Chico Freeman, nell’head di questa che mi sembra proprio una contraffazione di Hot House, si è ricordato dei quartetti di Anthony Braxton di quegli anni (1976). Del resto, dell’eteroclita formazione sono parte alcuni personaggi illustri dell’AACM di Chicago.
Questo fu l’esordio a proprio nome di Freeman e apparve in origine per un’etichetta giapponese.
Conversations (Freeman), da «Morning Prayer», [Whynot] India Navigation IN-1063. Chico Freeman, sax tenore; Henry Threadgill, sax baritono; Muhal Richard Abrams, piano; Cecil McBee, contrabbasso; Steve McCall, batteria. Registrato nel 1976.
lunedì 30 novembre 2015
domenica 29 novembre 2015
Prelude To A Kiss (Mickey Tucker)
Di tanti che parlano o scrivono di jazz, in ispecie sull’internet, mi incuriosisce l’uso ampio dell’aggettivo «sottovalutato» anche quando si tratti di musicisti ben noti; il più delle volte sembra un espediente un po’ corrivo per lasciar intendere un proprio gusto, proprie conoscenze superiori a quelle di οἱ πολλοί.
Per Mickey Tucker (1941), però, corro volentieri il rischio di rendermi curioso a mia volta, perché mi pare un pianista di belle capacità e bellissima musicalità, teste anche quanto di lui già abbiamo sentito a suo tempo su Jazz nel pomeriggio, e che se non sbaglio non gode, tutto sommato, della notorietà che merita. L’episodio stride di questa Prelude To A Kiss, inserito fra una intro e una coda rapsodiche, tatumiane, è volutamente caricaturale.
Prelude To A Kiss (Ellington), da «The Piano Players», Xanadu 171. Mickey Tucker, piano. Registrato il 22 dicembre 1975.
Per Mickey Tucker (1941), però, corro volentieri il rischio di rendermi curioso a mia volta, perché mi pare un pianista di belle capacità e bellissima musicalità, teste anche quanto di lui già abbiamo sentito a suo tempo su Jazz nel pomeriggio, e che se non sbaglio non gode, tutto sommato, della notorietà che merita. L’episodio stride di questa Prelude To A Kiss, inserito fra una intro e una coda rapsodiche, tatumiane, è volutamente caricaturale.
Prelude To A Kiss (Ellington), da «The Piano Players», Xanadu 171. Mickey Tucker, piano. Registrato il 22 dicembre 1975.
sabato 28 novembre 2015
[Guest Post #58] Guido Calza & Honi Gordon
Chissà le volte che ti sei domandato: quanti saranno i traduttori di mestiere che siano anche appassionati di jazz? Ecco, che io sappia almeno due: oltre a me, sempre a Milano c’è l’eccellente Guido Calza, che poche sere fa è andato a sentire Bob Dylan e dopo ha pensato a noi. La sua scelta, raffinata come il commento che l’accompagna, ci offre anche un grande assolo di Jaki Byard e, ascolto raro, Ken McIntyre.
Vorrei proporre un guest post a seguito del concerto di Bob Dylan. Un omaggio.
Com’è noto Dylan si è avvicinato al repertorio degli standard con esiti quanto meno interessanti. A Milano ha eseguito un pezzo ricordato, oltre che per le due versioni di Sinatra, per quella di una giovanissima Honi Gordon (che collaborò con Mingus, nientemeno): Why Try To Change Me Now, di McCarthy e Cy Coleman (la classe non è acqua).
La voce della Gordon, di chiara ispirazione «vaughaniana», ha un bel timbro caldo e nei gravi, che contrasta con gli acuti chiari e quasi «da bianca». Il pezzo, registrato per il suo unico album (Prestige) nel 1962, è movimentato da un assolo blueseggiante di Jaki Byard, che raddoppia il tempo e anticipa le virtuose variazioni del finale.
Why Try to Change Me Now (Coleman-McCarthy), da «Honi Gordon Sings», Prestige 7230. Honi Gordon, voce; Jaki Byard, piano; Wally Richardson, chitarra; Ken McIntyre, flauto, sax alto; George Duvivier, contrabbasso; Eddie Shaughnessy, batteria. Registrato il 23 marzo 1962.
giovedì 26 novembre 2015
Blue Bells (Stan Getz & Tony Fruscella)
Questa seduta ha un certo whiff californiano nel tema disossato e negli accenni di contrappunto, benché abbia avuto luogo a New York. Il pianista John Williams è colui che anni dopo si sarebbe illustrato componendo clamorose fanfare di ottoni per molti blockbuster di Hollywood.
