Mi ero convinto che Milano, la soave ballad intitolata da John Lewis alla mia città, venisse dalla colonna sonora che il MJQ fornì a un dimenticato film di Eriprando Visconti, Una storia milanese, del 1962. Scopro per caso che è contenuta invece in «Django», che predata quel film di sei anni, e dunque la dedica della composizione a Milano non è doverosa o meramente occasionale. Credo, ma potrei sbagliarmi e al momento non ho modo di controllare, che quell’anno il MJQ passasse in Italia con il Jazz At The Philarmonic (dove accompagnò anche Lester Young) e quella potrebbe essere stata l’occasione per visitare Milano. Ridotta com’è stata la città negli anni, oggi potrebbe giusto aspirare a una dedica dei Butthole Surfers.
Milano (Lewis), da «Django», Prestige 8110. The Modern Jazz Quartet: Milt Jackson, vibrafono; John Lewis, piano; Percy Heath, contrabbasso; Connie Kay, batteria. Registrato il 23 dicembre 1954.
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3 commenti:
Ridotta com’è stata la mia città (Roma) negli anni, oggi potrebbe giusto anch'essa aspirare a una dedica dei citati Surfers. Magari sul lato B (è il caso di dire) del medesimo disco.
Lewis doveva veramente amare l'Italia, se dedicò un brano anche a Trieste (in "Lonely Woman")! E in "Plastic Dreams" c'è "Piazza Navona"! Per non parlare, ovviamente, di Venezia senza sole. Omaggi che per numero forse superano quelli tributati alla Francia.
È vero, anche Roma è stata conciata male (e, proprio come Milano, voglio precisarlo, dalle amministrazioni, certo, ma col volonteroso concorso dei cittadini), ma la bellezza di Roma è ben più robusta di quella di Milano. Milano aveva, e in certi posti e momenti ha ancora, una sua bellezza fragile, che non è quella di Roma o Parigi o Venezia, e che è costato tanto poco mandare all'aria.
Comunque non è John Lewis il solo jazzista illustre ad aver intitolato una composizione a Milano: Bobby Watson ha scritto Appointment in Milano e Kenny Drew Cathedral in Milano - sì, el Domm!
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