mercoledì 30 agosto 2017

The Chant (Jelly Roll Morton) RELOADED

Reload dal 3 maggio 2014. 
 Audacia di Jelly Roll Morton arrangiatore: la fanfara di cornetta e clarinetto che apre il pezzo, non accompagnata, sembra alludere alla tonalità di re bemolle maggiore; ma la risposta è addirittura in re maggiore, la tonalità più lontana. Unita al ritmo sincopato, questo jump cut armonico ha un effetto strano, sconcertante.

 Per quanto mi riguarda, tutto quanto ha a che vedere con questo incredibile artista è sconcertante, e prima di tutto le musiche da lui registrate con i Red Hot Peppers: musiche da una parte conservatrici, chiuse al jazz contemporaneo che aveva imboccato già un’altra strada, legate a filo triplo come sono  al ragtime e al blues; musiche, dall’altra parte, fermamente incise in una «avanguardia» poetica dell’anima che non ha veramente a che vedere con gli anni in cui furono suonate.

 The Chant (Stitzel), da «Jelly Roll Morton», JSP Jazzbox 309. Jelly Roll Morton’s Red Hot Peppers: George Mitchell, cornetta; Kid Ory, trombone; Omer Simeon, clarinetto; Jelly Roll Morton, piano; Johnny St. Cyr, banjo; John Linsday, contrabbasso; Andrew Hilaire, batteria. Registrato il 15 settembre 1926.

martedì 29 agosto 2017

Composition No. 114 (+ 108A) – Composition No. 110D - Nickie’s Journey To The City of Clouds To Make A Decision (Anthony Braxton)

 E oggi, giusta la nota cura scozzese, Anthony Braxton (al clarinetto) con il suo famoso quartetto degli anni Ottanta, che non valeva i quartetti e i quintetti degli anni Settanta, ma comunque averne: soprattutto il secondo pezzo, col titolo più strano del solito. Nickie era, o è, la moglie di Braxton, un’ispirazione per lui insolitamente lirica e sempre legata al clarinetto.

  Composition No. 114 (+ 108A) (Braxton), da «Six Compositions (Quartet) 1984», Black Saint BSR 0086 CD. Anthony Braxton, clarinetto; Marilyn Crispell, piano; John Lindberg, contrabbasso; Gerry Hemingway, batteria. Registrato nel settembre 1984.

 Composition No. 110D - Nickie’s Journey To The City of Clouds To Make A Decision (Braxton), id.

lunedì 28 agosto 2017

Funky Skulls Parts 1 & 2 – Ma, She’s Makin’ Eyes At Me – Dance Of the Dervish (Melvin Jackson)

 Che forte questo funk colorato, fantasioso, intelligente e allegro, concepito da un contrabbassista a lungo con Eddie Harris e che a nome suo ha solo questo disco del 1969. La seconda formazione schiera dei nomi che non ti aspetteresti e il leader Melvin Jackson deforma musicalmente il suono del contrabbasso, anche con l’arco, filtrandolo attraverso – copio dalle note perché non ci capisco un zoca – Maestro G-2 filter box for guitar, Boomerang, Echo-Plex and Ampeg amplifier.

 Musica datata, certo. E allora? Comunque ci tornerò, su questo disco, per ora te lo offro come viatico a una buona fine dell’estate.

 Funky Skulls Parts 1 & 2 (Jackson), da «Funky Skull», Limelight DGA 3001. Donald Towns, Tom Hall, tromba; Bobby Pittman, James Tatum, sax tenore; Tobie Wynn, sax baritono; Phil Upchurch, chitarra solista e ritmica, basso elettrico; Pete Cosey, chitarra; Melvin Jackson, contrabbasso; Morris Jennings, batteria. Registrato nel 1969.

 Ma, She's Makin’ Eyes At Me (Jackson), ib. Lester Bowie, Leo Smith, tromba; Steve Galloway, trombone; Roscoe Mitchell, sax alto; Byron Bowie, sax tenore, flauto; Jodie Christian, piano, organo, Echo-Plex; Melvin Jackson; Billy Hart, batteria. Coro The Sound Of Feeling.

