domenica 31 maggio 2015

Lester’s Dream – I Never Knew (Benny Goodman, Count Basie)

 Benché queste registrazioni venissero in origine ascritte, per ovvie ragioni di marketing, a un Benny Goodman Octet, Goodman e Charlie Christian vi si trovano in realtà ospiti di un gruppo ritagliato dall’orchestra di Count Basie. Nota la presenza di due chitarre, quella solista, elettrificata, di Christian, e quella ritmica, acustica, di Freddie Green.

 Lester’s Dream (Basie-Young), da «Charlie Christian - The Original Guitar Genius», Properbox 98. Buck Clayton, tromba; Benny Goodman, clarinetto; Lester Young, sax tenore; Count Basie, piano; Charlie Christian e Freddie Green, chitarra; Walter Page, contrabbasso; Jo Jones, batteria. Registrato nel 1940.

 I Never Knew (Fio Rito-Kahn), id.

sabato 30 maggio 2015

52nd Street Theme (Oscar Peterson)

 Virtuosismo di velocità e di precisione in quest’arrangiamento arzigogolato, leziosetto anziché no, della composizione di Monk. Il trio di Oscar Peterson è ripreso dal vivo nel 1956 al festival shakespeariano dell’Ontario.

 Come abbiamo avuto modo di sentire qui sopra tempo fa, Peterson fu interprete men che occasionale della musica di Monk, e pour cause: direi che non vi avesse la minima affinità. Ricordo che a sua volta Monk, quando gli fu fatto sentire Peterson nel corso di un blindfold test, disse a Leonard Feather di sentire il bisogno di andare al gabinetto; e ci andò.

 Valga comunque anche per Peterson e per i suoi quanto si diceva pochi giorni fa di Phineas Newborn.

 52nd Street Theme (Monk), da «The Oscar Peterson Trio At The Stratford Shakespearean Festival», Verve 314 513 752-2. Oscar Peterson, piano; Herb Ellis, chitarra;  Ray Brown, contrabbasso. Registrato l’8 agosto 1956.

venerdì 29 maggio 2015

Laura – Pastel (Erroll Garner)

 Liquidi arpeggi, armonie impressionistiche, swing inesorabile… chiudi il gas e vieni via, c’è Erroll Garner!

 Laura (Raksin-Mercer),  da «Erroll Garner On Dial - The Complete Sessions» Spotlite SPJ 129. Errol Garner, piano. Registrato nel febbraio 1946.

 Pastel (Garner), ib. Garner; Red Callender, contrabbasso; Harold «Doc» West, batteria. Registrato il 19 febbraio 1947.

mercoledì 27 maggio 2015

Vorarlberger Schuhgroßhändler – So rühr’ ich um mit meinem Sabel (Franz Koglmann)

 Questo disco di Franz Koglmann non mi è più uscito dalla testa da quando lo sentii la prima volta alla sua pubblicazione, nel 2001, per l’originalità dell’assunto e la fantasia e il gusto della realizzazione musicale. Le circostanze che hanno ispirato il lavoro te le ho descritte presentandotelo la prima volta e lì t’inviterei a ripassarle, anche se purtroppo la descrizione appare oggi muta (sigh, sigh).

 Vorarlberger Schuhgroßhändler è una rielaborazione straniata ma ben riconoscibile di Some Like It Hot. So rühr’ ich um mit meinem Sabel è una delle crude suggestioni mahleriane del disco, con l’intervento spropositato di un tenore (non sax tenore).

 Vorarlberger Schuhgroßhändler (Koglmann), da «Venus in Transit», between the lines 016. Franz Koglmann, tromba; Chris Speed, clarinetto; Michael Rabinowitz, fagotto; Mat Maneri, viola; David Fiuczynski, chitarra; Peter Herbert, contrabbasso; John Mettam, percussioni. Registrato il 12 febbraio 2001.

 So rühr’ ich um mit meinem Sabel (Koglmann), id. più Wolfram Igor Derntl, tenore.

martedì 26 maggio 2015

Autumn In New York – Ezz-Thetic (Ran Blake)

 Per un certo periodo Ran Blake fu vicinissimo a Monk e alla sua famiglia, che gli dovette molto per più di un motivo; anni fa, su Jnp, ho pubblicato un pezzo dal disco che Blake dedicò a Barbara, la figlia di Monk che morì in giovane età e che Blake aveva visto crescere da vicino.

