mercoledì 29 maggio 2013

Dancing In The Dark (Charlie Parker)

 Nella fetta di talentuosa umanità che costituisce il pubblico di Jazz nel pomeriggio, c’è addirittura chi, un sax tenore fra le labbra, si appresta a esibirsi with strings. A sua edificazione e come augurio vada questo precedente non indegno.

 Dancing In The Dark (Schwartz-Dietz), da «The Complete Legendary Rockland Palace Concert 1952», Jazz Classics Records CD-JZCL-5014. Charlie Parker, sax alto; Walter Bishop, piano; Mundell Lowe, chitarra; Teddy Kotick, contrabbasso; Max Roach, batteria; archi e oboe. Registrato dal vivo al Rockland Palace, NY, il 26 settembre 1952.



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martedì 28 maggio 2013

All Too Soon (Pee Wee Russell & Coleman Hawkins)

 All Too Soon (Ellington), da «Jazz Reunion», [Candid] TIM 220369-203. Emmett Berry, tromba; Bob Brookmeyer, trombone; Pee Wee Russell, clarinetto; Coleman Hawkins, sax tenore; Nat Pierce, piano; Milt Hinton, contrabbasso; Jo Jones, batteria. Registrato nel febbraio 1963.



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lunedì 27 maggio 2013

Hi Fly - Soul Eyes (Karin Krog & Archie Shepp)

 Karin Krog (1937), norvegese, è stata una delle grandi esponenti del canto jazz in Europa, nota per molti dischi a proprio nome e in collaborazione con altri musicisti europei e americani, in particolare quattro con John Surman.

 Questo disco registrato a Oslo la trova associata ad Archie Shepp nel 1976, un periodo di splendore per entrambi gli artisti, che sono coetanei; Greenlee e Harris facevano parte del fortissimo quintetto con cui Shepp venne in Europa quell’anno e il precedente. La Krog esegue alcuni classici del jazz moderno strumentale: oltre a questi due (Soul Eyes, con un insolito bossa feel), Sing Me Softly Of The Blues di Carla Bley, a cui ha apposto parole sue.

 Hi Fly (Randy Weston), da «Hi-Fly», Compendium Records - FIDARDO 2. Karin Krog con Charles Greenlee, trombone; Archie Shepp, sax tenore; Jon Balke, piano; Arild Andersen, contrabbasso; Beaver Harris, batteria. Registrato il 23 giugno 1976.



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 Soul Eyes (Mal Waldron), id.



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sabato 25 maggio 2013

Bouncing With Bud (Martin Bejerano)

 Non capita spesso, o forse solo non risulta a me, che i pianisti di oggi suonino le belle composizioni di Bud Powell, che pure è il papà di tutti loro, nessuno escluso.

 Lo fa l’americano Martin Bejerano, nato nel 1974, con abilità e con molto gusto in questo disco in cui deve aver inteso mostrare la sua competenza boppistica, visto che vi suona anche Solar, Monk’s Dream e Lover Man. Bouncing With Bud era stato inciso da Bud nel 1949 con Fats Navarro e Sonny Rollins. Alla batteria sedeva Roy Haynes, che è anche stato uno dei primi leader di Bejerano, nonché suo mentore.

 Bouncing With Bud (Powell), da «Evolution/Revolution», Reservoir RSR CD 189. Martin Bejerano, piano; Edward Perez, contrabbasso; Ludwig Alfonso, batteria. Registrato il 22 ottobre 2006.



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venerdì 24 maggio 2013

Cloudy And Cool - She - Chris (Frank Strozier)

Wow! Questa mattina, breve recital di Frank Strozier, uno dei miei altosaxofonisti preferiti, già sentito diverse volte su Jnp come leader e sideman e uno dei «grandi oscuri» del jazz moderno – va detto che lui ha fatto ben poco per mettersi in luce, ritirandosi prematuramente (è nato nel 1937) dalla vita jazzistica: «Who else» ha scritto di Strozier Richard Cook «promised so much only to disappear so completely into obscurity?». Di ascolto per me  raro e sorprendente è anche il pianista Billy Wallace.

