mercoledì 4 luglio 2012

Goin’ Home (Ike Quebec)

 Faccio contento il mio amico M.G., soprattutto in previsione dell’attesa ospitalità ligure, e posto qualcosa da questo disco da lui molto ammirato di un saxofonista che piace anche a me, Ike Quebec.

 Nota come la formazione comprenda ben tre i quali, meno di due mesi dopo, saranno negli stessi studi di Van Gelder per la Blue Note a registrare il qui apprezzatissimo «Bossa Nova Bacchanal». A rischio di compromettere future mescite di Rossese da parte di M.G., confesserò che questo disco, pur piacevole, non mi sembra all’altezza di quello di Rouse, né quest’esecuzione di Goin’ Home pari a quella di Yusef Lateef da poco sentita. Il bello di «Bossa Nova Bacchanal», oltre a un repertorio più interessante, stava proprio nella sonorità e nel fraseggio del tenore di Rouse, che vi sono più che mai abrasivi e «urbani», mentre suono e fraseggio morbidissimi, butirrosi di Quebec aderiscono più alle convenzioni bossanoviane di quegli anni. 

 Goin' Home, qui da Quebec ha un ritmo di bossa ma un’armonizzazione più convenzionalmente jazzistica (Lateef, conforme all’originale di Dvorák, mantiene l’accordo minore di sesto grado – Re m – alla seconda battuta, mentre Quebec, più ordinariamente, inserisce sotto la prima metà della seconda battuta la mediante maggiore – La M), il che fra l’altro lo conduce a rispettare la melodia senza sostituire con una blue note la sensibile (Mi –> Mib) come invece fa Lateef a vantaggio di un sapore folklorico misolidio. 

 Goin’ Home (Fisher-Dvorák), da «Bossa Nova Soul Samba», Blue Note 0 946-3-92783-2 9. Ike Quebec, sax tenore; Kenny Burrell, chitarra; Wendell Marshall, contrabbasso; Willie Bobo, batteria; Garvin Masseaux, chekere. Registrato il 5 ottobre 1962.



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4 commenti:

Anonimo ha detto...

Articolo (o post? Come dite voi che ne sapete?) ed analisi splendidi. Hai ragione, Marco: Quebec, in un piano di esegesi comparativa con Lateef o Rouse, non dico scompaia, però rimpicciolisce, mostra i propri limiti. Ma sono proprio l'adesione a quel canone bossanoviano ordinario e quel suono e fraseggio butirrosi, quasi melliflui a rendere la faccenda interessante. Quebec aveva un coraggio incredibile nella sua assenza di coraggio. Mentre gli altri cercavano in tutti i modi di agganciarsi agli stimoli che arrivavano da tutte le parti e spostavano i baricentri linguistici più in là, lui imperterrito sfoggiava un anacronismo espressivo temerario, che lo esponeva a bordate critiche micidiali. Se c'era da aderire ad un cliché, di antica o giovane paternità non importa, Quebec aderiva. Se c'era da portarsi a casa una bossanova addomesticata, Ike sgomitava nella lunga fila, non gliene fregava un cazzo di approfondimenti filologici, di riscontri buoni a condurlo verso un'autenticità di radici. Ma era credibile ed adorabile perché tutto questo gli serviva a mettere in scena il proprio universo emotivo. Che ci volete fare, sembra dirci(mi), sono un sentimentale malinconico crepuscolare, mi piace guardare indietro piuttosto che avanti, tra un concerto di Andrew Hill ed un film con Ava Gardner opto sempre per il secondo, tra una melodia franta e disturbata ed una melodia suonata proprio come ve l'aspettereste indovinate un pò da che parte sto... E' dozzinale e poco stimolante tutto questo? Sì, ma è quello che con sincerità (e tecnica) vi posso dare.
Un limitato ma con un suono ed un'identità.
Non tutti i giorni, ma adoro alzare i trigliceridi ingerendo burro e zucchero...
M.G.

Anonimo ha detto...

E poi c'è una ragione ulteriore ulteriore che mi fa amare questo pezzo: l'assolo di Burrell, sul mio personalissimo cartellino uno dei suoi migliori.
M.G.

Marco Bertoli ha detto...

Burrell non ha sbagliato quasi mai!

Marco Bertoli ha detto...

Capisco quello che dici: il piacere del riconoscimento offerto nel migliore dei modi.

Ike Quebec è un personaggio strano, uno che ha avuto due carriere distinte (e nella sua seconda deve moltissimo ad Alfred Lion - si riuscirà mai a quantificare il debito immenso che il jazz moderno ha verso questo ennesimo, irrinunciabile Ebreo tedesco?) e che ha fatto ogni cosa in ritardo, compreso il darsi all'eroina.