrato il 6 marzo 1960.

mercoledì 16 settembre 2015

Battle Hymn Of The Republican – Wintersong (Gerry Mulligan & Paul Desmond)

 Ci sarà stata della lieve satira da parte di Paul Desmond nel titolare Battle Hymn Of The Republican questa variazione su Tea For Two. Il titolo paròdia il notissimo Battle Hymn Of The Republic (Glory, Glory Halellujah ovvero John Brown’s Body), la più famosa delle canzoni della Guerra civile americana, mentre la canzone di partenza forse vuole richiamare la ribellione del tè di Boston del 1773, certo non il movimento conservatore USA del «Tea Party», che è cosa molto recente, o forse soltanto immagina giocosamente un aderente al Grand Old Party che si accinga alla battaglia, tazza di tè alla mano.

 La sezione ritmica di questo incontro di Gerry Mulligan con Desmond è sommessa in rispetto agli assoli e ai contrappunti dei due fiati ma è di qualità; Dave Bailey non è da confondere con un altro grande batterista, Donald «Duck» Bailey.

 Battle Hymn Of The Republican (Desmond), da «Blues In Time», Verve UDCD 648. Paul Desmond, sax alto; Gerry Mulligan, sax baritono; Joe Benjamin, contrabbasso; Dave Bailey, batteria. Registrato il 27 agosto 1957.

 Wintersong (Desmond), id., Registrato il 2 agosto 1957.

domenica 13 settembre 2015

Like Someone In Love (Roosevelt Wardell)

 Musicisti misteriosi, o quasi: Roosevelt Wardell (1933), un pupillo di Cannonball Adderley.

 Like Someone In Love (Burke-Van Heusen), da «Revelation», Riverside RLP 9350. Roosevelt Wardell, piano; Sam Jones, contrabbasso; Louis Hayes, batteria. Registrato nel 1960.

sabato 12 settembre 2015

Anitra’s Dance – Begin The Beguine (Dizzy Gillespie)

 La Danza di Anitra, dalle musiche di scena scritte da Grieg per il Peer Gynt di Ibsen, è arrangiata da Melba Liston in questo concerto magnifico della big band di Dizzy Gillespie, 1957.

 Il pezzo è piacevole ma non interessante quanto la radicale rielaborazione di Begin The Beguine che segue, risolta in un ossessivo ostinato su un accordo e su ritmica afrocubana, la quale del resto riporta la canzone di Cole Porter precisamente nel suo alveo originario.

 Leggi bene tutta la formazione.

 Anitra’s Dance (Grieg, arr. Liston), da «Live in Stereo At Chester», Jazz Hour 1029. Talib Daawud, Dizzy Gillespie, Lee Morgan, Ermit V. Perry, Carl Warwick, tromba; Ray Connor, Al Grey, Melba Liston, trombone; Ernie Henry, Jimmy Powell, sax alto; Benny Golson, Billy Mitchell, sax tenore; Pee Wee Moore, sax baritono; Wynton Kelly, piano; Tommy Bryant, contrabbasso; Charli Persip, batteria. Registrato il 14 giugno 1957.

 Begin The Beguine (Porter), id.

venerdì 11 settembre 2015

Polka Dots And Moonbeams (Claude Thornhill)

 Zucchero filato musicale, verrebbe da dire, fra la composizione e l’arrangiamento, che comunque è di Gil Evans e si sente.

 Polka Dots And Moonbeams (Van Heuse-Burke), da «Adios», Nostalgia NSTC 06. Eddie Zandy, Louis Mucci, Emil Terry, tromba; Vahey Takvorian, Allan Langstaff, trombone; Walter Welscher, Sandy Siegelstein, corno; Bill Barber, tuba; Danny Polo, clarinetto; Lee Konitz, sax alto; Micky Folus, clarinetto basso, sax tenore; Mario Rollo, sax tenore, clarinetto; Bill Bushey, clarinetto basso; Claude Thornhill, piano; Barry Galbraith, chitarra; Joe Shulman, contrabbasso; Bill Exiner, batteria; Gil Evans, arrangiamento. Registrato il 4 settembre 1947.

giovedì 10 settembre 2015

Ernie’s Uncontrollable Fear (Vinny Golia)

 Vinny Golia è nato nel 1946 a New York, ma è associato alla scena del jazz d’avanguardia di Los Angeles, dov’è attivo da anni. È un musicista di grande capacità e gamma espressiva, sul quale mi piacerebbe tornare, qualche volta.