Blue Bells (Sunkel), da «The 1954 Unissued Atlantic Sessions», Fresh Sound FSR-CD 660. Tony Fruscella, tromba; Stan Getz, sax tenore; John Williams, piano; Bill Anthony, contrabbasso; Frank Isola, batteria. Registrato il 31 gennaio 1955.
Blue Bells (Sunkel), da «The 1954 Unissued Atlantic Sessions», Fresh Sound FSR-CD 660. Tony Fruscella, tromba; Stan Getz, sax tenore; John Williams, piano; Bill Anthony, contrabbasso; Frank Isola, batteria. Registrato il 31 gennaio 1955.
martedì 24 novembre 2015
Blues Without Woe (Teddy Charles)
Redattore incimurrito, «Pomeriggio» striminzito: solo musica e quasi niente parole. Non ne scapiterà nessuno.
Blues Without Woe (Teddy Charles), da «Olio», [Prestige] OJCCD-1004-2. Thad Jones, tromba; Frank Wess, sax tenore; Teddy Charles, vibrafono; Mal Waldron, piano; Doug Watkins, contrabbasso; Elvin Jones, batteria. Registrato il 16 febbraio 1957.
Blues Without Woe (Teddy Charles), da «Olio», [Prestige] OJCCD-1004-2. Thad Jones, tromba; Frank Wess, sax tenore; Teddy Charles, vibrafono; Mal Waldron, piano; Doug Watkins, contrabbasso; Elvin Jones, batteria. Registrato il 16 febbraio 1957.
lunedì 23 novembre 2015
Lula (Benny Carter)
Lula (Carter), da «BBB & Co.», [Prestige] OJCCD-758-2. Shorty Sherock, tromba; Barney Bigard, clarinetto; Benny Carter, sax alto; Ben Webster, sax tenore; Jimmy Rowles, piano; Dave Barbour, chitarra; Leroy Vinnegar, contrabbasso; Mel Lewis, batteria. Registrato il 10 aprile 1962.
domenica 22 novembre 2015
Lonely Woman – Oyster Perpetual (Hugh Hopper)
Ascolta dapprima un’interpretazione suggestiva della forse più nota composizione di Ornette Coleman da parte di alcuni heavies del prog e del jazz inglese degli anni Settanta. La melodia è eseguita in unisono dai fiati con scrupolo quasi pedante e adoperata come «cantus firmus», al tenore, per i misteriosi movimenti che avvengono nelle frequenze basse.
Segue una composizione del leader Hugh Hopper.
Lonely Woman (Coleman), da «Hopper Tunity Box», Culture Press 3012842. Marc Charig, corno tenore; Elton Dean, saxello; Gary Windo, clarinetto basso; Richard Brunton, chitarra; Hugh Hopper, basso elettrico, percussioni. Registrato nel 1976.
Oyster Perpetual (Hopper), ib. C.s. ma senza Brunton e Windo; Frank Roberts, piano elettrico; Mike Travis, batteria.
Segue una composizione del leader Hugh Hopper.
Lonely Woman (Coleman), da «Hopper Tunity Box», Culture Press 3012842. Marc Charig, corno tenore; Elton Dean, saxello; Gary Windo, clarinetto basso; Richard Brunton, chitarra; Hugh Hopper, basso elettrico, percussioni. Registrato nel 1976.
Oyster Perpetual (Hopper), ib. C.s. ma senza Brunton e Windo; Frank Roberts, piano elettrico; Mike Travis, batteria.
sabato 21 novembre 2015
Ain’t Misbehavin’ – Yesterdays – Chopin Prelude (Enrique Villegas)
L’argentino Enrique «Mono» Villegas (1913-1986) qui è ripreso nel 1956 negli Stati Uniti, in fast company.
Secondo il poco che di Villegas ho trovato sull’internet, l’argentino fece una buona impressione nel suo breve soggiorno nord-americano, quando fu sotto contratto con la Columbia per due dischi.
Io ho trovato questo «Introducing» piacevole, ma non fino alla fine. Diciamo che il suo timing poco idiomatico, o che almeno non è quello che intendo io per swing in simile repertorio e formazione, non è (per me) specialmente interessante, né lo sono le sue improvvisazioni episodiche e capziose. Chopin Prelude è un pastiche un po’ insulso che combina le battute introduttive della Ballata in sol minore con il Preludio in La maggiore. Se non altro Villegas ci ha risparmiato il Preludio in Mi minore, malmenato sovente dai jazzisti.
