venerdì 30 settembre 2016

Nancy [With the Laughing Face] (Willis Jackson)

 Nancy (With The Laughing Face) è una canzone che io, e non sarò l’unico, associo in modo particolare a John Coltrane, che la suonò nel 1961 nel suo disco delle ballad, e la suonò benissimo, grazie a quell’affinità naturale con il materiale lirico che le sue successive scelte estetiche avrebbero come obliterato, per riprenderla a contrario nelle ultimissime testimonianze della sua arte.

 Finisco col non aver detto quasi niente di questa Nancy, suonata da Willis (Willie) Jackson, un saxofonista di cui ti ho detto in passato il ben poco che so. Al piano, uno dei grandi sideman del jazz moderno, Richard Wyands. Tipica e bella session della Moodsville, sotto-etichetta della Prestige il cui nome dice tutto, registrata alcuni mesi prima della coltraniana. Chissà se Coltrane aveva sentito questo disco.

 Nancy [With the Laughing Face] (Van Heusen), da «In My Solitude», Prestige/Moodsville MC 17. Willis Jackson, sax tenore; Richard Wyands, piano; Peck Morrison, contrabbasso; Mickey Roker, batteria. Registrato l’11 aprile 1961.

giovedì 29 settembre 2016

Now’s The Time (Milt Jackson)

 Questo è un Now’s The Time moderato nel tempo e sommesso nel tono. Milt Jackson è uno dei grandi suonatori moderni di blues e quindi fa un figurone, come anche il caro Lucky Thompson, che qui è più byasiano (da Don Byas) del solito.

 Chi sorprende è Hank Jones, che sembra in stato catatonico: prende un assolo meccanico, privo di swing, addirittura incerto, che per accendersi un pocolino deve, nell’ultimo chorus, citare fantasmaticamente Jeru e I Let  A Song Go Out Of My Heart. Proprio lui, che Now’s The Time, se non mi sbaglio, una volta l’aveva anche registrato proprio con Parker.

NB Il file non si esegue, per sentirlo dovrai scaricarlo.

 Now’s The Time (Parker), da «Jackson’s Ville», Savoy SV-0175. Lucky Thompson, sax tenore; Milt Jackson, vibrafono; Hank Jones, piano; Wendell Marshall, contrabbasso; Kenny Clarke, batteria. Registrato il 23 gennaio 1956.

mercoledì 28 settembre 2016

Body And Soul – Lullaby (Ethan Iverson)

 Body And Soul (Sour-Heyman-Green), da «The Minor Passions», Fresh Sound New Talent FSNT 065CD. Ethan Iverson, piano; Reid Anderson, contrabbasso; Billy Hart, batteria. Registrato nel maggio 1999.

 Lullaby (Iverson), id.

If You Could See Me Now (Wynton Kelly) – Groovin’ High (Dizzy Gillespie)

 Tadd Dameron scrisse If You Could See Me Now per Sarah Vaughan nel 1946; quest’esecuzione live di Wynton Kelly, del 1965, è ispirata. L’ultima parte della melodia della canzone riprende alla nota le seconde quattro battute della maestosa cadenza finale di Dizzy Gillespie in Groovin’ High, classico dell’high bebop basato a sua volta sugli accordi di Whispering e inciso nel febbraio dell’anno prima.

 Ti invito a fare attenzione una volta di più all’assolo di Charlie Parker in Groovin’ High, anche se sono certo che tu lo sappia a memoria: è molto difficile dire più e meglio di così in sedici battute appena.

 If You Could See Me Now (Dameron), da «Blues On Purpose», Xanadu 198. Wynton Kelly, piano; Paul Chambers, contrabbasso; Jimmy Cobb, batteria. Registrato il 17 agosto 1965.

 Groovin’ High (Gillespie), da «Groovin’ High», Denon. Dizzy Gillespie, tromba; Charlie Parker, sax alto; Clyde Hart, piano; Remo Palmieri, chitarra; Slam Stewart, contrabbasso; Cozy Cole, batteria. Registrato il 28 febbraio 1945.

martedì 27 settembre 2016

Donna Lee (Steve Lacy & Charles Davis)

 L’estate appena trascorsa ha portato via con sé Charles Davis (1933), saxofonista, chicagoano di formazione, di lunga carriera e luminosa, qui su Jnp sentito fra l’altro con Sun Ra e con Dizzy Reece.