 Lo stile di Blake condivide con quello di Monk diverse cose; come segno espressivo, una qualità di incubo ilare o giocoso, apparente in modo speciale quando il pianista si applica a uno standard  come Autumn In New York.

 Questo disco, uscito da poco ma registrato nel 2010 e pubblicato con gli auspici del Conservatorio del New England, dove Blake ha insegnato per anni, è comunque dedicato alle composizioni di George Russell, un altro grande amico di Blake. Ezz-Thetic, probabilmente il pezzo più famoso di Russell, è un travisamento di Love For Sale.

 Autumn In New York  (Alt. Take) (Duke), da «Ghost Tones - Portrait Of George Russell», A -SIDE 7 00261 41869 8. Ran Blake, piano. Registrato nell’agosto 2010.

 Ezz-Thetic (Russell), id.

lunedì 25 maggio 2015

Rhythmatic Rhythm (Charles «Hungry» Williams) – Jockomo (Sugar Boy Crawford)

 Oggi, due selezioni against type.

 Pare infatti che il jazzomane aggiornato e bempensante del 2015 non possa fare a meno di mostrarsi appassionato e conoscitore della black music in tutte le sue declinazioni; ecco dunque che io, smanioso come sempre di non restare escluso, metto mano con fiducia a quest’antologia della Chess titolata «The Best Of New Orleans Rhythm & Blues» (1984) che propone noti esponenti del r’n’b della città del Delta: se siano poi proprio i migliori non saprei dire, perché me ne intendo poco. Anche così, tuttavia, sento bene in queste canzoni la vivacità e il colore vernacolo delle musiche di quelle parti, nelle loro tante e diverse componenti: africane, caraibiche, creole, cajun

 Su date e formazioni il disco è reticente e così di conseguenza sono io, ma dobbiamo essere verso la fine degli anni Cinquanta per Charles Williams, mentre  Jockomo di Sugar Boy Crawford è del 1953. Jockomo, nota anche come Jock-A-Mo e Iko Iko, è una canzone notissima che, in termini esoterici, descrive il giocoso scontro di due delle trentotto tribù di «Mardi Gras Indians» di NO. Con il titolo Iko Iko fu un successo internazionale del trio vocale The Dixie Cups nel 1965.  Look at my king all dressed in red…
My grandma and your grandma
Sitting by the fire
My grandma says to your grandma
"I'm gonna set your flag on fire"

Talkin' 'bout
Hey now
Hey now
Iko iko an nay
Jockomo feena ah na nay
Jockomo feena nay

Look at my king all dressed in red
Iko iko an nay
I bet you five dollars he'll kill you dead
Jockomo feena nay

Talkin' 'bout
Hey now (hey now)
Hey now (hey now)
Iko iko an nay (whoah-oh)
Jockomo feena ah na nay
Jockomo feena nay

My flag boy and your flag boy
Sitting by the fire
My flag boy says to your flag boy
"I'm gonna set your flag on fire"

(hey now)
(hey now)
(hey now)
(hey now)
Jockomo feena nay
Iko!

See that guy all dressed in green
Iko iko an nay
He's not a man, he's a loving machine
Jockomo feena nay

Talkin' 'bout
Hey now (hey now)
Hey now (hey now)
Iko iko an nay (whoah-oh)
Jockomo feena ah na nay
Jockomo feena nay

 Rhythmatic Rhythm (J. Hammer), da «The Best Of New Orleans Rhythm & Blues», Chess Records. Charles «Hungry» Williams.

 Jockomo (J. Crawford), ib. Sugar Boy Crawford. Registrato nel 1953.

domenica 24 maggio 2015

Nancy (With the Laughing Face) – There’s No You (Ben Webster)

 Se c’è un jazzista che si accompagni bene a degli archi scritti a dovere, e questi lo sono (Johnny Richards), egli è Ben Webster.

 Queste due canzoni sono accomunate dall’aver ricevuto la versione più famosa da Frank Sinatra.

 Nancy (With the Laughing Face) (Silvers-Van Heusen), da «Warm Moods», Warner Bros. 8122 73721 2. Ben Webster, sax tenore; Donn Trenner, piano, celesta; Don Bagley, contrabbasso; Frank Capp, batteria; Alfred Lustgarten, Lisa Minghetti, violino; Cecil Figelsky, viola; Armond Karpoff, violoncello. Registrato nel gennaio 1960.