Yesterdays (Kern-Harbach), id.
Chopin Prelude, id.
Secondo il poco che di Villegas ho trovato sull’internet, l’argentino fece una buona impressione nel suo breve soggiorno nord-americano, quando fu sotto contratto con la Columbia per due dischi.
Io ho trovato questo «Introducing» piacevole, ma non fino alla fine. Diciamo che il suo timing poco idiomatico, o che almeno non è quello che intendo io per swing in simile repertorio e formazione, non è (per me) specialmente interessante, né lo sono le sue improvvisazioni episodiche e capziose. Chopin Prelude è un pastiche un po’ insulso che combina le battute introduttive della Ballata in sol minore con il Preludio in La maggiore. Se non altro Villegas ci ha risparmiato il Preludio in Mi minore, malmenato sovente dai jazzisti.
Per ragioni che non so, questi tre file non si eseguono online. Puoi tuttavia scaricarli e ascoltarli con qualche programma dedicato.Ain’t Misbehavin’ (Razaf-Waller-Brooks), da «Introducing Villegas», Columbia CL 787. Enrique Villegas, piano; Milt Hinton, contrabbasso; Cozy Cole, batteria. Registrato nel 1956.
Yesterdays (Kern-Harbach), id.
Chopin Prelude, id.
venerdì 20 novembre 2015
Contra Basse (Anthony Braxton)
Una sveglia inquietante, oggi, con il sax contrabbasso di Anthony Braxton da questo bizzarramente titolato disco del 1971, lo stesso che contiene un surreale quintetto di bassi tuba.
Contra Basse (Braxton), da «The Complete Braxton», Freedom 32JDF-185. Anthony Braxton, sax contrabbasso. Registrato nel febbraio 1971.
Contra Basse (Braxton), da «The Complete Braxton», Freedom 32JDF-185. Anthony Braxton, sax contrabbasso. Registrato nel febbraio 1971.
giovedì 19 novembre 2015
Bag’s Groove (Jay & Kai)
Ho un debole notorio per il trombone choir ma mi accontento anche di due soli tromboni, specie di questi due. Il primo solista è J.J. Johnson, il secondo Kai Winding.
(Il trombone e meglio ancora due tromboni dilatano il suono e lo spazio in cui il suono si spande e la musica si sviluppa; dilatano anche il tempo, per la loro meccanica particolare che induce gli esecutori, per quanto virtuosi, a scegliere valori di nota lunghi; dilatano perfino il tempo storico all’indietro: inevitabilmente, un pezzo di jazz con il trombone – e meglio ancora etc – guarda indietro, rimanda a epoche passate, perfino remote. In questo classico bebop blues, la ritmica finisce per prendere un passo marcatamente Swing).
Bag’s Groove (Jackson), da «Early Bones», Prestige P-24067. J. J. Johnson, Kai Winding, trombone; Dick Katz, piano; Peck Morrison, contrabbasso; Al Harewood, batteria. Registrato il 3 dicembre 1954.
(Il trombone e meglio ancora due tromboni dilatano il suono e lo spazio in cui il suono si spande e la musica si sviluppa; dilatano anche il tempo, per la loro meccanica particolare che induce gli esecutori, per quanto virtuosi, a scegliere valori di nota lunghi; dilatano perfino il tempo storico all’indietro: inevitabilmente, un pezzo di jazz con il trombone – e meglio ancora etc – guarda indietro, rimanda a epoche passate, perfino remote. In questo classico bebop blues, la ritmica finisce per prendere un passo marcatamente Swing).
Bag’s Groove (Jackson), da «Early Bones», Prestige P-24067. J. J. Johnson, Kai Winding, trombone; Dick Katz, piano; Peck Morrison, contrabbasso; Al Harewood, batteria. Registrato il 3 dicembre 1954.
martedì 17 novembre 2015
One White Whale (Fred Kaz)
Di Fred Kaz, pianista di jazz solo occasionale ma sugoso, ti ho già detto tempo fa. Lì ti rimando.
One White Whale (Kaz), da «Eastern Exposure», Atlantic SD-1335. Fred Kaz, piano; Victor Sproles, contrabbasso; Roger Wandersheid, batteria. Registrato il 25 marzo 1960.
