mercoledì 30 giugno 2010

25 1/2 Daze (Johnny Griffin)

  Nelle vacanze di Natale del 1961 Johnny Griffin registrò questo disco il cui repertorio, piuttosto bizzarramente, pesca per lo più fra le canzoni tradizionali irlandesi.
  Il risultato non è male, ma io ti faccio invece ascoltare questo blues con influssi modali composto da Sara Cassey
  Sara Cassey, nata a Detroit nel 1929, lavorò alla Riverside Records e fino alla prima metà degli anni Sessanta compose numerosi pezzi ingegnosi e ispirati, eseguiti, oltre che da Griffin (che, in questo disco, della Cassey suona anche Ballad for Monsieur) da Elvin Jones, Clark Terry, Stan Kenton e altri. 
  Sara Cassey si tolse la vita nel 1966 e quando alcuni anni fa ho cercato di sapere di lei qualcosa di più, non ne ho ricavato niente, nemmeno interrogando l’onnisciente e collaborativo Jazzinstitut di Darmstadt. Si direbbe che Sara Cassey non abbia lasciato altra traccia di sé che poca bella musica, fra anni Cinquanta e Sessanta, prima di decidere di levarsi di mezzo.

25 1/2 Daze (Cassey), da «The Kerry Dancer», Riverside OJCCD-1952-2. Johnny Griffin, sax tenore; Barry Harris, piano; Ron Carter, contrabbasso; Ben Riley, batteria. Registrato il 5 gennaio 1962.

Apple Honey (Woody Herman)

  Nel jazz sospetto di essere razzista: per esempio ascolto senza entusiasmo le big band bianche. Le uniche che mi piacciano davvero sono il first e il second herd di Woody Herman. Della prima formazione ti presento qui la famosissima ed entusiasmante sigla, arrangiata da Ralph Burns, quando la band suonava nello show radiofonico estivo sponsorizzato dalle sigarette Old Gold. La guerra stava per finire, il jazz stava conoscendo la sua più grande rivoluzione e qui già in qualche modo si sente. «Apple Honey» altro non era che l’additivo che i produttori delle Old Gold aggiungevano alle sigarette per rendere il tabacco più gustoso e i fumatori più dipendenti (e se ne vantavano pure).

  I solisti sono, nell’ordine, Flip Phillips, Bill Harris, Marjorie Hyams, Herman stesso, e, nell’out chorus, Pete Candoli alla tromba. Alla batteria il più grande batterista bianco di sempre, Dave Tough.

  Apple Honey (Herman), da «The Woody Herman Story», Proper Properbox 15. Sonny Berman, Chuck Frankhouser, Ray Wetzel, Pete Candoli, Carl Warwick, tromba; Ralph Pfeffner, Bill Harris, Ed Kiefer, trombone; Woody Herman, clarinetto; Sam Marowitz, John La Porta, clarinetto, sax alto; Flip Phillips, Pete Mondello, sax tenore; Skippy De Sair, sax baritono; Marjorie Hyams, vibrafono; Ralph Burns, piano; Billy Bauer, chitarra; Chubby Jackson, contrabbasso; Dave Tough, batteria. Registrato il 19 febbraio 1945.


martedì 29 giugno 2010

Quiz #2

  Nel Quiz # 1 hai dato scarsa prova di te, lettrice, lettore. Stavolta almeno provaci, non è molto difficile. Chi è il pianista? Come l’ultima volta, non vincerai che la menzione del tuo nome e una mia dedica speciale. 

  Invia la risposta all’indirizzo email accanto al mio ritratto. La soluzione, venerdì in mattinata.


Turnaround (Bill Charlap)

  Toh, mi capita sottomano quest’ennesima versione della composizione di Ornette Coleman, che avevo omesso nella rassegna di interpretazioni che ne ho compilato qualche settimana fa.
  La esegue in trio, con un piglio per lui inconsueto, il raffinato ed enciclopedico pianista Bill Charlap.

  Turnaround (Coleman), da «Souvenir», Criss Cross 1108 CD. Bill Charlap, piano; Scott Colley, contrabbasso; Dennis Mackrel, batteria. Registrato il 19 giugno 1995.


lunedì 28 giugno 2010

Palhaço (Egberto Gismonti)

  Il sensazionale multistrumentista (pianista, qui) e compositore brasiliano Egberto Gismonti con Charlie Haden in una sua lirica composizione vagamente jarrettiana.

  Palhaço (Gismonti), da «In Montreal», ECM 1746 543 813-2. Egberto Gismonti, piano; Charlie Haden, contrabbasso. Registrato il 6 luglio 1989.

In A Sentimental Mood (Archie Shepp)

  In piena New Thing, Archie Shepp rende omaggio non solo al Duca, suo idolo di sempre, ma anche a Ben Webster, che con il Duca fu in una delle sue compagini più formidabili.

  In A Sentimental Mood (Ellington), da «On This Night», Impulse! A-97. Archie Shepp, sax tenore; Bobby Hutcherson, vibrafono; Henry Grimes, contrabbasso; Rashied Ali, batteria. Registrato il 12 agosto 1965.


Rent Party Blues (Duke Ellington)

  La qualità funky nel jazz non è un’invenzione degli anni Sessanta. Sentine la versione di Duke Ellington del 1929, facendo attenzione soprattutto all’assolo di trombone di Joe Nanton.

  Rent Party Blues (Ellington-Hodges), da «The Original Edward “Duke” Ellington Hits Vol. 1, 1927/31», King Jazz 144 FS. Cootie Williams, Arthur Whetsol, Freddy Jenkins, tromba; Joe Nanton, trombone; Barney Bigard, sax tenore; Johnny Hodges, sax soprano; Harry Carney, sax baritono; Duke Ellington, piano; Fred Guy, banjo; Wellman Braud, contrabbasso; Sonny Greer, batteria. Registrato il 1 marzo 1929.


domenica 27 giugno 2010

Bags’ Groove (Hampton Hawes)

  Registrato in Giappone,  per la prima volta Hampton Hawes si cimentava su disco nella difficile arte del piano solo, direi con buonissimi risultati.