 Chris è una composizione dedicata da Strozier al leggendario pianista Chris Anderson.

 Cloudy And Cool (Strozier), da «Cool, Calm And Collected», [Vee Jay] Koch KOC-CD-8552. Frank Strozier, sax alto; Billy Wallace, piano; Bill Lee, contrabbasso; Vernel Fournier, batteria. Registrato il 13 ottobre 1960.



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 She (Duke Ellington), id.



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 Chris (Strozier), id.



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giovedì 23 maggio 2013

Out Of Nowhere (Pee Wee Russell & Ruby Braff)

 Della modernità, o meglio della relativa intemporalità dello stile di Pee Wee Russell si è scritto e raccontato anche qui (relativa, perché non s’intende che sia possibile scambiare il clarinetto di Pee Wee per quello di Jimmy Giuffre o di Michel Portal, ma piuttosto che quel suono si adatta, a suo modo, a stili e a repertorî anche lontanissimi dai suoi d’origine).

 In questa compagnia per lui ideale si apprezza un altro non meno intemporale, Ruby Braff, fra i più grandi trombettisti-cornettisti del jazz. Ascolta il suo breve assolo, concettoso, virtuosistico, su una canzone resa da Charlie Parker un classico del jazz moderno, e dimmi se, pur con accenti e un profilo inconfondibilmente armstronghiani, non siamo in un ambito espressivo che ha spontaneamente assorbito la sintassi del jazz moderno.

 Out Of Nowhere (Heyman-Green), da «Portrait Of Pee Wee», DCC Jazz DJZ-611. Ruby Braff, cornetta; Vic Dickenson, trombone; Pee Wee Russell, clarinetto; Bud Freeman, sax tenore; Nat Pierce, piano; Charles Potter, contrabbasso; Karl Kiffe, batteria. Registrato nel febbraio 1958.



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mercoledì 22 maggio 2013

How Long Has This Been Going On (Frank Rosolino) (Jay & Kai)

 A chi si stesse ponendo la domanda espressa dal titolo di questa canzone, rispondo: da tre anni. Jazz nel pomeriggio compie oggi il terzo anno di pubblicazione e non trovo modo migliore di celebrarlo che postare due bellissime esecuzioni di una canzone bellissima, che oltretutto siede assai bene sul trombone.

 How Long Has This Been Going On (G. e I. Gershwin), da «5», [Mode] V.S.O.P #16. Frank Rosolino, trombone; Richie Kamuca, sax tenore; Vince Guaraldi, piano; Monty Budwig, contrabbasso; Stan Levey, batteria. Registrato nel giugno 1957.



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How Long Has This Been Going on, da «Early Bones», Prestige P-24067. J. J. Johnson, Kai Winding, trombone; Dick Katz, piano; Peck Morrison, contrabbasso; Al Harewood, batteria. Registrato il 3 dicembre 1954.



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martedì 21 maggio 2013

Sonia (Robert Wyatt)

 Robert Wyatt, esponente del progressive inglese con i Soft Machine e con i Matching Mole, poi originale e apprezzato cantante e songwriter, è sempre stato un appassionato del jazz (e, con almeno un’incarnazione dei Soft Machine, vi è stato vicino anche come musicista). In questo disco del 1974 rende omaggio ai musicisti sudafricani che sul finire degli anni Sessanta arrivarono in Inghilterra e mutarono irreversibilmente il panorama della musica improvvisata di quel paese, suonando Sonia di Mongezi Feza, pezzo reso noto dall’orchestra afro-britanica Brotherhood of Breath di Chris McGregor. Alla tromba c’è l'autore della canzone, Mongezi Feza.

 Sonia (Mongezi Feza), da «Ruth Is Stranger Than Richard», Virgin CDV 2034. Mongezi Feza, tromba; Gary Windo, clarinetto basso e sax alto; John Greaves, basso elettrico; Robert Wyatt, batteria e piano. Registrato fra l’ottobre 1974 e il marzo 1975.



