venerdì 30 gennaio 2015

Giant Steps – Calm Farm (For Paddy) (Django Bates)

 Django Bates, che dovrebbe suonare di più il pianoforte perché lo fa benissimo, suona Giant Steps su un basso obbligato rendendola una specie di ciaccona. Segue un monologo che raggiunge momenti di grande intensità e anche densità senza mai superare la dinamica del mezzoforte.

 Giant Steps (Coltrane) da «Autumn Fires (And Green Shots)», Winter & Winter, 919 069 2. Django Bates, piano. Registrato il 15 febbraio 1994.



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 Calm Farm (For Paddy) (Bates), id.



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giovedì 29 gennaio 2015

Crystal Love – Flight (Makoto Ozone)

 Giovedì leggero leggero con i gradevoli strimpellamenti di Makoto Ozone, pianista giapponese scoperto giovanissimo da Gary Burton, che gli fu maestro alla Berklee. Qui c’è Burton e c’è Eddie Gomez, a formare un insolito trio senza batteria.

 Crystal Love (Ozone), da «Makoto Ozone», Sony BMG. Gary Burton, vibrafono; Makoto Ozone, piano; Eddie Gomez, contrabbasso. Registrato nel giugno 1981.



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 Flight (Ozone), ib. ma Ozone solo.



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mercoledì 28 gennaio 2015

Varions – Bright Passion (Stanley Cowell)

 Stanley Cowell compone e arrangia per un sestetto di strumentazione consueta, ma in modo da farlo suonare come un complesso assai più ampio. Questo si deve non solo alla scrittura per i fiati e alla sonorità individuale dei musicisti, soprattutto di Dick Griffith al trombone, ma anche al modo in cui Cowell arrangia le parti per la sezione ritmica. Fra front line e ritmica si sviluppa una terza dimensione, uno spazio in cui la musica assume un colore che aggiunge alle composizioni di Cowell, sempre misteriosamente canore.

 Disco meraviglioso. Cowell, poi,  che accompagni o che faccia assoli suona in ogni momento da quell’autentico, profondo pensatore pianistico che è. È davvero un peccato che abbia deciso negli ultimi venti o trent’anni di dedicarsi principalmente all’insegnamento.

 Varions, te ne accorgerai subito, è una contraffazione di Straight, No Chaser, il blues di Monk.

 Varions (Cowell), da «Setup», SteepleChase. Eddie Henderson, tromba; Dick Griffin, trombone; Rick Margitza, sax tenore; Stanley Cowell, piano; Peter Washington, contrabbasso; Billy Hart, batteria. Registrato nell’ottobre 1993.



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 Bright Passion (Cowell), id.



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martedì 27 gennaio 2015

Soul Sign Eight – Sunny (Hampton Hawes)

 Un tardo Hampton Hawes, di fatto a meno di un anno dalla morte, concentrato ed essenziale quanto mai e anche aggiornato nel linguaggio. La compagnia è ideale.

 Hampton tornava al pianoforte dopo aver trascorso buona parte di quella prima metà dei Settanta dietro un piano elettrico, lo strumento-simbolo del jazz tinto di soul di quel periodo. Come si sente qui, Hawes non ne aveva bisogno per essere funky e soulful, anzi: sullo strumento elettrico, la mancanza del suo tocco inconfondibile andava a scapito dello swing.

 Soul Sign Eight (Hawes), da «At The Piano», [Contemporary] OJCCD 877. Hampton Hawes, piano; Ray Brown, contrabbasso; Shelly Manne, batteria. Registrato nell’agosto 1976.



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 Sunny (Hebb), id.



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lunedì 26 gennaio 2015

Evidence – Old Folks (Billy Higgins)

 Rara uscita da leader del batterista jazz più registrato di tutti, Billy Higgins. Con lui qui c’è James Clay, altro californiano che sul finire degli anni Cinquanta fu parte dell’entourage di Ornette Coleman a Los Angeles. Di lui abbiamo già sentito e parlato.

 Evidence (Monk), da «Bridgework», Contemporary 25218-1424-1. James Clay, sax tenore; Cedar Walton, piano; Tony Dumas, contrabbasso; Billy Higgins, batteria. Registrato nel gennaio 1980.



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 Old Folks (Robison-Hill), id.