  Bags’ Groove (Jackson), da «The Challenge», RCA Victor (J) SMJ 7488. Hampton Hawes, piano. Registrato il 7 maggio 1968.


The Elbow Room, Vancouver (Benoît Delbecq)


  Oggi ti presento un pensatore musicale originale, che richiede qualche parola in più: Benoît Delbecq, parigino quarantaquattrenne. 

    Delbecq dispone dei cicli ritmico-meldici, di tipo africano, metri additivi che il battererista camerunese Biayenda interpreta con meravigliosa scioltezza e che informano delle melodie centripete, in ciò anch’esse di caratteristico stampo africano, prive di pulsazione ricorsiva e di divisioni strofiche. Segmenti ritmico-melodici di lunghezza irregolare e di modesta escursione, quasi
«ritmi intonati», costituiscono una prosodia la cui liberissima accentuazione è lasciata al sax e al piano (la viola svolgendo un ruolo soprattutto armonico e coloristico), ai quali viene richiesto un impegno insolito di attenzione reciproca; al contrabbasso, Helias provvede un morbido ostinato.

    Ma sta’ attento: l'ascolto di queste esecuzioni è assai meno laborioso della descrizione che ne ho dato, e ben più soddisfacente. Ti si trovi infatti attirato in un mondo sonoro a un tempo inaudito e ancestralmente famigliare, ipnotico senza partecipare in nulla della qualità narcotica di altre musiche odierne che adoperano semplici moduli ricorsivi a evocare stasi, laddove queste imprevedibili esecuzioni hanno quella propulsione in avanti che identifichiamo senz’altro con lo swing. I precedenti sono individuabili solo per analogie di processo: dal punto di vista compositivo, l’uso di serie come base per l’improvvisazione tematica (Zao Wou-Ki) richiama il Don Ellis di «…How Time Passes…», così come Ellis è richiamato da misure strane come il 14 (se ho contato bene) di Au Louvre, in entrambi i casi senza quello zelo dimostrativo e con molto maggiore libertà agogica. In altri momenti, semplici strutture polimodali (p.e. Fa e Fa# lidio alternati in Multikulta) riducono la dimensione armonica a favore di quella timbrica e ritmico-melodica. 

  Il suono complessivo è inconfondibilmente jazzistico, nutrito dalla sonorità glaciale e unica di Mark Turner e dalla batteria di Biayenda che integra metri e sonorità africani in una pulsazione schiettamente jazzistica e talora funky  (The Elbow Room, Vancouver), ricordando Ed Blackwell. Delbecq è pianista influenzato nel timing e nell’uso dello spazio da Bley, Waldron  e, precisa lui stesso, dagli Études di Ligeti, anche se in «Phonetics» si riconosce piuttosto la presenza della più remota Musica ricercata

  Mi piacerebbe davvero sentire che cosa ti pare di questa musica.

  The Elbow Room, Vancouver (Delbecq), da  «Phonetics», Songlines SA1552-2. Mark Turner, sax tenore; Oene Van Geel, viola; Benoît Delbecq, piano; Mark Helias, contrabbasso; Emile Biayenda, batteria. Registrato nel 2004.

sabato 26 giugno 2010

Caution Blues (Blues in 3rds) (Earl Hines)

 Caution Blues di Earl Hines, con l'incomparabile Johnny Hodges al sax alto, ti accompagni in un sabato sera tranquillo ma pieno di belle sorprese, proprio come questo pezzo.


  Caution Blues (Blues in 3rds) (Hines), da «Stride Right» Verve  V-6-8647. Johnny Hodges, sax alto; Earl Hines, piano; Kenny Burrell, chitarra; Richard Davis, contrabbasso; Joe Marshall, batteria. Registrato nel 1965.

There Is No Greater Love (Ahmad Jamal)

  Uno standard dei più famosi da uno dei più famosi e influenti dischi di piano jazz moderno. Ho intervistato Ahmad Jamal qualche anno fa per Musica Jazz, e abbiamo parlato anche di questo disco. Sul formato da lui prediletto, il trio, ecco che cosa mi ha detto:
   «(…)  il mio veicolo preferito rimane lo small ensemble di piano, basso e batteria: non lo chiamo trio, perché mi sembra limitante. Per me è una piccola orchestra. Ho lavorato e scritto per le orchestre, e quella che faccio è a ogni effetto musica orchestrale, anche se eseguita da una formazione ai minimi termini».

  There Is No Greater Love (Jones-Symes), da «At The Pershing», Affinity AFF  184. Ahmad Jamal, piano; Israel Crosby, contrabbasso; Vernell Fournier, batteria. Registrato il 16 gennaio 1958.

Birth (Anthony Braxton, Max Roach)

  Braxton e Roach mi sono sempre sembrati un match perfetto (più, per esempio, di Roach e Archie Shepp, che pure erano più prossimi per età ed esperienze), tanto che l’anno dopo aver registrato a Milano, s’incontrarono per un altro disco.
  S’inizia con calma, a tempo libero con Braxton sul sopranino e Roach sui piatti; Roach imposta poi, dopo una serie di potenti rullate, un tempo velocissimo sul quale Braxton adopera l’alto, sul quale strumento, dopo qualche fraseggio perfino beboppeggiante, finisce in urla inumane, con Roach che lo segue sempre da vicino senza perdere un briciolo del suo cool.

