giovedì 31 luglio 2014

Where Coconuts Fall – Pink Water Pink Airplane (Henry Threadgill)

 Isabella è stata a New York, ha visitato come ci si aspettava il Blue Note e il Village Vanguard e lì, per un giorno solo, ha mancato Henry Threadgill, uno dei suoi preferiti.

 Isabella è amica di Jazz nel pomeriggio ed ecco qui un piccolo vantaggio offerto dal club: il circolino provvede questa mattina a lenire quella sua delusione con due pezzi threadgilliani da un disco molto bello, il secondo del quintetto Make A Move, con due titoli, se vogliamo, estivi.

 Venire alla luce del giorno nuovo con la musica di Threadgill, sospesa com’è fra una dimensione amniotica e una ariosa, sarà comunque un aiuto per tutti.

 Where Coconuts Fall (Threadgill), da «Everybody’s Mouth’s A Book», Pi Recordings. Henry Threadgill, sax alto; Bryan Carrott, vibrafono;  Brandon Ross, chitarra; Stomu Takeishi, basso elettrico; Dafnis Prieto, batteria. Registrato nel febbraio 2001.



 Download

 Pink Water Pink Airplane (Threadgill), id.



 Download

mercoledì 30 luglio 2014

Whims of Chambers (Paul Chambers)

 C’è chi giura sul primato di Paul Chambers (1935-1969) fra i contrabbassisti di una generazione che ne ha espressi tanti di davvero grandi. Io non mi sbilancio, ma di sicuro c’erano ragioni cogenti a rendere Chambers il bassista più registrato degli anni Cinquanta e Sessanta.

 Uno dei più classici sidemen dell’hard bop, Chambers figura benissimo anche nelle poche uscite da leader, di cui questa è la seconda – Chambers aveva ventun anni e la formazione che guida è l’almanacco di Gotha dell’hard bop e della Blue Note (altrove nel disco suonano anche Coltrane e Donald Byrd).

 Whims of Chambers (Chambers), da «Whims of Chambers», Blue Note 5 25752 2. Kenny Burrell, chitarra; Horace Silver, piano; Paul Chambers, contrabbasso; Philly Joe Jones, batteria. Registrato il 21 settembre 1956.



 Download

martedì 29 luglio 2014

Do Nothin’ Till You Hear from Me (Duke Ellington)

 Duke Ellington nel 1967 proponeva alcuni classici che l’orchestra non aveva mai tralasciato, in versioni concise e, almeno nel caso di questa Do Nothing (alias Concerto for Cootie), resa come un’impressione della canzone, sorprendenti. Il pezzo è affidata in primo luogo al liquido, acquarellato colore del trombone di Lawrence Brown, diluito ulteriormente e mosso da un incessantemente inventivo accompagnamento pianistico. Il finale, in cui interviene il resto dell’orchestra, ha invece una ferocia sconosciuta alle altre versioni del pezzo.

 Colgo l’occasione anche per segnalare questa nuova risorsa ellingtoniana online: «The Duke – Where and When, A Chronicle of Duke Ellington’s Working Life and Travels», curata dal canadese David Palmquist.

 Do Nothin’ Till You Hear from Me (Ellington-Russell), da «The Popular Ellington», RCA. Cat Anderson, Mercer Ellington, Herb Jones, Cootie Williams, tromba; Lawrence Brown, Buster Cooper, trombone; Chuck Connors, trombone basso; Jimmy Hamilton, clarinetto; Russell Procope, Johnny Hodges, sax alto; Paul Gonsalves, sax tenore; Harry Carney, sax baritono; Duke Ellington, piano; John Lamb, contrabbasso; Sam Woodyard, batteria. Registrato nel marzo 1966.



 Download

lunedì 28 luglio 2014

Greenhouse – Casbah (Charlie Rouse & Red Rodney)

 In un discorso (quale questo blog anche vuole essere) sul repertorio del jazz, inevitabilmente ricorrono i travisamenti di What Is This Thing Called Love, lo standard più visitato e più contraffatto dai jazzisti moderni. Questo magnifico quintetto riunisce due protagonisti del bebop, anzianotti ma tutt’altro che past their prime, e una ritmica d’eccellenza, in cui si ascolta con piacere il grande pianista Albert Dailey (1938-1984), qui alla sua ultima incisione.

 (Segue una composizione di Tadd Dameron che ben meriterebbe l’inserimento nel repertorio).

