permettimi una nota personale, per questa volta e basta. Ieri è morto un mio vecchio amico. Vecchio, aveva 80 anni ed era malandato. Ma l'avevo visto per tutta la mia vita, lo identificavo con il luogo dove ho trascorso gran parte della mia infanzia, parlava e scriveva nel dialetto che ho sentito fin dal piccolo e che oggi non parla più quasi nessuno. Gli avevo parlato giusto un anno fa, quando mi aveva chiesto di prefare un suo libro di versi. I racconti della vita di tanti anni fa che gli sentivo fare insieme con mio padre, che avevo sentito tante volte, a volte erano un po’ momotoni ma rassicuranti anche quando parlavano di guerra, erano la certezza che il mondo non fosse stato sempre com’è ma soprattutto che ci fosse stato davvero un mondo diverso e che qualcuno se lo ricordasse bene. Queste persone muoiono, quel mondo diventa un ricordo di seconda mano, vago e irreale (come questo, del resto) e noi ci troviamo spinti inesorabilmente in prima linea contro il buio che ieri lui ha attravrsato.
E ho appreso questa notizia cinque minuti dopo l'altra, diversa, che la mia moglie di long ago and far away si è risposata il mese scorso, senza chi io nemmeno lo sapessi, in un Paese tanto lontano da qui.
Dicono gli ultimi versi della canzone Old Folks, qui eseguita da Charlie Parker:
Some day will be no more Old Folks
What a Lonely old world this will be
Children's voices at play will be still fondin
the day they take old folks away
Farewell, N.
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