  Birth (Braxton-Roach), da «Birth and Rebirth», Black Saint 120024-2. Anthony Braxton, sax alto, sopranino; Max Roach, batteria. Registrato nel settembre 1978.


venerdì 25 giugno 2010

Blue Turning Grey Over You (Louis Armstrong)

Un mese di Jazz nel pomeriggio senza la tromba e la voce di Louis Armstrong è un mese sprecato. 

  Blue Turning Grey Over You (Razaf-Waller-Brooks), da «Satch Plays Fats», Columbia/Legacy CK 64297. Louis Armstrong, tromba e canto; Trummy Young, trombone; Barney Bigard, clarinetto; Billy Kyle, piano; Arvell Shaw, contrabbasso; Barrett Deems, batteria. Registrato il 3 maggio 1955.


Ghosts (Albert Ayler) (Peter Leitch) - Albert (Jenny Scheinman)

  Ghosts è uno dei pezzi più caratteristici di Albert Ayler: non tanto nella composizione, che è una specie di piccolo calypso, ma nell’esecuzione che Ayler e i suoi ne danno. Se non conosci Ayler, ti dirò che è indescrivibile, puoi solo ascoltarlo.

  Ghosts (Ayler), da «Love Cry», Impulse! GRD-108. Albert Ayler, sax tenore; Don Ayler, tromba; Alan Silva, contrabbasso; Milford Graves, batteria. Registato il 31 agosto 1967.





 
Nel 2004 il chitarrista canadese Peter Leitch ha deciso che Ghost è appunto un piccolo calypso alla Rollins, e così lo esegue da principio alla fine, snaturandolo, anche se in modo  piacevole.

Ghosts, da «Autobiography», Reservoir Music RSR CD 179. Jed Levy, sax tenore; Peter Leitch, chitarra; George Cables, piano; Dwayne Burno, contrabbasso; Steve Johns, batteria. Registrato il 24 gennaio 2004.




 
Più interessante e obliquo l’omaggio ad Ayler di Jenny Scheinman. Scrivevo alcuni anni fa recensendo per Musica Jazz il disco della Scheinman: «La tenuità bucolica della palette nessuno l’assocerebbe a quel grande. Ma, pensandoci dopo, la melodia di Albert ha gli stessi accenti e anche gli stessi intervalli delle marce ayleriane, spogli della loro spaventosa vitalità vociferante, non del loro evocativo arcaismo; il suono irreale che insieme creano la chitarra, la fisarmonica e il violino sono stranianti e "memoriosi" come quello dell’assurdo clavicembalo di Call Cobbs».

  Albert (Scheinman), da «12 Songs», Cryptogramophone CG 125. Jenny Scheinman, violino; Ron Miles, cornetta; Doug Wieselman, clarinetto; Bill Frisell, chitarra; Rachel Garniez, fisarmonica; Tim Luntzel, contrabbasso; Dan Rieser, batteria. Registrato il 14 dicembre 2004.


giovedì 24 giugno 2010

Lykief (Branford Marsalis)

  Il maggiore (e il più in gamba) dei fratelli Marsalis si prende lievemente gioco dell’European Quartet di Keith Jarrett («Lykief» = «like Keith»).

  Lykief (Marsalis), da «Requiem», Columbia 06955-2. Branford Marsalis, sax soprano; Kenny Kirkland, piano; Eric Revis, contrabbasso; Jeff «Tain» Watts, batteria. Registrato nel dicembre 1998.

Lush Life (George Lewis)

  George Lewis, trombonista, lasciò di stucco il mondo del jazz quando apparve, ventiquattrenne, nei gruppi di Anthony Braxton (in quel contesto ricordo di averlo sentito, io quasi bambino, in un festival d'avanguardia al teatro Lirico di Milano nel 1977). Stupirono non solo la sua tecnica consumatissima e la sua maturità musicale, ma il senso della storia del jazz che appariva evidente nel suo stile. In seguito l’accademia ha assorbito parte delle sue energie, e anche l’informatica musicale, alla quale ha dato dei contributi significativi. È anche autore di una storia dell’AACM, l’organizzazione dei musicisti d’avanguardia di Chicago di cui fu ed è parte importante, «A Power Stronger Than Itself».

  Negli anni Settanta, Lewis incise due dischi per solo trombone; dal primo di questi ti propongo Lush Life di Billy Strayhorn.

  Lush Life (Strayhorn), da «The Solo Trombone Record», Sackville SVLL 3012. George Lewis, trombone. Registrato nel novembre 1976.

mercoledì 23 giugno 2010

Off Minor (Dick Cary)

  Cosa succede quando un gruppo di musicisti associati al jazz «classico» o addirittura al Dixieland revival (con tanto di basso tuba al posto del contrabbasso) si accinge a un classico di Thelonious Monk, e fra i più ardui, Off Minor? Ecco qua, dal vivo nel 1957: il complesso del trombettista Bobby Hackett, ma nell’occasione senza Hackett, guidato da Dick Cary al piano.

  Off Minor (Monk), da «Off Minor», Viper’s Nest 162. Tom Gwaltney, vibrafono; Dick Cary, piano; John Dengler, tuba; Buzzy Drootin, batteria. Registrato il 5 luglio 1957.


Black and Tan Fantasy (Duke Ellington) (Thelonious Monk)

  Black and Tan Fantasy fu composta da Duke Ellington nel 1927 per accompagnamento ai balletti-pantomime del Cotton Club, di cui il gruppo da lui guidato, noto come The Washingtonians e in precedenza impiegato al Kentucky Club, era diventato in quell’anno la house band. Questa composizione, l’esempio migliore del finto primitivismo dell’Ellington di quegli anni (basti sentire le armonie del bridge) sarebbe rimasto nel repertorio dell’orchestra e inciso più volte negli anni, mai tuttavia raggiungendo l’incredibile espressività dell’esecuzione di Bubber Miley, maestro della sordina plunger e degli effetti vocali sulla tromba.

