sabato 31 dicembre 2011

Love Song (Sam Rivers & Tony Williams)

  Come saprai, a 88 anni è morto Sam Rivers (trafiletto di quattro righe sul Corriere della Sera. Sulla stessa pagina, tre colonne di taglio basso, con fotografia, per il tributo di Umbria Jazz a… Celentano).

  Se ti faccio ascoltare oggi questo pezzo, tratto da uno dei due Blue Note di Tony Williams di cui ti dicevo un paio di settimane fa, non è per tributo alla memoria, ma perché sono andato a riascoltarlo dopo averlo trovato citato da Ethan Iverson sul suo blog e l’ho trovato effettivamente bellissimo. Riporto qui quanto ne dice Iverson:

  Love Song è il solo pezzo del disco con una struttura accordale per l’improvvisazione; qui Rivers, Peacock, Williams e Herbie Hancock attentano un 5/4. Credo che sia il primo cinque del jazz che non affermi pedestremente il metro a ogni battuta, come fa Take Five. Incredibilmente, non temono di perdersi e in qualche modo riescono a destreggiarsi agevolmente nel cinque con alcune battute in tre. Non sempre azzeccano la forma, ma proprio qui è la magia di tutta la musica di quest’epoca con Williams e Hancock: se ne infischiano se per un attimo smarriscono la strada. Questo modo di suonare si sentì per pochissimi anni dei Sessanta, prima che il vernacolo straight-ahead lo bandisse.

Love Song (Williams), da «Spring», Blue Note CDP 7 46135-2. Sam Rivers, sax tenore; Herbie Hancock, piano; Gary Peacock, contrabbasso; Tony Williams, batteria. Registrato il 12 agosto 1965.



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venerdì 30 dicembre 2011

Love in the Open (Gil Evans)

  «Blues in Orbit» di Gil Evans si situa nella fase transizionale fra la sua maniera classica, quella degli anni Cinquanta-Sessanta (i lavori con Miles, «Out of the Cool», «The Individualism Of… ») con cui resterà sempre giustamente identificato, e quella degli anni Settanta-Ottanta, elettrificata, destrutturata e, a mio giudizio, tanto meno interessante (il disco migliore di questo periodo di mezzo è forse «Svengali», del 1973).

  Love in the Open, composto dal percussionista Warren Smith e registrato nel 1969, mostra come in quello scorcio di decennio Evans risentisse anche, beneficamente e in modo personale, della temperie del free. La formazione, come puoi leggere, abbonda di fuoriclasse, in particolare Elvin Jones alla batteria.

  Love in the Open (Warren Smith), da «Blues in Orbit», ENJA R2 79611. Snooky Young, Mike Lawrence, tromba; Jimmy Cleveland, Jimmy Knepper, trombone; Julius Watkins, corno; Howard Johnson, tuba: Hubert Laws, flauto; Billy Harper, sax tenore; Gil Evans, piano elettrico; Joe Beck, chitarra; Gene Bianco, arpa; Herb Bushler, basso elettrico; Sue Evans, percussioni; Elvin Jones, batteria. Registrato nel 1969.



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mercoledì 28 dicembre 2011

Lincoln Tunnel - Blue Mist (Billy Bauer)

  Due chitarristi in due giorni! Devo essere in punto di morte…

  In realtà Billy Bauer è per me principalmente un distinto collaboratore della prim’ora di Lennie Tristano, veste nella quale te l’ho già fatto sentire; come Ted Dunbar, poi, Bauer è un musicista che ha perseguito una sua sonorità individuale (una cosa, mi pare, particolarmente difficile sulla chitarra) rinunciando alle più ovvie prerogative virtuosistiche che probabimente sarebbero state alla sua portata. Sapendo questo, colpisce ma non sorprende troppo che un artista del suo livello, stimatissimo dai colleghi – Charlie Parker lo teneva in particolare considerazione – , abbia inciso in una lunga carriera un solo disco a proprio nome, e anche questo, secondo Bauer racconta nelle note, dietro brusca insistenza del produttore Norman Granz; e spiega anche perché l’autobiografia che autopubblicò s’intitolasse Sideman.

  Lincoln Tunnel (Bauer), da «Plectrist», Verve 314 517 060-2. Billy Bauer, chitarra; Andrew Ackers, piano; Milt Hinton, contrabbasso; Osie Johnson, batteria. Registrato il 23 gennaio 1956.



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  Blue Mist (Bauer), id. Billy Bauer. Registrato il 12 marzo 1956.



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martedì 27 dicembre 2011

Street Singer (Tina Brooks)

  Tina Brooks, che ti ho già fatto sentire, è un artista in cui avverto un particolare accento di sincerità e una nota dolente. Tutto il poco che di Tina ci è rimasto ha questo tono accorato ed essenziale.

  Street Singer è una versione successiva di Good Old Soul, che dà il titolo all’unico disco uscito a nome di Tina Brooks lui vivo. Tina vi si esprime con la caratteristica intensa purezza, e una bellissima figura vi fanno anche Blue Mitchell e Jackie McLean.