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domenica 25 gennaio 2015

Creole Love Call (Duke Ellington) (Rahsaan Roland Kirk)

 Rahsaan Roland Kirk leva a Creole Love Call i connotati erotici e, voltala in «tre», la riporta là donde viene, in chiesa, concludendola proprio con un amen in cadenza plagale. Buona domenica!

 Creole Love Call (Ellington-Miley-Jackson), da «Cotton Club Stomp. 1927-1931», Naxos 8.120509. Bubber Miley, Louis Metcalf, tromba; Joe Nanton, trombone; Otto Hardwick, sax alto, clarinetto; Harry Carney, sax baritono, clarinetto; Rudy Jackson, clarinetto; Duke Ellington, piano; Fred Guy, banjo; Wellman Braud, contrabbasso; Sonny Greer, batteria; canta Adelaide Hall. Registrato il 26 ottobre 1928.



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 Creole Love Call, da «The Inflated Tear», Atlantic. Roland Kirk, clarinetto, sax tenore; Ron Burton, piano; Steve Novosel, contrabbasso; Jimmy Hopps, batteria. Registrato nel novembre 1967.



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sabato 24 gennaio 2015

It Ain’t Necessarily So (Walt Dickerson)

 Con un bel Walt Dickerson non si sbaglia mai e oltretutto è un po’ che non siamo visitati dalla sua musica. Lo so, venti minuti di trio su It Ain’t Necessarily So è come chiederti uno sforzo di attenzione, ma ormai saprai che Dickerson non ti fa mai sprecare tempo, dunque abbi fiducia e dammi retta.

 La lunga esecuzione, come sempre con Dickerson, è ordinata da una coscienza strutturale salda e chiara. Per i primi sette minuti il vibrafonista, esposto il tema, vi vola sopra con la sua versione dei sheet of sound mentre basso e batteria procedono regolari prima in tempo tagliato, poi in quattro, ma ignorando i changes della composizione di Gershwin e insistendo invece su un accordo. Sgocciolando note in quel suo caratteristico action painting sonoro, Dickerson non si riferisce più alla melodia. Dal settimo al dodicesimo minuto resta da solo e allora la sua improvvisazione si distende e lavora sul tema, accedendo a polle di sonorità liquida e riverberante. Segue un assolo ricco di suoni spuri di Sirone, che alla fine accenna al tema; il trio raccoglie l’accenno per concludere sul tempo iniziale, stavolta con entrambi gli strumenti melodici in contrappunto libero.

 It Ain’t Necessarily So (G.-I. Gershwin), da «Life Rays», Soul Note 121028-2. Walt Dickerson, vibrafono; Sirone (Norris Jones), contrabbasso; Andrew Cyrille, batteria. Registrato nel febbraio 1982.



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venerdì 23 gennaio 2015

Four Lessons From The Third World (Roswell Rudd)

 Quando  suona il trombone Roswell Rudd, la sonorità è così grande e versicolore, il fraseggio è così  emotivo, intelligente e memorioso, il tempo è così esatto che non si sente la mancanza di un altro strumento.

 Questo assolo, comunque, viene dal disco di duetti inciso da Rudd a Milano nel 1978 con Giorgio Gaslini, disco molto bello da cui ti somministrerò presto qualcosa d’altro.

 Four Lessons From The Third World (Rudd), da «Sharing», Dischi della Quercia  Q 28007. Roswell Rudd, trombone. Registrato nel luglio 1978.



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giovedì 22 gennaio 2015

Beautiful Love – Gary’s Theme (Bill Evans)

 Nell’ultimo periodo, lo sentiamo per esempio in questo famoso concerto di Parigi del 1979, Bill Evans  aveva modificato il suo stile; in parte  si vuole fosse questa una conseguenza dell’uso di cocaina endovena, laddove la sua droga of choice era sempre stata l’eroina.

 Tempi molto più veloci, una gran quantità di note, esecuzioni più «testurali», a densità variabile e a momenti grumose, un ricorso nuovo e frequentissimo alle note ribattute, un tocco più materiale e a momenti greve, voicing più stretti  e, precipitato di tutto questo, una condotta ritmica ancora più mobile del consueto: poco curante delle stanghette di battuta, avanzava liquidamente fra l’inizio e la fine dei chorus, sempre mantenuti saldi, a velocità irregolare. Mirabile il contributo di Marc Johnson, appena venticinquenne, la cui intesa con il pianista appare perfino superiore a quella che aveva mostrato Scott LaFaro. Joe LaBarbera suona bene ma alla fine la batteria resta estranea al flusso musicale principale.

