mercoledì 2 giugno 2010

Conversazione - We Will Meet Again (For Harry) (Bill Evans)

  Oggi sentirai per cominciare delle parole, parole di Bill Evans alla giornalista e appassionata norvegese Randi Hultin, pronunciate durante un’intervista del 1970 a Oslo. Bill vi parla della sua amicizia e ammirazione per Hampton Hawes, poi del genere di emozione che la musica può suscitargli: più superficiale ed emotiva (Rachmaninov), o profonda (Beethoven), e fra i jazzisti capaci di provocargli la seconda cita prima di ogni altro Bud Powell, «anche più di Bird e Dizzy». Questo breve estratto d’intervista è contenuto, insieme con molte altre prelibatezze anche musicali, nel CD allegato al libro di Randi Hultin «Born Under the Sign Of Jazz», Sanctuary Publishing, 1998.




A seguire, una composizione di Bill Evans (con il suo penultimo trio, quello con Eddie Gomez al contrabbasso ed Elliot Zigmund alla batteria): We Will Meet Again (For Harry) dedicata al fratello maggiore Harry, che si era da poco tolto la vita e che della difficile esistenza di  Bill, funestata dalla tossicomania, era sempre stato punto di riferimento. Viene da un disco che uscì postumo nel 1981,«You Must Believe In Spring». Disco che, a contraddire il titolo della bella canzone di Michel Legrand che vi è contenuta, è pervaso dall'inizio alla fine da una desolazione e da un senso di morte inquietanti: il brano finale, con acida o disperata, ironia, è il tema di M*A*S*H Suicide Is Painless. Bill Evans sarebbe morto tre anni dopo, appena cinquantenne.


We Will Meet Again (For Harry) (Bill Evans), da «You Must Believe In Spring», Warner 7599-23504-2. Bill Evans, piano; Eddie Gomez, contrabbasso; Elliot Zigmund, batteria. Registrato nell’agosto 1977.


3 commenti:

John Z ha detto...

grazie della segnalazione, lo inserisco da subito tra i preferiti...
giovanni

Anonimo ha detto...

Adoro quel disco!!!! E quel trio è sempre stato incredibilmente sottovalutato, perché la convinzione che tutti i partner venuti dopo Motian e La Faro non fossero all'altezza (in realtà non furono a QUELL'ALTEZZA...) è tenace assai. Ma insomma, De Johnette, Bunker, Morell non è che facessero proprio schifo... Per non parlare dell'ultimo trio, fantastico, con La Barbera e Johnson, quello sì propulsivo come sotto il cielo di Evans non si vedeva dai tempi dei pomeriggi al Vanguard...
Al nostro comune amico Paolino Interdonato, noto balordo, ho parlato spesso e a lungo di Evans (iniziai nelle caserme di Bolzano...), purtroppo con gli stessi risultati riscontrabili quando si discetta di vino. Però non ho perso la speranza ed un anno fa gli ho preso una manciata di dischi del sommo Bill e tra questi, guarda un pò, "I must believe in spring" (nel mazzo c'è anche "Know what i mean?", che è di Cannonball Adderley, ma con tanto tanto Evans dentro...)
M.G.

Marco Bertoli ha detto...

Grazie, MG. Concordo su tutto quanto dici e fra i bassisti evansiani non sottovaluterei Chuck Israel, che si sente al suo meglio in "Moonbeams", che è viceversa uno dei suoi dischi più sereni.

evans è stato anche un grande sideman, non solo nel disco di Cannonball che ricordi e naturalmente con Miles, ma nelle incisioni di George Russell (Concerto for Billy the Kid, di cui parlerò) e anche in East Coasting di Mingus.

Marco