  Street Singer (Brooks), da «Back To The Tracks», Blue Note ST-84052. Blue Mitchell, tromba; Jackie McLean, sax alto; Tina Brooks, sax tenore; Kenny Drew, piano; Paul Chambers, contrabbasso; Art Taylor, batteria. Registrao il primo ottobre 1960.



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lunedì 26 dicembre 2011

Never Again - Grand Mal–Petit Mal / Exit (Ted Dunbar)

  Ted Dunbar (1937-1998), chitarrista con pochissimi dischi a proprio nome. Di lui mi piace il suono molto personale, vicino a quello della chitarra acustica, e il modo preciso e rilassato con cui costruisce l’assolo. Anche i temi che ha scritto per questo disco del 1978 sono interessanti.

  Never Again (Dunbar), da «Opening Remarks», Xanadu 155. Ted Dunbar, chitarra; Tommy Flanagan, piano; Sam Jones, contrabbasso; Leroy Williams, batteria. Registrato il 24 gennaio 1978.



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  Grand Mal - Petit Mal / Exit (Dunbar), id.



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For Ellington - Don’t Blame Me (John Lewis)

  Quest’anno cominciamo a uscircene dalle feste per tempo ma gradualmente, viatico il tocco delicato di John Lewis nella sua tarda età. Di Don’t Blame Me, Lewis esegue oltre al chorus anche il verse (la strofa), di raro ascolto.

  For Ellington (Lewis), da «Evolution», Atlantic 7597-83211-2. John Lewis, piano. Registrato il 14 settembre 1999.



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  Don’t Blame Me (Fields-McHugh), id.



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domenica 25 dicembre 2011

Guest Post #10: Paolo il Lancianese & Umberto Cesàri

  So this is Xmas, and what have you done? Io vi auguro buon Natale, ma appoggiandomi a Paolo il Lancianese che ha fatto per voi una scelta delle sue, completamente abruzzese. Buone feste, cari amici!

  Se, per augurare BUON NATALE a te e a tutti i frequentatori di JnP, ti (vi) propongo di ascoltare Tu scendi dalle stelle: tu che fai, mi prendi per pazzo? La trovi un’idea banale? Kitsch? Anche se a suonare è Umberto Cesàri?

  E chi è Umberto Cesàri?

Non tu mi farai tu questa domanda, che di Cesàri hai qui parlato. Ma sarebbe bello che tanti altri se lo chiedessero, e andassero a trovare qualcosa di lui, e su di lui. Era, detto in due parole, un grande pianista e un personaggio straordinario. Dopo aver guidato aerei e automobili, decise di non uscire più di casa: per guardare il mondo (e per capirlo) basta e avanza la finestra della propria stanza - e un pianoforte. Era abruzzese, e qualcosa vorrà pur dire (ne testimonio io, che son Lancianese). Amava sopra tutti Art Tatum, ma apparteneva alla razza del Monaco.

  BUON NATALE.

  Tu scendi dalle stelle (Alfonso Maria de’ Liguori), da «Il pianista invisibile». Umberto Cesàri, piano. Registrato in casa propria, a Roma, nel 1986 circa.



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sabato 24 dicembre 2011

I Ain’t Got Nobody (Count Basie)

  Domani, auguri di buone feste in musica come si conviene, «with a little help from my friends»; oggi ti becchi questa bella versione pianistica di I Ain’t Got Nobody, famoso numero di Bert Williams. Count Basie, con la All-American Rhythm Section della sua orchestra più favolosa, mostra una valentìa di pianista che amava dissimulare – era stato allievo diretto di Fats Waller.

  I Ain’t Got Nobody (Williams), da «Lester Young with Count Basie 1936-38», Phont CD 76398. Count Basie, piano; Freddie Greene, chitarra; Walter Page, contrabbasso; Jo Jones, batteria. Registrato il 3 giugno 1938.



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venerdì 23 dicembre 2011

How Long Has This Been Going On? - That’s What You Think (Al Cohn)

  Ogni volta che eseguiva una ballad, Al Cohn pagava con gli interessi il suo debito a Lester Young (fra i tre sax tenori dei Four Brothers, Cohn era forse il più sentitamente youngiano).

  Il secondo pezzo, uptempo, ne mostra anche il singolare talento di compositore e arrangiatore, che conciliava vivacità e gusto per sonorità ricche e complesse, anche nell’ambito di un piccolo gruppo.

  How Long Has This Been Going On? (G. Gershwin-I. Gershwin), da «Cohn’s Tone», Savoy. Nick Travis, tromba; Al Cohn, sax tenore; George Wallington, piano; Tommy Potter, contrabbasso; Tiny Kahn, batteria. Registrato il 29 luglio 1950.



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  That’s What You Think (Cohn), id. ma Horace Silver, piano, Curley Russel, contrabbasso, Max Roach, batteria, al posto di Wallington, Potter e Kahn. Registrato il 23 giugno 1953.