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lunedì 20 maggio 2013

Camby Bolongo - Sudan - I Know You Don’t Want Me No More (Idris Muhammad)

 Proseguo sulla strada di ieri con una virata verso il funky. Ecco il principe dei batteristi funky, Idris Muhammad, nato Leo Morris a New Orleans e di recente impegnato con Ahmad Jamal (che per i batteristi di quella città ha sempre avuto una preferenza: Vernell Fournier, Herlin Riley).

 Questi due dischi si distinguono in tanta altra produzione funky-soul del periodo per l’alta percentuale di jazzisti illustri nella formazione, che è per giunta mista. Camby Bolongo, come tutti i pezzi di «Turn This Mutha Out», è arrangiato da Dave Matthews;  «Sudan», da Tom Harrell. Entrambe le sedute sono state prodotte da Creed Taylor.

 Camby Bolongo (Dave Matthews), da «Turn This Mutha Out», Kudu/CTI. Randy Brecker, tromba; Jeremy Steig, flauto; Charlie Brown, Hugh McCracken, chitarra; Wilbur Bascomb, basso elettrico; Idris Muhammad, batteria, tom; Sue Evans, percussioni. Registrato fra il dicembre 1976 e il gennaio 1977.

 

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 Sudan (Muhammad-Harrell), da «House Of The Rising Sun», Kudu/CTI  5127962. Tom Harrel, tromba; Barry Rogers, Fred Wesley, trombone; David Sanborn, sax alto; Ronnie Cuber, sax baritono; Roland Hanna, piano elettrico; Eric Gale, chitarra; Wilbur Bascomb, basso elettrico; Idris Muhammad, batteria e percussioni. Registrato il 23 settembre 1975.



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 Know You Don’t Want Me No More (George), c.s. ma Leon Pendarvis, piano elettrico; Will Lee, basso elettrico.



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domenica 19 maggio 2013

Baby Let Me Take You [In My Arms] (Gary Chandler)

 C’entrerà il fatto che la prima metà degli anni Settanta è stata il periodo in cui ho sviluppato consapevolezza del mondo (e con le orecchie bene aperte), ma ho sempre avvertito un’assonanza atavica con la musica di quegli anni, di qualsivoglia genere. Questo è un disco un po’ oscuro di un trombettista valoroso, Gary Chandler, non straniero a questi lidi.

 (Il post e la scelta musicale mi sono state ispirate dal romanzo che mi fa compagnia in questi giorni, «Telegraph Avenue» di Michael Chabon. Puoi contare sul fatto che esca presto in italiano, purtroppo non tradotto da me [purtroppo per me, intendo]).

 Baby Let Me Take You [In My Arms] (Abrim Tilmon), da «Outlook», Eastbound EB 9001. Gary Chandler, tromba; Dick Griffin, trombone; Harold Ousley, sax tenore; Caesar Frazier, organo; Cornell Dupree, chitarra; Gordon Edwards, basso elettrico; Idris Muhammad, batteria; Buddy Caldwell, percussioni. Registrato nel 1972.



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sabato 18 maggio 2013

Take It Easy - Black Beauty (Duke Ellington)

 Sono diventato un uomo di poche parole, ma forse è meglio se lascio dire tutto alla musica. Mi limito a portare la tua attenzione sulla breve intro di Black Beauty (assente dalla prima take registrata lo stesso giorno), in cui agli accordi perfetti della tonalità si aggiunge la nona (e la sesta alla dominante). Contiene uno dei primi assoli di Ellington, che lo esegue con una pulizia tecnica di cui normalmente poco si curava. Take It Easy è un piccolo capriccio ellingtoniano bizzarramente orecchiabile,

 Take It Easy (Duke Ellington), da «Early Ellington - The Complete Brunswick And Vocalion Recordings 1926-1931», Verve 0600753424681. Arthur Whetsel, Louis Metcalf, tromba; Joe Nanton, trombone; Barney Bigard, clarinetto e sax tenore; Otto Hardwick, Harry Carney, sax alto; Duke Ellington, piano; Fred Guy, banjo; Wellman Braud, contrabbasso; Sonny Greer, batteria. Registrato il 21 marzo 1928.



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 Black Beauty (Ellington), id.