 Beautiful Love (Young-King-Gillespie-Alstyne), da «The Paris Concert Edition Two», Warner Bros 7599-60311-2. Bill Evans, piano; Marc Johnson, contrabbasso; Joe LaBarbera, batteria. Registrato il 16 novembre 1979.



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 Gary’s Theme (McFarland), id.



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mercoledì 21 gennaio 2015

Bitchin’ (Charlie Rouse)

 In questi giorni taglio corto perché mi è arrivata una specie di influenza e faccio un po’ fatica. Qui ricorro al bellissimo disco funky di Charlie Rouse del 1973 di cui ti ho già fatto sentire parecchio, questa volta un blues scorciato e asimmetrico.

 Bitchin’ (Rouse), da «Two Is One», Strata-East SES19746. Charlie Rouse, sax tenore; George Davis, chitarra; Calo Scott, violoncello; Martin Rivera, basso elettrico; David Lee, batteria; Azzedin Weston, conga. Registrato nel 1973.



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martedì 20 gennaio 2015

Twiggy’s Birthday Blues (Brad Mehldau)

 Twiggy’s Birthday Blues (Mehldau), da «Solos: The Jazz Sessions, 2004» (DVD). Brad Mehldau, piano. Registrato nel 2004.



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lunedì 19 gennaio 2015

Rough Ride I (Lucas Niggli)

 Cominciamo la settimana con un ascolto impegnativo ma, credo, rimunerativo. È jazz dalla Svizzera, il trio Zoom del batterista e compositore Lucas Niggli con il forte trombonista tedesco Wogram, già sentito qui con Simon Nabatov e con Aki Takase.

 Rough Ride I (Niggli), da «Rough Ride», Intakt CD 082. Nils Wogram, trombone; Philipp Shaufelberger, chitarra; Lucas Niggli, batteria e percussioni. Registrato il 14 marzo 2002.



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domenica 18 gennaio 2015

Sunday (Lester Young)

 Lester Young comincia il suo assolo in maniera circospetta, poi si distende, anche se non del tutto. Riesce comunque a swingare potentemente, in quella maniera sua autunnale e quasi esausta, essenzialissima, degli ultimi anni.

 Sunday (Coots-Grey), da «Going for Myself», [Verve] Poll Winners Records 27294. Harry «Sweets» Edison, tromba; Lester Young, sax tenore; Lou Stein, piano; Herb Ellis, chitarra; Ray Brown, contrabbasso; Mickey Sheen, batteria. Registrato il 7 febbraio 1958.



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sabato 17 gennaio 2015

Breaking Point (Freddie Hubbard)

 In questo Blue Note del 1964 Freddie Hubbard si presentava per la prima volta alla testa di una sua working band (non sarebbe durata molto), dopo una breve ma già brillantissima carriera da sideman con Blakey, Coltrane, Dolphy, Coleman e altri.

 Breaking Point mette insieme un po’ tutto quello che aveva fatto fino a quel momento, compreso un calypso rollinsiano, ma tenendo le orecchie bene aperte su quanto andava succedendo.

 Breaking Point (Hubbard), da «Breaking Point», Blue Note 7243 5 78728 2 9. Freddie Hubbard, tromba; James Spaulding, sax alto; Ronnie Mathews, piano; Eddie Kahn, contrabbasso; Joe Chambers, batteria. Registrato il 7 maggio 1964.



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venerdì 16 gennaio 2015

Three Minutes From An Afternoon In July – View From Battery Point (Keith Tippett)

 Suggestivi anche i titoli di questi pezzi dal primo disco come leader del pianista inglese Keith Tippett, 1968. Il tutto è molto inglese, compreso l’understatement giusta il quale, in questi due pezzi, il compositore e titolare del disco compare solo per suonare l’accordo finale di Three Minutes.

 Va detto che queste due sono le composizioni più astratte del disco. Sono certo che altre ti sarebbero piaciute di più, ma non è che sono qua per far piacere a te, sai?

