lunedì 29 febbraio 2016

Sequence Ten (Moppa Elliott)

 Moppa (Matthew Thomas) Eliott (Pennsylvania, 1978) è il bassista e leader del quartetto americano Mostly Other People Do The Killing. Di recente ha voluto cimentarsi in quell’impresa perigliosa e poco comune, il disco di contrabbasso solo.

 Elliott, senza disconoscere il suo debito con Barre Phillips, Malachi Favors, Barry Guy, Dave Holland, ha spiegato, a proposito di questi assoli, di aver voluto schivare «le convenzioni delle forme lineari, secondo sviluppo» e ha citato piuttosto gli scrittori David Foster Wallace (e già così mi si è reso caro) e Milorad Pavić (l'autore del Dizionario dei Chazari).

 La press release m’informa che Elliott suona un contrabbasso boemo di fine Ottocento e adopera un arco in fibra di carbonio.

 Sequence Ten, da «Still, Up In the Air», Hot Cup Records. Moppa Eliott, contrabbasso. Registrato il 16 febbraio 2015.

domenica 28 febbraio 2016

sabato 27 febbraio 2016

Moonglow (Dizzy Gillespie)

 Moonglow (Hudson-Mills-DeLange), da «Have Trumpet, Will Excite!», Verve 549744. Dizzy Gillespie, tromba; Junior Mance, piano; Les Spann, flauto; Sam Jones, contrabbasso; Lex Humphries, batteria. Registrato il 17 febbraio 1959.

venerdì 26 febbraio 2016

Solo Flight (Charlie Christian)

 Solo Flight fu uno dei primi pezzi pubblicati da Jazz nel pomeriggio, anni fa ormai. Poi, quasi un anno fa, il server è collassato e tutto si è perduto, ma se c’è un pezzo di musica che merita di essere ripubblicato è questo.

 Come dicevo nel 2010, e lo confermo, Solo Flight con Charlie Christian è «uno dei pezzi di jazz più belli, gioiosi, ariosi e divertenti mai registrati».

 Solo Flight, da «Genius of the Electric Guitar», Sony-Legacy Music. Charlie Christian, chitarra, con l’orchestra di Benny Goodman: Cootie Williams, Alec Fila, Jimmy Maxwell, Irving Goodman, trombe; Lou McGarity, Cutty Cutshall, trombone; Skip Martin, Gus Bivona, sax alto; Benny Goodman, clarinetto; Georgie Auld, Pete Mondello, sax tenore; Bob Snyder, sax baritono; Johnny Guarnieri, piano; Artie Bernstein, contrabbasso; Dave Tough, batteria. Registrato il 4 marzo 1941.

giovedì 25 febbraio 2016

I’ll Never Smile Again – To Randy (John Handy)

 Ti ricordi tu di John Handy (1933), quell’intelligente, spiritoso, spesso ispirato saxofonista, clarinettista, compositore texano, poi rilocatosi in California, che ha fatto altro oltre che fornire alcuni memorabili assoli a famosi dischi di Mingus?

 Io sì, anche se forse meno di quanto dovrei. Guarda e senti qui che gagliarda compagnia teneva lo Handy in quello scorcio finale di anni Cinquanta. La formazione del secondo disco è solo in apparenza meno distinta di quella del primo: Don Friedman, sentito spesso qui sopra, è un grande pianista, uno dei migliori fra i billevansiani; e Lex Humphries è presente con molto onore in alcuni dischi importanti di Horace Silver del periodo. Bill Lee è il papà di Spike Lee, il regista del cinema.

 I’ll Never Smile Again (R. Lowe), da «In The Vernacular», [Roulette] Fresh Sound FSR-CD 647. Richard Williams, tromba; John Handy, sax alto; Sir Roland Hanna, piano; George Tucker, contrabbasso; Roy Haynes, batteria. Registrato nel 1959.