 Dance Of the Dervish (Jackson), id.

domenica 27 agosto 2017

Jack Of Clubs – Cathedral Song (Paul Motian)

 Non ho il sentimento del «campanile», credo, ma quando un bel disco è stato registrato a Milano (molti lo sono) non manco mai di segnalarlo.

Segnalo anche che Paul Motian, oltre a essere un batterista personalissimo, era anche un compositore dotato, e un compositore vero, non l’estensore di sedici battute di riff, che usava i colori strumentali in funzione strutturale, nella vena melodica memore di Monk e di Ornette. Questo suo quintetto del 1984 era ispirato.

Jack Of Clubs (Motian), da «Jack Of Clubs», Soul Note SN 1124. Jim Pepper, sax soprano; Joe Lovano, sax tenore; Bill Frisell, chitarra; Ed Schuller, contrabbasso; Paul Motian, batteria. Registrato a Milano nel marzo 1984.

 Cathedral Song (Motian), id.

sabato 26 agosto 2017

Passion Flower – Take The “A” Train – Multi-Colored Blue (Billy Strayhorn) RELOADED

Reload dal 3 marzo 2015 

 «The peaceful side of jazz» è il titolo del disco: è il 1961 e Billy Strayhorn, a Parigi, lontano dall’orchestra di Duke Ellington, suona sue composizioni famose e quasi tutte risalenti al suo primo decennio di attività. Sceglie di farlo sedendosi al piano ora solo, ora con un bassista, ora con un quartetto d’archi o perfino con un piccolo coro misto. Trovo notevole che, in questa intrapresa a nome proprio, lo Strayhorn pianista somigli più del suo solito al pianista Ellington.

 Peaceful, piacevole ma, più ancora che serena e rilassata, l’atmosfera che ne viene è come rassegnata, sfibrata ai margini, crepuscolare, e questo perfino in Take the “A” Train, che dopo la versione ellingtoniana (ma scritta e arrangiata da Strayhorn), uno dei pezzi di musica più celebri di tutti i tempi, chissà come Strayhorn sentiva risuonare dentro di sé. Chissà come l’aveva sentita in primo luogo.

 Forse il contributo di Duke a quella collaborazione così misteriosa e così malignata era proprio in un nerbo, un’estroversione che non erano nell’indole quieta e in fondo rinunciataria di Strayhorn; o forse era stato il logorìo di quel rapporto, fecondo ma ineguale, probabilmente poco sano, a decolorare l’espressione di Strayhorn, sia pure in modo così suggestivo e musicale.

 Passion Flower (Strayhorn), da «The Peaceful Side Of Jazz», Capitol Jazz CDP 7243 8 52562 2 5. Billy Strayhorn, piano; Michel Goudret, contrabbasso. Registrato nel maggio 1961.

 Take The “A” Train (Strayhorn), ib. Strayhorn; Paris String Quartet.

 Multi-Colored Blue (Strayhorn), ib. Strayhorn; Goudret; Paris Blue Notes, coro.

venerdì 25 agosto 2017

Most Unsoulful Woman (Jack Wilson)

 Titolo dispettoso per un pezzo viceversa decisamente soulful, presago dello spiritual jazz che diventerà comune di lì a uno o due anni ma con un nerbo ritmico e melodico ancora molto hard bop.

 Most Unsoulful Woman (Wilson), da «Something Personal», Blue Note BN 4521. Roy Ayers, vibrafono; Jack Wilson, piano; Buster Williams, contrabbasso; Ray Brown, violoncello; Varney Barlow, batteria. Registrato nell’agosto 1966.


giovedì 24 agosto 2017

As I Open My Eyes - I Came and Saw the Beauty of Your Love (Chico Hamilton) RELOAD

 Reload dal settembre 2011. Questo è stato uno dei post più controversi di Jnp, ne ricevetti vituperio perfino in separata sede e rischiai di far bruciare il soffritto del risotto a Mauro, v. i commenti (Mauro, che fine hai fatto?). Per questo, per disdegnoso gusto, oggi lo ripropongo. 

