lunedì 17 agosto 2020

They Can’t Take That Away From Me – I Got A Crush On You (Joe Bushkin)

 Ieri ti ho fatto sentire (in realtà non l’ha ascoltato quasi nessuno, shame on you) Jess Stacy, oggi un altro pianista bianco della generazione pre-moderna, Joe Bushkin (1916-2004). 

 Bushkin cominciò giovanissimo con Bunny Berigan, poi fu con Tommy Dorsey e in seguito lavorò con Louis Armstrong, Benny Goodman e un sacco d’altri, anche fuori dal jazz. Era un pianista di grande facilità tecnica, in qualche modo a mezza strada fra Teddy Wilson e Al Haig, che metteva la piacevolezza sopra ogni cosa, com’è evidente in questo live del 1964 in cui Bushkin, con una ritmica di ottimo livello e costantemente defilata, si mostra premuroso prima d’ogni altra cosa del plauso del pubblico. Va riconosciuto che quel plauso se lo merita, il pianista e improvvisatore rifinitissimo che era, sia pure in un ambito che eccede di poco il cocktail piano e a volte per niente affatto (in I Can’t Get Started, che qui non senti, dà buona prova di sé anche come trombettista)

 Burt Bacharach da ragazzo ebbe la scelta fra prendere lezione da Teddy Wilson o da Joe Bushkin.  Scelse Bushkin, sa D*o perchè. Nella sua autobiografia, Anyone Who Had a Heart: My Life and Music, Bacharach racconta che dal Bushkin non ricevette mai una vera lezione di pianoforte; piuttosto gli insegnò a rollare le canne e gli diede consigli sulla pratica del sesso orale – Bushkin era progredito da quando aveva scritto per Frank Sinatra, in «Oh, Look At Me Now»: I never knew the technique of kissing

 They Can’t Take That Away From Me (Gershwin), da «Joe Bushkin In Concert - Town Hall», [Reprise] WEA WPCR-27430. Joe Bushkin, piano; Chuck Wayne, chitarra; Milt Hinton, contrabbasso; Ed Shaughnessy, batteria. registrato nel marzo 1964.

 I Got A Crush On You (Gershwin), id.

3 commenti:

loopdimare ha detto...

Il cocktail piano aleggia spesso sulle incisioni dei pianisti ante guerra, anche i top. Io penso perchè non era considerato squalificante un'attività del genere, allora. Poi le cose sono cambiate e tutti a suonare bene ma guai a dare l'impressione di voler finire da quelle parti. Pare che Bill Evans sia stato parecchio indeciso ad incidere da solo, perchè aveva paura di approdare in atmosfere prossime al piano bar.

Marco Bertoli ha detto...

Certo sono discussioni d’altri tempi: averne, oggi, di bar con, non dico un Bill Evans, ma anche “solo“ un Joe Bushkin.

Oliviero Marchesi ha detto...

Averne, sì!