 Greenhouse (Bobby Porcelli), da «Social Call», Uptown UPCD 27.50. Red Rodney, tromba; Charlie Rouse, sax tenore; Albert Dailey, piano; Cecil McBee, contrabbasso; Kenny Washington, batteria. Registrato il 21 gennaio 1984.



 Download

 Casbah (Dameron), id.



 Download

sabato 26 luglio 2014

[Guest Post #50] Enrico Bettinello & Randy Weston

A presentarci Randy Weston lungo quasi tutta la sua carriera  oggi c’è Enrico Bettinello, penna e voce note agli appassionati di jazz e anche di altre musiche, direttore artistico del Teatro Fondamenta Nuove di Venezia e proprio in questi giorni uno dei conduttori estivi di Battiti, la trasmissione musicale notturna di Radio Tre.

 È nato lo stesso anno di Miles Davis, ha inciso St. Thomas prima che lo facesse Sonny Rollins, ha gestito un night club a Tangeri, ha attraversato la storia del jazz dagli anni Cinquanta a oggi con un’originalità il cui valore non sempre viene riconosciuto con la dovuta forza. Chi è?

 Ti parlo di Randy Weston, pianista, compositore, uomo carismatico e straordinario, tra i musicisti che più hanno voluto vivere in prima persona il rapporto tra jazz e Africa, affrontandolo – come ben ricorda Luigi Onori nel suo libro sull’argomento – «non in chiave mitico-mistica – come ha fatto John Coltrane – né esclusivamente politica, alla Archie Shepp», ma sintetizzando nella propria musica un dialogo culturale e linguistico (ritmico in primis) ininterrotto e sempre comunicativo.

 Sessant’anni di carriera offrono ascolti per molti pomeriggi, io ne ho scelti per te quattro che raccontano le varie fasi e le varie anime della musica di Weston.

 Il primo pezzo è proprio quello che tutti conoscono come St. Thomas. Il buon Sonny Rollins ci ha messo la sua firma ad ogni buon conto (e mi sa che il conto non è davvero cattivo!), ma il pezzo ha una storia lunga come un viaggio. Nasce come canzone popolare danese Det var en Lørdag aften, arriva alle isole Vergini – che sono state colonia danese fino al 1917 – e diventa un calypso tradizionale. Prima di Rollins lo incide Louis Farrakhan (proprio lui, il politico leader della Nation Of Islam, che negli anni ’50 faceva il cantante!) e lo incide Weston in trio con Sam Gill al contrabbasso e Wilbert Hogan alla batteria. Siamo nel 1955.

Fire Down There (Weston), da «Get Happy», [Riverside] OJCCD-1870-2. Randy Weston, piano; Sam Gill, contrabbasso; Wilbert Hogan, batteria. Registrato nell’agosto 1955.



 Download

 Negli anni Sessanta il rapporo tra Weston e l’Africa diventa sempre più stretto, con dischi bellissimi come «Uhuru Africa»  o «Music from the African New Nations – Highlife», effettuando i suoi primi viaggi nel Continente Nero (Lagos, 1961, in compagnia di Nina Simone, Langston Hughes, Lionel Hampton e altri) e mettendo in pratica quel «ritorno» all’Africa predicato da Marcus Garvey e che Randy conosceva attraverso il pensiero di suo padre.

 Colmo d’Africa e percussioni è anche il disco «Tanjah» del 1973, un bellissimo lavoro orchestrale (la formazione vede coinvolti tra i tanti il percussionista – e qui narratore – Candido Camero, trombettisti come Jon Faddis e Ray Copeland, sassofonisti come Billy Harper, un bassista come Ron Carter) orchestrato da quella Melba Liston che sarà spesso al fianco di Weston con i suoi splendidi arrangiamenti.

 In «Tanjah» Weston riprendeva anche uno dei suoi temi più celebri, Hi-Fly.

 Hi-Fly (Weston), da «Tanjah», Verve 527778-2. Ernie Royal, Ray Copeland, Jon Faddis, tromba e flicorno; Al Grey, Jack Jeffers, trombone; Julius Watkins, corno; Norris Turner, sax alto; Budd Johnson, sax tenore; Danny Bank, sax baritono; Randy Weston, piano; Ron Carter, contrabbasso; Rudy Collins, batteria; Azzedin Weston, Candido Camero, Omar Clay, Taiwo Yusve Divall, Earl Williams, percussioni. Registrato nel maggio 1973.



