Oggi free jazz con Sam Rivers nel 1977. La seconda metà degli anni Settanta fu il momento del suo grande successo internazionale, forse più in Europa che negli USA dove pure, a New York, Rivers fu una figura importante della loft scene. In Italia era di casa, per lo più in trio: io ricordo di averlo sentito, nel 1978, con Dave Holland e Thurman Barker, ma più spesso Rivers aveva in quegli anni alla batteria Barry Altschul, che con Holland costituiva proprio allora la ritmica dei complessi di Anthony Braxton, anche lui molto sovente in Italia nel periodo (Rivers, Braxton, Holland e Altschul si ascoltano tutti insieme nel disco ECM di Holland «Conference of the Birds» del 1972).
Rivers è un musicista importante di cui Jazz nel pomeriggio non si è occupato quanto di Braxton, che può considerarsi una vera sua controparte; e quando l’ha fatto, è stato soprattutto per i suoi esordi in ambito di hard bop avanzato per la Blue Note in dischi bellissimi come «Fuchsia Swing Song», «A New Conception» e «Contours», oltre che nel magnifico «Spring» di Tony Williams. Venne fuori molto tardi, perché era del 1923, ma per anni raccontò di essere nato nel 1930; più che vanitoso, io ritengo che fosse imbarazzato da un certo gap generazionale con i freemen di prima generazione (Ornette, per dire, era del ’30, Cecil Taylor del ’29) e tanto più con quelli di seconda come Braxton (1945) e i chicagoani dell’AACM.
Una volta io ho definito lo stile di Sam Rivers «fra Coltrane e un Ayler di belle maniere», che non è molto più di una callida iunctura; se ci ripenso oggi, inoltre, la musica di Ayler mi sembra proprio abitare altrove. Il fatto è che in quello scorcio di anni Settanta in cui il jazz avanzato era rappresentato dagli uomini dell’AACM, dalla Wunderkammer braxtoniana e dagli europei più astratti o più abrasivi, Rivers risaltava come un musicista di grande e spontanea espressività, di quelli che la convenzione giornalistica definisce «viscerali» e oppone ai «cerebrali»; le sue smoderate esibizioni, in cui suonava tenore, soprano, flauto e pianoforte, avevano una carica immensa di energia che si trasmetteva al pubblico.
Ecstasy (Rivers), da «Paragon», Fluid Records. Sam Rivers, sax tenore; Dave Holland, contrabbasso; Barry Altschul, batteria, percussioni. Registrato il 18 aprile 1977.
Bliss (Rivers), id. ma Rivers suona il flauto, Holland il violoncello.
1 commento:
Ho ascoltato Rivers in trio due volte (una a Milano e una a Bergamo) ho visto sulla tv svizzera il suo famoso concerto di Montreuxche ha poi generato un album dell'Impulse che ho (come possiedo il successivo The Quest prodotto da Sergio Veschi).
Che dire? Che dal vivo era una bomba ma che lo schema alla lunga divenne ripetitivo. Avrebbe potuto mischiare il set e cambiare con più freuenza gli strumenti creando una dinamica diversa e anche miscelando in questo modo le sonorità, ma non l'ha fatto, forse per conservare una maggior concentrazione. Successivamente cambiò strada: ricordo un suo disco con orchestra "Sizzle" (sempre Impulse) più interessante che bello, e poi una lunga serie d'incisioni per la sua Rivbea, molto più varie ma meno famose.
Per lui forse vale il discorso del fare una cosa sola, ma bene?
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