Si parlava due giorni fa, il pretesto ne era Archie Shepp, di saxofonisti «di avanguardia» ovvero reduci da una qualche avanguardia e dei diversi livelli di competenza con cui essi praticano l’improvvisazione jazzistica idiomatica, cioè su sequenze armoniche tonali e/o su strutture tematiche.
In quel post paragonavo Shepp ad Anthony Braxton, un paragone svantaggioso per Braxton, a voler intendere come un vantaggio assoluto la disinvoltura in quel genere di invenzione estemporanea.
Qui Braxton, nel 1979, affronta due classici del jazz moderno: uno, Giant Steps, è addirittura la pietra di paragone dell’improvvisatore su accordi. Si potrebbe pensare che, suonandoli in solitudine, Braxton abbia (non si dica per malizia) aggirato molti possibili ostacoli.
Dico la mia: sono un ammiratore fervido del Braxton di quegli anni, che a suo tempo ebbi occasione di ascoltare in persona molte volte, e a me queste due esecuzioni piacciono; poco mi cale che Braxton, qui, non navighi fra gli accordi con la sicurezza da incrociatore di un George Coleman o di un Johnny Griffin – ma con sicurezza tuttavia, a modo suo. Diverso è il discorso per i molti dischi in cui Braxton ha voluto suonare standard associandosi a sezioni ritmiche «tradizionali»; lì anch’io cedo quasi sempre alla perplessità.
Giant Steps (Coltrane), da «Alto Saxophone Improvisations 1979», Arista A2L 8602. Anthony Braxton, sax alto. Registrato il 21 giugno 1979.
Along Came Betty (Golson), id.
1 commento:
Devo legare il mio commento strettamente a un mio caso personale. Premesso che non soporto le esecuzioni in solo di strumenti non armonici, nemmeno quelli di Rollins, andai a sentire Braxton in solo al Ciack, assieme a un mio amico e ci portammo le due fidanzate. Le ragazze non conoscevano il jazz, sopratutto in quella versione, ma il mio amico mi confortò dicendomi che al concerto era abbinata la proiezione del film The Last Waltz, e che quindi loro si sarebbero consolate così. Quella sera rischiai la rottura di fidanzamento (che forse era anche una bella coaa. chissà) ma che allora non mi sembrava tale... A me il suo concerto non piacque èerchè mi sembrò una sua seduta di esercizi quotidiani.
Oggi mi ripeto. E trovo che la spiegazione stia proprio nell'essenza dell'esibizione e in quell'horror vacui, che spinge chi suona da solo a sommergere di note l'ascoltatore e a non lasciare mai un momento al resiro, al silenzio.
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