 Download

 Due anni dopo, ma situazione opposta, pianoforte solo. Il disco è «Blues To Africa», registrato dal vivo a Zurigo per la Arista/Freedom e svela tutta la ricchezza del pianismo di Weston, uno strumentista che cresce in tempi di be bop, ma che da una concezione verticale pre-boppistica sviluppa poi uno stile in cui troviamo Ellington, l’amico Thelonious Monk, un personalissimo senso del blues e una percussività sempre funzionale alla costruzione della musica.

 Uhuru Kwanza (Weston), da «Blues to Africa», Freedom 741014. Randy Weston, piano. Registrato il 14 agosto 1974.



 Download

 Negli anni Novanta la figura di Weston ha ottenuto il meritato riconoscimento, con una serie di dischi Verve che lo hanno riportato alla ribalta internazionale. Uno di questi, «The Spirits of Our Ancestors», è particolarmente riuscito e vede ospiti Dizzy Gillespie o Pharoah Sanders, qui in questa Blue Moses.

 Blue Moses (Weston), da «The Spirits of Our Ancestors», Verve 511 847-2. Pharoah Sanders, sax soprano; Randy Weston, piano; Jamil Nasser, contrabbasso; Idris Muhammad, batteria. Registrato nel maggio 1991.



 Download

venerdì 25 luglio 2014

Dr. Free-Zee (Max Roach)

 Concertino per timpani e quintetto jazz di Max Roach.

 Dr. Free-Zee (Roach), da «Max Roach + 4», EmArcy 36098. Kenny Dorham, tromba; Sonny Rollins, sax tenore; Ray Bryant, piano; George Morrow, contrabbasso; Max Roach, batteria, timpani. Registrato il 17 settembre 1956.



 Download

giovedì 24 luglio 2014

[Guest Post #49] Riccardo Facchi & Ornette Coleman

 Torna Riccardo Facchi per raccontarci di Ornette Coleman. Di «Science Fiction» abbiamo già parlato qualche anno fa.

 Con il termine «free jazz» si è spesso intesa (o fraintesa?), specie da chi non ne ha mai apprezzato la svolta, una musica astrusa, fatta solo di sterili iconoclastie, di polverizzazione delle forme precedentemente adottate nel jazz, di improvvisazione fine a se stessa senza una reale meta da raggiungere. Una musica spesso giustificata solo da motivazioni di tipo sociale o politico.

 Certo, può essere che qualcuno ci abbia ciurlato nel manico, ma risultati come quelli raggiunti da Ornette Coleman e soci nel brano che vi propongo, sono in realtà a un livello di controllo musicale, di energia e di espressività, pur nella innovazione che producono, che nulla hanno da invidiare alle più riuscite precedenti imprese jazzistiche «ortodosse», tali da scuotere profondamente l’animo di chi ascolta anche sul piano puramente emozionale.

 In realtà il brano, pur nella concezione libera che propone, ha un suo controllo formale assoluto senza però condizionare in alcun modo la libertà espressiva nei solisti.

 Certo, il livello di affiatamento dialogico raggiunto dal mitico quartetto ha pochi eguali nella storia del jazz e sicuramente ha aiutato molto a raggiungere certi vertici musicali, ma il brano in questione, Civilization Day del 1971, è davvero un capolavoro del genere. Spicca in particolar modo l’assolo di Ornette che è a dir poco da autentico visionario e ancora oggi suona molto avanzato e parliamo di musica di più di 40 anni fa…

 Civilization Day (Coleman), da «The Complete Science Fiction Sessions», Columbia/Legacy 63569 2CD. Don Cherry, tromba; Ornette Coleman, sax alto; Charlie Haden, contrabbasso; Billy Higgins, batteria. Registrato il 9 settembre 1971.



 Download

mercoledì 23 luglio 2014

Hemline (Steve Lacy)

 L’illustrazione la troveremo nel prossimo numero di Jazzit, entro l’articolo di Sergio Pasquandrea; certo mi pare che per Steve Lacy, allievo in musica e in Musikanschauung di Thelonious Monk, l’improvvisazione fosse un concetto che si allargava oltre i limiti pur vaghi ed elastici delle note.

 In questo pezzo (spiega Lacy nelle note di copertina), la celesta fu usata semplicemente perché si trovava nella sala di registrazione. Il risultato è nuovo, inaudito e terrificante, un carillon implacabile e tenebroso. Il pezzo reca una dedica a Janis Joplin.