 To Randy (J. Handy), da «No Coast Jazz», ib. Handy; Don Friedman, piano; Bill Lee, contrababsso; Lex Humphries, batteria. Registrato nell’estate o nel settembre 1960.

mercoledì 24 febbraio 2016

Over The Rainbow (Keith Jarrett)

 Oggi voglio fare un milione di hit e non lasciare un solo ciglio asciutto; non ce n’erano quasi alla Scala, lo ricordo con uno strano imbarazzo, quella sera di oltre vent’anni fa. How time passes, avrebbe detto Don Ellis.

 Over The Rainbow (Harlen-Hipburg), da «La Scala», ECM 1640. Keith Jarrett, piano. Registrato al Teatro alla Scala di Milano il 13 febbraio 1995.

martedì 23 febbraio 2016

Makin’ Whoopee – I Cover The Waterfront (Art Tatum)

 Qualche anno fa ho preso praticamente a caso uno degli assoli che Art Tatum registrò per la Verve dal 1953 al ’55 per ascoltare insieme a te, senza nessuna pretesa analitica, come in quella serie di incisioni il cieco dell’Ohio componesse delle brevi fantasie pianistiche, variegate e sicuramente stratificate nell’esecuzione, di spiccato carattere narrativo (nel senso di raccontare una storia, secondo un luogo molto comune ma molto vero del jazz classico).

 Qui senti Tatum suonare due canzoni oggi non più tanto eseguite come un tempo.

 Makin’ Whoopee (Donaldson-Kahn), da «The Art Tatum Solo Masterpieces», Pablo 0600753312018. Art Tatum, piano. Registrato il 28 dicembre 1953.

 I Cover The Waterfront (Heyman-Green), ib., 29 dicembre 1953.

lunedì 22 febbraio 2016

Moon Eyes (Buddy Tate)

 Moon Eyes (Tate), da «Swinging Like Tate – The Buddy Tate All Stars», Master Jazz MJR 8127. Buddy Tate, sax tenore; Buck Clayton, tromba; Dicky Wells, trombone; Earl Warren, sax alto; Skip Hall, piano; Lord Westbrook, chitarra; Aaron Bell, contrabbasso; Jo Jones, batteria. Registrato il 26 febbraio 1958.

domenica 21 febbraio 2016

Kippy (Abdullah Ibrahim)

 Kippy (Dollar Brand), da «African Piano», JAPO 60002 ST. Abdullah Ibrahim (Dollar Brand), piano. Registrato il 22 ottobre 1969.

sabato 20 febbraio 2016

[Extracurricolare] Marc Myers sulle big band

 Mi è capitato anche di recente di esprimere la mia poca affinità verso le big band degli ultimi decenni, particolarmente quelle bianche e tempo fa, avendo fatto quest’osservazione in riferimento alla Concert Jazz Band di Gerry Mulligan (musicista che riverisco), ne sono stato più o meno garbatamente ripreso nei commenti.

 Non perché pensi che la cosa mi dia ragione, ma solo per una certa sorpresa, ricopio qui sotto che cosa ha scritto ieri Marc Myers sul suo sito Jazzwax al proposito, prendendo spunto da un disco della big band di Thad Jones e Mel Lewis, in effetti bianca solo per metà, ma estendendo poi il discorso proprio a quella famosa orchestra di Gerry Mulligan. Myers si spiega meglio di me e naturalmente con miglior cognizione di causa. Corsivo mio.

 (Marc Myers è stato due o tre anni fa autore di un saggio importante e innovativo di «storia sociale» del jazz, Why Jazz Happened, che da allora vado proponendo a diverse case editrici italiane, simile in ciò a quel tale che vociava nel deserto).

 (…)
 I’ve always been on the fence about the band. While I fully appreciate the exceptional talent assembled and that the music was orchestral jazz, not pop contrivance, much of the music for me lacked a compelling narrative and seemed more of a musician’s idea of a great idea than a listener’s dream. Too much of the music seemed circuitous in its brassiness and never seemed to go anyplace special. Or, put differently, I never felt moved enough to join the journey.