 Three Minutes From An Afternoon In July (Tippett), da «You Are Here… I Am There», Esoteric ECLEC 2366. Marc Charig, tromba; Elton Dean sax alto; Nick Evans, trombone; Alan Jackson, glockenspiel. Registrato nel 1968.



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 View From Battery Point (Tippett), id.



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giovedì 15 gennaio 2015

Foxglove (Urbie Green)

 È molto tempo che trascuro quella rubrica a periodicità irregolare, L’angolo del Kitsch, la quale ha sempre riscosso un buon successo.

 Oggi abbiamo una produzione leccatissima e finto-funk nientemeno che di Creed Taylor (CTI), intitolata a Urbie Green, il trombonista che tutti i colleghi di strumento nominano a voce bassa, scoprendosi il capo, e che qua sopra si è già sentito.

 Il Kitsch si deve innanzitutto al fatto che questa musica, che non è spiacevole, in quanto funk è falsa come Giuda e non servono ad autenticarla i musicisti eccellenti che vi prendono parte; e poi al fatto che Foxglove («digitale», la pianta), a cominciare dal minuto 3:40  diventa nullamenoché la wagneriana Morte d’Isotta.

 Foxglove [From Tristan And Isolde] (Wagner), da «The Fox», CTI 7070. Urbie Green, trombone; Jeremy Steig, flauto; Toots Thielemans, armonica; Fred Gripper, piano elettrico; Eric Gale, chitarra; Anthony Jackson, basso elettrico; Andy Newmark, batteria. Registrato nel 1976.



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mercoledì 14 gennaio 2015

Time After Time (Stan Getz)

 Stan Getz, ricordo di aver sentito dire da Gianni Basso, «non è il più grande dei saxofonisti, ma è il più perfetto». Si vuole poi che Coltrane abbia detto: «noi saxofonisti vorremmo tutti suonare come Stan Getz». L’assolo di Getz in Time After Time è davvero prossimo alla perfezione, nel suo ambito e nel suo stile, a cominciare dall’esposizione espressiva e musicalissima del tema; l’improvvisazione, se la trascrivessimo e ne tracciassimo poi un diagramma, mostrerebbe un succedersi di picchi e avallamenti armonioso ed equilibrato già  all’occhio, e una texture che alterna in modo sorprendente eppure logico passaggi filanti e picchi resi più aspri da poche blue note e da un ispessirsi della sonorità.

 Il trio ritmico, qui e in tutto il disco, va come un sogno.

 Time After Time (Styne-Cahn), da «Award Winner», Verve 543 320-2. Stan Getz, sax tenore; Lou Levy, piano; Leroy Vinnegar, contrabbasso; Stan Levey, batteria. Registrato il 2 luglio 1957.



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martedì 13 gennaio 2015

Five, Four And Three – Terre Lontane (Lee Konitz)

 Ecco Lee Konitz in full Sixties regalia, cioè in un ambiente sonoro che grida «anni Sessanta», a cominciare dall’uso da parte di Lee del varitone e anche, caso forse unico su disco, del flauto. Molto sixties sono anche le composizioni di Giovanni Tommaso: questo è infatti un disco tutto italiano, registrato a Roma sul finire del 1968 più o meno in coincidenza con un altro disco romano di Konitz, «Impressive Rome», con un trio francese (Solal, Texier, Humair).

 Five, Four And Three (Tommaso), da «Stereokonitz», RCA CD 74321591462. Enrico Rava, tromba; Lee Konitz, sax alto; Franco D’Andrea, piano; Giovanni Tommaso, contrabbasso; Gegè Munari, batteria. Registrato nel dicembre 1968.



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 Terre Lontane (Tommaso), id.



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lunedì 12 gennaio 2015

Spring Can Really Hang You Up The Most (Betty Carter)

 Betty Carter è stata una delle maggiori cantanti del jazz moderno a dispetto del fatto che, delle qualità di una grande cantante, le mancava proprio quella di una buona voce. So poi che alcuni sono respinti dalla sua caratteristica maniera di frantumare e mantrugiare melodie e parole. Io la trovo una jazzista magnifica e intensamente comunicativa; le sue esibizioni, come si sente chiaramente in questi due dischi dal titolo significativo, senza essere facili, risultavano sempre trascinanti.