 There’s No You (Adair-Hopper), id.

sabato 23 maggio 2015

How High The Moon – Russian Lullaby (Teddy Wilson)

 1943, V disc. Siamo in un momento crepuscolare del jazz, dove si tenga presente che «crepuscolo» si applica così al tramonto come all’aurora. È il momento linguisticamente ed espressivamente più compiuto del jazz classico,  per avventura parallelo all’apogeo della c.d. Swing Era, appena prima dell’impatto dei musicisti del bebop, che in quell’ambiente musicale si erano formati.

 Di Teddy Wilson si è detto e ancora si dirà su Jazz nel pomeriggio. Qui goditi Joe Thomas, interprete squisito, e soprattutto Edmond Hall, di cui non sono certo di averti mai parlato prima. Originario dei dintorni di New Orleans, dov’era nato nel 1901 (come Louis Armstrong), Hall è uno di quei musicisti stilisticamente senza tempo. Suonava uno strumento arcaico, con la meccanica Albert, su cui sviluppava un volume e una varietà timbrica insolite; è evidente come Tony Scott dovette averlo ascoltato.

 Curiosità: le note di copertina nominano un Johnny Williams al contrabbasso, ma io, anche aguzzando le orecchie, il contrabbasso qui non lo sento. Va detto che, con i pianisti di quell’epoca e con le loro mani sinistre, del contrabbasso si poteva anche fare a meno. Alla batteria siede Sid Catlett. I suoi assoli, qui, non saranno roba di cui scrivere a casa, ma gli accompagnamenti sono di sensibilità meravigliosa.

 How High The Moon (Hamilton-Lewis), da «The Complete All Star Sextette & V-Disc Session», Vintage Jazz Classica VJC-1013-2. Joe Thomas, tromba; Edmond Hall, clarinetto; Teddy Wilson, piano; Big Sid Catlett, batteria. Registrato il 13 agsto 1943.

 Russian Lullaby (Berlin), id.

venerdì 22 maggio 2015

[Comunicazione di servizio]

 «Non senza pena si giunge al fine» del quinto anno di pubblicazioni di Jazz nel pomeriggio, che un paio di mesi fa, come ho lamentato fino a rendermi molesto, è stato funestato dalla disgrazia del server che ne ospitava tutta la musica, migliaia di pezzi per tante ore di ascolto,  non so quante, ma tante.

 Comunque Jnp è da poco ancora in piedi, libero dal gravame del passato, che è un altro modo di considerare questo tipo di incidenti. E allora, anzi che dire che ne festeggiamo i cinque anni trascorsi, diremo così: festeggiamo il sesto che s’inizia.

Rock It For Me (Jimmie Lunceford)

 Precisione dell’esecuzione e swing cronometrico in questo disco del 1939 di Jimmie Lunceford. Il pezzo è arrangiato da Billy Moore e il breve vocal è di Joe Thomas, così come l’assolo di sax tenore che vi si trova interpolato.

 Rock It For Me (Kay & Sue Werner), da «Lunceford Special», Columbia/Legacy  503283 2. Jimmie Lunceford & His Orchestra: Eddie Tompkins, Sy Oliver, Paul Webster, tromba; Elmer Crumbley, Russell Bowles, Trummy Young, trombone; Willie Smith, clarinetto;   Ted Buckner, Dan Grissom, sax alto; Joe Thomas, sax tenore, canto; Earl Carruthers, sax baritono; Ed Wilcox, piano; Al Norris, chitarra; Moses Allen, contrabbasso; Jimmy Crawford, batteria. Registrato il 14 dicembre 1939.

giovedì 21 maggio 2015

El Toro – The Second Time Around (Chico Hamilton)

 I complessi di Chico Hamilton di questi anni – qui siamo nel 1962 –  erano così belli, fantasiosi e tight da figurarvi bene perfino Charles Lloyd, che come forse ricordi io ho un po’ in uggia, ma che per la verità nel contesto si dimostrò se non altro un compositore valido.

 Albert Stinson sarebbe diventato un contrabbassista di primo piano, non se ne fosse andato troppo presto.

 El Toro (Hamilton-Lloyd-Szabo), da «Passin’ Thru», Impulse. Charles Lloyd, flauto; Gabor Szabo, chitarra; Albert Stinson, contrabbasso; Chico Hamilton, batteria. Registrato il 20 settembre 1962.