 Then again I’ve long found the Gerry Mulligan Concert Band to be similarly flat and wind-baggy in the story department. Loads of talent but more about musicians impressing musicians than performing for people in the seats or buying records. No one is demanding that the recordings be pulled from the shelves. I just never found myself deeply touched by either band
(…).

 [Sono sempre stato ambivalente nei confronti di quest’orchestra [quella di Thad Jones & Mel Lewis, ndr]. Da una parte, so apprezzare la somma di talenti che ha rappresentato e il fatto che la musica fosse vero jazz orchestrale, non una qualche trovata pop; ma dall’altra, la musica per me mancava quasi sempre di un senso narrativo cogente, simile piuttosto all’idea che un musicista può avere di una buona idea che non al sogno di un ascoltatore. Troppa di quella musica sembrava girare su se stessa nel suo esibito smalto sonoro (brassiness), senza imboccare una direzione chiara. In altre parole: non mi sono davvero mai sentito stimolato ad abbandonarmici.
 È poi vero che anche la Concert Jazz Band di Gerry Mulligan a me è sempre parsa ugualmente piatta e vacua quanto al «raccontare una storia». Un sacco di talento, ma più di musicisti intenti a impressionare i colleghi che non il pubblico o i compratori di dischi. Non pretendo certo che quei dischi vengano ritirati dai negozi. È solo che nessuna di queste due orchestre mi ha mai veramente toccato].

Another World – Tallboys (Andy LaVerne)

 Un bel disco di Andy LaVerne (1947), credo l’esordio a suo nome. LaVerne, ascoltato qui sopra due o tre anni fa in un trio insolito con l’organo, è un pianista di valore e di bel CV, dal quale ci si sarebbe aspettati di sentire di più. Vale per lui quanto detto due o tre giorni fa per Donald Brown: l’intenso impegno didattico l’ha sottratto alla scena jazzistica.

 Spiral (LaVerne), da «Another World», SteepleChase SCCD 31086. Andy LaVerne, piano; Mike Richmond, contrabbasso; Billy Hart, batteria. Registrato il 9 settembre 1977.

 Tallboys (LaVerne), id.

venerdì 19 febbraio 2016

B.A.M. – It Don’t Mean A Thing (Gary Bartz)

 Gary Bartz due giorni di seguito: beh, questo blog appare sempre più incline a seguire il mio whim piuttosto che l’equilibrio della programmazione, e in questi giorni mi piace sentire Gary Bartz (1940), saxofonista supremo, quando vuole, e leader carismatico dei suoi complessi, che in questi anni ti ho fatto sentire poco o niente. Il quintetto è, come si dice, «stellare», non solo per la presenza di Woody Shaw ma per quella ben più rara del grande pianista Albert Dailey, oltreché di Rashied Ali, ancora fresco della collaborazione con Coltrane e che qui suona curiosamente come Elvin Jones.

 B.A.M. sta per «Black Arts Movement», un’organizzazione attiva in quel periodo (1969) a Baltimore, Maryland, la città natale di Bartz dove il disco è stato ripreso dal vivo; non ha a che vedere con la «BAM» che di recente ha occupato pagine di qualche rivista di jazz.

 B.A.M. (Bartz), da «Home!», Milestone MSP 9027. Woody Shaw, tromba; Gary Bartz, sax alto e steel drums; Albert Dailey, piano; Bob Cunnningham, contrabbasso; Rashied Ali, batteria. Registrato il 30 marzo 1969.

 It Don’t Mean A Thing (Ellington), ib. ma senza Shaw.

giovedì 18 febbraio 2016

Tadd’s Delight (Gary Bartz)

 Tadd’s Delight (Dameron), da «There Goes The Neighborhood», Candid CCD-79506. Gary Bartz, sax alto; Kenny Barron, piano; Ray Drummond, contrabbasso; Ben Riley, batteria. Registrato nel novembre 1990.

mercoledì 17 febbraio 2016

Capetown Ambush – Phineas – New York (Donald Brown)

 Donald Brown (Memphis, 1954) è di quei musicisti più noti ai colleghi che al pubblico; ma questa volta la colpa non è tanto del pubblico superficiale quanto del fatto che Brown, dopo aver lavorato negli anni Ottanta con Art Blakey e con Donald Byrd, si è dedicato soprattutto all’insegnamento, prima alla Berklee e poi all’università del Tennessee.