 Spring Can Really Hang You Up The Most è una canzone dall’oggi oscuro musical «The Nervous Set», dal quale alcuni giorni fa hai sentito Season In The Sun, cantata dall’altra eccentrica Jeanne Lee. Il titolo è una take vernacolare di uno degli incipit più noti della poesia del Novecento, quello di The Waste Land («April is the cruellest month»).

 Spring Can Really Hang You Up The Most (Landesman-Wolf), da «The Audience With Betty Carter», Polygram 835 684-2. Betty Carter con John Hicks, piano; Curtis Lundy, contrabbasso; Kenny Washington, batteria. Registrato nel dicembre 1979.



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domenica 11 gennaio 2015

Kathelin Gray – Hey, It’s Me You’re Talkin’ To (Mark Turner)

 Mark Turner, saxofonista che mi è caro, in uno dei primi dischi a suo nome, forse il primo. Kathelin Gray di Ornette Coleman (era nel suo disco con Metheny) vede in front line l’altro tenore di Joshua Redman ed è particolarmente adatta alla vocazione melodica di Turner. Edward Simon è il pianista venezuelano già sentito qui qualche anno fa, ancora con Blade alla batteria.

 Kathelin Gray (Coleman), da «Mark Turner», Warner Bros. 9 46701-2. Mark Turner, Joshua Redman, sax tenore: Edward Simon, piano; Christopher Thomas, contrabbasso; Brian Blade, batteria. Registrato il 7 dicembre 1995.


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 Hey, It’s Me You’re Talkin’ To (Turner), id. meno Redman.



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sabato 10 gennaio 2015

Squeeze Me (Sidney Bechet) (Johnny Hodges)

 La celebre canzone di Fats Waller è eseguita prima da Sidney Bechet, il cui sax soprano è il libro di testo sull’inflessione blues, sugli effetti di growl e in genere su tutto l’armamentario funky al saxofono, poi dal suo allievo più illustre e originale, l’impareggiabile Johnny Hodges, qui in una formazione stellare con il Duca al piano e Jo Jones alla batteria.

 Con Bechet viene anche l’occasione di riascoltare l’ottimo Jonah Jones, e il francese André Persiany, che suona il piano a block-chords nello stile di Milt Buckner.

 Squeeze Me (Waller-Williams), da «King Of The Soprano Saxophone», Good Time Jazz L-12013. Jonah Jones, tromba; Sidney Bechet, sax soprano; André Persiany, piano; Benoît Quersin, contrabbasso; Marcel Blanche, batteria. Registrato il 12 settembre 1954.



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 Squeeze Me, da «Side By Side», Verve 5210405-2. Harry «Sweets» Edison, tromba; Johnny Hodges, sax alto; Duke Ellington, piano; Les Spann, chitarra: Al Hall, contrabbasso; Jo Jones, batteria. Registrato il 29 febbraio 1959.



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venerdì 9 gennaio 2015

Good Gravy – A Stairway To The Stars (Teddy Edwards)

 Un jazzman che infallibilmente mi conforta e, direi, mi soddisfa, è Teddy Edwards. Perfino quando, come qui in Stairway, la sua intonazione è meno che impeccabile.

 Good Gravy (Edwards), da «Good Gravy!», [Contemporary] OJCCD-661-2. Teddy Edwards, sax tenore; Danny Horton, piano; Leroy Vinnegar, contrabbasso; Milt Turner, batteria. Registrato nell’agosto 1961.



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 A Stairway To The Stars (Parish-Malneck-Signorelli), id.



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giovedì 8 gennaio 2015

Apple Core (Gerry Mulligan)

 Le big band bianche, con le eccezioni del Second herd di Woody Herman e di qualche cosa di Benny Goodman e di Don Ellis, non mi sono mai andate a genio; anche dimenticando la «funzione Kenton» che sembra ineludibilmente ricorrervi, cioè la tendenza al magniloquente e al bombastico, vi sento sempre un che di lezioso, di troppo elaborato, di fussy, e allo stesso tempo di sfibrato o esangue. E poco swing come mi piace intenderlo.