One White Whale (Kaz), da «Eastern Exposure», Atlantic SD-1335. Fred Kaz, piano; Victor Sproles, contrabbasso; Roger Wandersheid, batteria. Registrato il 25 marzo 1960.
lunedì 16 novembre 2015
Something About Believing (Duke Ellington)
Come tutte le professioni di fede genuine, quella di Duke Ellington è semplice, serena, lampante, irresistibile; e si può anche cantare.
Something About Believing (Ellington), da «Second Sacred Concert», Prestige 0002521854428. Duke Ellington Orchestra: Cat Anderson, Cootie Williams, Mercer Ellington, Herbie Jones, Money Johnson, tromba; Lawrence Brown, Buster Cooper, Benny Green, trombone; Chuck Connors, trombone basso; Johnny Hodges, Russell Procope, sax alto; Paul Gonsalves, Jimmy Hamilton, sax tenore; Harry Carney, sax baritono; Duke Ellington, piano elettrico; Jeff Castleman contrabbasso; Sam Woodyard, Steve Little, batteria. A.M.E. Mother Zion Church Choir; Choirs of St. Hilda and St. Hugh’ School; Central Connecticut State College Singers; The Frank Parker Singers. Registrato nel 1968.
Something About Believing (Ellington), da «Second Sacred Concert», Prestige 0002521854428. Duke Ellington Orchestra: Cat Anderson, Cootie Williams, Mercer Ellington, Herbie Jones, Money Johnson, tromba; Lawrence Brown, Buster Cooper, Benny Green, trombone; Chuck Connors, trombone basso; Johnny Hodges, Russell Procope, sax alto; Paul Gonsalves, Jimmy Hamilton, sax tenore; Harry Carney, sax baritono; Duke Ellington, piano elettrico; Jeff Castleman contrabbasso; Sam Woodyard, Steve Little, batteria. A.M.E. Mother Zion Church Choir; Choirs of St. Hilda and St. Hugh’ School; Central Connecticut State College Singers; The Frank Parker Singers. Registrato nel 1968.
domenica 15 novembre 2015
[Guest Post #58] Paolo il Lancianese e la Francia
Echoes Of France (La Marseillaise) (Rouget de l’Isle), da «The Complete Django Reinhardt and Quintet of the Hot Club of France Swing / HMV Sessions 1936-1948», Mosaic Records MD6-190. Stéphane Grappelli, violino; Django Reinhardt, Jack Llewelyn, Allan Hodgkiss, chitarra; Coleridge Goode, contrabbasso. Registrato a Londra il 31 gennaio 1946.
Long Island Sound (Stan Getz)
Si tratta della versione getziana di Zing! Went The String Of My Heart, eseguita alla Carnegie Hall durante le festività natalizie del 1949 in un concerto organizzato da Leonard Feather, «Stars Of Modern Jazz».
Long Island Sound (Getz), da «Stars Of Modern Jazz Concert At Carnegie Hall, Christmas, 1949», IAIRC 20. Stan Getz, sax tenore; Kai Winding, trombone; Al Haig, piano; Tommy Potter, contrabbasso; Roy Haynes, batteria. Registrato nel dicembre 1949.
Long Island Sound (Getz), da «Stars Of Modern Jazz Concert At Carnegie Hall, Christmas, 1949», IAIRC 20. Stan Getz, sax tenore; Kai Winding, trombone; Al Haig, piano; Tommy Potter, contrabbasso; Roy Haynes, batteria. Registrato nel dicembre 1949.
sabato 14 novembre 2015
Crepuscular Air – Lost Mind (Mose Allison)
Crepuscular Air (Allison), da «Local Color», Prestige/OJC 00025218645720. Mose Allison, piano; Addison Farmer, contrabbasso; Nick Stabulas, batteria. Registrato l’8 novembre 1957.
Lost Mind (Allison), id.
Lost Mind (Allison), id.
venerdì 13 novembre 2015
Rose Room (Barney Bigard & Sidney Catlett)
Barney Bigard, che con il suo stile mellifluo fu una delle più caratteristiche voci di clarinetto del jazz, aveva spesso suonato Rose Room nella contraffazione ellingtoniana nota come In A Mellotone. Il pezzo si risolve presto in un duetto clarinetto-batteria, con Big Sid Catlett.
Ah, buon venerdì 13.
Rose Room (Hickman-Williams), da «The First Esquire Concert, 1944 - Vol. 2», JUCD 2017. Barney Bigard, clarinetto; Art Tatum, piano; Al Casey, chitarra; Oscar Pettiford, contrabbasso; Sidney Catlett, batteria. Registrato il 18 gennaio 1944.