 Musicista assai ferrato, che ha campato anche scrivendo per la tv, Golia suona con perizia praticamente tutti i legni e scrive per le più varie formazioni.

 Ernie’s Uncontrollable Fear (Golia), da «Puff Of Smoke», Altitude INT 1. Vinny Golia, flauto, clarinetto contralto; Ken Filiano, contrabbasso; Billy Mintz, batteria. Registrato nel settembre 1989.

mercoledì 9 settembre 2015

Blues (George Lewis)

 Il quartetto suona il blues; lo fa a modo suo, ma io non saprei come altro definire il linguaggio di questo pezzo, datone l’impianto latu sensu modale, i profili melodici, la sequenza armonica allusa e a momenti esplicita anche se priva della ricorsività del chorus, la pronuncia ritmica e strumentale così vocalizzata (con l’ovvia, rilevatissima eccezione dei sintetizzatori di Richard Teitelbaum, presenti quasi pietra del paragone), la pulsazione ritmica ondivaga ma costante e, di contro a un’astrattezza apparente, l’espressività franca e terragna. The blues before it happens, forse, sospeso, diffuso e carico di elettricità come una nuvola temporalesca.

 Sei invitato – ma c’è bisogno di dirlo? – a esprimere con uguale apertura e franchezza la tua opinione. A me questo Blues piace molto.

  Il pezzo, registrato in Italia nel 1979, è dedicato da George Lewis a «Muhal» Richard Abrams, pianista, compositore, insegnante e una delle figure più rappresentative dell’associazione AACM di Chicago, di cui Lewis fa parte e della quale ha anche scritto la storia. 


  Cenno autobiografico: George Lewis era, se non nel primo, nel secondo concerto jazz che io abbia mai sentito e visto, del giugno 1977 al teatro Lirico di Milano, lo stesso teatro che oggi, morto da una quindicina d’anni, rassegnato si sbriciola a cento metri da Piazza del Duomo e non tanti di più dalla Scala. Lewis suonava in un quintetto di Anthony Braxton che comprendeva proprio «Muhal» Abrams, nonché Mark Helias al contrabbasso e Charles «Bobo» Shaw alla batteria. Aveva venticinque anni ma sembrava un ragazzo, e a un certo punto si accollò anche un monumentale sousaphone

 Grazie a Inconstant Sol ecco qui un frammento cospicuo di quell’esibizione che nella mia memoria, tieni conto che avevo da poco compiuto tredici anni, ha una dimensione leggendaria e prima di tutto immensamente emotiva, e dico «immensamente» a ragion veduta. Il frammento è stupendo (peccato non contenga un assolo di George Lewis) e fra quegli applausi ci sono i miei.

 Blues (George Lewis), da «Homage To Charles Parker», Black Saint 120 029-2. George Lewis, trombone; Douglas Ewart, clarinetto basso; Anthony Davis, piano; Richard Teitelbaum, Polymoog, Multimoog e Micromoog. Registrato nel 1979.

martedì 8 settembre 2015

The Goat And Ram Jam – Inspiration Of Silence (Horace Tapscott)

 Horace Tapscott. Io non mi vanto mai, a vero dire perché ho poco o niente di cui vantarmi, tu però dimmi: se una volta ogni due o tre anni non mi ricordassi io di Horace Tapscott, chi se ne ricorderebbe, almeno qui dalle nostre parti? Chi?

 The Goat And Ram Jam (Jesse Sharps), da «Aieee! The Phantom», Arabesque AJ0119. Marcus Belgrave, tromba; Abraham Burton, sax alto; Horace Tapscott, piano; Reggie Workman, contrabbasso; Andrew Cyrille, batteria. Registrato nel giugno 1995

 Inspiration Of Silence (Tapscott), id.

domenica 6 settembre 2015

sabato 5 settembre 2015

After JALC – Hi-Fly (Ahmad Jamal)

 Una delle composizioni «sezionali» favorite da Ahmad Jamal negli ultimi vent’anni,  concettosa, un po’ effettistica, ma interessante e come sempre pianisticamente riuscita. A seguire, la classica composizione di Randy Weston con una strana introduzione-interludio a tempo di marcia.

 Si apprezza una volta di più il contrabbassista Cammack, jamaliano di lunghissimo corso.

