lunedì 31 agosto 2020

Don’t Blame Me – Well, You Needn’t (Thelonious Monk)

 Ecco una brillantissima Don’t Blame Me dall’inedito dell’anno, il live di Monk & quartetto a Palo Alto, nella South Bay di San Francisco, nell’autunno del 1968. Segue Well, You Needn’t in cui Larry Gales, quel giorno veramente ispirato, prende un lungo assolo con l’arco; qui il microfono dell’improvvisata ripresa, opera di un bidello della scuola superiore in cui ebbe luogo il concerto, coglie il sommesso canticchiare del contrabbassista all’unisono con lo strumento, con un effetto involontariamente simile a quello che otteneva Slam Stewart o più ancora Major Holley.

 Monk e i suoi sembrano di buon umore e in vena di suonare quei caposaldi di repertorio a tempo piuttosto spedito.

 Ad ogni modo, voglio ricordare quell’episodio del 1968 nell’interezza delle sue circostanze avventurose e delle sue imprevedute conseguenze, così come l’ha ricostruito con acribìa Robin D. G. Kelley nella monumentale biografia di Monk che ho io stesso tradotto anni anni fa. «Jules Colomby» era in quegli anni l’agente di Monk.
 A questo punto entra in scena Danny Scher, un sedicenne ebreo nato e cresciuto a Palo Alto in una famiglia di borghesia medioalta. Fanatico appassionato di jazz, era un promettente scolaro della Palo Alto High School durante quell’estate del 1968, così calda dal punto di vista delle relazioni razziali. Tutti conoscevano Danny, perché un anno prima aveva organizzato tutto da solo il primo concerto jazz della Palo Alto High School, a cui aveva invitato nulla meno che il pianista Vince Guaraldi e il trio vocale Lambert, Hendrick & Ross. Inoltre, ogni mercoledì all’ora di pranzo conduceva un “programma radiofonico” sul jazz diffuso nel campus, anche se la “stazione radio” altro non era che un microfono, qualche altoparlante collocato strategicamente e un giradischi. Fuori dalla scuola, aveva cominciato a lavorare per alcuni promoter della Bay Area e aveva conosciuto Darlene Chan, che aveva prodotto la prima serie di concerti jazz alla U. C. a Berkeley e aveva lavorato per il critico Ralph J. Gleason. “Il mio sogno era quello di portare alla Palo Alto High School Thelonious Monk e Duke Ellington”, ha ricordato Scher. “Monk era la mia prima scelta, così chiesi a Darlene [Chan] come potessi mettermi in contatto con lui, e lei mi diede il numero di Jules Colomby. Io chiamai Jules, gli dissi che volevo scritturare Monk per la mia scuola. Mi pare che lui mi disse che mi sarebbe costato più o meno cinquecento dollari. Alla fine mi mandò un contratto, delle foto di Monk e delle copie di Underground. Dovetti chiedere al preside della scuola di firmare il contratto”. 
 Dal momento che Monk aveva già un ingaggio di tre settimane al club Both/And di San Francisco per la fine di ottobre, Scher prenotò l’auditorium per la domenica pomeriggio del 27 ottobre, e con il quartetto di Monk scritturò altre due band: il Jimmy Marks Afro Ensemble e Smoke, con Kenny Washington. Con il quartetto di Monk come band di cartello e la destinazione dei proventi all’International Club, Scher era sicuro di avere in tasca il tutto esaurito. Si sbagliava. La vendita dei biglietti da due dollari si rivelò problematica, tanto che dovette persuadere alcuni dei negozianti davanti ai quali passava distribuendo giornali a comprare degli spazi pubblicitari nel programma e a mettere in vetrina manifesti del concerto. Visto che anche così il botteghino restava lento, Scher decise di pubblicizzare il concerto a East Palo Alto. “Così andai ad appendere manifesti a East Palo Alto e in un attimo si diffuse la voce: ‘Ma come, Monk viene a suonare per i visi pallidi di Palo Alto? Se non lo vediamo non ci crediamo’. I neri che incontravo erano scettici, allora io gli dissi: trovatevi domenica nel parcheggio della scuola; se vedete arrivare Monk, comprate un biglietto”. 
 Adesso non gli restava che assicurarsi che Monk e i suoi giungessero a destinazione. Qualche giorno prima del concerto, Scher telefonò a Monk in albergo tanto per ricordargli dove fosse il posto. Monk rispose: “Ma io non ne so niente”. Venne fuori che non aveva mai visto il contratto e che la band non aveva modo di andare da San Francisco a Palo Alto e poi di tornare a San Francisco in tempo per il primo set. Monk fu però favorevolmente colpito dalla faccia tosta del ragazzo e acconsentì a suonare, soprattutto dopo che Scher offrì suo fratello come autista per portare tutti avanti e indietro. Quella domenica pomeriggio, ragazzi di Palo Alto, sia neri che bianchi, si radunarono nel parcheggio per verificare se Monk si sarebbe fatto vivo. Quando il furgone si fermò e Monk, Charlie Rouse, Larry Gales e Ben Riley ne scesero, tutti si misero in fila per comperare il biglietto. Così, ora della fine, il quartetto di Monk diede un eccellente concerto per un pubblico misto che quasi esaurì i posti in sala. Suonarono per oltre un’ora. Fu richiesto tumultuosamente un bis: Monk suonò da solo “Sweethearts od All My Dreams”, avendo poi la delicatezza di scusarsi perché non ne concedeva un secondo: “Stasera devo suonare in città”. 
 Thelonious si congedò dal pubblico, Danny lo pagò in contanti e suo fratello riportò la band al club Both/And con largo anticipo. Un paio di giorni dopo, Jules chiamò Danny chiedendogli i soldi. “Gli dissi che li avevo dati a Monk. Lui mi chiese, ‘Ma la mia commissione?’ e io gli risposi, ‘Beh, mr. Colomby, io non ho mai ricevuto un contratto. Se vuole la sua commissione, è meglio che la chieda a mr. Monk”. Scher sarebbe diventato uno dei maggiori organizzatori di concerti della West Coast. 
 Né Thelonious né il sedicenne Danny Scher compresero che cosa quel concerto avesse significato per le relazioni razziali nella zona. Per un solo bellissimo pomeriggio, neri e bianchi, Palo Alto ed East Palo Alto avevano sotterrato l’ascia di guerra e si erano trovati insieme ad ascoltare “Blue Monk”, “Well, You Needn’t” e “Don’t Blame Me”. Nove giorni più tardi, il referendum per cambiare il nome di East Palo Alto in Nairobi fu bocciato sonoramente, con un margine di più di due contro uno.
 Don’t Blame Me (Fields-McHugh), da «Monk – Palo Alto», Impulse! Thelonious Monk, piano. Registrato il 27 ottobre 1968.

 Well, You Needn’t (Monk), ib. Monk più Charlie Rouse, sax tenore; Larry Gales, contrabbasso; Ben Riley, batteria. 

2 commenti:

Paolo il Lancianese ha detto...

Meraviglioso regalo, questo disco inaspettato. E memorabile quel concerto: per l'anno in cui si svolse, per le circostanze che lo resero possibile, per il significato che ebbe. In questi giorni ho letto molti articoli e interviste sull'argomento ma ricordavo abbastanza chiaramente quel che avevo letto nel libro di Kelley e che tu opportunamente riporti. Perché non fu un concerto come un altro - e Monk lo sapeva in anticipo, se decise di assecondare quel cocciuto sedicenne...

Marco Bertoli ha detto...

Infatti, la storia qui mostra un Monk d’inaspettata bonomia