Ah, buon venerdì 13.
Rose Room (Hickman-Williams), da «The First Esquire Concert, 1944 - Vol. 2», JUCD 2017. Barney Bigard, clarinetto; Art Tatum, piano; Al Casey, chitarra; Oscar Pettiford, contrabbasso; Sidney Catlett, batteria. Registrato il 18 gennaio 1944.
giovedì 12 novembre 2015
Limelight – What Is There To Say? (Gerry Mulligan)
Ear candies: il classico quartetto pianoless di Mulligan del 1952 e una sua incarnazione successiva intenta alla canzone di Vernon Duke che è una di quelle del mio cuor. La canzone è prefata da una meravigliosa intro eterofonica, una composizione in sé, in imitazione non rigorosa; Art Farmer vi suona ispirato, e le contromelodie di Mulligan sotto il suo assolo – dove la sezione ritmica passa dal tempo tagliato al 4/4 – sono la perfezione.
Limelight (Mulligan), da «Limelight», Drive 607. Chet Baker, tromba; Gerry Mulligan, sax baritono; Carson Smith, contrabbasso; Chico Hamilton, batteria. Registrato nel 1952.
What Is There To Say? (Harburg-Duke), ib. Art Farmer, tromba; Mulligan; Bill Crow, contrabbasso; Dave Bailey, batteria. Registrato nel 1959.
Limelight (Mulligan), da «Limelight», Drive 607. Chet Baker, tromba; Gerry Mulligan, sax baritono; Carson Smith, contrabbasso; Chico Hamilton, batteria. Registrato nel 1952.
What Is There To Say? (Harburg-Duke), ib. Art Farmer, tromba; Mulligan; Bill Crow, contrabbasso; Dave Bailey, batteria. Registrato nel 1959.
mercoledì 11 novembre 2015
Nightingale (Barry Harris)
Nightingale (Cugat-Rosner-Wise), da «Newer Than New», Riverside/OJCCD-1062-2. Lonnie Hillyer, tromba; Charles McPherson, sax alto; Barry Harris, piano; Ernie Farrow, contrabbasso; Clifford Jarvis, batteria. Registrato il 28 settembre 1961.
martedì 10 novembre 2015
[Comunicazione di servizio] Un nuovo libro su Robert Wyatt
Robert Wyatt non è un jazzista, ma è ed è sempre stato un grande appassionato del jazz, vi si è avvicinato quando suonava nei Soft Machine e questa sua passione si avverte anche nel suo lavoro di songwriter.
Per questo non giudico fuori luogo segnalare qui l’uscita di una nuova biografia critica del musicista inglese, Different Every Time: la biografia autorizzata di Robert Wyatt di Marcus O’Dair. La pubblica la Giunti nella collana Bizarre, c’è la prefazione di Jonathan Coe e la traduzione (traduzione d’eccellenza, e non lo dico perché l’autore è mio amico) di Alessandro Achilli, il ben noto scrittore di musica e anche di jazz, redattore fino a pochissimo tempo fa della rivista «Musica Jazz» nonché reticente contributore di Jazz nel pomeriggio.
Per questo non giudico fuori luogo segnalare qui l’uscita di una nuova biografia critica del musicista inglese, Different Every Time: la biografia autorizzata di Robert Wyatt di Marcus O’Dair. La pubblica la Giunti nella collana Bizarre, c’è la prefazione di Jonathan Coe e la traduzione (traduzione d’eccellenza, e non lo dico perché l’autore è mio amico) di Alessandro Achilli, il ben noto scrittore di musica e anche di jazz, redattore fino a pochissimo tempo fa della rivista «Musica Jazz» nonché reticente contributore di Jazz nel pomeriggio.
Monique (Paul Bley)
Dapprima sembra che Paul Bley si sia messo semplicemente in ascolto della musica, in attesa di qualcosa che prima o poi deve succedere, mentre lascia andare le dita come in un esercizio un po’ sonnambolico. E di cose, infatti, ne succedono, non appena passato il primo minuto, a cominciare dalla più inattesa delle citazioni, per quanto obliqua e decostruita: Up, Up And Away, la canzone di Jimmy Webb che fu un successo nel 1967 cantata dai Fifth Dimension.
Monique (Bley), da «The Life of a Trio: Sunday», Owl 014 735 2. Paul Bley, piano. Registrato il 17 dicembre 1989.