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giovedì 22 dicembre 2011

Whisper Not (Anita O’Day & The Three Sounds)

  Whisper Not (Golson), da «Anita O’Day and The Three Sounds», Universal Distribution 9293. Anita O’Day con Roy Eldridge, tromba, e The Three Sounds: Gene Harris, piano; Andy Simpkins, contrabbasso; Bill Dowdy, batteria. Registrato il 15 ottobre 1962.



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mercoledì 21 dicembre 2011

Succotash - Triangle (Herbie Hancock)

  «Inventions & Dimensions» è uno dei dischi di Herbie Hancock che preferisco, uno dei suoi meno noti e un altro esempio di come la Blue Note negli anni Sessanta producesse anche della musica nera d’autentica avanguardia, anche se non nel segno violento ed espressionistico, politicamente caricato, che in quel decennio all’avanguardia nera veniva associato quasi univocamente. Qui Herbie è in compagnia solo di Paul Chambers e di due percussionisti latin e il risultato è sorprendente, complesso ma pienamente godibile.

  Hancock pose ai suoi musicisti, nell’occasione, l’unico vincolo della segnatura di tempo; in Succotash apprezza come all’inizio il tempo di 6/4 si affermi progressivamente, di fatto mantenendo poi una varietà poliritmica di accenti. Triangle ha «il senso del blues, ma nessun ovvio contenuto blues» (R. Cook).

  Succotash (Hancock), da «Inventions & Dimensions», Blue Note 84147. Herbie Hancock, piano; Paul Chambers, contrabbasso; Willie Bobo, batteria, timbales; «Chichuahua» Martines, conga e bongo. Registrato nell’agosto 1963.



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  Triangle (Hancock), id.



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martedì 20 dicembre 2011

Porto Novo (Marion Brown)

  Marion Brown, qui con ritmica olandese, comincia che pare Ornette, ma presto prende una direzione fauve che è tutta sua, assecondato con entusiasmo da Bennink.

  Porto Novo (Brown), da «Porto Novo», [Arista] Black Lion BLCD 760200. Marion Brown, sax alto; Maarten van Regteben Altena, contrabbasso; Han Bennink, batteria, percussioni. Registrato il 12 maggio 1970.



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lunedì 19 dicembre 2011

Never Felt That Way Before - Time After Time (Sonny Stitt)

  Anche se non è uno che ha fatto fare dei passi avanti al jazz, ascoltare Sonny Stitt che suona qualunque dei suoi saxofoni è una delle cose più belle che possa capitarmi in una giornata. Aggiungi che io ho un debole un po’ equivoco per i dischi che srotolano un folto e lussureggiante tappeto d'archi e legni sotto i piedi di un solista swingante.

  Qui l’orchestra è arrangiata e diretta da Ralph Burns. L’impresa è ovviamente esemplata sul «Bird with Strings» di Charlie Parker e Sonny vi esegue anche cinque sue composizioni, molto dolci e melodiche. Time After Time è una canzone che sembra prestarsi molto a questo genere di trattamento.

  Never Felt That Way Before (Stitt), da «The Sensual Sound of Sonny Stitt», Verve Reissues. Sonny Stitt, sax alto, con orchestra arrangiata e diretta da Ralph Burns. Registrato il 6 marzo 1961.



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  Time After Time (Cahn), id.



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domenica 18 dicembre 2011

Man On A Turquoise Cloud [For Edward Kennedy Ellington] - Whose Life? (Anthony Davis)

  Fra anni Settanta e Ottanta, al culmine della presenza in Europa della seconda ondata dei freemen, quelli di Chicago, Anthony Davis (1951), pianista e compositore, si fece notare come sideman di molti musicisti dell’AACM, fra cui George Lewis e Leroy Jenkins. In Europa (e anche in Italia, presso la Red Record) trovò l’occasione di registrare più volte. Si dedicò dopo allora tutto alla composizione di musica da concerto e di opere liriche, al teatro di prosa (scrivendo le musiche dell’originale produzione a Broadway di Angels in America di Tony Kushner) e all’insegnamento universitario.

  Da questo disco del 1980 ho scelto i due pezzi più jazzistici. Nel primo, dedicato a Ellington con un riferimento a una sua composizione famosissima, Davis mostra anche chiara un’altra sua fonte, Thelonious Monk.

  Man On A Turquoise Cloud – For Edward Kennedy Ellington (Davis), da «Lady of the Mirrors», India Navigation IN 1047 CD. Anthony Davis, piano. Registrato nel 1980.



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  Whose Life? (Davis), id.



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sabato 17 dicembre 2011

Spring Can Really Hang You Up The Most - My Favorite Things (Betty Carter)

  Betty Carter! Per alcuni si tratta della maggiore cantante jazz della generazione successiva a quella di Sarah Vaughan. In realtà le due appartenevano alla medesima generazione, essendo Betty del 1929 (morta nel 1998), ma la seconda non ebbe mai l’appeal che la voce effettivamente prodigiosa di Sarah esercitava sul pubblico. Come la bianca Sheila Jordan, in modo diverso, anche Betty Carter era una musicians’ singer, apprezzata prima dai colleghi che dal pubblico. La sua voce non era bella né estesa e in questo senso la natura non era stata proprio generosa con lei: ma l’intelligenza e il gusto erano quelle di un bopper di classe, e forse come mai nessun’altra cantante, prima e dopo, Betty fu devota all’improvvisazione, che praticava con arte consumata, così come lo scat e il vocalese. Nei suoi gruppi scritturò sempre musicisti giovani e destinati a carriera brillante e tenne sempre a esibirsi nel circuito dei college, per trovare sempre nuovo pubblico al jazz.