 Hemline (Lacy), da «Straws», Cramps CRSLP 6206. Steve Lacy, sax soprano, celesta. Registrato nel 1976.



 Download

martedì 22 luglio 2014

Celia (Charles Mingus)

 Dopo la Celia di ieri, ch’era la figlia di Bud Powell, quella di oggi è la prima moglie di Charles Mingus (l’esistenza di questo pezzo mi è stata rammentata da Antonio Lillo). Al piano, nell’unica loro collaborazione registrata, Bill Evans. Sono presenti anche, con distinzione, due musicisti noti quasi esclusivamente per la loro attività a fianco di Mingus, Shafi Hadi e Clarence Shaw.

 La vamp introduttiva richiama quella di Love Chant, registrato la prima volta in «Pithecanthropus Erectus» l’anno prima.

 Celia (Mingus), da «East Coasting», Bethlehem Jazz Classic 30022. Clarence Shaw, tromba; Jimmy Knepper, trombone; Shafi Hadi, sax alto; Bill Evans, piano; Charles Mingus, contrabbasso; Dannie Richmond, batteria. Registrato nell’agosto 1957.



 Download

lunedì 21 luglio 2014

Celia (George Arvanitas)

 George Arvanitas (1931-2005) fu un pianista francese di grandi qualità, per breve tempo attivo e apprezzato anche in USA; te l’ho già fatto sentire sotto la leadership di Ted Curson

 Arvanitas faceva parte di una generazione di jazzisti francesi che arrivarono a dominare il linguaggio bebop con perfetta naturalezza. Qui, nel 1958, è accompagnato da una ritmica di pesi massimi americani e omaggia il suo ispiratore principale, Bud Powell.

 Celia (Powell), da «3 a.m.», Pretoria J. 3000. George Arvanitas, piano; Doug Watkins, contrabbasso; Art Taylor, batteria. Registrato il 10 settembre 1958.



 Download

domenica 20 luglio 2014

Mean to Me (Billie Holiday)

 Di quando in quando è bene ricordarsi che cosa debba intendersi per «cantante di jazz»; e anche del fatto che il concetto stesso di cantante di jazz non esisteva nemmeno, prima di Billie Holiday.

 Mean to Me (Ahlert -Turk), da «The Complete Billie Holiday with the Ellingtonians», King Jazz KJ 143 FS. Billie Holiday con Buck Clayton, tromba; Buster Bailey, clarinetto; Johnny Hodges, sax alto; Lester Young, sax tenore; Teddy Wilson, piano; Allan Reuss, chitarra; Artie Bernstein, contrabbasso; Cozy Cole, batteria. Registrato l’11 maggio 1937.



 Download

sabato 19 luglio 2014

Easy Livin’ – Skylark (Lee Konitz)

 Due delle più soavi e armonicamente attraenti ballad del songbook sono eseguite qui, nel 1954, da Lee Konitz ventisettenne ma già veterano, in compagnia di altri studenti e collaboratori di Lennie Tristano.

 A queste due canzoni Konitz applica il suo lirismo di qualità particolare, astratto e raziocinante ma già non più distaccato come pochi anni prima con Tristano. Skylark dà anche indizio del grandissimo amore di Konitz per Lester Young.

 Easy Livin’ (Rainger-Robin), da «Konitz», Black Lion BLCD 760922. Lee Konitz, sax alto; Peter Ind, contrabbasso; Jeff Morton, batteria. Registrato il 6 agosto 1954.



 Download

 Skylark (Mercer-Carmichael), id., più Ronnie Ball al piano.



 Download

venerdì 18 luglio 2014

Blue Chopsticks (Herbie Nichols)

 Blue Chopsticks (Nichols), da «The Complete Blue Note Recordings Of Herbie Nichols», Blue Note 7243 8 59352 2. Herbie Nichols, piano; Al McKibbon, contrabbasso; Art Blakey, batteria. Registrato il 6 maggio 1955.



Download

giovedì 17 luglio 2014

Vehuel (John Zorn)

 «The Unknown Masada» raccoglie composizioni di John Zorn suppongo concepite per il quartetto Masada ma non eseguite da esso; l’interpretazione ne è affidata a dodici organici, guidati da collaboratori, accoliti o ammiratori di Zorn.

 Qui a guidare il complesso è Dave Douglas, forse il più illustre dei compagni di strada di Zorn. Il quintetto è una specie di all stars e nella formazione è elencato anche il tecnico della registrazione, il noto pianista zorniano Jamie Saft.