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giovedì 16 maggio 2013

Samba Yantra (Chick Corea)

 Samba Yantra (Corea), da «Now He Sings, Now He Sobs», Blue Note 7243 5 38265 2 9. Chick Corea, piano; Miroslav Vitous, contrabbasso; Roy Haynes, batteria. Registrato nel marzo 1968.



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mercoledì 15 maggio 2013

Little Lees (Cecil Taylor)

 Posso sbagliarmi, ma Little Lees, da uno dei dischi più belli del primo periodo di Cecil Taylor, a me sembra una versione pesantemente contraffatta di What Is This Thing Called Love. Nota come Taylor assegni, nel tema, una precisa parte obbligata alla batteria – le velocissime terzine al piatto – , come è suo solito. Peccato che alla batteria sieda il sempre piuttosto squadrato Dennis Charles, in quegli anni presenza fissa nelle formazioni tayloriane, come anche Buell Neidlinger.

 Little Lees (Taylor), da «Love For Sale», [United Artists] Blue Note CDP 94107. Ted Curson, tromba; Bill Barron, sax tenore; Cecil Taylor, piano; Buell Neidlinger, contrabbasso; Dennis Charles, batteria. Registrato il 15 aprile 1959.



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martedì 14 maggio 2013

Pay Day (A. K. Salim) - Song Nine (Christian Muthspiel)

 Pay Day (Salim), da «Blues Suite», Savoy SV-0142. Paul Cohn, Nat Adderley, tromba; Buster Cooper, trombone; Phil Woods, sax alto; Selden Powell, sax tenore; Sahib Shihab, sax baritono; Eddie Costa, piano; George Duvivier, contrabbasso; Wilbur Hogan, batteria; A. K. Salim, arrangiamento e direzione. Registrato nel settembre o ottobre 1958.



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 Song Nine (Muthspiel), da «Octet Ost II», Amadeo 521 823-2. Tomasz Stanko, tromba; Arkady Shilkloper, corno, flicorno; Christian Muthspiel, trombone; Bela Szaloky, trombone, tromba bassa; Anatoly Vapirov, sax tenore e soprano; Petras Vysniauskas, sax alto e soprano; Mikulas Skuta, pìano; Vladimir Tarasov, batteria, percussioni. Registrato nel giugno 1992.



domenica 12 maggio 2013

Celia (Phineas Newborn)

 Ecco Celia, la composizione di Bud Powell, eseguita da Phineas Newborn a 400 di metronomo. Nei commenti al post del 9 settembre scorso in cui ne presentavo un’esecuzione dell’autore, Luca Conti e il Lancianese richiamavano questa di Newborn (dal suo disco d’esordio come leader) come paradossale pietra del paragone.

 Celia (Powell), da «Here Is Phineas», [Atlantic] Koch Jazz KOC-CD-8505. Phineas Newborn, piano; Oscar Pettiford, contrabbasso; Kenny Clarke, batteria. Registrato il 4 maggio 1956.



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sabato 11 maggio 2013

Aquarius (Charles Earland)

 Aquarius (Rado-Ragni-McDermot), da «Black Talk!», Prestige PRCD-30082-2. Virgil Jones, tromba; Houston Pearson, sax tenore; Charles Earland, organo; Melvin Sparks, chitarra; Idris Muhammad, batteria; Buddy Caldwell, conga. Registrato il 15 dicembre 1969.



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venerdì 10 maggio 2013

Isfahan (Duke Ellington)

 Non è bello, non è giusto che un sito con jazz nel titolo lasci correre quasi tre mesi senza Duke Ellington. 

 Isfahan (anche «Esfehān», è la città nota come «la perla della Persia») contiene (a 1:49 e ripetuta a 3:23) una delle pause più espressive e parlanti che mai compositore abbia scritto; e Johnny Hodges vi suona (a 2:35) la più swingante nota ripetuta mai sentita dopo quelle di Louis Armstrong in Potato Head Blues.

 Isfahan (Ellington), da «Far East Suite», RCA Victor 74321747972. Cootie Williams, Cat Anderson, Mercer Ellington, Herbie Jones, tromba; Lawrence Brown, Buster Cooper, Chuck Connors, trombone; Jimmy Hamilton, clarinetto; Johnny Hodges e Russell Procope, sax alto; Paul Gonsalves, sax tenore; Harry Carney, sax baritono; Duke Ellington, piano; John Lamb, contrabbasso; Rufus Jones, batteria. Registrato nel dicembre 1966.