  Qui la ascolti prima in una ballad, che elabora e deforma in una sua maniera caratteristica, che qualcuno trova respingente, e poi in una My Favorite Things a rotta di collo.

  Spring Can Really Hang You Up The Most (Landesman-Wolf), da «The Audience With Betty Carter», Polygram 835 684-2. Betty Carter con John Hicks, piano; Curtis Lundy, contrabbasso; Kenny Washingon, batteria. Registrato dal 6 all’8 dicembre 1979.



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  My Favorite Things (Rodgers-Hammerstein III), id.



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venerdì 16 dicembre 2011

C Minor Complex - G Minor Complex (Lennie Tristano)

  I due Complex contenuti in «The New Tristano», il «mostruoso» disco che Lennie Tristano pubblicò nel 1962, presentano nella forma più concentrata, ma anche più spettacolare, la dimensione vertiginosa e allucinatoria che era stata fin da principio caratteristica della sua musica. In particolare nel Complex in do minore, la complessità del pensiero musicale istantaneo in relazione alla tecnica strumentale raggiunge un livello mai più superato.

  C Minor Complex (Tristano), da «The Complete Atlantic Recordings of Lennie Tristano, Lee Konitz & Warne Marsh», Mosaic MD6-174. Lennie Tristano, piano. Registrato nel 1960 o 1961.



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  G Minor Complex (Tristano), id.



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giovedì 15 dicembre 2011

Stratusphunk (George Russell)

  Forse, assorbendo George Russell in dosi omeopatiche, come vado facendo da anni con costanza incerta, la sua musica mi piacerà, o almeno arriverò a comprenderne la rilevanza – parlo della sua opera di compositore, non di quella di teorico.

  «Nell’attesa / che venga quel giorno», come cantava Gigliola Cinquetti, divido ancora una volta con te la mia perplessità.

  Stratusphunk (Russell), da «Stratusphunk», Riverside/OJCCD-232-2. Al Kiger, tromba; Dave Baker, trombone; Dave Young, sax tenore; George Russell, piano; Chuck Israels, contrabbasso; Joe Hunt, batteria. Registrato il 18 ottobre 1960.



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mercoledì 14 dicembre 2011

Memory - Barb’s Song to the Wizard (Tony Williams)

  Tony Williams, che fra un paio di mesi sarà stato morto già da quindici anni, è una figura in qualche modo enigmatica del jazz moderno. Ragazzo prodigio della batteria, assunto da Miles Davis prima di compiere i diciotto anni, prima dei venti aveva già inciso a nome proprio per la Blue Note (oltre a una quantità di dischi come sideman di Andrew Hill, Herbie Hancock, Eric Dolphy) due opere straordinarie per audacia e per risultati assoluti, fra le più avanzate del periodo: questo «Life Time» (Lifetime sarà poi il nome della sua band più famosa) e «Spring». Allontanatosi da Miles, guidò il Lifetime, forse la declinazione più personale di quello che allora si chiamava «jazz-rock», poi sparì piuttosto velocemente dalla scena, vittima di non so bene quali problemi personali.

  Durante quel semiritiro, oltre a sottoporsi a psicoanalisi, perfezionò i propri studi musicali (nei suoi due Blue Note era compositore di tutti i pezzi – nel secondo che qui ti propongo non suona nemmeno) nel senso più accademico, praticando assiduamente il contrappunto e la fuga. Alcuni anni prima della morte precoce tornò all’attività con formazioni all-stars ormai essenzialmente revivalistiche.

  Nel febbraio di questo 1964 Williams aveva inciso con Eric Dolphy «Out To Lunch», sorta di «manoscritto del Mar Morto» del jazz contemporaneo: si sente qui chiaramente come la lezione di Dolphy non gli fosse andata perduta.

  Memory (Williams), da «Life Time», Blue Note CDP 7 84180 2. Herbie Hancock, piano; Bobby Hutcherson, vibrafono, marimba; Tony Williams, batteria, percussioni. Registrato il 24 agosto 1964.



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  Barb’s Song to the Wizard (Williams), id. Hancock; Ron Carter, contrabbasso.



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martedì 13 dicembre 2011

Arizona Landscape (Jason Moran)

  Se devo identificare un tratto che Jaki Byard ha trasmesso al suo studente Jason Moran, lo vedo in una qualità colloquiale e narrativa del discorso musicale, sempre teso a rendere un’atmosfera emotiva con la maggior ricchezza di dettagli possibile nella più grande economia di note; e a giustapporre episodi nel segno della varietà.

