Reload dal 15 marzo 2017
Non può dirsi di sicuro un sottovalutato Bobby Timmons, che ha avuto oltretutto carriera e vita molto brevi, ma le storie lo relegano un po’ sbrigativamente, sia pure con distinzione, nel soul jazz di cui pure fu parte importante, come pianista e compositore.
Al di là di quell’ambito che contribuì a definire, si trattava di un pianista personale e raffinato. Ascoltane qui il fraseggio deliziosamente individuale, attento in modo insolito ai valori dinamici della musica e mai sprovvisto di un senso di avventura e di sorpresa: sembra più volte, soprattutto nel pezzo di Jobim, quasi volersi fermare su un inciso, perplesso a cavallo delle stanghette di battuta, indifferente al procedere inesorabile della ritmica, con esiti quasi malwaldroniani, ma senza la filosofica cupezza di quel pianista. Questi tratti linguistici del suo solismo sono ben serviti dalla curiosa composizione seguente, Gettin’ It Together’: otto sole battute che sembrano dover modulare, cioè andare armonicamente da qualche parte, e invece non vanno da nessuna parte, ricadendo sulla dominante.
Insomma, Timmons era un musicista sempre presente e vigile, che non lasciava mai o quasi mai che le mani pensassero al posto suo, come succede spesso anche i jazzisti più dotati e a tutti gli altri quasi sempre.
Tootie Heath è, come sempre, la perfezione, uno dei batteristi più musicali.
O Grande Amor (Jobim), da «Chun-King», Prestige PR 7351. Bobby Timmons, piano; Keter Betts, contrabbasso; Al «Tootie» Heath, batteria. Registrato il 12 agosto 1964.
Gettin’ It Togetha’ (Timmons), ib.