 Avventura fusion di Chico Hamilton nel 1970. Abbandonate le nuance coloristiche di flauto, clarinetto e violoncello che avevano distinto i suoi primi organici, Hamilton si butta a testa prima nelle pieghe più sperimentali di quel tessuto composito che ha ricevuto la troppo generica etichetta di fusion, intrecciato com’era di tanti fili diversi. Io, per esempio, preferisco questa musica dimenticata e scabra al plasticone fluorescente dei Weather Report anche nel loro supposto momento d’oro.

  La versione di Hamilton della fusion non è particolarmente sollecita dell’orecchiabilità né della piacevolezza dello smalto sonoro: ne faccia fede la presenza dominante del sax elettrificato di Arnie Lawrence, un musicista interessante.

  As I Open My Eyes (Hamilton), da «El Exigente», Flying Dutchman FDS-135. Arnie Lawrence, sax alto elettrificato; Bob Mann, chitarra; Steve Swallow, basso elettrico; Chico Hamilton, batteria. Registato nel 1970.

  I Came and Saw the Beauty of Your Love (Swallow-Hamilton), id.

mercoledì 23 agosto 2017

Danse de Travers n. 4 – Gnossienne n. 1 (Upbit Motion)

 Ma, ora della fine, che cosa diavolo è il jazz? Come diceva Louis Armstrong, se devi domandartelo, sta’ tranquillo che non lo saprai mai.

 Non è che io cerchi qui di cavarmela a buon mercato, mi fosse mai riuscito nella vita. Questi quattro bresciani, segnalatimi dal nostro amico, pianista e compositore raffinato Alberto Forino, si sono ispirati a Erik Satie, compositore che presenta parecchie attrattive per il jazzista, e poi hanno suonato qualcosa che è irrefragabilmente jazz, senza rinunciare per un momento a quell’impulso ritmico in avanti che chiamiamo «swing» – ritmica notevolissima, qui.

 Musicisti del talento e della fantasia degli Upbit Motion dimostrano che in quel linguaggio si possono ancora dire un sacco di cose non ancora dette, e non solo: alla luce di quel linguaggio, si possono dire in modo diverso cose già dette da altri.

 Danse de Travers n. 4 (Soggetti-Satie), da «InsenSatie», Fuorirotta FR20-2017. Upbit Motion: Angelo Peli, sax alto; Roberto Soggetti, piano; Giacomo Papetti, contrabbasso; Marco Tolotti, batteria.

 Gnossienne n. 1 (Soggetti-Satie), id.

martedì 22 agosto 2017

How Long Has This Been Going On – Fallout (Frank Rosolino)

 Ieri mi è occorso di nominare Frank Rosolino parlando con Sergio Pasquandrea (a proposito di un film di Jerry Lewis, pensa te le vie circuitose della conversazione) ed ecco che ripesco per te questo disco molto bello, che oltre a Rosolino ci offre Richie Kamuca, un mio pallino, Vince Guaraldi, il pianista dei Peanuts, e una classicissima ritmica West Coast che qui tira come una pariglia di cavalli – ma Stan Levey è stato di più, uno dei pochi bianchi fra i bopper originali.

 Come ho osservato qualche altra volta, How Long di Gershwin è una delle canzoni che meglio si presta al trombone e Frank Rosolino è stato uno dei trombonisti massimi del jazz, uno che suonava il trombone come andrebbe suonato; che paradosso che un musicista così pieno di vita, di humor, di esuberanza e di naturale virtuosismo abbia poi dovuto lasciare memoria di sé come di una delle figure più tragiche del jazz.

 How Long Has This Been Going On (G. & I. Gershwin), da «5», [Mode] V.S.O.P. #16 CD. Frank Rosolino, trombone; Richie Kamuca, sax tenore; Vince Guaraldi, piano; Monty Budwig, contrabbasso; Stan Levey, batteria. Registrato nel giugno 1957.

 Fallout (Holman), id.

mercoledì 16 agosto 2017

Whisper Not – Eronel (Fred Hersch)

 È veramente bello questo disco nuovo di Fred Hersch, una specie di stato dell’arte (uno dei possibili) del piano jazz di oggi. Contiene anche un’improvvisazione non preordinata di venti minuti, Through The Forest, che non ti faccio sentire perché non è stagione.