  Arizona Landscape (Moran), da «Artist in Residence», Blue Note 0946 3 62711 2. Jason Moran, piano. Registrato il 6 gennaio 2006.



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lunedì 12 dicembre 2011

[comunicazione di servizio] Il colto e l’inclita

  Non mi sono mai aggirato più dello stretto necessario nel retropalco di Jazz nel Pomeriggio, cioè nelle opzioni e preferenze che la piattaforma mi offre. Questo, infatti, è per impaginazione e uso un blog molto semplice e non ho mai dovuto farlo. L’ho fatto poco fa per caso, e ho in questo modo appreso che ci sono 16 «lettori fissi» di JnP, o sia lettori che hanno avuto la simpatia di qualificarsi come tali.

  Un paio sono abituali commentatori, altri tengono dei blog che seguo, ma ce ne sono alcuni altri ancora di cui non so niente e che non credo siano mai intervenuti – loro sanno di chi parlo. Niente: sono semplicemente curioso, ma voglio dire che, se preferiranno restare nell’ombra, la loro attenzione mi gratifica molto lo stesso.

European Episode - Whan Sunny Gets Blue (Jaki Byard)

  «Out Front!», in cui Jaki Byard si alterna fra trio e quintetto (con Booker Ervin e Richard Williams), è una bellissima testimonianza del talento di Byard anche come compositore e come saxofonista contralto.

  European Episode (Byard), da «Out Front!», OJCCD-1842-2. Booker Ervin, sax tenore; Richard Williams, tromba; Jaki Byard, piano; Bob Cranshaw, contrabbasso; Walter Perkins, batteria. Registrato il 28 maggio 1964.



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  When Sunny Gets Blue (Segal-Fisher). Byard, sax alto; Cranshaw e Perkins.



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domenica 11 dicembre 2011

Solar (Steve Kuhn)

  Steve Kuhn, sentito anche due giorni fa con Art Farmer, è un pianista meraviglioso. So che l’ho già detto altre volte, ma ogni volta che lo ascolto torno a entusiasmarmi. Quest’uomo sembra incapace di esprimersi in modo sciatto o banale.

  Questa è forse la versione più originale che abbia mai sentito della composizione di Miles Davis, che è già piuttosto strana di suo – un pezzo di 12 battute che non è un blues. Kuhn è un pianista del genere enciclopedico, un po’ alla Martial Solal, se vogliamo, ma a differenza di Solal (un altro che ammiro intensamente), Steve non suona mai freddo o meramente ingegnoso.

  Solar (Davis), da «Live at Maybeck Recital Hall vol. 13», Concord Jazz CCD-4484. Steve Kuhn, piano. Registrato il 18 novembre 1990.



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sabato 10 dicembre 2011

Elena Berenjena (Fly)

  Fly è un trio attualmente in attività, composto da Mark Turner, Larry Grenadier e Jeff Ballard, tre personaggi eminenti sulla scena newyorkese attuale di un jazz avanzato ma non «avanguardistico» nel senso che si è soliti dare all’aggettivo. Sono tre musicisti di personalità spiccata, soprattutto Turner, saxofonista che a me piace molto. In questo disco per la ECM, tanto per dire, riescono a non suonare quasi mai à la ECM.

  Elena Berenjena (Turner), da «Sky & Country», ECM 001266902. Mark Turner, sax tenore; Larry Grenadier, contrabbasso; Jeff Ballard, batteria. Registrato dal febbraio al giugno 2008.



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venerdì 9 dicembre 2011

Ad Infinitum (Carla Bley)

  Come anticipato nei commenti al post precedente, ecco una versione d’autore (1976) della composizione di Carla Bley, connotata in primo luogo dal trombone di Roswell Rudd.

  Ad Infinitum (C. Bley), da «Dinner Music», Watt/6. Michael Mantler, tromba; Roswell Rudd, trombone; Bob Stewart, tuba; Carlos Ward, sax alto e tenore; Richard Tee, piano; Carla Bley, organo; Eric Gale, Cornell Dupree, chitarra; Gordon Edwards, basso; Steve Gadd, batteria. Registrato dal luglio al settembre 1976.



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giovedì 8 dicembre 2011

Ad Infinitum (Art Farmer)

  Un altro originale tema in 6/4 di Carla Bley, dal grande disco del 1965 di Art Farmer di cui ti ho già presentato il pezzo eponimo circa un anno fa.

  Ad Infinitum (C. Bley), da «Sing Me Softly of the Blues», Atlantic 7567-80773-2. Art Farmer, flicorno; Steve Kuhn, piano; Steve Swallow, contrabbasso; Pete La Roca, batteria. Registrato il 30 marzo 1965.



