martedì 17 marzo 2020
Lullaby Of Birdland (Konitz, Mehldau, Haden, Motian)
Controinterpretazione di uno dei più melodiosi e caratteristici song del jazz moderno, di George Shearing, che ha conosciuto tante esecuzioni memorabili soprattutto da parte di cantanti, le più famose quelle di Sarah Vaughan e di Mel Tormé. I quattro illustri colti dal vivo al Birdland di New York or è una decina d’anni fanno del loro meglio, o almeno fanno quel che sanno fare, per renderla falotica e non immediatamente espressiva.
A Mehldau di essere espressivo credo sia sempre importato poco, e qui lo senti nel suo umore più cervellotico in un assolo – debbo dirlo, mirabile – nel quale, con audacia tristaniana (Lennie), sembra porsi, un chorus via l’altro, problemi sempre più complessi, non curandosi troppo di farsi seguire dal pubblico e forse nemmeno dalla sua sezione ritmica; che tuttavia, costituendosi di Charlie Haden e Paul Motian, non si spaventa di nulla.
Haden, proprio come faceva il suo Ornette nelle collaborazioni, suona sempre se stesso in relativa indifferenza al contesto; Motian, nessun pianista è mai riuscito a seminarlo, visto il suo metodo di non battere mai il quattro ma di star dietro a modo suo alle divisioni del pianista. Aveva imparato a farlo con Evans per poi continuare con Jarrett.
Lee Konitz con l’avanzare degli anni, qui erano ottantadue, ha sviluppato verso i materiali tematici una specie di atteggiamento dispeptico, dispettoso, espresso per la via di una sonorità ormai da un pezzo al di là del bello e del brutto, che qui non disdice all’atteggiamento astratto e un po’ spregioso del pianista.
Lullaby Of Birdland (Shearing), da «Live At Birdland», ECM 2162. Lee Konitz, sax alto; Brad Mehldau, piano; Charlie Haden, contrabbasso; Paul Motian, batteria. Registrato nel dicembre 2009.
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7 commenti:
Sono sostanzialmente d'accordo, però ti faccio notare che Mehldau, nel suo solo, continua sempre a ruminare intorno alla melodia, allontanandosene progressivamente ma non abbandonandola mai, e anzi ricascandoci sopra proprio sulle ultimissime battute.
P.S. sono Sergio Pasquandrea, questo vecchio avatar ogni tanto risbuca fuori...
Ciao!
L'impressione che non avessero voglia di suonarla mi assale improvvisa. Konitz fa il solito distratto che pensa ad altro e Meldau sembra assecondarlo in questo elegantissimo vagare, con un assolo molto lineare.
Lineare perché molto logico, ma vario e composito. Il disco intero è suonato «da par loro» ma secondo me è piuttosto noioso, dico la verità.
Diciamo che, fra tutti e quattro, non sono personalità da cui ci si possa aspettare un coinvolgimento viscerale.
Concordo fra l'altro su Haden, che suona sempre e comunque le sue cose, ovunque si trovi. Il che è nel suo pieno diritto, per carità, e le suona da dio, ma l'impressione che abbia suonato sempre lo stesso assolo per 40 anni non me la leva nessuno.
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