  Black and Tan Fantasy (Ellington-Miley), da «The Original Edward “Duke” Ellington Hits Vol. 1, 1927/31», King Jazz 144 FS. Bubber Miley, Luis Metcalf, tromba; Joe Nanton, trombone; Otto Hardwicke, sax alto; Prince Robinson, clarinetto; Duke Ellington, piano; Fred Guy, banjo; Mack Shaw, tuba: Sonny Greer, batteria. Registrato il 7 aprile 1927.






  Nel 1955 Orrin Keepnews della Riverside decise che Thelonious Monk andava presentato al pubblico in una veste più mainstream. Il pianista incise dunque questo album tutto di composizioni ellingtoniane, scelte da Keepnews ed eseguite da Monk alquanto di contraggenio. Il disco rimane tuttavia, non immeritamente, uno dei suoi più popolari.

Black and Tan Fantasy
, da «Thelonious Monk Plays the Music of Duke Ellington», Riverside OJC 24. Thelonious Monk, piano; Oscar Pettiford, contrabbasso; Kenny Clarke, batteria. Registrato il 21 luglio 1955.


martedì 22 giugno 2010

Juicy Fruit (Coleman Hawkins)

  Coleman Hawkins non amava suonare il blues, che considerava musica rozza e al di sotto delle sue capacità e conoscenze musicali; pare che a casa sua l’inventore del sax tenore non avesse nemmeno dischi di jazz, ma solo di opera e musica sinfonica.
  Come che fosse, quando Hawkins suonava il blues, come qualunque altra cosa,  non ce n’era per nessuno: lo dimostra questa splendida seduta del 1957, in compagnia gloriosa. Osservate come Idrees Sulieman, autore del primo assolo, tenga un fa per ben tre chorus, cioè trentasei battute. Polmoni da balena? No, impiego della tecnica della respirazione circolare.

  Juicy Fruit (Hawkins), da «The Hawk Flies High», Riverside RCD-30505.  Idrees Sulieman, tromba; J. J.Johnson, trombone; Coleman Hawkins, sax tenore; Hank Jones, piano; Barry Galbraith, chitarra; Oscar Pettiford, contrabbasso; Jo Jones, batteria. Registrato nel marzo 1957.


Nights at the Turntable (Gerry Mulligan)

  Un Mulligan d’annata fa sempre bene.

  Nights at the Turntable (Mulligan), da «The Best of the Gerry Mulligan Quartet with Chet Baker», Pacific Jazz CDP 7 95481 2. Chet Baker, tromba; Gerry Mulligan, sax baritono; Bob Whitlock, contrabbasso; Chico Hamilton, batteria. Registrato il 15 o 16 ottobre 1952.


Turkish Bath (Don Ellis)

  Nella sua breve carriera, Don Ellis (1934-1978) è passato dal jazz sperimentale dei primissimi anni Sessanta con i suoi piccoli gruppi in dischi come « … How Time Passes…» a una personalissima e variopinta fusion con le sue big band, dalla metà di quel decennio in poi.
  Non bisogna pensare che nel fare questo rinunciasse alla sua vocazione di sperimentatore: Ellis soleva ricorrere per esempio alle segnature di tempo più bizzarre (Turkish Bath, pezzo per cui io vado matto, è al confronto un «ordinario» 7/4); e fa’ attenzione all’assolo di tromba dopo la prima sezione orchestrale. Ellis lo esegue su una tromba progettata da lui, dotata di un pistone aggiuntivo per la generazione dei quarti di tono.

  Turkish Bath (Myers), da «Electric Bath», Columbia CK 65522. Don Ellis, Bob Harmon, Glenn Stuart, Edward Warren, Alan Weight, tromba; Ron Myers, Tom Myers, David Sanchez, Terry Woodson, trombone; Ruben Leon, John Magruder, Joe Roccisano, Ira Shulman, Ron Starr, saxes, flauto; Ray Neapolitan, sitar; Frank DeLaRosa, Dave Parlato, contrabbasso; Michael Lang, tastiere; Alan Estes, Mark Stevens, Chino Valdes, batteria, vibrafono percussioni. Registrato il 17 settembre 1967.


lunedì 21 giugno 2010

When Malindy Sings (Abbey Lincoln)

  Abbey Lincoln canta accompagnata dalla quasi identica formazione che si ascolta in «Out Front» di Booker little, con l’aggiunta di due sax tenori (uno suonato da Coleman Hawkins!). All’epoca la cantante,  musicalmente non sopraffina ma dalla dizione epica e scolpita, era moglie di Max Roach.

  When Malindy Sings (Dunbar-Brown), da «Straight Ahead», Candid CCD 79015. Abbey Lincoln accompagnata da Booker Little, tromba; Julian Priester, trombone; Eric Dolphy, flauto; Coleman Hawkins, Walter Benton, sax tenore; Mal Waldron, piano; Art Davis, contrabbasso; Max Roach, batteria. Registrato il 22 febbraio 1961.

domenica 20 giugno 2010

Smashing Thirds - I Ain’t Got Nobody (Fats Waller)

  Due assoli di pianoforte di Fats Waller; il primo, come annuncia il titolo, è un vero studio sulle terze per le due mani, oltre che un grande esempio di stile stride; il secondo, un famoso numero di Bert Williams, si conclude (parlo proprio delle ultimissime battute) con un esempio di tempo rubato fra i più belli che abbia mai sentito, in cui la melodia, grazie allo sfasamento fra le mani, sembra davvero staccarsi da terra.

  Smashing Thirds (Waller), da «Fats Waller», RCA Victor 74321 52058 2. Fats Waller, piano. Registrato il 24 settembre 1929.



