giovedì 12 novembre 2015

Limelight – What Is There To Say? (Gerry Mulligan)

 Ear candies: il classico quartetto pianoless di Mulligan del 1952 e una  sua incarnazione successiva intenta alla canzone di Vernon Duke che è una di quelle del mio cuor. La canzone è prefata da una meravigliosa intro eterofonica, una composizione in sé, in imitazione non rigorosa; Art Farmer vi suona ispirato, e le contromelodie di Mulligan sotto il suo assolo – dove la sezione ritmica passa dal tempo tagliato al 4/4 – sono la perfezione.

 Limelight (Mulligan), da «Limelight», Drive 607. Chet Baker, tromba; Gerry Mulligan, sax baritono; Carson Smith, contrabbasso; Chico Hamilton, batteria. Registrato nel 1952.

 What Is There To Say? (Harburg-Duke), ib. Art Farmer, tromba; Mulligan; Bill Crow, contrabbasso; Dave Bailey, batteria. Registrato nel 1959.

4 commenti:

loopdimare ha detto...

la prima edizione del quartetto ha fatto cose che a me piacciono molto quando ha avuto come ospite Lee Konitz, che di solito digerisco a piccole dosi.
Farmer è sempre elegantissimo ma con gli anni mi è sembrato un po' sfibrarsi, appisolato in un onorevole esercizio stilistico.

Marco Bertoli ha detto...

Davvero non ti va a genio Konitz?

È poi vero che Farmer non si è mai ripetuto ai livelli, del resto eccelsi, di un disco come «Sing Me Softly Of The Blues», tante volte proposto su Jnp, ma anche nei suoi anni più pantofolistici ed europei è stato sempre un trombettista, poi flicornista, di grande classe.

loopdimare ha detto...

ammetto che sia un genio, ma devo ammettere anche che spesso è un po' cervellotico nell'approccio. a volte questo approccio è superato dell'esecuzione musicale, a volte ne è un po' intrappolato. ammetto anche che sia una delle persone più "libere" di testa e che questa libertà gli ha consentito di fare viaggi arditi e impensabili ed anche di dialogare con colleghi molto più giovani di lui.
Il famosissimo Duets mi ha un po' perseguitato per anni, nel senso che cercavo di farmelo piacere con ascolti periodi. L'atro suo famoso StereoKonitz sarebbe anche molto bello, ma lui aveva pensato bene di usare il varitone...

Marco Bertoli ha detto...

Eh, «Stereokonitz» è proprio un period piece.