Di Mary Lou Williams qualche cosa su Jazz nel pomeriggio la trovi, frammentaria e laconicamente illustrata; tutte le volte che ne ho scritto ho avuto cura di chiarire che è una colonna del jazz, un’artista importante, e tutte le volte che mi capita di nominarla preciso sempre con aria virtuosa che, fosse soltanto stata un uomo, avrebbe un capitolo a suo nome nelle storie del jazz, come l’hanno Jelly Roll Morton o Duke Ellington.
Alla fine, tuttavia, non ne dico mai molto, probabilmente perché… non è un uomo, e i capitoli dedicati a lei, che pure cominciano a esserci, non sono andato a cercarli, e insomma condivido tutti i pregiudizi dei più: il fatto che ne sia consapevole non è una scusa e l’ammetterlo è mediocre anche come furbizia (disingenuous, si dice in inglese).
Breve, eccoti oggi MLW nel primissimo dopoguerra. Il bebop era già nato e precisamente conformato; la parte, indiretta e diretta, che la Williams ebbe nella sua gestazione è stata illuminata in parte e ancora dovrà esserlo, ma nelle musiche che ascoltiamo oggi m’importa osservare come i dispositivi armonici e testurali del bebop appaiano, non dirò «già superati», ma visti come dall’alto, integrati di una visione e di un progetto musicale che s’inizia molto prima – da Kansas City e dalle territory band, dallo stride piano – e che il bebop costeggia come cosa già nota e assorbita, senza bisogno di ostentarne certi caratteri superficialmente oltranzistici come l’ebbrezza della velocità e lo spasmo ritmico. Mary Lou Williams, come il Morton dei Red Hot Peppers vent’anni prima di lei, come l’Ellington di sempre, si muoveva in una linea storica sua propria, orientata a un’avanguardia dell’anima che talora precorre sviluppi che il jazz raggiungerà più avanti e talora li affianca: alcuni pezzi del ’46 e del ’47 contenuti in questo disco prezioso condividono in piccola misura lo straniato colore armonico dei coevi trii di Lennie Tristano; la versione orchestrata della sua nota composizione Lonely Moments (per uno strano organico di big band senza tromboni) comprende addirittura una breve sezione fugata.
Come nota di cronaca o di costume, le incisioni del 1945 sono di un combo tutto femminile (o quasi tutto: Bea Taylor era in realtà Billy Taylor, contrabbassista già con Ellington, chiamato all’ultimo minuto a sostituire June Rotenberg).
D.D.T. (Feather), da «The Chronological Mary Lou Williams 1945-1947», Classics 1050. Mary Lou Williams, piano; Mary Osborne, chitarra; Bridget O’Flynn, vibrafono; «Bea Taylor» (Billy Taylor), contrabbasso; Margie Hyams, batteria. Registrato nel 1945.
Lonely Moments (Williams), ib., Williams, piano. Registrato il 16 febbraio 1946.
Lonely Moments, ib., Milton Orent - Frank Roth Orchestra diretta da Mary Lou Williams: Irving Kustin, Leon «Red» Schwarz, Edward Sadowski, tromba; Martin Glaser, Al Feldman, sax alto; Musa Kaleem, sax tenore; Maurice Lopez, sax baritono; Frank Roth, piano; Milton Orent, contrabbasso; Jack Parker, batteria. Registrato nel 1947.