Una regola pratica dell’improvvisatore jazzistico prescrive così: quando tu incorra in una nota falsa, non pensata, in una stecca insomma, ripetila subito più forte, così che gli ascoltatori la credano voluta. Seguo senz’altro la saggezza tradizionale anche nella mia improvvisazione in prosa; dopo essermi svelato ieri per quel che sono, lodando una compagine gillespiana che anzi la critica accreditata vitupera, la ri-lodo stasera e ne pubblico subito un altro pezzo.
Tally -Ho è una composizione ancora più semplice di Say When sentita ieri, perché è il blues in dodici battute senza neanche un vero tema: ha un inciso poco rilevato che nel profilo rimanda a Night Train, lo hit r’n’b di Jimmy Forrest che però è successivo di un anno.
Dopo un esordio circospetto con Dizzy che allude al tema sopra un riff minaccioso dei tromboni che ricorda quello che si ascolterà anni dopo in un altro blues ferroviario, Blue Train di John Coltrane (qui secondo sax alto), sax e trombe si rimpallano quell’inciso discendente sulla scala blues, che galleggia frammentato in un sospetto d’imitazione sopra il cupo pedale dei tromboni.
In questa eterofonia il carattere modale del temino, che è poi essenzialmente il carattere modale del blues, finisce per obliterare la forma a chorus di dodici battute se uno non si metta a contarle, dando perfino l’impressione di travalicare le stanghette (ma è un’illusione) . Dopo un assolo di Paul Gonsalves, il pezzo finisce in uno strano insieme vociferante eppure ordinato, che a me ha fatto venire in mente Mingus.
Tally-Ho (Gillespie), da «The Dizzy Gillespie Story 1939-1950», Properbox 30. Dizzy Gillespie, Willie Cook, Don Slaughter, Elmon Wright, tromba; Matthew Gee, Sam Hurt, Harneefan Majeed (Charles Greenlee), trombone; Jimmy Heath, John Coltrane, sax alto; Jesse Powell, Paul Gonsalves, sax tenore; Al Gibson, sax baritono; John Acea, piano; Al McKibbon, contrabbasso; Specs Wright, batteria. Registrato il 21 novembre 1949.
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