 Fortuna dei suoi studenti, immagino, ma peccato per noi, come puoi sentire anche qui, perché si tratta di un bel pianista e soprattutto di un compositore e arrangiatore dotato di respiro e senso della costruzione e delle texture anche con materiali semplici, come nel primo di questi tre pezzi che si sviluppa su un insistito pedale, e con una formazione ristretta. Phineas è naturalmente Phineas Newborn, il grande pianista concittadino di Brown.

 Capetown Ambush (Brown), da «Sources Of Inspiration», Muse MCD 5385. Eddie Henderson, tromba; Gary Bartz, sax soprano; Donald Brown, piano; Buster Williams, contrabbasso; Carl Allen, batteria. Registrato l’11 agosto 1989.

 Phineas (Brown), id. ma Bartz suona il sax alto.

 New York (Brown), id.

martedì 16 febbraio 2016

Piece 1 (Eje Thelin)

 Eje Thelin (1938-1990) è stato un grande trombonista svedese, sentito su Jnp anni fa come sideman di Kenny Wheeler. La sua maestria completa sul trombone è in evidenza in questo disco di free jazz molto d’epoca e molto intenso, emozionante, che presenta Joachim Kühn nel ruolo insolito di saxofonista.

 Piece 1 (Thelin), da «Acoustic Space», EMI 4E 062-34180. Eje Thelin, trombone; Joachim Kühn, sax alto e piano; Adelhard Roidinger, contrabbasso; John  O’Payne, batteria. Registrato il 30 aprile 1970.

lunedì 15 febbraio 2016

Pretty Strange (Charlie Rouse)

 Saggio magistrale d’interpretazione, l’improvvisazione vi è praticamente assente, da parte di uno dei nostri sax tenori preferiti, il caro Charlie Rouse. Ci credo bene che Monk, pur angariandolo fantasiosamente (Rouse pare fosse oltretutto un uomo di buonissima indole) se lo sia tenuto stretto per tanti anni.

 Pretty Strange (Randy Weston), da «Takin’ Care Of Business», [Jazzland] OJCCD-491-2. Charlie Rouse, sax tenore; Walter Bishop Jr, piano; Earl May, contrabbasso; Art Taylor, batteria. Registrato l’11 maggio 1960.

domenica 14 febbraio 2016

Life Has Its Trials (Dorothy Ashby)

 Eh sì, la vita mette alla prova tutti, prima o poi.

 Dorothy Ashby aveva deciso che una delle sue prove fosse dimostrare che l’arpa, fra tutti gli strumenti, potesse suonare funky.

 Life Has Its Trials (Ashby), da «Afro-Harping», Cadet LPS-809. Dorothy Ashby, arpa, con orchestra arrangiata e diretta da Richard Evans. Registrato nel febbraio 1968.

sabato 13 febbraio 2016

Misty Hymen (The Claudia Quintet)

 La storia di come questo complesso del batterista John Hollenbeck abbia finito col chiamarsi Claudia forse è più interessante e spiritosa della musica che mi sia capitato di sentire da questi cinque bravi musicisti di New York, che producono quel genere di jazz, o post-jazz come forse si dovrebbe dire, «ironico», antiemotivo e in definitiva, così pare a me, non affatto privo di degnazione verso l’ascoltatore.

 Questa musica mi fa venire in mente l’acida definizione che Whitney Balliett diede una volta di quella di George Russell: una malevola parodia del jazz. Qui, un andamento ritmico fratturato priva le esecuzioni di quell’impulso ritmico in avanti che convenzionalmente s’identifica con lo swing, facendole marciare sul posto con esito tetro e burattinesco, tuttavia privo di dramma: un effetto sicuramente voluto ma per me, dopo pochissimo, tedioso.