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giovedì 9 maggio 2013

[Guest post #36] Gennaro Fucile & The Necks

 Dovrei stare in pensiero per Gennaro Fucile? Di recente vedo quel caro uomo via via smateriarsi per (così apprendo da questo guest post) riconfigurarsi nel futuro. Mi rassicura tuttavia l’avergli visto demolire, appena due sere fa, una porzione sardanapalesca di baccalà mentecatto seguita da un dolce di cioccolatte che si sarebbe detto coreografato da Guido Reni.
 Questo post da un numinoso avvenire è, in puri termini di byte, il più impegnativo mai allestito da Jazz nel pomeriggio; dico, la spataffiata, pardon, la selezione musicale dura  un’ora. Questo sostanzioso saggio di musica del futuro serve se non altro a consolarmi un poco del fatto che nel 2054 sarò con buone probabilità già morto.

 Non ci si lasci ingannare dalle date di registrazione (1996, 1999), perché in realtà sono fasulle, si tratta di una copertura. Questo Hanging Gardens in realtà è stato inciso nel 2054 e scivolato nel nostro tempo da una porticina di servizio spazio-temporale.

 All’epoca, nel 2054, i Necks, due australiani e un neozelandese, erano un trio di stampo conservatore, non più legato agli stilemi tipici di quel post jazz ante meridiano che segnò il definitivo addio dalle forme storicamente codificate nel corso del XX secolo, ma ormai decisamente lontano dalle forme pulviscolari che prese ad assumere a partire dal 2039. Sentiti oggi, ovvero l’altro ieri, sembrano però indubbiamente avanti mille anni luce, con quelle loro composizioni in media lunghe un’ora a fare da marchio di fabbrica. Si legge su una rivista dell’epoca (gli anni Dieci del XXI secolo) questo commento di Bige Lagiutigio: «The Necks immaginano, compongono ed eseguono musica che appartiene all’ordine della trance. Possiedono un notevole senso dello swing, concepiscono lunghe reiterazioni come richiede la scuola minimalista, colorano con uso misurato dei timbri ottenendo un proprio sound come esige la tradizione pop, architettano una ragnatela di rimandi, come richiedono le più elementari norme postmoderne, ma si tengono distanti anni luce dal citazionismo (…) in The Necks il concettualismo è assente, il suono sgorga naturalmente, le trame si dipanano senza un fine apparente, agitate da un moto perpetuo, rigenerandosi all’infinito, volatilizzandosi, strutturandosi con rigore e passione. I tre musicisti davvero respirano insieme. La loro musica è fatta della stessa sostanza di cui sono fatti i mantra».

 Peccato che poi si siano arenati non cogliendo lo spirito del tempo che andava mutando. Forse è per questo che quando i viaggi spazio-temporali divennero low cost lasciarono nella stazione di inizio millennio alcuni dischetti nel preistorico formato compact disc, riuscendo abilmente a passare per un gruppo cosiddetto d’avanguardia. Insomma, The Necks non riescono a stare dentro gli schemi, restano insoliti per i loro contemporanei, quelli apparenti dell’altro ieri e quelli reali di ieri. Noi, invece, nel 2082, li stiamo rivalutando. È sempre tempo di revival.

 Hanging Gardens (Abrahams-Buck-Swanton) da «Hanging Gardens», ReR Necks1. Chris Abrahams, piano, piano elettrico, organo, tastiere; Tony Buck, batteria, percussioni, campionamenti; Lloyd Swanton, basso elettrico e contrabbasso. Registrato a Sydney-Annandale nel settembre 1996 e nel gennaio 1999.



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mercoledì 8 maggio 2013

Natural H. (Don Ellis)

 Si tratta di una ennesima contraffazione di Indiana. «Lo strano effetto ritmico del motivo principale – spiega Don Ellis nelle note – si deve al fatto che la figurazione in ottavi è sfasata dal beat con una pausa di un sedicesimo» (è al minuto 0:38).