 The Second Time Around (Cahn-Van Heusen), id. più George Bohanon, trombone; Lloyd suona il sax tenore.

mercoledì 20 maggio 2015

Barbados – All The Things You Are (Phineas Newborn)

 A proposito di questo disco, esordio di Phineas Newborn pubblicato nel 1958 ma registrato due anni prima, mi sento per una volta di richiamare quello che ha scritto Scott Yanow, per solito dispensatore di rassicuranti ovvietà: «se uno ha mani del genere, è bene che si senta libero di farne mostra».

 Barbados (Charlie Parker), da «Here Is Phineas» Koch KOCCD 8505. Phineas Newborn, piano; Oscar Pettiford, contrabbasso; Kenny Clarke, batteria. Registrato nel maggio 1956.

 All The Things You Are (Kern-Hammerstein II), id.

martedì 19 maggio 2015

I Cover The Waterfront (Craig Taborn)

 I Cover The Waterfront, canzone del 1933, ha conosciuto molte versioni jazzistiche ma ha smesso da tempo di essere uno degli standard più frequentati. Sorprende quindi un poco trovarla in questo disco del 2001 di Craig Taborn, che ne fornisce una lettura uptempo e leggermente fuori asse, di grande pregio, come sono in genere le invenzioni di questo dotatissimo, elegante musicista.

 I Cover The Waterfront (Heyman-Green), da «Light Made Lighter», Thirsty Ear THI 57111.2. Craig Taborn, piano; Chris Lightcap, contrabbasso; Gerald Cleaver, batteria. Registrato nel 2001.

lunedì 18 maggio 2015

Mick – È molto facile (Gianni Basso & Oscar Valdambrini)

 Queste musiche «a uso di sonorizzazione», al che si deve la breve durata dei pezzi, vengono a un tempo da lontano e da vicino, da un momento della storia quasi recente della vita quotidiana in Italia.

 Ancora nel 1970 il jazz, spesso, come qui,  anonimo e dissimulato, era più presente di oggi in tanti aspetti della pratica culturale e ricreativa italiana: cinema, spettacoli televisivi, cabaret e locali notturni, pubblicità. Era insomma parte del brusìo della vita, cosa che oggi non è più, anche se per ogni dove è un fiorire di festival del jazz e il jazz s’insegna nei Conservatorî.

 Gianni Basso e Oscar Valdambrini erano i titolari di un quintetto che fra anni Cinquanta e Sessanta aveva rasentato la vera popolarità proponendo del jazz puro. Basso è stato uno dei maggiori stilisti del sax tenore nel dopoguerra, in qualsiasi Paese.

 Mick (Valdambrini), da «Basso Valdambrini Quintet Fonit H 602 H 603», Schema Records RW 154 CD. Oscar Valdambrini, tromba; Gianni Basso, sax tenore;  Ettore Righello, piano; Giorgio Azzolini, contrabbasso; Lionello Bionda, batteria. Registrato l’11 dicembre 1970.

 È molto facile (A. Donadio), id. Registrato il 16 dicembre 1970.

domenica 17 maggio 2015

C. & D. (Ornette Coleman)

 In questi giorni, avrai notato, ho ascoltato molto Ornette Coleman. Ornette è uno dei miei ascolti ricorrenti, il che non è dire molto perché io ascolto pochissima musica, ed è il caso raro di uno che con il tempo mi piace sempre di più, perché mi sembra di capirlo sempre meglio. Lo stesso mi capita, per dire, con Mahler; vedi tu per i possibili nessi.

 Mi è sempre sembrato poi che Ed Blackwell fosse il batterista ideale per Ornette, senza nulla togliere a Billy Higgins, più interattivo di Higgins e vocale come tutti i batteristi di New Orleans. Per questo nutro un affetto speciale per «Ornette!», il disco Atlantic  del 1961 in cui le composizioni recano per titolo sigle corrispondenti a saggi di Sigmund Freud: qui, per esempio C. & D. sta per Civilization and its Discomfort, o sia Das Unbehagen in der Kultur, noto in italiano come Il disagio della civiltà, che in seguito sarebbe stato usato come titolo anche da Pepper Adams.

 Al contrabbasso c’è il  malfatato Scott LaFaro, che intepreta i bassi delle composizioni in maniera ben diversa da come faceva Charlie Haden, forse meno appropriata ma interessante. Laddove Haden e Coleman apparivano pensare misteriosamente all’unisono, LaFaro sta alle calcagna di Coleman con sollecitudine ansiosa, e in questa un po’ affannata dissincronia è il fascino della collaborazione.

