venerdì 11 gennaio 2013

Ev’ry Time We Say Goodbye (Sonny Rollins) (Bill Evans & Warne Marsh)

 Cole Porter, peste mi colga, non è fra i miei compositori preferiti dell’American songbook, tranne che per tre o quattro canzoni che giudico grandiose. Una è senz’altro Love For Sale, che infatti ti ho proposto diverse volte, un’altra è Ev’ry Time We Say Goodbye.

 È quest’ultima che oggi senti in due versioni belle e diversissime. Nella prima c’è Sonny Rollins nel 1957 ed è sardonica e quirky come siamo abituati a sentire le ballad fatte da lui. Al piano, per la gioia dei miei piccoli ascoltatori, c’è Sonny Clark, impeccabile secondo suo solito.

 Ev’ry Time We Say Goodbye (Porter), da «The Sound Of Sonny», Riverside RLP 12-241. Sonny Rollins, sax tenore; Sonny Clark, piano; Percy Heath, contrabbasso; Roy Haynes, batteria. Registrato l’11 o il 12 giugno 1957.



 Download

 La seconda è di vent’anni dopo e viene da un disco di Bill Evans del periodo Fantasy, non uno dei più criticamente apprezzati. Bill invece vi suona benissimo (lo faceva sempre quando aveva davanti una front line) ed è in fast company con Warne Marsh e Lee Konitz. Qui in Ev’ry Time suona il solo Marsh; la loro resa della canzone, a differenza di quella di Rollins, è morbida e tenera, fin quasi al disfacimento. L’improvvisazione di Warne Marsh non è qui meno portentosa di quella di Rollins. Anzi, per fantasia melodica e ritmica e sagacia armonica, direi che le sia addirittura superiore.

 Ev’ry Time We Say Goodbye, da «Crosscurrents», Fantasy/OJCCD 718-2. Warne Marsh, sax tenore; Bill Evans, piano; Eddie Gomez, contrabbasso; Eliot Zigmund, batteria. Registrato nel marzo 1977.



 Download

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Uno dei tuoi piccoli ascoltatori ringrazia e dissente su Cole Porter: appunto, peste passeggera ti colga.
Che "Crosscurrents" sia da tanti critici sottostimato, considerato un elegante ed un poco esangue esercizio di stile, mi ha sempre fatto pensare (male, dei suddetti critici). Evans è essenziale e sempre in ascolto e a servizio di Konitz e Marsh, suggerisce e si fa trasportare, in un gioco di dare ed avere intrigante. Marsh in questo pezzo suona al meglio, con quella finezza e quella facilità di costruzione della melodia che nascondevano la complessità delle sue architetture. Un altro che ha ricevuto molto meno di quello che avrebbe meritato. Ma qui, in questa canzone di Porter, a me pare che anche il buon Zigmund sia baciato dalla grazia.
M.G.

sergio pasquandrea ha detto...

A me, personalmente, Crosscurrent ha sempre fatto impazzire. ;-)

LUIGI BICCO ha detto...

Piccola digressione: ma che bravo è', Roy Haynes?

Vabbè.

Marco Bertoli ha detto...

Batterista fantasmagorico!, fra i più grandi che mai si siano seduti dietro i tamburi. E un precursore autentico di Elvin Jones (l'uso esteso delle terzine), che sostituì anche, per un certo periodo in cui Elvin era «indisposto», nel quartetto di Coltrane (lo puoi sentire nel disco Impulse «Selflessness» in una bellissima ripresa dal vivo di Mt Favorite Things).

LUIGI BICCO ha detto...

Ecco, appunto. Ci sarà poi un motivo per il quale il mio batterista preferito in ambito jazz è proprio Elvin Jones ;)

La My Favorite Things con Haynes mi salta di continuo. Torno più tardi ad ascoltarla come si deve.