Si dà anche il caso di musicisti che non abbiano da dire che una cosa sola, e neanche si curino di variarne molto il tono; che tuttavia quella cosa la dicano sempre persuasi e sinceri, con l’accento della verità.
Di questi, uno mi sembra il pianista di Baltimora Lafayette Gilchrist (il nome!), che ti presentai qui sopra quand’era quasi giovane (è del 1967).
Io vivo in una dimensione allucinatoria per quanto riguarda l’attualità musicale ma anche per il resto, per lampi e frammenti non sequenziali, quindi non ho idea di quello che Gilchrist abbia fatto dal 2007 al 2019, l’anno di questa incisione, e neanche me ne importa qualcosa. Quanto avevo da dire su di lui lo dissi qui a suo tempo e non trovo niente da aggiungere, se non che la sua mi pare vieppiù una voce personale nel jazz di oggi, una le cui vantate radici hip hop non siano una belluria furbetta come in praticamente tutti gli altri che le dichiarano, e nella quale, per giunta, lo hip hop rivesta un interesse musicale che in ogni altra sua manifestazione mi elude.
Niente di eccezionale, intendimi bene, ma Gilchrist assomiglia solo a se stesso.
Blues For Our Marches To End (Gilchrist), da «Dark Matter», Lafayette Music. Lafayette Gilchrist, piano. Registrato nel 2019.
Black Flight (Gilchrist), id.
For The Go Go (Gilchrist), id.
2 commenti:
Non mi ero accorto che la pubblicazione dei post era ripresa: le mie giornate hanno una curiosità in più. E grazie per questa segnalazione: un album che mi è completamente passato inosservato.
Il fatto che sia un autodidatta qualche significato lo dovrà pur avere e quella mano sinistra la trovo un po' peculiare rispetto al gruppo dei pianisti contemporanei...
Bentornato anche a te
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