Monique (Bley), da «The Life of a Trio: Sunday», Owl 014 735 2. Paul Bley, piano. Registrato il 17 dicembre 1989.
lunedì 9 novembre 2015
England’s Carol – Variations On A Christmas Theme (Modern Jazz Quartet)
Quest’anno anticipo perfino i negozianti di Milano con le decorazioni natalizie alla mia vetrina, per il solito austera. La «English carol» è, naturalmente, God Rest Ye, Merry Gentlemen.
England’s Carol (trad.), da «Plastic Dreams», Atlantic Masters 8122747022. The Modern Jazz Quartet: Milt Jackson, vibrafono; John Lewis, clavicembalo; Percy Heath, contrabbasso; Connie Kay, batteria. Registrato nel 1971.
Variations On A Christmas Theme (Lewis), c.s. più Snookie Young e Joe Newman, tromba; Garnett Brown, trombone; Jim Buffington, corno; Don Butterfield, tuba.
England’s Carol (trad.), da «Plastic Dreams», Atlantic Masters 8122747022. The Modern Jazz Quartet: Milt Jackson, vibrafono; John Lewis, clavicembalo; Percy Heath, contrabbasso; Connie Kay, batteria. Registrato nel 1971.
Variations On A Christmas Theme (Lewis), c.s. più Snookie Young e Joe Newman, tromba; Garnett Brown, trombone; Jim Buffington, corno; Don Butterfield, tuba.
domenica 8 novembre 2015
Left Alone – Exits (Eric Watson)
Eric Watson, pianista americano che una volta si è definito «a recovering classical pianist», abita a Parigi da così tanto tempo da essersi meritato un qualche nastrino dei loro, non so più se Chevalier des Arts et des Lettres o che cosa. A dispetto di ciò è un valido musicista anche se, ti dicevo presentando anni fa questo stesso disco, è un gusto acquisito, per «la sua preferenza esclusiva per tempi lentissimi, immobili quasi, per le zone basse della tastiera e dunque per una musica densa, dai colori e dagli umori cupi e ruminativi».
Caratteristiche che non disdicono affatto a Left Alone, la composizione di Mal Waldron, pianista per il quale sono certo che Watson abbia una preferenza, come probabilmente anche per Paul Bley e Ran Blake.
Left Alone (Waldron), da «Sketches of Solitude», Night Bird Music 1005. Eric Watson, piano. Registrato il 16 agosto 2001.
Exits (Watson), id.
Caratteristiche che non disdicono affatto a Left Alone, la composizione di Mal Waldron, pianista per il quale sono certo che Watson abbia una preferenza, come probabilmente anche per Paul Bley e Ran Blake.
Left Alone (Waldron), da «Sketches of Solitude», Night Bird Music 1005. Eric Watson, piano. Registrato il 16 agosto 2001.
Exits (Watson), id.
sabato 7 novembre 2015
Morpheus (John Lewis & Miles Davis)
Esauritosi l’empito dello high bebop e la fase laterale, in fondo strana, del cool e poco prima della ventata chiarificatrice dello hard bop, insomma fra tardi anni Quaranta e i primissimi Cinquanta, il jazz conobbe una non breve fase sospesa in cui la prassi armonica bebop e un gusto melodico involuto, fussy, che veniva dall’esperienza cool, si unirono a uno smalto sonoro nuovo, più scabro rispetto al cool, e a un’espressione nervosa, come presciente di quanto stava per arrivare.
Con John Lewis di mezzo, poi, che in quegli anni pareva essere dappertutto, la porta era aperta anche a sperimentazioni sulle forme. Sorprende tuttora all’ascolto questa Morpheus, da un disco uscito a nome di Miles Davis nel 1956 ma registrato qualche anno prima. Ha una intro estesa (dall’inizio a 0:40), in forte sospetto di bitonalità, nella quale si sovrappongono due ritmi e tre tempi diversi. Quando poi il tema entra, al minuto 00:40, lo sentiamo basato sui cosiddetti «Bird changes» o «Bird blues», cioè quella variazione del blues in dodici battute arricchita dalla progressione di passaggio II-V e la cui istanza più nota è Confirmation di Charlie Parker. Dopo gli assoli di tromba, sax tenore e piano, al minuto 01:40, la situazione riprende a decostruirsi in un’atmosfera allarmata e abbacinante, accentuata dal suono acuto della batteria di Roy Haynes, la quale domina intera l’esecuzione.
Morpheus (Lewis), da «Miles Davis And Horns», Prestige PRLP 7025. Miles Davis, tromba; Bennie Green, trombone; Sonny Rollins, sax tenore; John Lewis, piano; Percy Heath, contrabbasso; Roy Haynes, batteria. Registrato il 17 gennaio 1951.