 Misty Hymen (Hollenbeck), da «I, Claudia», Cuneiform Rune 187. The Claudia Quintet: Chris Speed, sax tenore; Ted Reichman, fisarmonica; Matt Moran, vibrafono; Drew Gress, contrabbasso; John Hollenbeck, batteria. Registrato  nel 2003.

venerdì 12 febbraio 2016

Black And Tan Fantasy – Darn That Dream – Autoscopy (Vijay Iyer)

 Vijay Iyer la settimana scorsa è stato oggetto di un esteso réportage-ritratto del New Yorker a firma di Alec Wilkinson. Il prestigio è anche nella rarità dell’occorrenza: quell’insigne e già gloriosa testata, da quando non vi ha più scritto Whitney Balliett, pare essersi dimenticata del jazz. Peccato che il réportage sembri dire molto di Iyer, ma in realtà non ne dica in ultima analisi quasi niente.

 In questo disco del 2010, Iyer – che si ascrive a quel retaggio pianistico che va da James P. Johnson a Cecil Taylor e Andrew Hill, passando per Ellington e Monk – affronta insolitamente alcuni classici del repertorio jazzistico.

 Black And Tan Fantasy non mi sembra brillare, anzi, mi sembra un’esecuzione improvvisata nel senso di non bene pensata, il che è insolito per questo musicista. È più interessante per il colore pianistico complessivo Darn That Dream, ma lo è più ancora la sua composizione Autoscopy.

Per cause al di là del mio controllo, i tre file non si eseguono entro il browser. Puoi tuttavia ascoltarli dopo averli scaricati.

 Black And Tan Fantasy (Ellington-Miley), da «Solo», ACT 9497-2. Vijay Iyer, piano. Registrato nel maggio 2010.

 Darn That Dream (Van Heusen-Delange), id.

 Autoscopy (Iyer), id.

giovedì 11 febbraio 2016

Spiritus Parkus (Parker’s Spirit) (Dizzy Reece)

 Questo post vuole mettere in rilievo Cecil Payne, anche compositore del tema, non meno del leader della seduta, il caro Dizzy Reece.

 Personale visione, Payne aveva dello spirito di Parker.

 Spiritus Parkus (Parker’s Spirit) (Dizzy Reece), da «Asia Minor», Prestige/OJCCD-1806-2. Dizzy Reece, tromba; Joe Farrell, sax tenore; Cecil Payne, sax baritono; Hank Jones, piano; Ron Carter, contrabbasso; Charli Persip, batteria. Registrato il 13 marzo 1962.

mercoledì 10 febbraio 2016

Before My Time (Duke Ellington)

 Before My Time (Ellington), da «Ellington Uptown», Columbia 512917-2. Francis Williams, Shorty Baker, Willie Cook, Clark Terry, Ray Nance, tromba; Quentin Jackson, Britt Woodman, Juan Tizol, trombone; Willie Smith, Russell Procope, sax alto; Jimmy Hamilton, clarinetto, sax tenore; Paul Gonsalves, sax tenore; Harry Carney, sax baritono; Duke Ellington, piano; Wendell Marshall, contrabbasso; Louie Bellson, batteria. Registrato l’11 dicembre 1951.

martedì 9 febbraio 2016

Frammento (Modern Art Trio)

 Frammento (D’Andrea), da «Modern Art Trio», Vedette VPA 8434. Modern Art Trio: Franco D’Andrea, piano; Bruno Tommaso, contrabbasso; Franco Tonani, batteria. Registrato nell’aprile 1970.

lunedì 8 febbraio 2016

Lonely Woman (John Lewis)

 John Lewis fu uno dei primi sponsor illustri di Ornette Coleman. Qui ricompone, arrangia e suona la canzone di Ornette senza imbarazzi, al modo suo, riuscendo a renderle piena giustizia anche con la presenza un po’ strana del danese Asmussen, abituato a musica d’altro tipo.