 Davis era il tipo che sapeva suonare tutto – tutti i saxofoni, fra l’altro – e poteva suonare con tutti; qui, nel 1960, duetta in front line con uno Steve Lacy non all’esordio ma neanche tanto dopo e te li presento nella difficile Donna Lee, resa più difficile dall’assenza di riferimento armonico esplicito (non c’è pianoforte e il contrabbassista monkiano Ore serve più a fare confusione che ad altro, soprattutto sotto l’assolo di Lacy) e da un tempo a rompicollo. Charles Davis «negozia», come si dice, con aplomb i capziosi changes di Miles Davis; Lacy venticinquenne, incredibilmente fresco di Hot Lips Page, Cecil Taylor e Monk nel giro di pochissimi anni, non è meno disinvolto e anzi di più, sia ritmicamente che armonicamente.

 Un’esecuzione stupefacente.

 Donna Lee (Davis), da «The Straight Horn of Steve Lacy», Candid CD 9007. Steve Lacy, sax soprano; Charles Davis, sax baritono; John Ore, contrabbasso; Roy Haynes, batteria. Registrato il 19 novembre 1960.

lunedì 26 settembre 2016

Passion Dance (McCoy Tyner)

 Di McCoy Tyner hard-bopper e del suo speciale rapporto con quella corrente ho scritto qualcosa tre anni fa. «The Real McCoy» rimane forse il disco più famoso di Tyner e uno dei più begli esempi di hard bop full-blooded negli anni del free jazz.

 Passion Dance (Tyner), da «The Real McCoy», Blue Note 7 24349 78072 9. Joe Henderson, sax tenore; McCoy Tyner, piano; Ron Carter, contrabbasso; Elvin Jones, batteria. Registrato il 21 aprile 1967.

domenica 25 settembre 2016

Emigrantvisa (Jan Johansson)

 Emigrantvisa (Johansson), da «Folkvisor», MFCD-0410. Jan Johansson, piano; Georg Riedel, contrabbasso. Registrato nel 1962.

Ornithology (Brad Mehldau & Joshua Redman)

 Dei due virtuosi qui duettanti in Ornithology, Joshua Redman è sicuro di sé e con ogni evidenza compiaciuto dei tratti di grande bravura che ne compongono il bagaglio e che esibisce con elegante, esercitata sprezzatura.

 Brad Mehldau fa cose altrettanto difficili, anche molto di più, ma con l’aria di sottoporsi a un percorso a ostacoli anche rischiosi, lì allo scoperto (è un’esecuzione in concerto del 2011). L’impressione che io ne ricavo è che, simile a Lennie Tristano in certi piano solo dal vivo in Europa a metà anni Sessanta, Mehldau stia sperimentando in diretta cose che non aveva mai provato prima, ponendosi uno dopo l’altro problemi tecnico-espressivi via via più impegnativi.

 È una prova di bravura, musicalità, integrità, infine di maestria impressionante e che non cessa un attimo in nessuno dei sei lunghi pezzi di questo disco. Io poi, come sempre con Mehldau, resto un po’ freddo, ma perché devo avere un citofono al posto del cuore (o le pigne in testa, o un manico di scopa chissà dove).

 Come tutte le apparizioni di Mehldau su Jnp, anche questa è dedicata alla sua più convinta fan italiana, Luciana, che potrebbe anche fare uno sforzo e scriverci un guest post.

 Ornithology (Parker), da «Nearness», Nonesuch 7559-79456-0. Joshua Redman, sex tenore; Brad Mehldau, piano. Registrato nel luglio 2011.

sabato 24 settembre 2016

Blues In Octaves (Jan Johansson)

 Blues In Octaves (Johansson), da «Blues», Heptagon HECD-018. Jan Johansson, piano; Georg Riedel, contrabbasso; Egil Johansen, batteria. Registrato il 23 febbraio 1964.

