mercoledì 19 marzo 2014

Nuvolao (Franco D’Andrea)

 Ecco un Franco D’Andrea di ascolto raro, che sorprenderà un poco chi l’ha conosciuto soprattutto negli ultimi anni. Si tratta del suo primo esperimento su disco in piano solo (meglio: del primo destinato alla pubblicazione, perché già aveva registrato qualcosa ad uso di «sonorizzazione»), un genere in cui D’Andrea ha recentemente fornito almeno due testimonianze molto alte quali «Live At Radio Popolare» e soprattutto l’ultimo «Today». Era il 1978 e, conclusa l’esperienza del Perigeo, D’Andrea apriva così una fase nuova della sua carriera.

 Qui lo si sente più facondo ed espansivo che in anni subito successivi; insomma, suona molte più note, e mostra più chiara che mai una derivazione tyneriana nel gusto per una sonorità pianista turgida, che sàturi lo spazio sonoro.

 Nuvolao è il nome di una cima dolomitica, anche nota come «Nuvolau».

 Nuvolao (D’Andrea), da «Nuvolao», Carosello CLE 21034. Franco D’Andrea, piano. Registrato nel gennaio 1978.



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11 commenti:

Paolo Lancianese ha detto...

Procedendo per sottrazioni, come D'Andrea ha fatto da allora in poi, si approda a Monk (si arriva a costeggiarlo). Che è il punto a cui è oggi arrivato, come testimoniano non solo l'ultimo suo album, al Monaco esplicitamente intitolato, ma anche (e anzi molto di più, secondo me) le esibizioni in piano solo. Fatto sta che tutti rifanno Monk ma pochi, pochissimi, quasi nessuno, ne restituiscono lo spirito. D'Andrea è tra questi. A leggere il tuo post, Marco, si direbbe che nel 1978 questo non si sarebbe neppure potuto immaginare. No?

Jazz nel pomeriggio ha detto...

Questa è una bella riflessione, che alla prima occasione riferirò a D'Andrea stesso.

Paolo Lancianese ha detto...

E io ne sarò felicissimo. (Ma usa parole diverse: il mio commento è scritto da cane - il fatto è che non rileggo mai).

Alberto Forino ha detto...

In effetti suona quasi irriconoscibile. Un po' per l'esuberanza ma anche lo stile è molto diverso da ora, più tyneriano forse. La prima volta che sentii il disco dei Modern Art in alcuni tratti sembrava di ascoltare veramente un McCoy moderno anche se non così legato al mondo della pentatonia.
Le cose a quanto pare da allora sono evolute parecchio. Ricordo l'epifania di sentire Blue Hawk di Monk e trovarvi dentro una radice forte del suono attuale di D'Andrea nel piano solo (naturalmente senza nulla togliere). Un suono che viene arricchito della visione personale e dall'esplorazione di ogni angolo possibile dell'esperienza jazzistica: dalle influenze weberniane e di derivazione europea sull'importanza delle serie e degli intervalli nell'armonia, un uso timbrico del pianoforte a volte anche molto libero proveniente dalle esperienze più avanguardistiche e sperimentali, l'amore per il jazz classico e il ritmo africano, la pratica sul campo con i grandi... Insomma, tanta roba!
Nel merito dell'estetica non posso pronunciarmi, mi sento troppo di parte e un po' obnubilato nella visione per poter dare giudizi obiettivi. Circa.

Riccardo Schwamenthal ha detto...

Scusa Marco, non c'entra con D'Andrea, ma mi son sentito I'll remember April con Cooper, Shank e Mangelsdorff da te postato all'incirca un anno fa e ho ascoltato nella registrazione un chitarrista che non c'è nella formazione: mi spieghi il mistero?
ciao

Paolo Lancianese ha detto...

E' Attila Zoller.

Jazz nel pomeriggio ha detto...

Ecco risolto il mistero grazie al «crowdsourcing» di JNP!

Paolo Lancianese ha detto...

In realtà il mistero si infittisce. Nel disco che ho io, a nome di Albert Mangelsdorff with the Jazz Sextet, "I'll Remember April" è altra cosa da quella postata qui il 1 aprile dell'anno scorso. E questa è la formazione dell'European Tour del 1957: Albert Mangelsdorff, Bud Shank, Bob Cooper, Attila Zoller, Gary Peacock, Karl Sanner.
In un altro disco, di cui risultano cotitolari Bud Shank e Bob Cooper, ugualmente intitolato "European Tour '57", la formazione è diversa (ci sono Joe Zawinul, Johnny Fischer, Victor Plasil, oltre a Shank, Cooper, Mangelsdorff, Peacock, Zoller, Koller, Kovac), ma quel disco non ce l'ho e non posso controllare.
In ogni caso, vale la pena di ascoltare "I'll Remember April" eseguito dal Jazz Sextet di Mangeldorff. Forse varrebbe la pena approfittare dell'occasione per postarlo.

Jazz nel pomeriggio ha detto...

I quesiti discografici mi mandano sempre in confusione… Posso tuttavia confermare che in questo April il chitarrista è Attila Zoller.

Jazz nel pomeriggio ha detto...

Nel merito dell'estetica non posso pronunciarmi, mi sento troppo di parte

Alberto Forino, pianista, è stato studente di D’Andrea (forse lo è tuttora).

Riccardo Schwamenthal ha detto...

Sempre per tornare a Bud Shank e Bob Cooper. Nel 1957 in Italia, almeno a Milano, i due vennero accompagnati da Hans Hammerschmid p, Rudolph Hansen b e Victor Plasil d, tre musicisti austriaci.