 C. & D. (Coleman), da «Ornette!», Atlantic 8122-73714-2. Don Cherry, cornetta; Ornette Coleman, sax alto; Scott LaFaro, contrabbasso; Ed Blackwell, batteria. Registato il 31 gennaio 1961.

sabato 16 maggio 2015

The Albatross – Mr. Chairman (Wayne Shorter)

 Nel 1960 Wayne Shorter, membro dei Jazz Messengers,  cominciava a spiegare le ali come solista e compositore anche per conto proprio, qui con lo chaperonage del suo caporchestra, sotto etichetta Vee Jay. The Albatross ricorda altre melodie di Shorter, in particolare Infant Eyes, registrata quattro anni dopo in «Speak No Evil».

 Anche Cedar Walton in quegli anni suonava nei Messengers.

 The Albatross (Shorter), da «The Complete Vee Jay Lee Morgan-Wayne Shorter Sessions», MD6-202. Wayne Shorter, sax tenore; Cedar Walton, piano; Bob Cranshaw, contrabbasso; Art Blakey, batteria. Registrato l’11 ottobre 1960.

 Mr. Chairman (Shorter), id.

venerdì 15 maggio 2015

Composition 55 (Anthony Braxton)

 Composition 55 (Braxton), da «Creative Orchestra Music»,  [Arista] Bluebird ND86579. Anthony Braxton, sax alto e contrabbasso, con orchestra diretta da Leo Smith: Kenny Wheeler, Cecil Bridgewater, tromba; George Lewis, Garrett List, trombone; Jack Jeffers, trombone basso; Jonathan Dorn, tuba; Seldon Powell, sax alto; Ron Bridgewater, sax tenore; Bruce Johnstone, sax baritono: Karl Berger, vibrafono; Muhal Richard Abrams, piano; Dave Holland, contrabbasso; Warren Smith, batteria. Registrato nel febbraio 1976.

giovedì 14 maggio 2015

Alone, Alone And Alone – Stella By Starlight (Terumasa Hino)

 È un jazz astratto senza essere formalmente free, scabramente lirico. Il quartetto di Terumasa Hino, uno dei più bei doni del Giappone al jazz, è colto dal vivo a Monaco di Baviera nel 1973.

 Sembra, per dire, di sentire il secondo quintetto di Miles Davis come se non si fosse mai elettrificato, con un leader alquanto più facondo e spiritato e dei sidemen molto più side.

 Alone, Alone And Alone (Hino), da «Taro’s Mood», Enja ENJ 2104 2. Terumasa Hino, tromba; Mikio Masuda, piano; Yoshio Ikeda, contrabbasso; Motohiko Hino, batteria. Registrato il 29 giugno 1973.

 Stella By Starlight (Young), id.

mercoledì 13 maggio 2015

Four Strings (Paul Chambers)

 Un bel quintetto di giovani del 1957, tutti di grande promessa; il leader nominale ne è Paul Chambers e suonano il blues.

 Four Strings (Golson), da «Paul Chambers Quintet», Blue Note 50999 2 65144 2 0. Donald Byrd, tromba; Clifford Jordan, sax tenore; Tommy Flanagan, piano; Paul Chambers, contrabbasso; Elvin Jones, batteria. Registrato il 19 maggio 1957.

martedì 12 maggio 2015

Dicty Blues – Old Black Joe’s Blues (Fletcher Henderson)

 Nell’estate del 1923 Fletcher Henderson aprì a New York la casa editrice musicale «Down South Music Publishing Company», che poco tempo dopo sarebbe stata rilevata da Irving Mills e chiamata «Majestic Music Inc.».

 Dal catalogo della Down South vengono queste due registrazioni, appunto del 1923. Il suono delle orchestre e dei piccoli complessi di Fletcher Henderson degli anni Venti suona alle nostre orecchie irrimediabilmente arcaico se paragonato a quello che nel decennio facevano Duke Ellington e Jelly Roll Morton ma anche «solo» Bennie Moten o i McKinney Cotton Pickers. L’interesse, qui, risiede nell’accuratezza delle esecuzioni e degli arrangiamenti per le piccole formazioni più che negli assoli, anche se è interessante sentire Coleman Hawkins nemmeno ventenne alle prese con quello che era ancora uno strumento novelty come il sax tenore, suonato secondo il goffo stile slaptongue di cui in seguito si sarebbe molto vergognato.