Blues Waltz (Max Roach)

 Non è uno dei miei preferiti questo disco di Max Roach, artista che per il resto, com’è ovvio, giudico grande; negli anni Cinquanta i suoi complessi, anche il quintetto con Clifford Brown, mi pare potessero costeggiare il lezioso, come ho già avuto modo di dire e di provare a spiegare, pur se sempre arricchiti di grandi assoli e di una musicalità superiore. A sbilanciare il risultato in quel senso qui c’è l’assunto programmatico, anzi dimostrativo, del tempo ternario, una misura nel 1957 ancora inconsueta nel jazz.

 Però questo disco offre l’occasione rara di ascoltare Billy Wallace (1929), sentito qui sopra in due occasioni con Frank Strozier, l’ultima appena ieri. Si tratta di un pianista dalla carriera singolare e oscura, ancora attivo benché seriamente invalidato. Virtuoso influenzato da Phineas Newborn (le frasi in ottava), Wallace è uno degli autentici ambidestri del jazz e non c’è assolo o accompagnamento in cui non dia un contributo di fantasia. Sentendolo in Blues Waltz, ha osservato un critico, si ha l’impressione di sentire «Monk che suoni un contrappunto a se stesso», in particolare dal minuto 1:37.

 Non ti dico niente di Dorham e Rollins perché scusa, che cosa vuoi mai che ti dica?

 Blues Waltz (Roach), da «Jazz in 3/4 Time», EmArcy. Kenny Dorham, tromba; Sonny Rollins, sax tenore; Billy Wallace, piano; George Morrow, contrabbasso; Max Roach, batteria. Registrato il 18 marzo 1957.

 I’ll Take Romance (Hammerstein II-Oakland), id.

venerdì 23 settembre 2016

Gammal bröllopsmarsch (Jan Johansson)

 O sia, «antico canto nuziale» svedese.

 Gammal bröllopsmarsch (Trad.), da «Folkvisor», MFCD-0410. Jan Johansson, piano; Georg Riedel, contrabbasso. Registrato nel 1962.

Day In - Day Out – Chris (Frank Strozier)

 «Il sax alto è un bello strumento quando è ben suonato» è un sardonico truismo che ho trovato oggi scorrendo i collected works di Whitney Balliett. Mi è allora venuto in mente che Frank Strozier lo suonava, probabilmente lo suona ancora, piuttosto bene.

 Questo è un bellissimo disco con un bellissimo quartetto: Billy Wallace vi è più che brillante, Bill Lee, padre del regista Spike, è stato un compositore e bassista spesso presente in situazioni interessanti, e Vernell Fournier è il batterista di New Orleans che ha così tanto contribuito alla grandezza del trio più classico di Ahmad Jamal.

 Chris, composizione di Strozier, forse per caso o forse no, ripete nel suo incipit parte della seconda semifrase di Lazy Bird, la composizione di Coltrane contenuta in «Blue Train» di tre anni prima.

 E a questo proposito: oggi John Coltrane avrebbe compiuto novant’anni se non ci avesse lasciati sciaguratamente presto, a quarantuno, nel 1967. Il nostro amico e collaboratore di Jnp Alberto Arienti Orsenigo ha allestito per la ricorrenza questa semplice, bella pagina che t’invito a visitare (e credimi, non lo faccio perché la pagina ospita un link alle cosette che su Coltrane, negli anni, ho scritto anch’io, qui sopra).

 Day In - Day Out (Mercer-Bloom), da «Cool, Calm And Collected», [VeeJay] Koch Jazz KOC-CD-8552. Frank Strozier, sax alto; Billy Wallace, piano; Bill Lee, contrabbasso; Vernell Fournier, batteria. Registrato il 13 ottobre 1960.

 Chris (Strozier), id.

giovedì 22 settembre 2016

Igor (Clare Fischer)

 «Igor»? Ma che cos’è, Third Stream?