Con John Lewis di mezzo, poi, che in quegli anni pareva essere dappertutto, la porta era aperta anche a sperimentazioni sulle forme. Sorprende tuttora all’ascolto questa Morpheus, da un disco uscito a nome di Miles Davis nel 1956 ma registrato qualche anno prima. Ha una intro estesa (dall’inizio a 0:40), in forte sospetto di bitonalità, nella quale si sovrappongono due ritmi e tre tempi diversi. Quando poi il tema entra, al minuto 00:40, lo sentiamo basato sui cosiddetti «Bird changes» o «Bird blues», cioè quella variazione del blues in dodici battute arricchita dalla progressione di passaggio II-V e la cui istanza più nota è Confirmation di Charlie Parker. Dopo gli assoli di tromba, sax tenore e piano, al minuto 01:40, la situazione riprende a decostruirsi in un’atmosfera allarmata e abbacinante, accentuata dal suono acuto della batteria di Roy Haynes, la quale domina intera l’esecuzione.
Morpheus (Lewis), da «Miles Davis And Horns», Prestige PRLP 7025. Miles Davis, tromba; Bennie Green, trombone; Sonny Rollins, sax tenore; John Lewis, piano; Percy Heath, contrabbasso; Roy Haynes, batteria. Registrato il 17 gennaio 1951.
venerdì 6 novembre 2015
My Feelings Are Hurt – I Ain’t Got Nobody (Fats Waller)
My Feelings Are Hurt è una canzone in forma AABA (con intro-verse) in cui Fats Waller non esprime nessuna melodia memorabile ma una quantità di soluzioni tecnico-espressive, pianistiche, percorse da una sottile vitalità ritmica.
I Ain’t Got Nobody, che era il numero più famoso di Bert Williams, te l’ho già fatto sentire da Fats anni fa; ora è scomparso dal server e te lo ripresento, ma riprendo ciò che ne dicevo allora:
My Feelings Are Hurt (Waller), da «Fats Waller. Complete Victor Piano Solos», Definitive Records DCD11297. Fats Waller, piano. Registrato l’11 settembre 1929.
I Ain’t Got Nobody (Williams-Graham), id. Registrato l’11 giugno 1937.
I Ain’t Got Nobody, che era il numero più famoso di Bert Williams, te l’ho già fatto sentire da Fats anni fa; ora è scomparso dal server e te lo ripresento, ma riprendo ciò che ne dicevo allora:
(…) si conclude (parlo proprio delle ultimissime battute) con un esempio di tempo rubato fra i più belli che abbia mai sentito, in cui la melodia, grazie allo sfasamento fra le mani, sembra davvero staccarsi da terra.
My Feelings Are Hurt (Waller), da «Fats Waller. Complete Victor Piano Solos», Definitive Records DCD11297. Fats Waller, piano. Registrato l’11 settembre 1929.
I Ain’t Got Nobody (Williams-Graham), id. Registrato l’11 giugno 1937.
giovedì 5 novembre 2015
Petite Belle (Art Farmer)
Petite Belle (trad.; arr. Swallow), da «Sing Me Softly of the Blues», Atlantic 7567-80773-2. Art Farmer, flicorno; Steve Kuhn, piano; Steve Swallow, contrabbasso; Pete La Roca, batteria. Registrato il 30 marzo 1965.
mercoledì 4 novembre 2015
Infant Eyes – Rectilinear (George Coleman & Richie Beirach)
Richie Beirach e George Coleman può sembrare un accoppiamento poco giudizioso: un pianista, nel senso più vero, classicheggiante, e un hard bopper fegatoso, gladiatorio addirittura. Funziona bene, invece, soprattutto sul middle ground della bellissima composizione di Wayne Shorter, a parte che Beirach, quando vuole, suona con un notevole drive. A me piace anche il blues puntinista Rectilinear.
Infant Eyes (Shorter), da «Convergence», Triloka. George Coleman, sax soprano; Richie Beirach, piano. Registrato nel novembre 1990.
Rectilinear (Beirach), id.
Infant Eyes (Shorter), da «Convergence», Triloka. George Coleman, sax soprano; Richie Beirach, piano. Registrato nel novembre 1990.