  I Ain’t Got Nobody (Williams-Graham), c.s. ma registrato l’11 giugno 1937.

venerdì 18 giugno 2010

Man Of Words - A New Day (Booker Little)

  Definendo Booker Little sublime, un paio di giorni fa, non credo di aver esagerato. Ti propongo di seguito due pezzi dal suo capolavoro, Out Front, compiuto esattamente sei mesi prima della morte, a 23 anni. 
  Subirò la retorica dell’opus ultimum? Non credo. Così di questo disco scriveva anni fa Marcello Piras su Musica Jazz: «dalla tesa malinconia del primo brano, We Speak via via verso l'inevitabile, che giunge a metà dell’opera con Moods in Free Time e Man of Words […] dopo non siamo più a questo mondo: l’aerea dolcezza del flauto di Dolphy in A New Day non dipinge un nuovo giorno, ma un distacco ormai compiuto dalle cose terrene»

  Man Of Words (Little), da «Out Front», Candid CJM 8027. Booker Little, tromba; Eric Dolphy, clarinetto basso; Julian Priester, trombone; Don Friedman, piano; Ron Carter, contrabbasso; Max Roach, batteria, timpani. Registrato il 4 aprile 1961.




  A New Day (Little). C.s. ma Dolphy è al flauto e Art Davis, contrabbasso, sostituisce Carter.


Things To Come (Dizzy Gillespie)

  Appena finita la Seconda guerra mondiale, Dizzy Gillespie non doveva nutrire  speranze rosee per il futuro del mondo, a giudicare dal clima apocalittico di questa Things To Come, eseguita con ruvida energia e a tempo impossibile dalla sua big band al famoso concerto con Charlie Parker della Carnegie Hall.

  Things To Come (Fuller-Gillespie), da «Diz ’n’ Bird at Carnegie Hall», Blue Note. Dave Burns, Dizzy Gillespie, Matthew McKay, Raymond Orr, Elmon Wright, tromba; William Shepherd, Taswell Baird, trombone; Howard Johnson, John Brown, sax alto;  James Moody, Joe Gayle, sax tenore; Cecil Payne, sax baritono; Milt Jackson, vibrafono; John Lewis, piano; Al McKibbon, contrabbasso; Joe Harris, batteria. Registrato il 29 settembre 1947.


giovedì 17 giugno 2010

Filidé (Max Roach)

  Il sublime Booker Little, una delle perdite più amare del jazz moderno (morto di uremia nel 1961), qui ventenne in un singolare quintetto di Max Roach, senza pianoforte ma con il basso tuba.

  Filidé (Draper), da «Deeds, Not Words», Riverside OJJCD 304-2. Booker Little, tromba; George Coleman, sax tenore; Ray Draper, tuba; Art Davis, contrabbasso; Max Roach, batteria. Registrato il 4 settembre 1958.


’Round Midnight (George Russell)

  Ancora George Russell, che nei commenti all’ultimo pezzo suo che ti ho proposto ha equamente diviso nel giudizio il colto e l’inclita ;-). In questo ’Round Midnight in sestetto, da principio sembra di ascoltare musica elettronica, benché la formazione sia completamente acustica (and how: con Eric Dolphy al clarinetto basso).

   ’Round Midnight (Monk), da «Ezz-thetics», Riverside OJCCD-070-2. Don Ellis, tromba; Dave Baker, trombone; Eric Dolphy, clarinetto basso; George Russell, piano; Steve Swallow, contrabbasso; Joe Hunt, batteria. Registrato l’8 maggio 1961.



mercoledì 16 giugno 2010

Be-Bop (Sonny Clark)

  Oggi ancora Sonny Clark,  nel classico eponimo del bebop.

  Be-Bop (Gillespie), da «Sonny Clark Trio», Blue Note 7243 5 33774 2 7. Sonny Clark, piano; Paul Chambers, contrabbasso; Philly Joe Jones, batteria. Registrato il 13 ottobre 1957.


martedì 15 giugno 2010

Sketch (J. J. Johnson)

  Da una classica seduta Blue Note di J. J. Johnson, questa caratteristica composizione di John Lewis, che prelude al lavoro che avrebbe fatto con il Modern Jazz Quartet (qui presente per intero a eccezione di Milt Jackson), vivacizzata da uno spiritato assolo con sordina di Clifford Brown.

  Sketch, da «The Eminent J.J. Johnson, vol. 1», Blue Note 7243 5 32143 2 6. Clifford Brown, tromba; J. J. Johnson, trombone; Jimmy Heath, sax baritono; John Lewis, piano; Percy Heath, contrabbasso; Kenny Clarke, batteria. Registrato il 22 giugno 1953


lunedì 14 giugno 2010

Blues in the Night (Sonny Clark) - N.Y.C.’s No Lark (Bill Evans)

  Sonny Clark (1931-1963) suonava il piano con una spontaneità e una semplicità apparenti, pur nella complessità delle lunghe linee della sua mano destra, che non si ritrova in nessun altro pianista moderno.

  Blues in the Night (Arlen-Mercer), da «Standards», Blue Note 7243 8 21283 2 8. Sonny Clark, piano; Paul Chambers, contrabbasso; Wes Landers, batteria. Registrato il 7 dicembre 1958.




  Sonny Clark morì di eroina il 13 gennaio 1963. In quegli stessi giorni Bill Evans stava registrando il suo album monstre «Conversations With Myself», in cui suonava da solo, ma sovrapponendo in ogni pezzo il suo pianoforte tre volte, una pratica inaugurata qualche anno prima da Lennie Tristano. Dedicò dunque a Clark questo funebre pezzo, N.Y.C.’s No Lark, il cui titolo («New York City non è uno scherzo») è anagramma del nome del collega e allo stesso tempo una triste riflessione su certi aspetti della vita del jazz e di New York (Evans non sentiva certo estraneo a sé il problema della droga).

  N.Y.C.’s No Lark, da «Conversations With Myself», Verve. Bill Evans, piano tre volte sovrapposto. Registrato il 6 febbraio 1963.