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mercoledì 7 dicembre 2011

Guest Post #9: Gennaro Fucile & Moondog

  Gennaro qui ha superato se stesso. C’è chi pensa che dovrei cedergli chiavi in mano la gestione di questo blog…

Ecco un tipo strano, eccentrico, incredibile. Un artista di strada: Louis Thomas Hardin, nato nel 1916 a Maryville, nel Kansas, ribattezzatosi Moondog perché il cane che lo aiutava a muoversi era solito abbaiare alla luna. Lui aveva perso la vista da giovane, per via dell’inesperienza e di un’esplosione fuori programma. Era l’Indipendence Day del 1932, un festeggiamento finito male.

  Negli anni Quaranta se ne andò a New York, viveva per strada, in particolare all’angolo tra la Cinquantatreesima e la 6th Avenue a Manhattan. Lì suonava le sue bizzarre composizioni senza confini, nelle quali artigianalmente cuciva insieme l’exotica, la tradizione contrappuntistica e la lingua del nuovo jazz e per eseguirle utilizzava anche strumenti auto-costruiti. Si appassionò alla saga nordica dell’Edda, prese ad andarsene in giro con un elmo da vichingo e da bravo homeless si confezionava anche abiti consoni alla tradizione di quegli antichi navigatori. Anni dopo, trasferitosi in Germania, sfoggiò una lunga barba bianca, degna di Gandalf. D’altra parte, nell’America che iniziava ad avvistare ovunque oggetti volanti non identificati, si libravano ad altezze variabili un discreto numero di personaggi tanto geniali quanto poco terrestri, da Sun Ra che veniva da Saturno a tale Lucia Pamela che se ne andava sulla Luna a registrare le sue canzoncine stralunate. Uno così, non poteva non piacere a giovani esordienti in freakerie, come Janis Joplin e la sua band, «Big Brother and the Holding Comapany», che nell’album d’esordio interpretarono un suo pezzo: All Is Lonelinness. Era il 1967 e la California brulicava di gente in viaggio a bordo di allucinogeni.

  Tornando sulla terra, Moondog incontrò per strada anche Charlie Parker. Si intesero subito, irregolari per natura, profondi conoscitori delle regole in musica. Volevano fare un disco insieme, poi Bird cambiò pianeta e Moondog gli dedicò Bird’s Lament, in pratica, una ciaccona. I solisti sono Buckland e Rebbeck.

  Bird’s Lament (Hardin) da «Sax Pax for a Sax», Kopf KD 94 33 33. Rob Buckland, Simon Haram, sax alto; John Rebbeck, Tim Redpath, sax baritono; Andy Scott, Gareth Brady, sax tenore; Will Gregory, sax basso; Liam Noble, piano; Danny Thompson, contrabbasso; Luis Hardin, grancassa. Registrato a Bath (Michael Tippett Centre - Newton Park College) nel 1994.



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martedì 6 dicembre 2011

Glass Bead Games - Prayer to the People - John Coltrane (Clifford Jordan)

  «Glass Bead Games», del 1973, è considerato il disco più rappresentativo di Clifford Jordan, che vi si presenta alla testa di due formazioni ferratissime, proponendo una musica che risente dell’afflato spirituale coltraniano e di quello che, sulla sua scia, in quei primi anni Settanta qualcuno aveva definito spiritual jazz. L'omaggio a Coltrane è esplicito nel terzo dei pezzi che pubblico qui. La musica ha comunque la trasparenza e la pulizia di segno caratteristica di questo insigne saxofonista.   Non so bene che relazione ci sia fra questa musica e il romanzo di Hermann Hesse da cui il disco prende il nome (Il gioco delle perle di vetro). C'è da dire anche che io quel libro non l’ho mai letto.   Glass Bead Games (Jordan), da «Glass Bead Games», [Strata East] Harvest Song Records #HS2006-1. Clifford Jordan, sax tenore; Cedar Walton, piano; Sam Jones, contrabbasso; Billy Higgins, batteria. Registrato il 29 ottobre 1973.   Download   Prayer to the People (Jordan), id.   Download   John Coltrane (Jordan), id. ma Stanley Cowell, piano; Bill Lee, contrabbasso, al posto di Walton e Jones.   Download

lunedì 5 dicembre 2011

Wrap Your Troubles In Dreams (Don Byas)

  Don Byas, uno dei miei sax tenori preferiti, compare in alcune delle prime incisioni di bebop con Dizzy Gillespie, pubblicate anche qui sopra; se armonicamente Byas era avanzato quanto i bopper (come del resto lo era Coleman Hawkins, suo ispiratore), ritmicamente sarebbe rimasto sempre un musicista del jazz classico. Lo stesso si può dire della sezione ritmica che lo accompagna in questa seduta del 1945.

  Wrap Your Troubles In Dreams (Harris-Koehler-Moll), da «Tenor Giant», Drive Archive DE2-42447. Don Byas, sax tenore; Erroll Garner, piano; Slam Stewart, contrabbasso; Harold «Doc» West, batteria. Registrato il 30 agosto 1945.



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domenica 4 dicembre 2011

Celebrity (Charlie Parker)

  Celebrity (Parker), da «Charlie Parker - Verve Master Edition», Verve 539 -757-2. Charlie Parker, sax alto; Hank Jones, piano; Ray Brown, contrabbasso; Buddy Rich, batteria. Registrato nell’ottobre 1950.


