giovedì 27 agosto 2015

India – Gato Gato (Gato Barbieri)

 Questo di Gato Barbieri, del 1973, è un disco che ha una grande reputazione. Io non ne vado matto, ma ho scarsa sensibilità per le robe «etniche» e sono ora qui a farne ammenda, appunto.

 (Ovviamente scherzo, non mi sento affatto in colpa se questo disco, tutto intero, mi annoia. Non ne ho il gusto, semplicemente, o le conoscenze indispensabili).

 Una breve nota organologica: la quena è un flauto andino; l’erke è pure uno strumento di quelle parti che non ho capito bene; il siku è il flauto di Pan, quello che anni fa suonavano certi andini farlocchi ma piuttosto decorativi in piazza del Duomo a Milano; l’erkencho è uno strumento ad ancia semplice fatto con un corno di capra e il bombo indio è un tamburo.

 India (Barbieri), da «Latin America», Impulse AS-9248. Gato Barbieri, sax tenore; Raul Mercado, quena; Amadeo Monges, arpa andina; Quelo Palacios, chitarra; Antonio Pantoja, erke, siku, quena, erkencho; Adalberto Cevasco, basso elettrico; Domingo Cura, bombo indio; El Zurdo Roizner, percussioni. Registrato nel 1973

 Gato Gato (Barbieri), id.

9 commenti:

sergej ha detto...

anche l'erke, a quanto pare, dovrebbe essere uno strumento a fiato boliviano: sostanzialmente una canna cava, lunga anche 3 o 4 metri, con un corno d'animale montato all'estremità, a fare da campana.
non ha ancia, funziona un po' come un didgeridoo, con la bocca e la lingua del suonatore che producono il suono.
questo, almeno, è quel che ho capito io...

sergej ha detto...

(ovviamente sono Sergio Pasquandrea, questo "sergej" è un account Google che prima o poi dovrò cancellare)

Unknown ha detto...

Anche a me solitamente l'etnico annoia ma questa "india" è forte, mi ha intrippato bene! Yeah

loopdimare ha detto...

penso tu faccia riferimento al doppio che contiene i primi 3 capitoli: grande raccolta. imprescindibile, dove il free incontra la musica etnica per formare una miscela esplosiva. questi dischi prendono atto definitivamente dell'incapacità di Gato a dialogare alla pari con dei partner (probabilmente per un ego eccessivo). la musica fatta con Don Cherry e altri non fa testo, in quanto Gato non era ancora una stella.
basti vedere in Third World il poco spazio concesso a Roswell Rudd, sempre costretto a fare il controcanto. qui Gato non ha veri interlocutori ma solo un flusso continuo di musica rovente su cui è libero di suonare, e lo fa in maniera strepitosa. una formula però che si consumerà in fretta e lo porterà alla caricature di se stessso in pochi anni.

Jazz nel pomeriggio ha detto...

Grazie degli interessanti commenti! Ascolterò ancora questo disco con più attenzione.

loopdimare ha detto...

Dopo questo disco c'è ancora un buon disco (Viva Emiliano Zapata) con l'orchestra di Chico O'Farrill, in piena atmosfera salsa, seguito da un decente Alive in New York. Dopodichè il tracollo con la lunga sequenza di dischi A&M indigeribili, dove Gato per compensare la debolezza del repertorio e degli arrangiamenti, si scatena spesso in furiosi assoli assolutamente incongrui.
Il successo di Ultimo tango a Parigi aveva fatto un'altra vittima (dopo Bertolucci e Brando)

riccardo ha detto...

La figura di Gato Barbieri è stata in Italia troppo a lungo fraintesa ed è oggi in rivalutazione oltre oceano. In generale trovo un errore parlare genericamente di "etnico" per una musica e una cultura, quella latino-americana nel suo complesso che ha avuto e ha ancora adesso una grande influenza e importanza nel jazz. Quanto al disco Viva Emiliano Zapata si tratta semplicemente di un capolavoro nel suo genere. Un disco suonato e arrangiato alla grande. Continuare a a pensare che il jazz sia fatto solo di una manciata di contributi di proprio gusto operando una sorta di mitopoiesi personale escludendo una serie di contributi decisivi non credo si vada molto lontano nelle analisi. A parte quattro cose stabilite importanti non si sa bene da chi, tutto il resto un "commerciale", Un "etnico", uno show business. Epper la miseria, usciamo un po' da questa retorica incrostata da un'ideologismo musicale rimasto agli anni '70. Siamo nel 2015. Tutti i grandissimi chi più chi meno hanno fatto riferimento a musiche "etniche" o latino anericane o caraibiche. Da Armstrong e Ellington da Parker e Gillespie, da Mingus a Coltrane e via dicendo. Saranno mica stati tutti fessi no?

Gianni M. Gualberto ha detto...

Nulla di etnico in Gato Barbieri (la cui opera, noto, non è stata approfondita). Il contributo latino-americano è stato, negli ultimi cinque decenni, il più significativo momento sincretico nelle vicende della musica improvvisata africano-americana. Ma poiché sto scrivendo in materia un breve saggio per "Musica Jazz", lascio ai pochi che avranno la pazienza di leggerlo i miei "ragionamenti"...

loopdimare ha detto...

Il periodo A&M è sostanzialmente indifendibile, anche se il suo sax è sempre affascinante. Lo dico con cognizione di causa, visto che l'ho completo.