 Compare anche un bravo e piuttosto oscuro vibrafonista, Al Francis. Sezione ritmica con cui suonerei bene anch’io.

 Natural H. (Ellis), da «New Ideas», [Prestige] Poll Winners 27284. Don Ellis, tromba; Al Francis, vibrafono; Jaki Byard, piano; Ron Carter, contrabbasso; Charli Persip, batteria. Registrato l’11 maggio 1961.



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martedì 7 maggio 2013

Mellifluous Cacophony (Sam Rivers)

 Dalla breve intensissima stagione Blue Note di Sam Rivers, che per l’etichetta di Lion e Wolff fu anche sideman di Tony Williams in due dischi bellissimi di quegli anni. Il titolo di questo pezzo pare compendiare il cauto avanguardismo di Rivers nei primi Sessanta.

 Fa’ caso (anche con una ricerca su Jnp) a quante sedute importanti del periodo si siano giovate del drumming di Joe Chambers, e spesso anche delle sue composizioni.

 Mellifluous Cacophony (Rivers), da «Contours», Blue Note 72438 66744 2 5. Freddie Hubbard, tromba; Sam Rivers, sax tenore; Herbie Hancock, piano; Ron Carter, contrabbasso; Joe Chambers, batteria. Registrato il 21 maggio 1965.



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lunedì 6 maggio 2013

Neo (Miles Davis)

 Una bellissima testimonianza del quasi fuggevole passaggio di Hank Mobley alla corte di Miles Davis, in quell’interregno del sax fra Coltrane e Shorter che vide passare anche George Coleman e, lui sì proprio in un lampo, Sam Rivers.

 Neo (Davis), da «In Person, Saturday Night, Vol. 2», Columbia CK 44425. Miles Davis, tromba; Hank Mobley, sax tenore; Wynton Kelly, piano; Paul Chambers, contrabbasso; Jimmy Cobb, batteria. Registrato il 22 aprile 1961.



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domenica 5 maggio 2013

Princess - Lid Flippin’ (Johnny «Hammond» Smith)

 È bello questo disco di Johnny «Hammond» Smith perché non è il solito disco di un organista, in cui ogni altra cosa è annegata dal suono strapotente del suo strumento: «Hammond» Smith è un musicista dal fraseggio raffinato che sceglie una sonorità discreta (e una più sgargiante e aspra per gli outchorus) per restare a pari degli altri strumenti della front line. La quale  non comprende strumenti a fiato ma vibrafono e chitarra; anche per questo, Smith adopera un contrabbassista anziché provvedere i bassi lui stesso, come fanno di solito gli organisti. Anche se il disco è essenzialmente una raccolta di blues, per queste ragioni si distingue dalla pletora di dischi di soul jazz con organo del periodo.

 C’è poi, anche lui già sentito qui per conto proprio, Lem Winchester, il vibrafonista-poliziotto ammazzatosi per sbaglio mentre giocava con la pistola d’ordinanza. Ci avrebbe fatto ascoltare molte altre belle cose se ne avesse avuto il modo: ha una sonorità chiara e scampanante, che ama lasciar risuonare, e suona «a tutta tastiera», raggiungendo spesso la raramente esplorata ottava bassa dello strumento; le sue lunghe linee melodiche sono sempre costruite con un equilibrio e Winchester sa ascoltare attentamente l’organo e dialogare con esso.

 Princess (Smith), da da «Gettin’ the Message», Prestige LP 7217. Lem Winchester, vibrafono; Johnny «Hammond» Smith, organo; Eddie McFadden, chitarra; Wendell Marshall, contrabbasso; Bill Erskine, batteria. Registrato il 14 ottobre 1960.



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Lid Flippin’ (Smith), id.



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sabato 4 maggio 2013

[Guest post #35] Gennaro Fucile & Ferrante and Teicher

Il futuro è già cominciato con Gennaro Fucile!
 Attenti a questi due, coppia di bonaccioni dall’aria innocua, quasi un doppio raddoppiato di Gianni e Pinotto, se non fosse per certi occhiali che neanche Clark Kent oserebbe sfoggiare.

