mercoledì 22 gennaio 2020

Maternity – Spinal (Eddie «Lockjaw» Davis)


 Si fa presto a dire «bebop». Sul finire del 1946 il bebop era stato in un modo o in un altro accettato, se non proprio assimilato; si erano temperate alquanto le asprezze originarie dello high bebop, il be-bop sorgivo dal ’44 alla prima metà del '46 e più lo sarebbero state di lì a poco, grazie soprattutto al proselitismo, per dire così, o meglio all’ecumenismo di Dizzy Gillespie, via le sue big band e i ritmi cubani, e i quintetti di Charlie Parker del 1947, nei quali il bebop per piccolo complesso raggiunse uno statuto classico. Lennie Tristano con i suoi trii e Dave Brubeck con il suo ottetto californiano stavano già più che alludendo a una versione bianca, che sarebbe stata detta cool, delle nuove invenzioni, con una controparte orchestrale nel second herd di Woody Herman; e nientemeno che  Benny Goodman, il Re dello Swing, stava per cimentarsi (senza troppa convinzione) con i suoni del dopoguerra. 
 Insomma, a me sembra che la periodizzazione accettata delle storie del jazz, grosso modo per decenni o lustri, non sia da buttar via, ma piuttosto da atomizzare; come già mi è capitato di dirti, credo che la ventina d’anni di jazz dal 1940 al 1960 dovrebbe essere oggetto di venti microstorie interrelate, una per anno, ed entro ognuna delle quali, come trama e ordito, s’intreccino sviluppi paralleli e anche molto diversi della musica.

 Ciò detto, questa seduta del dicembre 1946 ce la aspetteremmo rappresentativa di un tipo di bop di seconda generazione, più evoluto o almeno più tornito. Al contrario, e a dimostrazione del mio assunto di un gomitolo di storie a sviluppo non lineare, qui l’atmosfera pende piuttosto al grease e a una certa sommarietà del r’n’b, in una sorta di passo all’indietro (detto in senso non svalutativo) rispetto alla declinazione che, più o meno in quel torno di tempo o subito dopo, Mingus, Miles e John Lewis stavano cominciando a dare del bebop.

 Presiede Eddie «Lockjaw» Davis, credo alla prima registrazione a nome proprio o forse la prima in assoluto, con Fats Navarro e due dei bopper originarî, Al Haig e Denzil Best. Le composizioni di Davis, basate tutte sui rhythm changes, sono semplici e senza alcuna pretesa, direi anzi insulse, classici blowing vehicles. Gli assoli di Navarro sono raggi taglienti di luce; quelli di Lockjaw, invece, suonano piuttosto sconclusionati. Ci sarebbero voluti ancora diversi anni prima che la sua bizzarra estroversione trovasse un’espressione veramente musicale.

 Maternity (Davis), da «In the Beginning… Bebop!», Savoy SV 0169. Fats Navarro, tromba; Eddie «Lockjaw» Davis, sax tenore; Al Haig, piano; Huey Long, chitarra; Gene Ramey, contrabbasso; Denzil Best, batteria. Registrato il 16 dicembre 1946.

 Spinal, id.

2 commenti:

loopdimare ha detto...

In quegli anni il r’n’b era molto frequentto dai jazzisti ed era una "scappatoia" un po' più commerciale de bebop. Nessuna meravigli quindi di queste contaminazioni. In fondo stavano solo offrendo della music aun po' più semplice. Poi arrivò il rock and roll e cambiò tutto lo scenario. E il ruolo del jazz.

Marco Bertoli ha detto...

Sì, qui c'è una commistione singolare, perché nessuno dei presenti era un musicista r'n'b ma anzi Navarro, Haig e Best erano insigni praticanti del bebop, e i pezzi sono "rhythm changes" secondo una tipica pratica bop.