 Dicty Blues (Henderson-Lyons), da «The Chronological Fletcher Henderson And His Orchestra 1923», Classics 697. Elmer Chambers, cornetta; Teddy Nixon, trombone; Don Redman, clarinetto e sax alto; Coleman Hawkins, sax tenore e sax basso; Fletcher Henderson, piano; Charlie Dixon, banjo. Registrato il 9 agosto 1923.

 Old Black Joe’s Blues (Henderson), ib. C.s. più Billy Fowler, sax basso; Kaiser Marshall, batteria. Registrato il 27 ottobre 1923.

sabato 9 maggio 2015

The Empty Foxhole – Sound Gravitation (Ornette Coleman)

 È un indizio in più della grandezza della Blue Note di Alfred Lion e Francis Wolff la decisione, nel 1966, di registrare e pubblicare un disco come «The Empty Foxhole»,  difforme da quanto ci si potesse aspettare all’epoca sia dal fronte più avanzato della Blue Note (Sam Rivers, Eric Dolphy, Tony Williams) sia da Coleman stesso; disco che coglie la tromba e il violino pentecostali di Ornette Coleman e il drumming, rozzo perfino per uno di dieci anni, di suo figlio Denardo. Non si potrebbe tuttavia immaginarne uno più adatto alla circostanza, perché Ornette non ha lasciato mai nulla al caso.

 The Empty Foxhole ritrae al vivo quell’umore funebre di cui ti dicevo ieri, qui nel colore strumentale dei taps, il silenzio delle caserme.

 The Empty Foxhole (Coleman), da «The Empty Foxhole», [Blue Note] EMI 8289822.  Ornette Coleman, tromba; Charlie Haden, contrabbasso; Denardo Coleman, batteria. Registrato il 9 settembre 1966.

 Sound Gravitation (Coleman), ib. ma Coleman suona il violino.

venerdì 8 maggio 2015

Lonely Woman (2) – Lonely Woman (3) – The Blessing (Marcin Oleś)

 Opperbacco. Il contrabbassista Marcin Oleś (polacco, 1973) suona tutto solo nove composizioni molto note di Ornette Coleman, Lonely Woman in tre versioni di cui qui stai per ascoltare la seconda e la terza.

 L’impresa è meno capziosa di quel che sembri, se pensi alla rilevanza del contrabbasso nella musica di Coleman, particolarmente suonato da Charlie Haden nei classici quartetti degli anni Sessanta. Oleś è un virtuoso ma anche un musicista sensibile ai valori melodici di questi pezzi, di cui coglie l’aspetto struggente e anche un lato funebre, di dirge, ben adatto all’indole ctonia dello strumento.

 Conclude la mia scelta The Blessing, una delle prime composizioni registrate di Coleman e delle più belle. Marcin Oleś ne offre una versione in scorcio, armonicamente rimodellata.

 Lonely Woman (2) (Coleman), da «Ornette On Bass», Not Two Records MW 747-2. Marcin Oleś, contrabbasso. Registrato nel 2003.

 Lonely Woman (3), id.

 The Blessing (Coleman), id.

giovedì 7 maggio 2015

Ogling Ogre – You Stepped Out Of A Dream (Jimmy Knepper)

 Ecco un disco che, senza essere un classico, a quasi sessant’anni di età conserva uno smalto vivissimo; il merito, oltre che al leader Jimmy Knepper, ne va anche all’intensità di Gene Quill al sax alto.

 Ogling Ogre (Knepper), da «A Swinging Introduction to Jimmy Knepper», Betlehem VICJ-61473. Jimmy Knepper, trombone; Gene Quill, sax alto; Bill Evans, piano; Teddy Kotick, contrabbasso; Dannie Richmond, batteria. Registrato nel settembre 1957.

 You Stepped Out Of A Dream (Broan-Kahn), id.

mercoledì 6 maggio 2015

Everybody Loves My baby – Nice Work If You Can Get it (Vic Dickenson)

 Ripubblico oggi e domani i due post dell’undici e dodici marzo, in origine comparsi muti perché li pubblicai prima di accorgermi che il server delle musiche se n’era andato in cìmbali.
Le modalità d’uso del blog sono cambiate: ora, per ascoltare i pezzi, occorre fare clic sul loro titolo.