 È una bella esecuzione, ma dopo un po’ si sente la mancanza, se non del sax di Ornette, del vibrafono di Milt Jackson.

 Lonely Woman (Coleman), da «European Encounter», Atlantic. Svend Asmussen, violino; John Lewis, piano; Jimmy Woode, contrabbasso; Sture Kallin, batteria. Registrato nel luglio 1962.

domenica 7 febbraio 2016

I’m Gonna Sit Right Down And Write Myself A Letter – My Valentine (Paul McCartney)

 Fats Waller e Paul McCartney sono due dei più grandi songwriter del XX secolo e qui, in una rara congiunzione, il secondo interpreta una famosa canzone del primo. My Valentine è invece una composizione di McCartney che sembra proprio una canzone degli anni Quaranta.

 Quasi settantenne all’epoca della registrazione, Paul ormai aveva un po’ la voce di sua zia (anche l’aspetto), ma il fraseggio, l’intonazione e tutto quanto sono quelli del grande ed enciclopedico musicista che è.

 Grazie a Luciana per il gradito e azzeccatissimo dono di questo disco.

 I’m Gonna Sit Right Down And Write Myself A Letter (Waller-Razaf), da «Kisses On The Bottom», Hear Music. Paul McCartney con Diana Krall, piano; Robert Hurst, contrabbasso; Karriem Riggins, batteria. Registrato nel marzo 2010.

 My Valentine (McCartney), ib. più Eric Clapton, chitarra solista; John Pizzarelli, chitarra; archi della London Symphony Orchestra.

sabato 6 febbraio 2016

Melancholia – Think Of One (Wynton Marsalis)

 Non so se questo, il secondo a suo nome (1983), rimanga il disco più bello di Wynton Marsalis, come qualcuno sostiene; non lo so perché non ho ascoltato abbastanza dischi di Marsalis per poter fare affermazioni generali e forse nemmeno particolari. Quello che so è che non mi pare di averlo mai sentito suonare in nessun altro disco di mia conoscenza con tanta convinzione e con così esatta corrispondenza del risultato alle intenzioni, se non forse in «Black Codes From The Underground», successivo di due anni.

 Band, va da sé, fantastica.
 
 Melancholia (Ellington), da «Think Of One», [Columbia] Sony BMG 1104. Wynton Marsalis, tromba; Kenny Kirkland, piano; Phil Bowler, contrabbasso. Registrato nel 1983.

 Think Of One (Monk), c.s. più Branford Marsalis, sax tenore; Jeff «Tain» Watts, batteria.

venerdì 5 febbraio 2016

Whisper Not (Ahmad Jamal)

 «Extensions», disco del 1965, secondo me è uno dei capolavori di Ahmad Jamal, al livello di  «The Awakening» di cinque anni dopo.

 Questa versione della famosissima canzone di Benny Golson ha rispetto ad altre più convenzionali e rispettose una leggerezza fragile e allarmante, ed è trasfigurata tramite una ricomposizione tematica cubista: di fatto, non conoscendone il titolo, solo al terzo minuto si potrebbe essere sicuri di cos’è. Un’esecuzione travolgente, ben più che semplicemente virtuosistica, che toglie davvero il fiato.

 Whisper Not (Golson), da «Extensions», Argo LP 758. Ahmad Jamal, piano; Jamil [Sulieman] Nasser, contrabbasso; Vernell Fournier, batteria. Registrato fra il 18 e il 20 maggio 1965.

giovedì 4 febbraio 2016

All The Things You Are (Hank Mobley)

 Hank Mobley nel 1953 aveva già esordito su disco con Max Roach, ma si sarebbe affermato solo nei due anni successivi, dopo aver inciso per la Blue Note con Horace Silver e poi a proprio nome.

