venerdì 30 ottobre 2015

[Guest Post #57] Paolo il Lancianese & Serge Chaloff

Oh, bene. La linea d’acqua di questo barcone si abbassa sempre, per maggiore levità del carico, quando il comando ne passa a Paolo il lancianese, che sceglie il jazz e scrive da poeta qual è. Non ci voleva di meno per commentare quest’esecuzione di Serge Chaloff, di intensità emotiva bruciante.

 Qual è lo standard più standard di tutti? Se hai detto Body and Soul hai detto bene. Non è necessario andare sul sito JazzStandards.com per averne la conferma. Di per sé, non sarebbe forse neppure una grandissima canzone, ma dal 1930 ad oggi l’hanno eseguita in mille e più di mille musicisti (da Louis Armstrong e Paul Whiteman, i primi) e in mille e più di mille cantanti (dalla suprema Billie Holiday alla più scalcinata vocalist), anche se per tutti la versione più memorabile, leggendaria addirittura, è quella di Coleman Hawkins del ’39.

 Qui, in JnP, l’hai ascoltata addirittura due volte dal sax tenore di Chu Berry (con Roy Eldridge) e una volta dal sassofono alto di Lee Konitz. Se volessi riascoltarli ancora, non potresti: dormono, dormono sulla collina, sepolti nel cimitero di DivShare. Puoi invece oggi, se ti va, ascoltare il sax baritono di Serge Chaloff che di Body and Soul offre l’interpretazione più struggente che io conosca, di un lirismo alto e doloroso. Chaloff morì giovanissimo: ma di lui non si può dire che, se fosse vissuto più a lungo, sarebbe potuto diventare il più grande baritonista del jazz. Lo era già, a trentaquattro anni. Lo è ancora.

 P.S. Una succinta scheda su Body and Soul puoi trovarla nel libro di Ted Gioia Gli standard del jazz, da poco tradotto in italiano da Francesco Martinelli e pubblicato dalla EDT. Un libro che ha certamente molti motivi di interesse, ma sa essere anche irritante – l’autore essendo uno che ama molto parlare di sé anche quando non ce ne sarebbe bisogno. Inutile dire che Serge Chaloff non vi è nemmeno nominato.

 Body and Soul (Heyman-Green-Eyton-Sour), da «Boston Blow-Up!», Capitol T 6510. Serge Chaloff, sax baritono; Boots Mussulli, sax alto; Herb Pomeroy, tromba; Ray Santisi, piano; Everett Evans, contrabbasso; Jimmy Zitano, batteria. Registrato a New York il 4 aprile 1955.

7 commenti:

loopdimare ha detto...

strano destino dei morti troppo presto: o diventano miti o spariscono dalla memoria. nessuna via di mezzo. lui forse avrebbe dovuto diventare un mito ela canzone a lui dedicata avrebbe potuto aiutarlo nell'impresa. poi anche lei è sparita un po' troppo presto...

sergio pasquandrea ha detto...

tanto per parlare un po' di me.
un tempo mi piaceva Ted Gioia, ma più passa il tempo più lo trovo insopportabile.

Marco Bertoli ha detto...

Ha scritto anche cose interessanti, p.e. il libro «Birth And Death Of Cool» (che parla di jazz solo tangenzialmente) ma effettivamente è una persona alquanto piena di sé.

Anonimo ha detto...

secondo me sia il libro sugli standard sia il suo lavoro sul cool jazz sono bellissimi. Comunque

Antonio P.

Anonimo ha detto...

mi è partito l'invio... dicevo, comunque a me la versione di Hawkins piace ma non ho mai capito perchè venga considerata così definitiva , e per quel che ne so neanche il titolare stesso trovava quella versione particolarmente memorabile. Questa di Chaloff mi mancava, bella!

Marco Bertoli ha detto...

Il Body And Soul di Hawkins è esemplare, più che definitivo.

loopdimare ha detto...

nulla è definitivo, tranne la morte.
scritta oggi, poi...
e il titolo poi si può leggere in modi lascivi oppure spirituali.
le versioni di cantanti donne virano sempre sul lascivo e anche quelle dei sassofonisti. per la spiritualità si deve passare ai pianisti.