 Vehuel è il nome di un angelo. Il disco non ha note di copertina, ma due citazioni, una da Albert Einstein

The most beautiful experience we can have is the mysterious

e una da Arthur Hertzberg

Judaism is the faith of those who are dissatisfied with the society around them and have a critical sense of the hollowness of worldly success – and only through such people can Judaism survive, or have reason for survival.

 Vehuel (Zorn), da «The Unknown Masada», Tzadik TZ 7181. Dave Douglas, tromba, piano elettrico; John Zorn, sax alto; Greg Tardy, sax tenore; Greg Cohen, contrabbasso; Ben Perowsky, batteria. Registrato fra il gennaio e il maggio 2003.



 Download

mercoledì 16 luglio 2014

Prelude (Kenny Dorham)

 Kenny Dorham ha la contradditoria fama di essere il trombettista più sottovalutato del jazz moderno, e può ben darsi che sia così, non però su Jazz nel pomeriggio, che te ne ha somministrato appena pochi giorni fa e più volte nel passato.

 È di sicuro un musicista da cui è lecito non aspettarsi mai cose banali, come dimostra questo singolare, assorto duetto con Bobby Timmons in un disco del 1962 che in alcuni pezzi lo vede in front line con Jackie McLean.

 Prelude (Dorham), da «Matador», United Artists UAJ 14007. Kenny Dorham, tromba; Bobby Timmons, piano. Registrato il 15 aprile 1962.



 Download

martedì 15 luglio 2014

Funny Time (Leroy Vinnegar)

 Funny Time (Vinnegar), da «Glass of Water», Legend Records LGS-1001. Dwight Dickerson, piano elettrico; Leroy Vinnegar, contrabbasso; Chuck Carter, batteria; Michel Barrere, percussioni. Registrato nel 1973.



 Download

lunedì 14 luglio 2014

Rio, Part X (Keith Jarrett)

Il Presto, movimento finale della sonata in si bemolle minore op. 35 di Chopin, incontra un’idea «omogenizzata» del pianismo di Cecil Taylor in questo tardo e interessante piano solo di Keith Jarrett, che non deve il nome a un’ispirazione brasiliana, ma dalla sede del concerto che il disco riproduce.

Rio, Part X (Jarrett), da «Rio», ECM 2198/99. Keith Jarrett, piano. Registrato il 9 aprile 2011.



 Download

domenica 13 luglio 2014

Serdab (Cecil Taylor)

 Un Cecil Taylor sopraffino (con la Unit) nel 1978, periodo non dei suoi più celebrati.

 Serdab (Taylor), da «Cecil Taylor Unit», New World Records NW 201. Jimmy Lyons, sax alto; Raphe Malik, tromba; Ramsey Ameen, violino; Sirone (Norris Jones), contrabbasso; Ronald Shannon Jackson, batteria. Registrato nell’aprile 1978.



 Download

sabato 12 luglio 2014

Blue Bossa (Joe Henderson & Kenny Dorham) (Joe Henderson)

 Don Sickler ospita sul blog aperto di recente un intervento di Rachel Bronstein (della casa editrice musicale Second Floor Music) la quale spiega come Blue Bossa, famosa composizione di Kenny Dorham, sia il più delle volte malintesa da chi la esegue come una vera e propria bossa, trascurando quella che sarebbe la caratteristica più distintiva del pezzo, cioè la linea di basso che Dorham ha scritto per intero e che infatti figura nel lead sheet legittimo.

 La notissima melodia discendente sarebbe un’aggiunta dell’ultimo minuto, e nell’editio princeps, che è quella che senti oggi, non è affatto pronunciata come si sente fare di norma, con il lieve ritardo sul beat proprio della bossa, ma anzi perfettamente calettata negli spazi lasciati dalla linea di basso.

 Blue Bossa (Dorham), da «Page One», Blue Note CDP 7 84140 2. Kenny Dorham, tromba; Joe Henderson, sax tenore; McCoy Tyner, piano; Butch Warren, contrabbasso; Pete LaRoca, batteria. Registrato il 3 giugno 1963.



 Download

 È pertanto notevole che, riprendendo Blue Bossa quasi trent’anni dopo, Joe Henderson, che tenne la composizione a battesimo, la «snatura» (se dobbiamo dare retta a Rachel Bronstein) assegnando a Rufus Reid una linea libera.

