mercoledì 12 agosto 2020

[Guest Post #72] Enrico Bettinello & Chris Lightcap

 Jazz nel pomeriggio ha ripreso di buona lena: lo dimostra anche il ritorno di Enrico Bettinello come guest poster. Bettinello, già contributore di Jnp ai tempi d’oro, per dire così, insegna all’università Ca’ Foscari di Venezia, la sua città, è curatore, scrittore e manager nell’ambito della musica e delle performing arts contemporanee. Membro del Board dei direttori di Europe Jazz Network e consulente di I-Jazz, l’associazione del festival jazz italiani, scrive per Il Giornale della Musica e AllAboutJazz ed è autore del libro Storie di jazz (Arcana, 2015).

Il pezzo scelto da Enrico, che non conoscevo, mi sembra brillante, soprattutto per la prestazione di Taborn al piano elettrico Wurlitzer (ben diverso dal Fender di ascolto più comune). 


 Quando ho chiesto a Marco Bertoli, che con grande gentilezza mi ha invitato a pensare un post per questo blog, cui avevo già contribuito nel 2014, che tipo di pezzo si aspettasse da me, se una cosa classica o più «moderna», mi ha risposto con la consueta autoironia che per lui qualsiasi cosa posteriore al 1956 era già moderna, esortandomi poi a stupirlo.

 Pur non essendo nei miei intenti quello di stupire chicchessia (alle soglie del mezzo secolo trovo assai poco affascinanti le narrazioni del jazz che procedono per opposizioni e presunti strappi), ho pensato che mi andava di raccontare un disco più o meno «recente» e comunque attuale.

 Tra le tante cose interessanti, ho ripescato «Epicenter» del contrabbassista Chris Lightcap, uscito nel 2015 per l’ottima etichetta portoghese Clean Feed, a nome di questa sua band che si chiama Bigmouth e che da circa un decennio rappresenta, con qualche variazione di assetto, il principale progetto a proprio nome.

 Lightcap è un musicista molto versatile, strumentista e compositore che vanta collaborazioni con Regina Carter così come con Marc Ribot, con Matt Wilson come con Craig Taborn. In questo suo quintetto ci sono due sax tenore piuttosto complementari come quelli di Tony Malaby e Chris Cheek, c’è proprio Taborn alle tastiere e un fantastico Gerald Cleaver dietro i tamburi.

 La musica di questo disco nasce da una commissione della Chamber Music America ed è dedicata alla città di New York, la cui varietà culturale e tensione urbana viene ben restituita dalla costruzione dei brani.

 Quello che ho scelto per voi, Nine South, apre il disco con un ostinato suonato al piano Wurlitzer da Taborn. Come se echi dell’Africa occidentale scivolassero lungo le strade della Grande Mela, il brano si sviluppa senza perdere mai una sottile e danzante ossessività su cui prima lo stesso pianista, poi i due sax tenore, infine Cleaver costruiscono intense idee soliste.
Il tema riappare, si contrappunta, si muove come struttura e nella struttura, lasciando nel finale i sassofoni a sovrapporsi alla frase dell’organo prima che svanisca nel silenzio. 

 I linguaggi del jazz dell’ultima parte del Novecento, le possibilità propulsive e timbriche che vengono da altri contesti popular ormai pienamente integrati nel DNA dei musicisti di un mondo globalizzato, una chiara idea formale che non preclude la fantasia degli improvvisatori. La musica di Chris Lightcap, senza particolari rivoluzioni, è tutto questo e mi convince e mi affeziona anche emotivamente. 

Mi fa piacere farla conoscere (o ricordarla) a Marco e a tutte le lettrici e lettori del suo blog.

Nine South (Lightcap), da «Epicenter», Clean Feed CF315CD. Chris Lightcap, contrabbasso; Craig Taborn, piano Wurlitzer; Tony Malaby, sax tenore; Chris Cheek, sax tenore; Gerald Cleaver, batteria. Registrato nel dicembre 2013.

1 commento:

pierrde ha detto...

Credo che il gruppo di Lightcap sia tra le migliori espressioni contemporanee del jazz made in USA. Anch'io ho amato molto qusto album di cui ho apprezzato sia la vena compositiva del leader che il meraviglioso gioco ad incastri tra i due fiati e le tastiere. Se ricordo bene, eventualmente chiedo pietà visto l'età che avanza, Bigmouth l'ho ascoltato dal vivo a Saalfelden, festival in cui era presente anche Enrico, e il ricordo del concerto è ancora vivo. Come quasi sempre, tocca aggiungere: peccato che dalle nostre parti si possa usufruire raramente di simili musicisti...