Registrate a circa un anno di distanza, ecco due sedute che raccolgono alcuni classici musicisti dello Swing e che, uscite per l’etichetta Vanguard, segnarono di fatto l’inizio del mainstream jazz, o sia di quel jazz che aveva trovato l’espressione più evoluta all’apogeo della Swing Era, quando la scena era stata improvvisamente (non tanto improvvisamente, in realtà) rivoluzionata dal bebop. Di «mainstream» si parla ancora oggi, ma il senso ne è stato aggiornato, arrivando a comprendere il linguaggio del jazz moderno fino ai primi anni Sessanta grosso modo.

 Di questi dischi fu promotore John Hammond, che mal tollerava di vedere musicisti ancora nel pieno delle forze come Vic Dickenson e Edmond Hall cavarsela alla meno peggio, spesso in compagna dei musicisti per lo più mediocri, spesso dilettanti del Dixieland revival.

 Questa fu anche la prima occasione discografica di Ruby Braff, che era della generazione dei modernisti (nato nel 1927) ma che aveva scelto, né mai cambiò idea, di esprimersi nell’idioma della generazione precedente. Per fortuna, direi io, non cambiò idea, perché in quella lingua musicale si espresse con proprietà e nello stesso tempo con una personalità inconfondibile.

 Vic Dickenson, per finire, è tutto quanto si possa desiderare dal trombone, e non è affatto poco.

 Everybody Loves My Baby (Palmer-Williams), da «Vic Dickenson Septet», Vanguard VRS 8520/1. Ruby Braff, cornetta; Vic Dickenson, trombone; Edmond Hall, clarinetto; Sir Charles Thompson, piano; Steve Jordan, chitarra; Walter Page, contrabbasso; Les Erskine, batteria. Registrato il 29 dicembre 1953.

 Nice Work If You Can Get It (Gershwin-Gershwin), ib. ma Lester «Shad» Collins, tromba, sostituisce Braff; Jo Jones, batteria, sostituisce Erskine. Registrato il 29 novembre 1954.

martedì 5 maggio 2015

The Mysticism Of My Sound (Don Cherry)

 Molti amici di Jazz nel pomeriggio, più di quanti mi aspettassi, si sono rammaricati del dissesto del blog e mi hanno esortato affinché riprenda in qualche modo la programmazione. Anche per sentimento di gratitudine verso costoro, oggi ricomincio a pubblicare, ma non sono ancora persuaso. 
 Come si vedrà subito, ho dovuto cambiare server dopo la cattiva, anzi pessima prova che di sé ha dato DivShare. Ho provato diversi servizi e direi che il solo che si sia mostrato vagamente pari al compito sia FileFactory, il quale offre gratuitamente un servizio simile in apparenza, ma in realtà più limitato, meno perspicuo e più laborioso nell’uso di quello di DivShare. Tanto per cominciare, lo streaming del file musicale non avviene sulla pagine del blog, ma richiede, tramite il link che fornisco, di andare a casa di FileFactory. Il procedimento di pubblicazione, da moderatamente complesso qual era con DivShare, è diventato macchinoso. Resta poi il fatto per me spiacevole che le musiche che ho pubblicato dal maggio del 2010 fino all’11 marzo scorso siano e siano destinate a rimanere mute, annichilatesi con tutto quanto malaccortamente confidato a DivShare «nella misteriosa nullità del potenziale di terra» (Gadda).
 Insomma, questa è una soluzione molto provvisoria e un po’ arronzata, una mezza baracca a cui ricorro più per horror vacui e per non perdere i contatti con il mondo che per altro. Quello che finirò per fare sarà di aprire un sito nuovo e chiudere questo una volta per tutte, ma ci voglio pensare bene e senza fretta.
 Intanto, eccoti as it was l’ultimo post preparato quasi due mesi fa, appena prima del rovinoso crash. Ti chiedo di segnalarmi i malfunzionamenti.

 Qualche settimana fa abbiamo ascoltato un lungo assolo di Roscoe Mitchell, che impersona uno dei vertici di astrazione raggiunti dalla musica afroamericana.

 Oggi qui c’è un altro esempio di jazz informale, di qualche anno prima e di segno espressivo opposto, tutto volto alla comunicazione e all’immediatezza. Da questa seduta abbiamo già sentito tempo fa.

The Mysticism Of My Sound (Cherry), da «Mu - Second Part», [Actuel] Spot 544. Don Cherry, piano; Ed Blackwell, batteria, percussioni. Registrato il 22 agosto 1969.