 Ne parleremo presto della Third Stream, spero, ma questa no, non lo è se non per il nome dato al pezzo, evidentemente in omaggio a Stravinskij. Io qui non sento Stravinskij, neanche quello che scriveva per Woody Herman lo Ebony Concerto. Ci sento dell’altro e soprattutto Monk, dal cui Well, You Needn’t la composizione, tutta scritta, prende evidente la mossa.

 Fa’ un nodo al moccichino, presto o tardi dovrò parlarti di Clare Fischer, che tu lo voglia o no.

 Igor (Fischer), da «Extension», [Pacific] International Phonograph. Vince De Rosa, Richard Perissi, Fred Teuber, corno; Gil Falco, trombone; Bobby Knight, trombone basso; Tommy Johnson, tuba; John Lowe, Sam Most, flauto; Don Shelton, Ben Kantor, Louis Ciotti, clarinetto; Gary Foster, clarinetto contralto; Jerry Coker, clarinetto basso; Jack Nimitz, clarinetto contrabbasso; Clare Fischer, piano; Bob West, contrabbasso; Colin Bailey, batteria. Registrato nel 1963.

West Indian Blues (Fletcher Henderson)

 Perché tu non pensi che mi sia votato intero all’attualità jazzistica, ti riporto oggi ai lucori aurorali del jazz orchestrale, nel 1923, con questo settetto di Fletcher Henderson dal nome che più d’epoca non si può, «Seven Brown Babies» (ma erano in otto).

 Il pezzo è datatissimo come tutto o quasi lo Henderson degli anni Venti, ed è tutt’altro che un capolavoro ma è interessante. A dispetto del titolo non è affatto un blues ma ha una forma, molto grosso modo, di ragtime, la cui struttura variativa Don Redman adopera con fantasia, con uno strain già caratteristico di sax e clarinetto in armonia, un rilievo insolito del sax baritono, suonato da Redman stesso e adoperato in cadenzine di raccordo, e un assolo di Coleman Hawkins nello stile slaptongue di cui in seguito si vergognerà, ma in cui già s’intraode il suo suono caratteristico. Virtuosistico il lavoro di Howard Scott alla cornetta.

 West Indian Blues (Williams-Dowell), da «Fletcher Henderson And His Orchestra 1923», Chronological Classics 697. Howard Scott, cornetta; Teddy Nixon, trombone; Edgar Campbell, clarinetto;  Don Redman, sax alto e baritono; Coleman Hawkins, sax tenore; Fletcher Handerson, piano; Charlie Dixon, banjo; Kaiser Marshall, batteria. Registrato nell’ottobre 1923.

mercoledì 21 settembre 2016

Tightrope – Complimentary Opposites (Quinsin Nachoff)

 Rinunciare al contrabbasso o a un altro strumento basso in una musica che, per quanto eclettica nel linguaggio e nell’ispirazione, abbia un indirizzo espressivo marcatamente jazzistico, è secondo me correre un rischio, fare una specie di scommessa in cui c’è sicuramente da perdere (in tenuta e interesse ritmico, in coesione, in possibilità armoniche e contrappuntistiche e di colore) e non si vede bene che cosa ci sia da vincere; io, almeno, non lo vedo.

 L’ho pensato ascoltando altri complessi senza il contrabbasso e l’ho pensato più di una volta anche con questo bel quartetto, intento a vivaci, colorite, molto impegnative composizioni  del leader e tenorista Quinsin Nachoff, canadese residente a NY, nato nel 1973.

 Insomma, la mia impressione è che spesso – ma non sempre; non, p.e., nel secondo pezzo che ti presento – manchi qualche cosa, anche se il bravissimo pianista-tastierista Mitchell si prodiga, e non colgo bene il senso della rinuncia, ma sarà colpa mia. Che quella mancanza, quel vuoto che sento siano voluti e trovati per lasciare in rilievo altri livelli del testo?

 Come per Kamasi Washington, mi sono proposto di riascoltare una volta o l’altra questa musica per casomai scriverne ancora. Ecco, appunto: Kamasi Washington ieri, oggi questo, due immagini del jazz di oggi molto disformi fra loro, che fatico a mettere a fuoco.

