Mi sono rivolto a questo disco di Pat Martino dopo aver ascoltato il disco appena uscito di uno dei più meritamente acclamati chitarristi jazz di oggi, disco in cui l’artista si accompagna da solo con sovraincisioni e loop per un risultato suadente alle orecchie e, a mio gusto, noioso.
Martino nel 1976 era nel pieno delle forze, quattro anni prima dell’accidente che per poco non lo uccise e lo costrinse poi alla fatica eroica di re-imparare a suonare la chitarra. Io, forse lo ricorderai, non sono un appassionato della chitarra jazz, i cui praticanti mi sembrano troppo spesso solleciti o della pura velocità o, vedi supra, di una piacevolezza un po’ facile, pop (lo so che non c’è niente di male nel pop, ma io la penso così, ok?).
Pat Martino mi sembra invece di quelli che non suonano una nota se non ne sono persuasi – e sì che di note ne fa anche lui parecchie. In compagnia di Gil Goldstein, che al piano elettrico gli fornisce un accompagnamento essenzialissimo e sommesso, quasi da harmonium, questa sua serietà espressiva è nella luce migliore, tanto nella tripartita Open Road quanto nei sei standard che completano il disco.
Buon venerdì 13.
Open Road [Olee, Variations and Song, Open Road] (Martino), da «We’ll Be Together Again», [Muse] 32Jazz. Pat Martino, chitarra; Gil Goldstein, piano elettrico. Registrato nel febbraio 1976.
Lament (J. J. Johnson), id.
3 commenti:
Pr me, uno dei più grandi interpreti della chitarra jazz. Un po' della razza di Wes Montgomery, mi pare.
Con Montgomery, infatti, uno dei pochi chitarristi di mio gradimento. Ciao, Paolo!
Purtroppo, dobbiamo parlarne al passato, vista la sua recente scomparsa. Ha avuto trascorsi fusion come tanti altri chitarristi coevi e se l'è cavata bene anche in quell'ambito senza cadute di stile. Eccellente il live con De Francesco e Hart inciso ad Oakland una ventina d'anni fa.
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