mercoledì 23 luglio 2014

Hemline (Steve Lacy)

 L’illustrazione la troveremo nel prossimo numero di Jazzit, entro l’articolo di Sergio Pasquandrea; certo mi pare che per Steve Lacy, allievo in musica e in Musikanschauung di Thelonious Monk, l’improvvisazione fosse un concetto che si allargava oltre i limiti pur vaghi ed elastici delle note.

 In questo pezzo (spiega Lacy nelle note di copertina), la celesta fu usata semplicemente perché si trovava nella sala di registrazione. Il risultato è nuovo, inaudito e terrificante, un carillon implacabile e tenebroso. Il pezzo reca una dedica a Janis Joplin.

 Hemline (Lacy), da «Straws», Cramps CRSLP 6206. Steve Lacy, sax soprano, celesta. Registrato nel 1976.



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1 commento:

sergio pasquandrea ha detto...

1)
pezzo in quella vena iterativa, effettivamente un po' ossessiva, che costituisce una delle cifr stilistiche di Lacy.

2)
"Straws" (il titolo del disco), stando a quanto racconta Lacy, era il modo in cui Cecil Taylor chiamava Strawinski.

3)
"Perché improvvisare? L'improvvisazione in sé non è nulla. Non mi colpisce. Per conto mio, non do valore all'improvvisazione per sé. Una grande improvvisazione o una grande composizione, per me sono ugualmente grandi. La musica deve soltanto essere buona. Non mi interessa com'è fatta. E credo che a gran parte del pubblico non freghi nulla chi stia improvvisando, e dove. Quello è per gli intenditori. È come in un ristorante: non ti interessa sapere che cosa c'è nel cibo, come è stato preparato esattamente, e così via. Mangi quella roba, e basta, ed è fantastica".
Steve Lacy (intervista per “Cadence”, 2004, realizzata nel 1988)


4)
ovviamente, grazie per il lancio pubblicitario... ;-)
(Jazzit di luglio è un po' in ritardo sulla tabella di marcia, ma sta per vedere la luce)