 After JALC (Jazz At Lincoln Center) (Jamal), da «A Quiet Time», Dreyfus FDM 46050 369452. Ahmad Jamal, piano; James Cammack, contrabbasso; Kenny Washington, batteria; Manolo Badrena, percussioni. Registrato nel luglio 2009.

 Hi-Fly (Weston), id.

giovedì 3 settembre 2015

Chicago Blues (James P. Johnson & Fats Waller)

 Questo pezzo novelty del 1928, inciso da James P. Johnson con, fra gli altri, due membri dell’orchestra di Duke Ellington e il suo pupillo Fats Waller, non è nulla di memorabile, ma ci fa ascoltare Johnson e Waller in ottima forma, che è sempre un bell’ascoltare, Cootie Williams e un topos del jazz classico e dell’immaginario mitologico afroamericano fra Otto e Novecento, il treno, che qui porta in sé di sicuro anche la memoria delle grandi migrazioni interne verso il Nord degli anni Dieci del secolo scorso.

 Tipico di un pezzo così, e già arcaico all’epoca, è l’uso della parola «blues» per una composizione che blues non è, così come certe brusche modulazioni e brevi passaggi a toni interi.

 Chicago Blues (C. Straight), da «Harlem Stride Piano», Hot’n’Sweet 151032. Cootie Williams, Louis Metcalf, tromba; trombone, sax alto, clarinetto, sax tenore non identificati; James P. Johnson, Fats Waller, piano; Joe Watts, contrabbasso; Perry Bradford, voce recitante. Registrato il 18 giugno 1928.

mercoledì 2 settembre 2015

Deixa Pra La – Nao Deixa (Dwike Mitchell & Willie Ruff)

 A intervalli ampi, questo singolare disco accompagna Jazz nel pomeriggio da anni, accolto sempre con piacere.

 Deixa Pra La (Sergio Augusto-Lula Freire), da «A Viagem», Forma 102VDL. Willie Ruff, corno e contrabbasso; Dwike Mitchell, piano; Sergio Augusto, chitarra; Chico Batera, batteria. Registrato nel 1966.

 Nao Deixa (Candinho-Lula Freire), id.

martedì 1 settembre 2015

Sweet And Lovely – Sugar – Time On My Hands (Coleman Hawkins)

 Calava la tela su Coleman Hawkins nel 1966, anno di questa seduta di registrazione, la sua ultima, prodotta da Norman Granz.

 Chi ne ha la triste inclinazione potrà trovare qui i segni di una decadenza che gli standard di oggi direbbero precoce – Hawkins nel 1966 aveva appena sessantadue anni e sarebbe morto tre anni dopo. Io vi sento, a dispetto di tutto, una maestà di suono e un magistero di fraseggio e di condotta musicale che non hanno avuto pari o ne hanno avuti pochissimi, insomma un’autentica sapienza che trascende il controllo tecnico, che comunque qui è largamente intatto: fa’ attenzione alla cadenza finale di Time On My Hands, a ciò che Hawk vi dice, a come lo dice e ancora meglio a ciò che sceglie di lasciare non detto, e capirai quello che intendo. A  quel punto della sua vita e della sua vicenda musicale, Coleman Hawkins semplicemente non poteva suonare una nota sbagliata nell’idioma che aveva in così gran parte contribuito a creare. Piuttosto, come fece, non avrebbe suonato affatto e sarebbe morto poco dopo.

 Nota poi come fino all’ultimo Hawkins, anche dopo aver perso la voglia di vivere, avesse avuto la cura di radunarsi intorno un trio di musicisti eccellenti e appropriati.

 Dedico questo trittico hawkinsiano al veterano dei lettori e contributori di Jazz nel Pomeriggio, il carissimo Paolo il Lancianese, l’uomo che ogni mattina, no matter what, legge per primo le mie parole.

 (E anche quest’anno si è fatto settembre).

 Sweet And Lovely (Arnheim-Tobias-Lemare), da «Sirius», OJC [Pablo] 00025218868129. Coleman Hawkins, sax tenore; Barry Harris, piano; Bob Cranshaw, contrabbasso; Eddie Locke, batteria. Registrato il 20 dicembre 1966.

 Sugar (That Sugar Baby o’Mine) (Pinkard-Mitchell-Alexander), id.

 Time On My Hands (Youmans-Adamson-Gordon), id.