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sabato 3 dicembre 2011

The Blessing (Don Cherry)

  Questo è un disco decisamente strano. Si tratta del quartetto classico di Ornette Coleman, con la leadership di Don Cherry, senza Ornette e con James Clay al posto suo (Clay è stato menzionato da Ornette come una sua ispirazione).

  Quello che è ancora più insolito è il programma del disco: due composizioni di Cherry (una, Maffy, è un assolo di appena trenta secondi), una di Haden, una di Higgins, poi due standard (ma in cui Cherry non suona, chissà perché), tre pezzi di Ornette, fra cui due dal suo primo disco: When Will the Blues Leave e The Blessing, e Bemsha Swing di Monk. A me The Blessing piace molto e te lo faccio sentire ancora una volta.

  Clay, un saxofonista pochissimo registrato, è in ottima forma.

  The Blessing (Coleman), da «Art Deco», A & M 395 258-2. Don Cherry, cornetta; James Clay, sax tenore; Charlie Haden, contrabbasso; Billy Higgins, batteria. Registrato dal 27 al 30 agosto 1988.



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venerdì 2 dicembre 2011

Number Two (Booker Ervin)

  Booker Ervin era un saxofonista così intenso, così hard, così in-your-face che immagino qualcuno possa trovarlo ostico da ascoltare, un po’ ossessivo e prepotente nella sua torrenzialità, nello spessore coriaceo del suono.

  In certi suoi dischi è così anche per me, ma non in quelli in cui si accompagna con Jaki Byard o meglio ancora con questa favolosa sezione ritmica, la stessa che qui hai già sentito quattro o cinque volte (clic su «Jaki Byard» nella nuvola qui a fianco).

  Number Two (Ervin), da «The Space Book», Prestige/OJCCD-896-2. Booker Ervin, sax tenore; Jaki Byard, piano; Richard Davis, contrabbasso; Alan Dawson, batteria. Registrato il 2 ottobre 1964.



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giovedì 1 dicembre 2011

Face on the Barroom Floor - Die Trauernde - Precious (Branford Marsalis - Joey Calderazzo)

  L’anno scorso Branford Marsalis ha pubblicato questo disco di duetti con Joey Calderazzo, da anni pianista del suo quartetto, in cui adopera esclusivamente il sax soprano. Di questo strumento, a mio giudizio, Marsalis è oggi il praticante più distinto: la sonorità è bellissima, calda e luminosa, e l’intonazione è sempre perfetta – una cosa, questa, che sul sax soprano sa quasi del miracolo.

  Non mi sono ancora formato un’opinione precisa sul disco, che ho ascoltato solo oggi; di certo non credo che vada inteso come un disco di jazz. Io ad ogni modo ti propongo il pezzo più jazzistico del programma, una composizione di Wayne Shorter; quindi un’interpretazione di un Lied di Johannes Brahms, il n. 5 dai Sechs Gesänge op. 7, e infine una bella composizione di Marsalis, a sua volta di gusto liederistico. Del resto il titolo del disco mi conforta nel pensare che l’ispirazione generale ne sia stata proprio questa.

  Face on the Barroom Floor (Shorter), da «Songs of Myrth and Melancholy», Marsalis Music MARS 0015. Branford Marsalis, sax soprano; Joey Calderazzo, piano. Registrato dal 3 al 5 gennaio 2010.



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  Die Trauernde (Brahms), id.



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  Precious (Marsalis), id.



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martedì 29 novembre 2011

A Night in Tunisia (Art Blakey & the Jazz Messengers)

  Questa mattina voglio mettere un po’ di ginger nel tuo caffelatte decaffeinato, nel tuo orzo tostato, nella tua ovomaltina; voglio metterti un tigre nel motore. Fa’ conto di buttare giù un grappino giallo come fanno per colazione nelle Venezie: questa versione di Night in Tunisia dei Jazz Messengers, del resto molto nota, è veramente too much.

  A Night in Tunisia (Gillespie-Paparelli), da «A Night in Tunisia», Blue Note 4049. Lee Morgan, tromba; Wayne Shorter, sax tenore; Bobby Timmons, piano; Jymie Merritt, contrabbasso; Art Blakey, batteria. Registrato il 7 agosto 1960.



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lunedì 28 novembre 2011

The Boy Next Door (J. J. Johnson & Kai Winding)

  Sembrerà strano, ma il mellifluo connubio dei due tromboni di J. J. Johnson e Kai Winding fu un’idea di quel poco mellifluo fra tutti i musicisti jazz, Charles Mingus, che la portò alla luce in uno dei suoi workshop degli anni Cinquanta di qui si è già avuto modo di parlare (fa’ clic su Mingus nella «nuvola» qui a destra»). Mingus sperimentò anche con quattro e con otto tromboni, e quella delle formazioni tutte composte di tromboni resterà un’idea molto amata, anche se quasi solo dai trombonisti.