 Questo mio dispiacere si estende perfino al comunemente stimatissimo esperimento orchestrale di Gerry Mulligan, la «Concert Jazz Band», e dire che Mulligan è uno dei musicisti che in assoluto io ammiro di più. Comunque ecco la CJB a Parigi nel 1960, in un pezzo che se non altro ci permette di ascoltare con tutto agio Zoot Sims come solista.

 Apple Core (Mulligan), da «Olympia – Nov. 19th 1960», Paris Jazz Concert 17421. Conte Candoli, Don Ferrara, Nick Travis, tromba; Willie Dennis, Allen Ralph, trombone; Bob Brookmeyer, trombone a pistoni; Gene Quill, Bob Donovan, sax alto; Zoot Sims, Jimmy Reider, sax tenore; Gerry Mulligan, sax baritono; Buddy Clark, contrabbasso; Mel Lewis, batteria. Registrato il 19 novembre 1960.



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mercoledì 7 gennaio 2015

I Got It Bad And That Ain’t Good (Sathima Bea Benjamin)

 I Got It Bad And That Ain’t Good (Webster-Ellington), da «A Morning in Paris», Ekapa Records S.A. 004. Sathima Bea Benjamin con Duke Ellington, piano; Svend Asmussen, violino pizzicato; Johnny Gertze, contrabbasso; Makaya Ntschoko, batteria. Registrato il 23 febbraio 1963.



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martedì 6 gennaio 2015

Sound-Lee – Judy (Lennie Tristano)

 Buona Befana. Di Lennie Tristano ti ho parlato da poco, quindi non mi dilungo. Qui ti presento una quasi primizia. Il titolo del disco dice tutto: un sestetto con front line di tre studenti di Tristano colto nel corso di una settimana di lavoro in un club di Chicago, nel 1951.

 Ai diòscuri tristaniani Konitz e Marsh si aggiunge il trombonista Willie Dennis (1926-1965), noto soprattutto per essere comparso in alcuni dischi famosissimi di Mingus. Uno strumentista di alto livello, Dennis raggiungeva sullo strumento una speciale agilità di articolazione grazie alla tecnica nota ai trombonisti come against the grain: le note sono formate in prevalenza con l’imboccatura anziché modificando la lunghezza del canneggio con la coulisse.

 Sound-Lee (Konitz)  da «Chicago April 1951», Uptown UPCD 27.79. Willie Dennis, trombone; Lee Konitz, sax alto; Warne Marsh, sax tenore; Lennie Tristano, piano; Burghes «Buddy» Jones, contrabbasso; Dominic «Mickey» Simonetta, batteria. Registrato dal 6 al 13 aprile 1951.



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 Judy (Tristano), id.



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lunedì 5 gennaio 2015

[Guest post #54] Sergio Pasquandrea & Duke Ellington

 Sergio Pasquandrea sta dando gli ultimi tocchi a un libro sui pianisti jazz. Questa è forse l’ultima occasione di leggerlo su «Jazz nel pomeriggio» prima che la gloria lo raggiunga.

I francesi le chiamano idées reçues, «idee ricevute». Sono quelle che tutti accettiamo, senza mai metterle in discussione. Ad esempio: tutti tendiamo a credere che un artista sbocci, fiorisca, dia i frutti della maturità e poi vada incontro al naturale declino. Paradigma organicista, se vogliamo chiamarlo così.

 Allo stesso modo, si pensa che gli stili seguano una loro placida logica: che al barocco segua il classicismo, al classicismo il romanticismo, allo swing il bebop. Così, per necessità naturale.

 Poi ci si trova davanti a un disco come «Piano in the Foreground», inciso nel 1961 da un Duke sessantaduenne. E ci si accorge che si tratta di un’opera sconvolgente, una delle cose più avanguardistiche mai incise da Ellington. Inaudita non solo rispetto all’intera produzione ellingtoniana, ma anche a ciò che era corrente nel 1961. Ancora più sconvolgente è rendersi conto che Duke raggiunge il risultato lavorando all’interno delle coordinate stilistiche del proprio mondo espressivo. E allora, come la mettiamo con l’evoluzione, la maturazione e il declino?