 Tightrope (Nachoff), da «Flux», Mythology. David Binney, sax alto; Quensin Nachoff, sax tenore; Matt Mitchell, piano, sintetizzatore; Kenny Wollesen, batteria. Registrato il 5 febbraio 2012.

 Complimentary Opposites (Nachoff), id. ma Mitchell suona il piano elettrico Wurlitzer.

martedì 20 settembre 2016

Clair de lune (Kamasi Washington)

 Di Kamasi Washington nell’ultimo anno si è parlato e scritto non poco, e insieme con lui del «movimento» BAM and so on and so forth. Buon ultimo, ho sentito appena qualche mese fa il disco più famoso di Washington (tre dischi, per la verità), «The Epic», e lì per lì ho pensato che ne avrei scritto qualcosa per i lettori del mio blogghino.

 Ho lasciato passare il tempo e qualche giorno fa mi sono seduto con un quaderno e la mia stilografica caricata a inchiostro verde, armamentario che mi diletto a usare per qualsiasi scritto superi le dieci righe. Ho constatato allora che sul disco di Kamasi Washington non ho niente da dire; niente, intendo, che valga a me la pena di scrivere e poi a te di leggere. E chi se ne frega, è vero… Magari in futuro, anche se  chissà quando mi verrà voglia di riascoltarlo: fra l’altro, sono tre ore di musica quasi uniformemente fragorosa o almeno così la ricordo.

 Ti presento qui l’arrangiamento che Washington ha dato del Clair de lune dalla Suite Bergamasque di Debussy. Posto quasi in chiusura dell’ultimo disco, è spiritoso, benché tirato alquanto per le lunghe.

 Clair de lune (Debussy-Washington), da «The Epic», Brainfeeder. Igmar Thomas, tromba; Ryan Porter, trombone; Kamasi Washington, sax tenore; Brandon Coleman, organo; Cameron Graves, piano; Miles Mosley, contrabbasso; Thundercat, basso elettrico; Ronald Bruner Jr, Tony Austin, batteria; Leon Mobley, percussioni. Archi e coro. Registrato nel 2014.

lunedì 19 settembre 2016

Time After Time – The Robots (The Bad Plus)

 Quando vennero fuori, dico una quindicina d’anni fa o più, i Bad Plus si fecero notare perché suonavano alcune popolari canzoni rock e pop più o meno recenti; questa pratica poi è diventata comune e  loro ne furono, credo proprio, gli apripista. Quelle cover appariscenti, la più famosa Smells Like Teen Spirit dei Nirvana, erano tuttavia in percentuale piccola nel repertorio del trio.

 Il nuovo disco dei BP è invece tutto così. Dopo tanto tempo e  tante esperienze diverse (ricordo la loro esecuzione, quattro o cinque anni fa, del Sacre du printemps), i tre non devono dimostrare più niente e suonano queste canzoni senza filtri d’ironia ma anche senza reverenza o scrupoli da fan: le suonano alla loro maniera, che può non piacere ma che è inconfondibile e ha anche fatto scuola.

 Time After Time di Cindy Lauper immagino si sia fatta strada verso i Bad Plus per l’inclusione nel repertorio di Miles Davis degli anni Ottanta, quelli del suo malinconico «ritorno». È una canzone carina e Cindy Lauper era simpatica. The Robots è dei Kraftwerk, un complesso tedesco che ho scoperto essere preso sul serio da molti. Me, mi rimanda alle scuole medie e mi ricordo che il loro aspetto da marionette un po’ naziste e le loro canzoncine mi facevano tristezza anche allora. La versione di Iverson & C. è divertente, invece.

 Il disco si conclude con una versione molto bella di Broken Shadows di Ornette Coleman, che ti farò sentire un’altra volta.

NB L’attività del presente blog è ripresa e, nelle intenzioni, a ritmo costante; bandisco una request for papers, ovvero, se avete in animo o in mente un bel guest post, mandate senza paura.

 Time After Time (Lauper-Hyman), da «It’s Hard», OKeh. The Bad Plus: Ethan Iverson, piano; Reid Anderson, contrabbasso; David King, batteria. Registrato nel 2016.