 Eronel è nota come una composizione di Monk ma pare che il vero autore ne sia stato Sadik Hakim (Argonne Thornton); sul disco è accreditata a entrambi.

 A risentirci fra qualche giorno, ciao.

 Whisper Not (Golson), da «Open Book», Palmetto 7 5397 21862. Fred Hersch, piano. Registrato nell’aprile 2017.

 Eronel (Monk-Hakim), id.

martedì 15 agosto 2017

Maynard Ferguson (Stan Kenton)

 Buon Ferragosto!

 Maynard Ferguson (Shorty Rogers), da «Say It With Trumpets», MJCD 1185. Maynard Ferguson, tromba, con l’orchestra di Stan Kenton diretta da Pete Rugolo; composizione e arrangiamento di Shorty Rogers. Registrato il 5 giugno 1950.

lunedì 14 agosto 2017

Nights At The Turntable – Walkin’ Shoes (Gerry Mulligan & Chet Baker)

Ho scritto questo pezzetto, con altri simili, per una rivista che l’anno scorso ha avuto vita meno che breve, ed è stato un peccato; al che puoi imputare un certo didascalismo  di norma estraneo a Jnp, che si rivolge a lettori evoluti. Absit iniuria.

 Il quartetto «pianoless» di Gerry Mulligan nella sua formazione originale con Chet Baker alla tromba durò meno di due anni, fra il 1952 e il ’53, ma s’incise indelebile, prima ancora che nella storia del jazz, nella coscienza collettiva, ideale colonna sonora di un momento e di un luogo, la California meridionale, anche se il suo successo sarebbe stato mondiale e avrebbe diffuso innumerevoli emuli e imitatori, più ancora in Europa che in America.

 Mulligan, nato nel 1927 e affermatosi giovanissimo come dotato arrangiatore e compositore al tramonto dello Swing e poi con il nonet di Miles Davis, si trovò di contraggenio, lui così individualista, a essere caposcuola di quella declinazione quasi esclusivamente bianca del cool jazz che prese il nome di «West Coast jazz», dalla costa della California, e che dal 1952 per circa un quinquennio riportò il jazz a livelli di popolarità che non aveva più conosciuto dopo l’epoca delle big band. Riconciliò infatti il pubblico bianco middle class con la musica afroamericana, fosse pure in una versione molto temperata, per non dire sedata.

 Ma le ambizioni di Mulligan erano più vaste e quell’etichetta non gli piacque mai. Fatto è che la musica del quartetto, in cui fece colpo la mancanza del pianoforte, mostrava in pezzi quali Bernie’s Tune, Walking Shoes, Nights at the Turntable tutti i caratteri della West Coast che presto sarebbero diventati formulari nelle mani di musicisti meno originali, attivi a Los Angeles e negli studios di Hollywood: dinamiche quiete, uno swing rilassato, semplicità ritmica quasi pre-moderna, melodie elaborate ma cantabili, armonie raffinate e colori sommessi, voci interne e accenni di contrappunto e, caratteristica questa tipicamente mulliganiana, una vena particolare di umorismo, quasi di clownerie.

 Contraltare assai indovinato al sax baritono di Mulligan fu Chet Baker, subito dipinto come un James Dean del jazz, trombettista musicalmente analfabeta ma d’istinto melodico infallibile, che nei gusti di critica e pubblico, in quei pochi mesi assolati e un po’ storditi, superò perfino, incredibile dictu, Miles Davis.

 Nights at the Turntable (Mulligan), da «The Best of the Gerry Mulligan Quartet with Chet Baker», Pacific Jazz CDP 7 95481 2. Chet Baker, tromba; Gerry Mulligan, sax baritono; Bob Whitlock, contrabbasso; Chico Hamilton, batteria. Registrato il 15 o 16 ottobre 1952.