 Marco ci ha già fatto ascoltare Summertime, dove il filo che collega Ellington (classe 1899) con Thelonious Monk (1917) e Cecil Taylor (1929) è chiaro a chiunque voglia vederlo. Io vi propongo Springtime In Africa, una passeggiata di Claude Debussy e Anton Webern nei territori di Ellingtonia. Come bonus track, aggiungo The Single Petal Of A Rose, un’incantata isola di contemplazione sonora tratta dalla «Queen’s Suite», originariamente incisa in un’unica copia che venne donata personalmente a Sua Maestà Elisabetta II. Finché fu in vita, Ellington si oppose a qualunque pubblicazione commerciale. Coronate o no, Duke sapeva come trattare le donne.

 Springtime in Africa (Bell-Ellington), da «Piano in the Foreground», Columbia 512920 2. Duke Ellington, piano; Aaron Bell, contrabbasso; Sam Woodyard, batteria. Registrato nel marzo 1961.



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 The Single Petal Of A Rose (Ellington), da «The Ellington Suites», Pablo PACD-2310-762-2. Duke Ellington, piano; Jimmy Woode, contrabbasso. Registrato il 14 aprile 1959.



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domenica 4 gennaio 2015

Silver – Lament/Once We Loved (Steve Kuhn)

 Con una delle più classiche ritmiche europee, registrando in Germania per un’etichetta tedesca, Steve Kuhn precorre di pochi anni l’estetica ECM nell’esecuzione a tempo liberissimo di Silver.

 Silver (Kuhn), da «Watch What Happens!», MPS CRM 676. Steve Kuhn, piano; Palle Danielsson, contrabbasso; Jon Christensen, batteria. Registrato il 4 luglio 1968.



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Lament (J.J. Johnson) / Once We Loved (McFarland), id.



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sabato 3 gennaio 2015

Season In The Sun – When Sunny Gets Blue (Jeanne Lee & Ran Blake)

 In questi giorni del freddo più crudo, nelle settimane più fastidiose e torpide dell’anno, la voce di Jeanne Lee ha dentro di sé un sole non battente, ma che scalda fin nelle midolla, in particolare in queste due canzoni che trattano di sole e in cui le note-parole-raggi di Jeanne si fanno strada in mezzo alle brume create da quel bel tipo di Ran Blake, un pianista capace di offuscare tutte le funzioni armoniche in una progressione senza mai venire meno al canto e allo swing.

 Season In The Sun (Landesman-Wolf), da «The Newest Sound Around», BMG International 174805. Jeanne Lee con Ran Blake, piano; George Duvivier, contrabbasso. Registrato nel dicembre 1961.



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 When Sunny Gets Blue (Fisher-Segal), id., senza Duvivier.



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venerdì 2 gennaio 2015

Spring Is Here – Au Privave (Charles McPherson)

 Charles McPherson (1939) è oggi, o si potrebbe dire «è rimasto», il maggior praticante del sax alto nell’idioma jazzistico americano. Parlato da lui, quel linguaggio si dimostra ancora capace di dirci molto.

 Spring Is Here (Rodgers-Hart), da «The Journey», Capri. Charles McPherson, sax alto; Keith Oxman, sax tenore; Chip Stephens, piano; Ken Walker, contrabbasso; Todd Reid, batteria. Registrato il 21 aprile 2014.



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 Au Privave (Parker), id.



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giovedì 1 gennaio 2015

Black Is The Color Of My True ’s Love Hair – Ballad For Monsieur (Johnny Griffin)

Buon anno, cari i miei! Non siete molti e dunque sapete sicuramente che io sto pensando a voi a uno a uno – è vero!

 Johnny Griffin suona una famosa canzone irlandese e poi una composizione di Sara Cassey, della quale ho detto qui.

 Black Is The Color Of My True’s Love Hair (Trad.), da «The Kerry Dancer», Riverside OJCCD-1952-2. Johnny Griffin, sax tenore; Barry Harris, piano; Ron Carter, contrabbasso; Ben Riley, batteria. Registrato il 5 gennaio 1962.



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 Ballad For Monsieur (Cassey), id.



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The Feeling Of Love (Duke Jordan)

 Siete svegli? Siete attaccati al computer, al tablet, allo smartphone? Tanti auguri!

 The Feeling Of Love (Jordan), da «Les Liaisions Dangereuses», Charlie Parker PLP 813. Charlie Rouse, sax tenore; Duke Jordan, piano; Eddie Kahn, contrabbasso; Art Taylor, batteria. Registrato il 12 gennaio 1962.



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