Don Byas, di cui è trascorso da una settimana l’anniversario di nascita (avrebbe compiuto centonove anni), è uno dei pochissimi nella cui produzione discografica posso pescare a caso, sicuro di non restare deluso. Quando poi pesco fra i suoi dischi americani di metà anni Quaranta, trovo sempre qualcosa che mi fa riflettere.
Mi piace oggi farti sentire Cherokee, la canzone di Ray Noble che sarebbe diventata in quel decennio un vessillo dei modernisti, suonata da Byas ancora nella fase «alta» del bebop, con una sezione ritmica indistinta e in un contesto che intende presentarsi come bebop ma non riesce a esserlo, a dispetto dell’inserzione nell’arrangiamento di quattro battute di progressione «moderna» (o classicheggiante) fourth up / fifth down (a 1:25 e ancora a 1:37).
Senti come la ritmica, che già arranca al tempo staccato dal saxofonista, arretri stilisticamente di quindici anni, mettendosi addirittura a dividere in due, non appena Byas esce di scena, al minuto 2:08, e lascia solo il pover’uomo del pianista. Don, che un bopper vero e proprio non fu, qui è sicuramente il più moderno dei quattro con il suo fraseggiare scioltissimo.
Charlie Parker avrebbe registrato la sua versione di Cherokee, Ko-Ko, forse l’assolo più famoso e rivoluzionario di tutto il jazz, sei mesi dopo, il 26 novembre 1945. A me sembra probabile che avesse nelle orecchie questa pionieristica versione di Don Byas.
Cherokee (Noble), da «Savoy Jam Party», Savoy SJL 2213. Don Byas, sax tenore; Teddy Brannon, piano; Frank Skeete, contrabbasso; Fred Radcliffe, batteria. Registrato il 17 maggio 1945.
2 commenti:
compagni non proprio all'altezza.
Tre pellegrini. Il momento che segnalo, a 2:08, è penoso.
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