domenica 15 gennaio 2012

Neophilia (Lee Morgan)

  Ovviamente Lee Morgan non sapeva che in quel luglio 1970 gli restava un anno e mezzo da vivere (Helen More gli avrebbe sparato nel jazz club newyorkese Slugs’ la sera del 19 febbraio 1972). Questi tre dischi riportano cinque set colti al Lightouse di Hermosa Beach, presso Los Angeles; sapendo come le cose si sarebbero svolte per il povero Lee, è difficile non leggervi, se non un testamento, una ricapitolazione, in certi titoli ma anche e soprattutto nella musica: il terzo di questi tre dischi contiene una rivisitazione di The Sidewinder.

  Neophilia inizia con un obbligato, seguito da un assolo di Bennie Maupin al clarinetto basso che ricorda irresistibilmente il suo lavoro in «Bitches Brew» di Miles Davis, uscito tre mesi prima.

  Neophilia (Maupin), da «Live at the Lighthouse», Blue Note 35228. Lee Morgan, flicorno; Bennie Maupin, clarinetto basso; Harold Mabern, piano; Jymie Merrit, contrabbasso amplificato; Mickey Roker, batteria. Registrato nel luglio 1970.



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3 commenti:

Paolo Lancianese ha detto...

Aveva 34 anni. A ventotto aveva fatto quel disco straordinario che è "Search for the New Land" - e poi dicono che non ha senso porsi domande del tipo: dove sarebbe arrivato, quali strade avrebbe intrapreso, quali nuovi territori avrebbe esplorato?
Vale anche per Clifford Brown, ovviamente, e ancor di più per Booker Little - morti anche più giovani, se è per questo. E, se è per questo, e per limitarci ai trombettisti, era morto più giovane anche Bix Beiderbecke. Ma nel caso di Bix sembra di essere davanti a un quadro già in qualche modo compiuto; cosa avrebbero fatto gli altri due negli anni Sessanta si può forse immaginare (e in ogni caso “Out Front” era stato già consegnato alla storia). Qui invece, per la miseria, senti che il grande capolavoro doveva ancora arrivare, ma che sarebbe arrivato... Ed eravamo all'inizio dei Settanta!
Per ciò si fanno le ricapitolazioni (perché ricapitolazione - hai detto bene - è “Live at the Lighthouse”); per dire: qui sono arrivato e ho già in mente quello che voglio fare. Lui lo sapeva, certo. Tu, Marco, un'idea ce l'avresti? O davvero non ha senso domandarselo?

Marco Bertoli ha detto...

Ho come l'impressione che Morgan non fosse comunque un artista da magnum opus: quando penso a lui non penso a un disco in particolare, mentre penso a «Out To Lunch» per Dolphy o a «Out Front» per Little, che non a caso tu ricordi entrambi. Morgan rappresentava, forse un po' in ritardo sulla sua generazione, un tipo di musicista che nel 1972, quando lui morì, era già un anacronismo, il bebopper quintessenziale, così nella musica come nella vita. Con lui si è davvero conclusa un'epoca.

Certo, sono sicuro che avrebbe fatto ancora cose memorabili, perché era nel pieno delle sue forze, come si sente fra l'altro in questi tre dischi del Lighthouse.

Anonimo ha detto...

Lo avevo già scritto a commento di un altro tuo post: i segnali che arrivavano dai dischi ultimi di Morgan indicano un'inquietudine che apriva ad altre situazioni. E' vero Marco, ci sono elementi che portano a considerarlo come il bebopper quintessenziale, l'epitome definitiva di un linguaggio e di uno stile di vita. Ma il Morgan finale, finale suo e nostro malgrado, si era macerato ascoltando il "nuovo" Davis (e non solo lui), quello espanso e liquido e spiazzante degli ultimi sixties e da lì voleva ripartire. Non aveva la testa di Miles, non possedeva quella rabdomantica capacità di individuare e sondare il nuovo e soprattutto non ne disponeva della sua capacità progettuale. Però era paradossalmente più pronto di altri ad assorbire certe spinte centrifughe, magari confusamente, magari tormentato da incertezze, ma era più pronto, ne sono convinto. Sapeva di essere rimasto intrappolato in certi cliché e già con album come quello citato da Paolo poco sopra voleva uscire dagli schemi "formulaici" in cui talvolta si era fatto ingabbiare. Era un gatto randagio, un inquieto disordinato, ma aveva talento ed era curioso. E giovane. Per me avrebbe realizzato ancora grande musica, magari a strappi, magari a lampi, ma grande musica.
M.G