 Blue Bossa, da «The Standard Joe», Red Records RR 12348-2. Joe Henderson, sax tenore; Rufus Reid, contrabbasso; Al Foster, batteria. Registrato il 26 marzo 1991.




 Download


venerdì 11 luglio 2014

Drown in My Own Tears (Charles Williams)

 Drown in My Own Tears (Glover), da «Stickball», Mainstream PCD 23934. Charles Williams, sax alto; Paul Griffin, piano; Gordon Edwards, basso elettrico. Archi arrangiati e diretti da Ernie Wilkins. Registrato nel 1972.




 Download

giovedì 10 luglio 2014

Choral – Funky Straight (Harry Sokal)

 Per una volta mi faccio lecito di proporti quasi nudi e crudi due pezzi di un disco del quale non trovo sui due piedi molto da dire, oltre che mi ha fatto compagnia ieri pomeriggio per un’oretta, mentre arrancavo in alcune penose incombenze domestiche. Harry Sokal (1954) è un espertissimo saxofonista austriaco, membro eminente della Vienna Art Orchestra di Matthias Rüegg dalla sua origine alla dissoluzione, che ha suonato nel frattempo con tanti fra i più insigni musicisti d’Europa e d’America. Anche gli altri due componenti del suo trio Depart sono  forti,  il contrabbassista Känzig in special modo, che ha anche composto quasi per intero il repertorio del disco.

 L’idea è quella, ormai non nuovissima, di un ricupero di groove funky, in marcato backbeat, con strumentazione acustica e tenendo nella manica un margine possibile di libertà armonica e formale estranea ai modelli, sempre piuttosto temperata comunque. Sokal applica inoltre ai sax alcuni effetti elettronici.

 Choral (T. Lang), da «Refire», Intake CD 241/2014. Harry Sokal, sax soprano; Heiri Känzig, contrabbasso; Martin Valihora, batteria. Registrato nel giugno 2013.



 Download

Funky Straight (Känzig), id. ma Sokal suona il sax tenore.



 Download

mercoledì 9 luglio 2014

Pithecanthropus Erectus (Charles Mingus)

 Uno dei dischi più importanti del jazz, «Pithecanthropus Erectus» di Charles Mingus segnò la prima apparizione dell’improvvisazione collettiva dai tempi di New Orleans e il primo e riuscito tentativo di Mingus di allontanarsi dalla forma-chorus: la seconda sezione del tema non ha, come la prima, 16 né altro numero regolare di battute, ma procede ad libitum fino a segnale stabilito. I due fiati furono a disagio e, di fatto, rimasero scontenti dell’esperienza, a cui nulla nella loro precedente carriera li aveva preparati: e questo benché non fossero Pippo e Pertica, ma Jackie McLean e JR Monterose, quest’ultimo un tenorsaxofonista poco noto ma brillantissimo, che non si sarebbe quasi più sentito in seguito.

 L’esecuzione presentò infatti ai due difficoltà di genere nuovo, da cambi repentini di metro ad improvvisi accelerandi e decelerandi, all’espressa richiesta di Mingus di suonare «out» e rumoristicamente nella sezione a lunghezza indeterminata. Mingus, inoltre, per la prima volta in questa seduta insistette per insegnare ai musicisti la musica per via orale, senza uso di spartito.

 Pithecanthropus Erectus (Mingus), da «Pithecanthropus Erectus», Atlantic 8122-75357-2. Jackie McLean, sax alto; JR Monterose, sax tenore; Mal Waldron, piano; Charles Mingus, contrabbasso; Willie Jones, batteria. Registrato il 30 gennaio 1956.



 Download

martedì 8 luglio 2014

Just One of Those Things (Art Tatum)

 I trii di Art Tatum, così il classico con Tiny Grimes alla chitarra e Slam Stewart come questo, all-starry ma occasionale, del 1956, sono lontani dal «piano trio» come modernamente lo intendiamo, caratterizzato cioè dall’interplay fitto dei tre strumenti, ma non si riduce neanche al «piano accompagnato» di molti trii di Bud Powell.

 Pur riservando giocoforza la parte del leone al pianoforte, queste sono esecuzioni orchestrali, attentamente anche se non sempre evidentemente arrangiate, e sollecite di un suono generale ben fuso, caldo, di uno swing potente e leggero.

 Just One of Those Things (Porter), da «The Legendary 1956 Session», Poll Winners PWR 27266. Art Tatum, piano; Red Callender, contrabbasso; Jo Jones, batteria. Registrato il 27 gennaio 1956.