Off the Rag (Henry Threadgill) - Soluzione al Quiz #1

  Non ci avete nemmeno provato:

  Henry Threadgill, Off the Rag, da «Rag, Bush and All», RCA Novus. Henry Threadgill, sax alto, flauto basso; Ted Daniels, tromba e flicorno; Bill Lowe, trombone basso; Deirdre Murray, violoncello; Fred Hopkins, contrabbasso; Newman Barker, Reggie Nicholson, batteria e percussioni. Registrato nel 1988.


domenica 13 giugno 2010

Devil in the Cane Field (Mose Allison)

  Un personaggio unico, Mose Allison, pianista e cantautore, un vero tesoro americano.

  Devil in the Cane Field (Allison), da «Autumn Song», Prestige OJCCD 894-2. Mose Allison, piano; Addison Farmer, contrabbasso; Ronnie Free, batteria. Registrato il 13 febbraio 1959.


Rome At Twilight (Sun Ra)

  «Roma al crepuscolo» secondo Sun Ra, dal disco inciso in Italia da cui già ti ho fatto sentire My Favorite Things.

  Rome At Twilight (Sun Ra), da «New Steps», 101 DISTRIBUTION (già HORO, 1978). Michael Ray, tromba; John Gilmore, sax tenore; Sun Ra, piano, tastiere; Luqman Ali, batteria. Registrato nel gennaio 1978.


My Cherie Amour (Charles McPherson)

  Charles McPherson, il bravissimo altosaxofonista che sostituì Eric Dolphy nelle formazioni mingusiane, dà una delicata e swingante versione della famosa canzone di Stevie Wonder accompagnato da un trio ritmico eccellente. Presta attenzione soprattutto al sobrio, costruitissimo assolo di Barry Harris.

  My Cherie Amour (S. Wonder), da «McPhersons's Mood», Prestige OJCCD-1947-2. Charles McPherson, sax alto; Barry Harris, piano; Buster Williams, contrabbasso; Roy Brooks, batteria. Registrato il 23 dicembre 1969.

Suza (Jenny Scheinman)

  Un piccolo choro dalla meravigliosa violinista e compositrice Jenny Scheinman.

  Suza, da «12 Songs», Cryptogramophone CG 125. Jenny Scheinman, violino; Ron Miles, cornetta; Doug Wieselman, clarinetto; Bill Frisell, chitarra; Rachel Garniez, claviola; Tim Luntzel, contrabbasso; Dan Rieser, batteria. Registrato il 14 dicembre 2004.


sabato 12 giugno 2010

La Paloma (Claude Thornhill)

  Ho nominato Claude Thornhill pubblicando il suo famoso arrangiamento di Loch Lomond del 1937 per Maxine Sullivan e menzionando l’importanza della sua orchestra dei tardi anni Quaranta per gli esperimenti timbrici di Gil Evans, arrangiatore stabile della formazione a cui contribuì, giovanissimo, anche Gerry Mulligan. 

  Questi esperimenti, e il suono particolarissimo, «come una nuvola», di quell’orchestra, dovuto alla peculiare strumentazione comprendente tuba e corni francesi, sono ben evidenti in questa  versione del famoso tango, praticamente disossata. Lo traggo da un disco di quelli che si trovano o trovavano negli autogrill, decettivamente a nome di Gil Evans e privo di date e d’informazioni; non avendo modo in questo momento di fare le verifiche, soprassiedo al riportare una formazione congetturale, che sarebbe del resto piena di nomi che non dicono nulla tranne quelli di Lee Konitz, Gerry Mulligan e Brew Moore ai sax e di Bill Barber alla tuba (il leader siede al piano).

  La Paloma (Yradier), da «Adios», Nostalgia NSTC 06. Registrato nel 1948.


venerdì 11 giugno 2010

QUIZ #1

   Il Quiz comparirà su Jazz nel pomeriggio con periodicità irregolare, quando mi sentirò particolarmente carogna, perché non sarà mai facile.

  Chiedo di conoscere chi sia il leader di questo settetto, nonché autore della composizione. Si vince la dedica personale di un pezzo (wow!!!), scelto comunque da me, cioè in pratica non si vince un bel niente. Le vostre risposte all’email qui a destra, accanto al mio ritratto. Soluzione ed eventuale vincitore, lunedì 14 giugno entro la mattinata.

The Girl of Ipanema (Archie Shepp)

  Più li risento, più i dischi di Archie Shepp della metà degli anni Sessanta e appena dopo («Fire Music», «Four For Trane», «Mama Too Tight», «Attica Blues», «The Way Ahead» soprattutto) mi sembrano belli, importanti e anche profetici. Questa versione dell’arcistranota bossa nova di Jobim non è che sia, in quella dovizia di grande musica, più significativa di altri pezzi, ma ho immaginato che possa attirare qualche lettore magari poco interessato ad Archie Shepp.
  
  The Girl of Ipanema (Jobim), da «Fire Music», Impulse! 051 158-2. Ted Curson, tromba; Joseph Orange, trombone; Archie Shepp, sax tenore; Marion Brown, sax alto; Reggie Johnson, contrabbasso; Joe Chambers, batteria. Registrato il 16 febbraio 1965.


Invisible (Ornette Coleman)

  La prima traccia del primo disco di Ornette Coleman, 1958. Sentita oggi, con il suo sapore monkiano, viene spontaneo chiedersi da dove venisse lo scandalo che Ornette suscitò al primo apparire. È anche l’ultima volta, prima dell'incontro con Joachim Kühn, trent'anni dopo, in cui Ornette ha usato un pianista; e in effetti si sente come il pur ottimo Walter Norris c’entri poco.