  In The Boy Next Door, che ricordo cantata da Judy Garland in «Meet Me in Saint Louis», espone il tema e prende il primo assolo Kai; poi è la volta di J. J., con infine di nuovo Kai a chiudere. In questo primo disco, che ha proprio Mingus al contrabbasso e Wally Cirillo al piano, all’epoca molto legato a Mingus, i due non sono melliflui come sarebbero diventati in seguito (ma a me piacciono sempre).

  The Boy Next Door (Martin-Blane) da «Jay And Kai», Savoy. J. J. Johnson, Kai Winding, trombone; Wally Cirillo, piano; Charles Mingus, contrabbasso; Kenny Clarke, batteria. Registrato il 26 agosto 1954



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domenica 27 novembre 2011

Mood Indigo (Morris Nanton)

  Torna il raffinato, intelligente, umoristico pianismo di Morris Nanton, un musicista che davvero non merita il dimenticatoio in cui è caduto (anche per colpa sua, però: non voleva viaggiare) e che JnP ti ha già presentato alcuni mesi fa.

  Mood Indigo, come tutte le composizioni di Ellington, non è materiale semplice per nessun altro: per dirne uno, pochi anni fa il trombonista italiano Petrella ne ha data una versione molto brutta e volgare in un suo premiato disco. Nanton e i suoi vi aggiungono una discreta ma vivida vena funk, come il periodo gradiva, e la percorrono con lieve musicalità in una entusiasmante climax.

  Mood Indigo (Ellington), da «Something We’ve Got», Prestige PR 7409. Morris Nanton, piano; Norman Edge, contrabbasso; Al Beldini, batteria. Registrato il 13 maggio o il 16 giugno 1965.



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sabato 26 novembre 2011

My Funny Valentine (Hank Jones)

  Hank Jones, qui in trio nel 1955, esegue la canzone celeberrima di Rodgers e Hart e ne dà una delle versioni definitive. A mio giudizio, eh – adesso come adesso, non riesco a farmene venire in mente una che mi piaccia di più, né di Miles né di Mulligan né di Chet Baker.

  In particolare l’esposizione del tema prima che entri la ritmica, non in tempo libero secondo la prassi tatumiana divenuta luogo comune, bensì in tempo rubato, con un lieve sfasamento fra le due mani ma con una pulsazione sempre evidente, basterebbe a illuminare la grandezza di questo pianista e a dare un esempio in vivo di che cosa sia lo swing, quella propulsione in avanti che è ovvia quando la senti ma che è difficile qualificare e quantificare. Quanto segue non è da meno.

  My Funny Valentine (Rodgers-Hart), da «Complete Original Trio Recordings», Lonehill Jazz, LHJ10340. Hank Jones, piano; Wendell Marshall, contrabbasso; Kenny Clarke, batteria. Registrato il 4 agosto 1955.



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venerdì 25 novembre 2011

Blue Seven - Well, You Needn’t (Jeremy Steig)

  Credo che il flauto sia lo strumento più negletto su Jazz nel Pomeriggio, anzi: ora non mi va di controllare, ma non credo che vi sia mai apparso altro flautista che Eric Dolphy, e anche lui in non più di un paio d’occasioni.

  Metto una toppa con Jeremy Steig, un musicista elusivo, che si è visto poco e ha inciso ancora meno (credo che oggi si dedichi in prevalenza alla pittura, sulle orme del padre, storico vignettista del New Yorker) ma che fra anni ’60 e ’70 fu gradito al pubblico e apprezzato dai colleghi, tanto che Bill Evans, che come non tutti sanno era un discreto flautista, lo volle con sé in un disco.

  Sul finire degli anni Sessanta la musica di Steig virò verso la fusion, ma il suo disco d’esordio «Flute Fever» (1963) era prettamente jazzistico, composto tutto di standard o di celebri composizioni jazz come appunto Blue Seven, leggendaria esecuzione di Sonny Rollins (con il titolo originale di Blue 7) in «Saxophone Colossus», e Well, You Needn’t. Il suono raschiato, fischiante di Steig si deve anche alla particolare imboccatura che era costretto a usare per via di un qualche incidente che aveva subìto alla bocca.

  Nel disco si ascolta anche il concettoso pianista Danny Zeitlin, un altro artista che, come Steig, ha sempre alternato la musica con un’altra attività: nel caso suo, la psichiatria.

  Blue Seven (Rollins), da «Flute Fever», CBS/Sony SOPM 159. Jeremy Steig, flauto; Danny Zeitlin, piano; Ben Tucker, contrabbasso; Ben Riley, batteria. Registrato il 23 ottobre 1963.



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  Well, You Needn’t (Monk), id.



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giovedì 24 novembre 2011

[comunicazione di servizio] Jazz From Italy cambia indirizzo

  O almeno speriamo che lo faccia: a causa della chiusura della piattaforma, il più bel blog di jazz in lingua italiana chiude, mentre continua l’altro omonimo. Speriamo che lo strenuo titolare riesca a trasportare in quel sito, o in uno nuovo, il suo lavoro di questi anni (chi sa come fare, per favore, glielo dica).