 Download

lunedì 7 luglio 2014

Hear Ye! (Jimmy Cleveland)

 Jimmy Cleveland avrebbe potuto facilmente avere il primato fra i trombonisti del dopoguerra, dopo J. J. Johnson, ma preferì diversamente. Questa sua composizione ha un arrangiamento elegantissimo di Quincy Jones e in più Lucky Thompson al sax tenore, anche se non al suo meglio, e Cecil Payne, uno dei grandi del sax baritono.

 Buona settimana.

 Hear Ye! (Cleveland), da «Complete Recordings», Lonehill Jazz LHJ10235. Ernie Royal, tromba; Jimmy Cleveland, trombone; Lucky Thompson, sax tenore; Cecil Payne, sax baritono; John Williams, piano; Barry Galbraith, chitarra; Paul Chambers, contrabbasso; Joe Harris, batteria. Registrato il 12 agosto 1955.



 Download

domenica 6 luglio 2014

Loch Lomond (Chu Berry & Wingy Manone) – A Night in Tunisia (Dizzy Gillespie)

 Double bill domenicale, senza che i due pezzi abbiano altra relazione che il mio desiderio di farteli ascoltare. Loch Lomond era stata nel 1937 un grande successo discografico per Maxine Sullivan; qui l’assolo di Chu Berry si contiene in un’esecuzione dell’orchestra di Wingy Manone, dell’anno dopo.

 Night in Tunisia, ripresa da un concerto al MOMA di New York del 1961, è graziata da un assolo esorbitante di Dizzy, e da altri eccellenti di Lalo Schifrin, apprezzato qui come compositore, e di Leo Wright.

 Loch Lomond (trad., arr. Manone), da «Berry Story», Jazz Archives 21. Wingy Manone & His Orchestra. Wingy Manone, tromba e canto; Joe Marsala, clarinetto; Doc Rando, sax alto; Chu Berry, sax tenore; Conrad Lanoue, piano; Jack Lemaire, chitarra; Artie Shapiro, contrabbasso; Danny Alvin, batteria. Registrato il primo dicembre 1938.



 Download

 A Night in Tunisia (Gillespie), da «An Electrifying Night with the Dizzy Gillespie Quintet», Verve 5575442. Dizzy Gillespie, tromba; Leo Wright, sax alto; Lalo Schifrin, piano; Bob Cunningham, contrabbasso; Chuck Lampkin, batteria. Registrato il 9 febbraio 1961.



 Download

venerdì 4 luglio 2014

Kinda Dukish / Rockin’ in Rhythm – Perdido (Duke Ellington)

 Duke Ellington nel 1960 suona «Kinda Dukish» in trio come introduzione a «Rockin’ in Rhythm», pilastro del repertorio che qui ha la particolarità dell’obbligato di clarinetto eseguito da Harry Carney (il trombone solista è Booty Wood). 

 Perdido ha fino a poco prima del secondo minuto un arrangiamento per orchestra ridotta scritto a quattro mani da Jimmy Hamiton e Clark Terry (vi si cita brevemente Ornithology), e segue direttamente in uno a piena orchestra di Gerald Wilson. Il tutto non è specialmente ellingtoniano, comunque il Duke si fa sentire negli accompagnamenti.

 Kinda Dukish / Rocking’ in Rhythm (Ellington), da «Piano in the Background», Essential Jazz Classics EJC55521. Willie Cook, Eddie Mullens, Andres Merenghito, Ray Nance, tromba; Booty Wood, Britt Woodman, Lawrence Brown, trombone; Juan Tizol, trombone a pistoni; Jimmy Hamilton, clarinetto; Russell Procope, Johnny Hodges, sax alto; Paul Gonsalves, sax tenore; Harry Carney, clarinetto e sax baritono; Duke Ellington, piano; Aaron Bell, contrabbasso; Sam Woodyard, batteria. Registrato il 31 maggio 1960.



 Download

 Perdido (Tizol), id.