 The Robots (Schneider-Bartos-Hütter), id.

domenica 18 settembre 2016

Quiz #22

 Per riprendere di buona lena il blog, come mi piacerebbe, ho bisogno di uno stimolo speciale; forse anche tu, per tornare ad avere voglia di leggerlo e di ascoltarlo. Allora riésumo dopo più di quattro anni il quiz, antica istituzione di Jazz nel pomeriggio.

 La canzone è naturalmente Deep Purple; voglio sapere il nome del pianista. Il primo a rispondere non vincerà niente, come del resto gli altri.

Due giorni dopo, nessuno ha risolto (solo uno ci ha provato) e la soluzione si trova nei commenti.

I Get A Kick Out Of You – My Ideal (Ernie Henry)

 Più lo sento (non che lo senta così tanto, a vero dire), più Ernie Henry mi piace per la spontaneità del suo lessico bebop e per la purezza dell’espressione. Di una sezione ritmica come questa io, con insoffribile manierismo, sono solito dire che ci suonerei sopra bene perfino io.

 Di My Ideal, canzone che s’identifica con il suo interprete jazzistico più famoso, Coleman Hawkins, e che piaceva molto anche a Thelonious Monk, qui è data una resa molto asciutta, quasi sgarbata, in cui fanno un figurone i bassi colossali di Wilbur Ware.

 I Get A Kick Out Of You (Cole Porter), da «Seven Standards And A Blues», Riverside/OJCCD-1722-2. Ernie Henry, sax alto; Wynton Kelly, piano; Wilbur Ware, contrabbasso; Philly Joe Jones, batteria. Registrato il 30 settembre 1957.

 My Ideal (Robin-Whiting-Chase), id.

giovedì 15 settembre 2016

Binary (Adam Birnbaum)

 Binary (Birnbaum), da «Three Of A Mind», Daedalus DR001. Adam Birnbaum, piano; Adam Weiss, contrabbasso; Al Foster, batteria. Registrato il 24 maggio 2012.

mercoledì 14 settembre 2016

Circulation (Roswell Rudd)

 Roswell Rudd nel 1973 a New York apre un suo libro di ricordi jazzistici con la Jazz Composer’s Orchestra.  Circola del blues.

 Circulation (Rudd), da «Numatik Swing Band», JCOA J2002. Enrico Rava, Michael Krasnow, Mike Lawrence, Charles Sullivan, tromba; Roswell Rudd, Art Baron, Gary Brooks, trombone; Janet Donaruma, Jeffrey Schlegel, Sharon Freeman, corno; Bob Stewart, tuba; Martin Alter, flauto; Perry Robinson, clarinetto; Mike Bresler, sax soprano; Carlos Ward, sax alto; Dewey Redman, sax tenore; Charles Davis, sax baritono; Hod O’Brien, piano; Charlie Haden, Sirone, contrabbasso; Beaver Harris, batteria; Sue Evans, percussioni. Registrato il 6 luglio 1973.

mercoledì 7 settembre 2016

Composition No. 40G (Anthony Braxton)

 Torna una mascotte di Jnp: il sepolcrale clarinetto contrabbasso di Anthony Braxton. Con Ed Blackwell, un uomo per tutte le stagioni.



 Composition No. 40G (Braxton), da «Six Compositions: Quartet», Antilles AN 1005. Anthony Braxton, clarinetto contrabbasso; Anthony Davis, piano; Mark Helias, contrabbasso; Ed Blackwell, batteria. Registrato il 22 ottobre 1981.

lunedì 5 settembre 2016

Old Folks (Steve Kuhn)

 Dài, si ricomincia. La luce qui è già quella dell’autunno, la temperatura no, ma al parco dei cani si racconta che la settimana ventura si abbasserà addirittura di 15 (quindici) gradi.

 Old Folks (Hill-Robinson), da «Live at Maybeck Recital Hall, Vol. 13», Concord CCD-4484. Steve Kuhn, piano. Registrato il 18 novembre 1990.