 Walkin’ Shoes (Mulligan), id.

domenica 13 agosto 2017

Spring In Naples – Early Awedom – Music For A Strip Teaser (Ralph Burns) RELOADED

Reload dal 27 febbraio 2015 

 Ralph Burns (1922-2001) occupa il suo posto nella memoria dei jazzofili di buona cultura per molte partiture composte per Woody Herman durante gli anni Quaranta e Cinquanta: Apple Honey, Northwest Passage, Early Autumn, Bijou e tante altre. La sua carriera si esplicò in tutti gli ambiti della musica americana, anche a Hollywood e a Broadway, procurandogli riconoscimenti d’ogni tipo fra cui due Oscar (per Cabaret e per All That Jazz, pellicole di Bob Fosse).

 Burns, ch’era anche un buon pianista, era un compositore enormemente dotato. In questo disco a suo nome del 1955 impiega due formazioni «di studio» piene di bei nomi, una big band con molti hermaniani e un nonetto, il quale qui non sentirai; le sue musiche, di scrittura sempre molto raffinata, superano il mero ingegno per dispiegare una vera spontanea eleganza e uno swing naturale. Early Awedom già nel nome è una specie di take autoparodica di Early Autumn; Music For A Strip Teaser, con scoperto fonosimbolismo, costruisce una climax dinamica e armonica con un’infittimento progressivo della scrittura e con un chorus che s’innalza cromaticamente di otto in otto battute.

 Spring In Naples (Burns), da «Perpetual Motion», [Verve] Fresh Sound FSRCD 2216. Roy Eldridge, Al Porcino, Bernie Glow, Al DeRisi, tromba; Bill Harris, Lou Oles, trombone; Hal McKusick, Sam Marowitz, sax alto; Flip Phillips, Al Cohn, sax tenore; Danny Bank, sax baritono; Oscar Peterson, piano; Ray Brown, contrabbasso; Louis Bellson, batteria. Registrato il 4 febbraio 1955.

 Early Awedom (Burns), id.

 Music For A Strip Teaser (Burns), id.

sabato 12 agosto 2017

The Way You Look Tonight (Billie Holiday)

 A dispetto del titolo di questa arguta antologia italiana (di Alessandro Protti e Roberto Capasso), con Billie Holiday qui di ellingtoniano c’è solo Ben Webster.

 Nel 1936 Billie era nel pieno dei suoi mezzi vocali, ma interpreta lo standard di Kern con una nota asprigna e disincantata già caratteristica, di fatto dirigendo il piccolo gruppo in direzione di uno swing potente e schietto.

 Una curiosità è Vido Musso, il tenorista illustratosi soprattutto con Kenton, qui al clarinetto.

 The Way You Look Tonight (Fields, Kern), da «The Complete Billie Holiday With The Ellingtonians, 1935-1937», King Jazz KJ 143 FS. Billie Holiday con Irving «Mouse» Randolph, tromba); Vido Musso, clarinetto; Ben Webster, sax tenore; Teddy Wilson, piano; Allan Reuss, chitarra; Milt Hinton, contrabbasso; Gene Krupa, batteria. Registrato il 21 ottobre 1936.

mercoledì 9 agosto 2017

The Confined Few (Booker Little)

 Booker Little è inconfondibile come solista, compositore e arrangiatore; anche come leader, per l’urgenza ineffabile che conferiva alle esecuzioni di tutti i suoi complessi.

 Un jazzista di questa statura non poteva che cercare collaboratori del pari inconfondibili (solo il bianco batterista Shaughnessy, pur musicista rispettabile, appare qui un po’ fuori posto). Il titolo di questa composizione, come spesso i titoli di Little, alludono a qualche cosa di oscuramente penoso, mentre la composizione stessa si pone emotivamente in una terra di nessuno o meglio di tutti, in cui pena o gioia sono categorie che non sembrano più rilevare.

 The Confined Few (Little), da «The New York Sessions Feat. Booker Ervin», Lonehill Jazz 10110. Booker Little, tromba; Booker Ervin, sax tenore; Teddy Charles, vibrafono; Mal Waldron, piano; Addison Farmer, contrabbasso; Ed Shaughnessy, batteria. Registrato il 25 agosto 1960.