 Download

giovedì 3 luglio 2014

Bacon and Eggs – High Hopes – A Patch of Blue - Part 2 (Walt Dickerson)

 Oggi te ne ho preparata una bella davvero. Ti parlo dell’ultimo disco fatto da Walt Dickerson, quel mio pallino, prima del troppo lungo ritiro avvenuto nel medesimo 1966. Il progetto non si annunciava tanto promettente: il quartetto di Dickerson avrebbe interpretato le musiche scritte da Jerry Goldsmith per il film A Patch of Blue di Guy Green, 1965, un polpettoso dramma sentimentale a sfondo razziale con Sidney Poitier, film che procurò a Shelley Winters un Oscar come non protagonista e che credo non sia mai uscito in Italia. [Non è così, v. nei commenti].

 Il disco è invece non solo interessante, è bellissimo. In primo luogo perché Dickerson, nel tutto sommato poco che ci ha lasciato, non è mai banale, non suona mai tanto per fare, e nella sua musica è sempre viva una ricerca formale non appariscente che elicita sempre la risposta attiva di chi ascolta, giocando con la sua attesa e con i tempi dell’ascolto (rimando arrogantemente a quanto ne scrivevo alcuni anni fa).

 Ma c’è poi la chicca!, al pianoforte, in una sua più che rarissima esibizione da sideman, siede Sun Ra, no less, che in un paio di pezzi dà brevemente mano anche a un clavicembalo. Sun Ra dimostra anche qui di essere un pianista con i fiocchi, in possesso di una tecnica di base, seppur evidentemente non esercitata, molto solida, di un tocco variato e di un pensiero musicale sempre vigile, dal grande compositore che era, sorprendentemente simile in ciò Walt Dickerson. In Bacon and Eggs, sotto a un obbligato pervicacemente diatonico eseguito da vibrafono e contrabbasso, Sun Ra esegue delle interpunzioni ricche viceversa di blue note, in effettivo duetto con la batteria.

 Walt Dickerson, dal canto proprio, era in quegli anni at the top of his game. Se non si fosse ritirato dalla musica per dieci anni, non credo che Bobby Hutcherson avrebbe avuto il primato sullo strumento.

 Bacon and Eggs (Goldsmith), da «Reflections on A Patch of Blue», MGM. Walt Dickerson, vibrafono; Sun Ra, piano; Bob Cunnigham, contrabbasso; Roger Blank, batteria. Registrato nel 1965.



 Download

 High Hopes (Goldsmith), id.



 Download

A Patch of Blue - Part 2 (Goldsmith), id. Sun Ra anche clavicembalo.



 Download

mercoledì 2 luglio 2014

Plotju Usnuv – Princess Beauty (Stevko Busch & Paul Van Kemenade)

 Paul Van Kemenade (1957), olandese, e Stevko Busch (1966), tedesco, hanno registrato questa serie di sedici miniature (la più lunga non arriva a sei minuti) che traggono spunto da litanie sacre russo-ortodosse – la prima di Alexander Glazunov –  e dal jazz sudafricano di Abdullah Ibrahim, di cui sono proposte due composizioni ma la cui influenza echeggia qua e là nel disco.

 Misura e brevità sono due dei pregi dei pezzi del disco, che alternando ispirazioni e umori costituisce un ascolto ben convincente delle doti dei due; e lo dico benché un altro chiaro riferimento, oltre a quelli osservati, sia l’European Quartet di Keith Jarrett, un complesso che non mi è mai piaciuto.

 Plotju Usnuv (Busch), da «Contemplation. On Songs, Russian Chants, Miniatures», DNL 2010. Paul Van Kamenade, sax alto; Stevko Busch, piano. Registrato in date imprecisate fra 2009 e il 2010.



 Download

Princess Beauty (Busch), id.



 Download

martedì 1 luglio 2014

My Melancholy Baby (Derek Bailey)

Derek Bailey conosceva tutti gli standard del jazz, dei quali era interprete come già sai molto individuale.

 Nota però che la versione degli standard data da Bailey non era nel segno (facile) dell’ironia e nemmeno in quello della parodia; era una versione composita, in cui frammenti di esecuzione molto tradizionale si alternavano a frammenti, più lunghi, in cui i parametri soliti erano abbandonati e che restavano collegati ai primi da grumi o gesti motivici o ritmici che vi galleggiavano come relitti, oppure dal puro e semplice fatto di coesistere giustapposti.

 PS Ti piace? Ti piacerebbe ascoltare qui sopra più jazz «difficile»? Non che tenga in alcun conto le tue preferenze, eh… non sento obblighi verso di te, chiedo per curiosità.

 My Melancholy Baby (Burnett-Norton), da «Ballads», Tzadik TZ 7607. Derek Bailey, chitarra. Registrato il primo febbraio 2002.



 Download