A Flower is a Lovesome Thing (Steve Lacy, Mal Waldron)
In questo duetto registrato a Milano il 17 febbraio 1986 risalta in primo luogo la bellezza della melodia e delle armonie della canzone di Billy Strayhorn; e poi l’agio completo e amorevole di due maestri del jazz moderno e modernissimo nel maneggiare questo gioiello. Credo proprio che, dopo Sidney Bechet, nessuno, nemmeno Coltrane, abbia mai suonato il soprano meglio di Steve Lacy.
A Flower is a Lovesome Thing, da «Sempre Amore», Soul Note SN 1170 (1987). Steve Lacy, sax soprano; Mal Waldron, pianoforte.
5 commenti:
G
ha detto...
sai mica che età avevano quando l'hanno registrato?
Steve e Mal, due monelli che si divertivano a distribuire manciate di sogni musicali. Credo che una delle due passioni che li hanno accomunati in un lungo sodalizio (l'altro chi lo sa lo sa, non facciamo troppo gossip) sia stata l'estrema attenzione alla dinamica dei suoni e al significato di ogni nota; due distillatori per sottrazione - mi viene in mente Ungaretti - che conoscevano la magia degli alambicchi. Non c'è una nota di troppo in questa rilettura, non ne manca nessuna. E poi il suono: Steve è sempre stato riconoscibile qualsiasi cosa suonasse e in qualsiasi ambito; provate ad ascoltare certi dischi orchestrali in cui è presente, magari senza prendere assoli (penso al Monk della Town Hall, o a certe cose di George Russell); il suo soprano cambia il colore della musica con la sua sola presenza. Lo stesso per Mal Waldron: lui ha sempre dato una particolare impronta ai gruppi nei quali era presente. Basti pensare a Dolphy.
5 commenti:
sai mica che età avevano quando l'hanno registrato?
Waldron, 60; Lacy, 51.
Si sente, che meraviglia.
Vuoi elaborare?
Steve e Mal, due monelli che si divertivano a distribuire manciate di sogni musicali.
Credo che una delle due passioni che li hanno accomunati in un lungo sodalizio (l'altro chi lo sa lo sa, non facciamo troppo gossip) sia stata l'estrema attenzione alla dinamica dei suoni e al significato di ogni nota; due distillatori per sottrazione - mi viene in mente Ungaretti - che conoscevano la magia degli alambicchi. Non c'è una nota di troppo in questa rilettura, non ne manca nessuna.
E poi il suono: Steve è sempre stato riconoscibile qualsiasi cosa suonasse e in qualsiasi ambito; provate ad ascoltare certi dischi orchestrali in cui è presente, magari senza prendere assoli (penso al Monk della Town Hall, o a certe cose di George Russell); il suo soprano cambia il colore della musica con la sua sola presenza.
Lo stesso per Mal Waldron: lui ha sempre dato una particolare impronta ai gruppi nei quali era presente. Basti pensare a Dolphy.
Roberto Del Piano
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