 Questa registrazione di un ingaggio al Piccadilly Club di Newark, emersa pochissimi anni fa, lo trova come sideman di Bennie Green, trombonista ben presente e apprezzato su Jazz nel pomeriggio, e con una sezione ritmica di musicisti anche loro quasi esordienti. Benché nel 1953 lo hard bop potesse già dirsi definito nei suoi caratteri principali, quello che si sente qui è piuttosto bebop quale avrebbe potuto esser suonato cinque o sei anni prima, con All The Things preceduta dalla vamp composta da Dizzy Gillespie.

 All The Things You Are (Kern), da «Newark, 1953», Uptown Jazz 2766. Bennie Green, trombone; Hank Mobley, sax tenore; Walter Davis Jr, piano; Jimmy Schenk, contrabbasso; Charli Persip, batteria. Registrato il 28 settembre 1953.

mercoledì 3 febbraio 2016

Morning: Good – Lullaby (Anat Fort)

 Càpita che i caratteri organolettici così marcati, tanto da dare spesso l’impressione di essere standardizzati, delle produzioni musicali ECM coincidano spontaneamente con l’ispirazione di un musicista.

 Mi sembra sia questo il caso della pianista e compositrice israeliana Anat Fort in questo disco del 2004, dalla vena melodica semplice e piacevolmente diretta, delicata ma non incerta, così nelle composizioni come negli assoli della Fort. «A Long Story» è uno di quei dischi che ho cominciato ad ascoltare senza una curiosità particolare, forse addirittura con un’inconfessata diffidenza, e che ho finito per ascoltare molte volte.

 In Lullaby, a momenti il clarinetto di Perry Robinson – per suono, fraseggio e bending delle note – sembra un’armonica a bocca.

 Morning: Good (Fort), da «A Long Story», ECM 1994. Anat Fort, piano; Ed Schuller, contrabbasso; Paul Motian, batteria. Registrato nel marzo 2004.

 Lullaby (Fort), ib. più Perry Robinson, clarinetto.

martedì 2 febbraio 2016

Soul People (Booker Ervin & Sonny Stitt & Don Patterson)

 Il mese delle febbri purificatrici s’inizia, dopo la sauna di ieri, al calor bianco del soul jazz, con due saxofonisti, Ervin e Stitt, che non vi sono particolarmente associati, come invece lo è l’organista Patterson. I tre figurano contitolari di questo disco, che raccoglie tre diverse sedute lungo gli anni Sessanta.

 Booker Ervin è il primo solista e al confronto del suo grit, della sua smania espressiva, del suo semplice spessore sonoro, perfino Sonny Stitt sembra uno che se la prende comoda.

 Soul People (Patterson), da «Soul People», Prestige PRCD-24127-2. Booker Ervin, Sonny Stitt, sax tenore; Don Patterson, organo; Billy James, batteria. Registrato il 25 agosto 1964.

lunedì 1 febbraio 2016

Pinnacle – Noble Ego (Buster Williams)

 Buster Williams, bassista eccelso, nel 1975 ha esordito da leader con una bella formazione (Billy Hart era appena stato con lui nel Mwandishi di Herbie Hancock), in una temperie stilistica molto, molto d’epoca. Ma come ti sarà forse ormai noto, io per quell’epoca ho un’inclinazione irresistibile, che fa aggio perfino sul mio gusto. È strano. Dissonanza cognitiva?

 Come che sia, viatico alla settimana e al mese di febbraio è questa specie di sauna sonora soul-psichedelica.

 Pinnacle (Williams), da «Pinnacle», 32 Jazz 32147. Woody Shaw, tromba; Earl Turbinton, sax soprano; Sonny Fortune, flauto contralto, clarinetto basso; Onaje Allan Gumbs, sintetizzatori; Buster Williams, contrabbasso e canto; Billy Hart, batteria; Guilherme Franco, percussioni; Suzanne Klewan, Marcus, coro. Registrato nell’agosto 1975.

 Noble Ego (Williams), ib. senza Turbinton, Fortune e Shaw. Gumbs suona il piano.