 Sono Arthur Ferrante e Louis Teicher, pianisti da classifica a partire da fine anni Cinquanta, quando in Usa si avvistavano un bel po’ di Ufo in cielo e parecchi marziani in terra, gente come Moondog, Lucia Pamela e altri eroi di generi vari, dall’exotica a quella che decenni dopo si sarebbe chiamata spage-age music. Un pazzo, pazzo, pazzo pazzo mondo dove c’erano anche Ferrante & Teicher. Non ci si lasci ingannare dalle apparenze, i due non erano degli sprovveduti, la tecnica non mancava, le idee neppure. Si avventuravano in zone impervie mascherati da entertainer, come facevano in molti nella terra dell’easy listening. Si pensi a Juan Garcia Esquivel, uno sperimentatore di rango nascosto dietro coretti tipo «du bi du bi du ba-ba».

 Tornando ai due tizi, loro si davano da fare come John Cage dall’altro lato della galassia musica ad allestire dei pianoforti ben preparati; però andavano in televisione, invece che restare in giri ristretti, avantgarde, per pochi eletti. Dentro ai loro Steinway, tra le corde ci ficcavano ogni bendidìo: cunei di gomma, feltro, rotoli di carta, carta vetrata, puntine, pezzetti di legno, barrette di metallo, martelletti, picconcini, ecc. Anche nel repertorio ci finiva di tutto, di più, compreso un po’ di jazz.

 Qui si danno da fare con uno straclassico di Fats Waller, Ain’t Misbehavin’, mandandolo a spasso sulla ruota del Prater, poi in un piano bar e infine sulle montagne russe di qualche luna park di periferia.

 Ain’t Misbehavin’ (Waller-Harry Brooks-Razaf), da «Blast Off!», Varese Sarabande VSD-5791. Arthur Ferrante e Louis Teicher, pianoforti preparati. Registrato nel 1958.



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venerdì 3 maggio 2013

Straight Life (Art Pepper)

 Il disco, però, è a nome di Joe Morello, il batterista di Brubeck. Vi si distingue anche l’elegante pianista Wiggins (Straight Life è Indiana contraffatta).

 Straight Life (Pepper), da «Collections», Intro ILP 608. Art Pepper, sax alto; Gerald Wiggins, piano; Ben Tucker, contrabbasso; Joe Morello, batteria. Registrato il 3 gennaio 1957.



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giovedì 2 maggio 2013

Work Song (J. J. Johnson)

 Work Song (Adderley-Brown), da «1977 Yokohama Concert», Pablo CD 26201092. J. J. Johnson, trombone; Nat Adderley, tromba; Billy Childs, piano elettrico; Tony Dumas, contrabbasso; Kevin Johnson, batteria. Registrato il 20 aprile 1977.



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mercoledì 1 maggio 2013

This Subdues My Passion (Charles Mingus)

 Scaturigini del pensiero musicale di Charles Mingus (erano anni che volevo usare «scaturigini»). Siamo nel 1946 nella sua natìa Los Angeles, in una delle prime sedute di Mingus a proprio nome sotto lo pseudonimo di «Baron» Mingus.

 This Subdues My Passion è una composizione di limpida matrice ellingtoniana-strayhorniana, come appare dall’orchestrazione (molto abile, fa immaginare una compagine più ampia di quanto non sia) con il clarinetto come voce guida e dal breve assolo di Buddy Collette, che omaggia Johnny Hodges.

 Come ha osservato Andrew Homzy, mentre la lunga melodia è «grosso modo» durchkomponierte, cioè continua e non sezionale nel suo sviluppo, la sequenza armonica segue uno schema a specchio ABCCBA.

 This Subdues My Passion (Mingus), da «Charles ‘Baron’ Mingus - West Coast 1945-49», Uptown UPCD 27.48. Baron Mingus And His Octet: Karl George, John Anderson, tromba; Britt Woodman, trombone; Buddy Collette, clarinetto e sax alto; William Woodman, sax tenore; Lady Will Carr, piano; Louis Speigner, chitarra; Charles Mingus, contrabbasso; Lee Young, batteria. Registrato il 20 aprile 1946.



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