Rectilinear (Beirach), id.
martedì 3 novembre 2015
Strength and Sanity – A New Day (Booker Little)
Alla fine, il carattere essenziale degli ultimi due dischi di Booker Little, «Out Front» e «Victory And Sorrow» – di cui spesso ho cercato di dirti, ma se ci sono parole all’altezza di questa musica non sono io a possederle – sarà lo stoicismo, se non qualcosa di meglio. Quando Booker titolò il primo di questi due pezzi Strength And Sanity, sapeva di avere poco da vivere. Era aprile, sarebbe morto in ottobre, a 23 anni.
Ma in Strength and Sanity, come e anche di più in A New Day, io non avverto tristezza, certamente non disperazione e nemmeno rassegnazione: piuttosto una malinconia serena, come di chi non si senta già più di questo mondo.
Strength and Sanity (Little), da «Out Front», Candid CJM 8027. Booker Little, tromba; Eric Dolphy, sax alto; Julian Priester, trombone; Don Friedman, piano; Ron Carter, contrabbasso; Max Roach, batteria, timpani. Registrato il 4 aprile 1961.
A New Day (Little), c.s. ma Dolphy suona il flauto.
Ma in Strength and Sanity, come e anche di più in A New Day, io non avverto tristezza, certamente non disperazione e nemmeno rassegnazione: piuttosto una malinconia serena, come di chi non si senta già più di questo mondo.
Strength and Sanity (Little), da «Out Front», Candid CJM 8027. Booker Little, tromba; Eric Dolphy, sax alto; Julian Priester, trombone; Don Friedman, piano; Ron Carter, contrabbasso; Max Roach, batteria, timpani. Registrato il 4 aprile 1961.
A New Day (Little), c.s. ma Dolphy suona il flauto.
lunedì 2 novembre 2015
The Song Is You (Bobby Hackett)
«Oggi ricorrono i morti. Speriamo che vinca il nonno».
Espletato anche per il 2015, come tutti gli anni, questo protocollo (per la soddisfazione soprattutto del sodale delle medie qui situato), posso dirti che oggi, nel presentarti The Song Is You, non ho ragione migliore del fatto che è la mia canzone preferita di Jerome Kern, che a sua volta è forse il mio compositore preferito dell’American songbook, e che qui a suonarla c’è Bobby Hackett: basta la sonorità della sua cornetta per mettermi di buonumore e allo stesso commuovermi.
Inoltre, Hackett appartiene all’ultima generazione di jazzisti per i quali gli showtunes di Broadway fossero lingua madre (The Song Is You è del 1932). La sua pronuncia della melodia, qui, è impeccabile. Certo, il contorno è piuttosto nondescript, buttato lì, e tutto risulta alla fine in quella che una volta si chiamava «musica per ascensori», con quegli archi mosci e bavosetti e quella sezione ritmica senza babbo né mamma, incerta fra la pendola e la polka.
Ma con quello che paghi qui, ti ci voglio vedere, a lamentarti.
The Song Is You (Kern-Hammerstein II), da «The Chronological Classics 1948-1954», Classics. Bobby Hackett, cornetta; Charlie Queener, piano; Danny Perri, chitarra; Bob Casey, contrabbasso; Cliff Leeman, batteria; archi. Registrato il 15 settembre 1958.
Espletato anche per il 2015, come tutti gli anni, questo protocollo (per la soddisfazione soprattutto del sodale delle medie qui situato), posso dirti che oggi, nel presentarti The Song Is You, non ho ragione migliore del fatto che è la mia canzone preferita di Jerome Kern, che a sua volta è forse il mio compositore preferito dell’American songbook, e che qui a suonarla c’è Bobby Hackett: basta la sonorità della sua cornetta per mettermi di buonumore e allo stesso commuovermi.
Inoltre, Hackett appartiene all’ultima generazione di jazzisti per i quali gli showtunes di Broadway fossero lingua madre (The Song Is You è del 1932). La sua pronuncia della melodia, qui, è impeccabile. Certo, il contorno è piuttosto nondescript, buttato lì, e tutto risulta alla fine in quella che una volta si chiamava «musica per ascensori», con quegli archi mosci e bavosetti e quella sezione ritmica senza babbo né mamma, incerta fra la pendola e la polka.
Ma con quello che paghi qui, ti ci voglio vedere, a lamentarti.
The Song Is You (Kern-Hammerstein II), da «The Chronological Classics 1948-1954», Classics. Bobby Hackett, cornetta; Charlie Queener, piano; Danny Perri, chitarra; Bob Casey, contrabbasso; Cliff Leeman, batteria; archi. Registrato il 15 settembre 1958.
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