  Invisible, da «Something Else!!!», Contemporary OJCCD-163-2. Don Cherry, tromba; Ornette Coleman, sax alto; Walter Norris, piano; Don Payne, contrabbasso; Billy Higgins, batteria. Registrato il 10 febbraio 1958.


giovedì 10 giugno 2010

There’s No Business Like Show Business (Sonny Rollins)

  «Worktime», del 1955, fu l’esordio discografico come leader del venticinquenne Sonny Rollins ed è stato definito uno dei debutti più stupefacenti del jazz moderno. In effetti Rollins vi compare già intero, a cominciare dalle scelte di repertorio insolite (non ricordo altre esecuzioni jazzistiche della canzone di Irving Berlin che ti propongo) per finire con l’ombra che getta sul resto del quartetto, in cui riesce comunque a giganteggiare Max Roach (ma anche Ray Bryant era un pianista delizioso).

  There’s No Business Like Show Business (Berlin), da «Worktime», OJC20 007-2. Sonny Rollins, sax tenore; Ray Bryant, piano; George Morrow, contrabbasso; Max Roach, batteria. Registrato il 2 dicembre 1955.


mercoledì 9 giugno 2010

Becoming (Lennie Tristano)

Tristano, ovvero quando intelligenza e cultura supreme si accompagnano (e aiutano a portarla fuori) alla poesia più lucente.

Becoming (Tristano), da «The New Tristano», Rhino R271595. Lennie Tristano, piano. Registrato fra il 1960 e il 1962.

martedì 8 giugno 2010

Moon Rays (Horace Silver)

  Come avrò fatto, mi chiedo, a portare avanti questo blog per più di due settimane senza mai pubblicare un pezzo di Horace Silver

  Faccio ammenda con Moon Rays, una delle sue composizioni più articolate e un pezzo insolitamente lungo in cui rifulgono sì i solisti, ma soprattutto l’ingegno di compositore di Silver, che lavora con la forma aggiungendo alla fine del pezzo uno dei suoi special, come li chiama lui, più lunghi, articolati e belli. Fa’ attenzione anche al lavoro finissimo di Louis Hayes, che scandendo sul piatto in «tre» conferisce alla composizione un caratteristico latin flavor.

  Su Horace Silver la rivista Musica Jazz ha pubblicato tempo fa un breve saggio a mia firma intitolato Gli anni d'oro di Horace Silver.

  Moon Rays (Silver), da «Further Explorations», Blue Note 50999 5 14379 2 3. Art Farmer, tromba; Clifford Jordan, sax tenore; Horace Silver, piano; Teddy Kotick, contrabbasso; Louis Hayes, batteria. Registrato il 13 gennaio 1958.


lunedì 7 giugno 2010

Time Waits (Ross Bolleter)

  Ross Bolleter Roshi è un maestro Zen di Perth in Australia che va qua e là per la terra dei canguri in cerca di pianoforti «in rovina» (altro da quelli «negletti» o «dilapidati» – devastated), rimasti esposti a lungo alle crude intemperie australi e il cui comportamento sonoro è pertanto deforme e soprattutto imprevedibile – Roshi è pronto per molti club italiani.     
  Lo si può apprezzare in questo CD, che è un esempio compiuto di pratica Zen e che perciò è poco appropriato descrivere in termini puramente musicali, date inoltre le connessioni che Bolleter istituisce fra la sua pratica e la vita e l’arte degli aborigeni, anche se il contenuto musicale vi è poi più consistente e leggibile di quanto uno non immaginerebbe. Bolleter usa diversi strumenti a tratti simultaneamente, e anche un «normale» piano preparato in Time Waits, dedicato a Bud Powell senza che ciò lo distingua specialmente dagli altri pezzi. A saper volgere le orecchie nella direzione giusta, vale l’ascolto.

Time Waits (for Bud Powell) (Rosseter), da «Secret Sandhills And Satellites. Pieces for Ruined Pianos and Pianos on the Edge of Ruin», EMANEM 4128. Ross Bolleter, piano in rovina. Registrato nel luglio 2002.

domenica 6 giugno 2010

Lotus Blossom (Duke Ellington)

  Come promesso.

  Lotus Blossom (Strayhorn), da «… And His Mother Called Him Bill», RCA Victor 74351851512. Duke Ellington, piano. Registrato nel 1967.


Ill Wind (Ben Webster)

  Ben Webster è uno degli esempi migliori che si possano portare dell’importanza, nel jazz, di una sonorità personale: quella di Webster, impura, dal vibrato largo e irregolare, in cui il soffio è importante quanto la nota stessa  prodotta, che infatti spesso non è nemmeno precisamente intonata, è inimitabile e immediatamente riconoscibile.

  Ill Wind (Arlen-Koheler), da «Soulville», Verve: Ben Webster, sax tenore; Oscar Peterson, piano; Ray Brown, contrabbasso; Herb Ellis, chitarra; Stan Levey, batteria. Registrato il 15 ottobre 1957.


Glass Enclosure (Rob Schneiderman)

  Mi capita in mano questo disco recente ma non tanto, che avevo dimenticato, il cui il pianista Rob Schneiderman col suo trio esegue temerariamente Glass Enclosure di Bud Powell, che io avevo citato e riportato come esempio di composizione jazzistica priva d’improvvisazione. 
  Schneiderman invece esegue le parti iniziale e finale del pezzo secondo la versione incisa da Powell (più o meno, visto che non credo che Bud ne abbia lasciata traccia scritta), ma improvvisando piuttosto genericamente per alcuni chorus nella sezione centrale e aggiungendo una coda incongrua in cui si affaccia anche, per qualche battuta, un tempo di beguine. Blandamente interessante, avrebbe detto Linus.

  Glass Enclosure (Powell), da «Glass Enclosure», Reservoir Music RSR CD 193. Rob Schneiderman, piano; Todd Coolman, contrabbasso; Leroy Williams, batteria. Registrato il 14 luglio 2007.

Moon River (Grant Green, Sonny Clark)

  Una versione felicemente up-tempo della sciropposa ballad di Henry Mancini.

  Moon River (H. Mancini), da «The Complete Quartets With Sonny Clark», Blue Note 571924. Grant Green, chitarra; Sonny Clark, piano; Sam Jones, contrabbasso, Louis Hayes, batteria. Registrato nel dicembre 1961.


sabato 5 giugno 2010

Tell Us Only the Beautiful Things (Walt Dickerson)

  Non ho conoscenza tecnica del vibrafono (una volta ne ho suonato uno, ma aveva la spina staccata e i mazzuoli spelacchiati), quindi non so dire come Walt Dickerson (1931-2008) producesse certi suoi suoni sospesi, non vibranti, come cristalli la cui estremità si annulli nella luce, alternandoli con altri percussivi, memori di Milt Jackson e anche di Lionel Hampton. Uno stile così diverso da quello dell’altro grande vibrafonista della sua generazione, Bobby Hutcherson, nella cui ombra rimase, anche, credo, in ragione di un’indole molto particolare.

  Dickerson (che ti augura «peace» alla fine del pezzo) non è eloquente come Hutcherson; parla sommessamente sullo strumento, e richiede all’ascoltatore una concentrazione speciale. Questo che ti propongo oggi è l’ascolto più lungo e forse più impegnativo finora, ma mi piacerebbe che tu accordassi a Walt Dickerson (e ai suoi magnifici partner, soprattutto Andrew Cyrille) l’attenzione che merita e che solo parzialmente ha avuto in vita.

  Tell Us Only the Beautiful Things (Dickerson), da «Tell Us Only the Beautiful Things», MCA MTCJ-2001. Walt Dickerson, vibrafono; Wilbur Ware, contrabbasso; Andrew Cyrille, batteria. Registrato il 21 luglio 1975.

Parisian Thoroughfare (Bud Powell)

  Mi sapeva male lasciare il povero Bud Powell appena dimesso da un’istituzione psichiatrica ma sempre nella glass enclosure della sua mente. Mi piace fartelo risentire invece in un animato viale di Parigi, città dove visse a lungo, apparentemente spensierato in una delle sue più belle composizioni, eseguita anche da Clifford Brown. Questa volta il Nostro, da solo, improvvisa, e come, a rotta di collo.

  Parisian Thoroughfare, da «The Genius of Bud Powell», Verve MGV 8115. Bud Powell, piano. Registrato nel febbraio 1951.

Blood Count (Duke Ellington)

  Nel 1967, pochi mesi dopo la morte del suo braccio destro (e grande musicista on his own) Billy Strayhorn, dopo lunga malattia, Duke Ellington incise questo splendido disco dedicato alle composizioni del grande amico. Il titolo di questo pezzo si riferisce alle condizioni di salute di Billy quando lo scriveva. 
  Il disco si conclude con Duke che, in solitudine, esegue Lotus Blossom, una delle canzoni più famose di Strayhorn, ripetendone ossessivamente il tema, ora con delicatezza estrema, ora quasi con furia, a momenti perfino esitando, mentre sullo sfondo un pubblico indifferente chiacchiera e sbatte posate e bicchieri: pochi minuti struggenti, che un giorno ti farò sentire.

  Qui in Blood Count il solista di sax alto è naturalmente Johnny Hodges.

  Blood Count (Strayhorn), da «… And His Mother Called Him Bill», RCA Victor 74351851512.   Cat Anderson, Mercer Ellington, Herbie Jones, Cootie Williams, trombe; Clark Terry, flicorno; Lawrence Brown, Chuck Connors, Buster Cooper, tromboni; John Sanders, trombone a pistoni; Jimmy Hamilton, Johnny Hodges, Russell Procope, clarinetto, sax alto; Paul Gonsalves, clarinetto, sax tenore; Harry Carney, clarinetto, sax baritono; Duke Ellington, piano;  Aaron Bell, Jeff Castleman, contrabbasso; Steve Little, Sam Woodyard, batteria. Registrato nel 1967.

venerdì 4 giugno 2010

Solitude (Django Bates)

  Il maverick inglese Django Bates, insolitamente nelle vesti di solista di pianoforte, interpreta una versione per la verità alquanto funerea ma suggestiva della celeberrima canzone di Duke Ellington.

  Solitude (Ellington-Mills), da «Autumn Fires (And Green Shots)», Winter & Winter, 919 069 2. Django Bates, piano. Registrato il 15 febbraio 1994.


Shine on Me (Jaki Byard)

  Oggi ti aiuto a cominciare bene la giornata, tutta/o bouncy e piena/o di fede nel Signore, se ti parrà il caso, con il classico gospel Shine on Me eseguito da un quartetto a nome di Jaki Byard, l’enciclopedico e geniale pianista (ma anche saxofonista) che fu fra l’altro nel più famoso gruppo di Mingus, quello della tempestosa tournée europea del 1964 con Eric Dolphy, e che qui si diverte un mondo a suonare in modo deliziosamente rustico, davvero churchy.
     
  Ma soprattutto qui trovi l’incomparabile, indescrivibile, imponderabile Rahsaan Roland Kirk fervoroso come un predicatore evangelico. Eh, di Roland Kirk dovremo parlare e, anche a lungo, decisamente. Si ascolta anche il  sottovalutato batterista Alan Dawson, uno dei grandi didatti dello strumento. Il pezzo è del 1968 e direi che in qualche modo si sente.

Shine on Me (trad.), da «The Jaki Byard Experience», Prestige OJCCD-1913-2. Roland Kirk, clarinetto, sax tenore; Jaki Byard, piano; Richard Davis, contrabbasso; Alan Dawson, batteria. Registrato il 17 settembre 1968.