«Filles de Kilimanjaro» è uno dei dischi più famosi di Miles Davis e di tutto il jazz moderno, e pubblicarne un pezzo non è certo prova di grande originalità. Ma questo blog intende anche essere, latu sensu, un diario di ascolti e in questi giorni, stimolato da varî commenti a Stuff, ho ascoltato «Filles» per la prima volta dopo molto tempo.
È senz’altro un gran disco, che continua a non parermi all’altezza di un «Miles Smiles» o di un «Nefertiti». Comunque ha un fascino tutto suo, lievemente malsano, come tante cose degli ultimi anni di Miles prima del lungo ritiro. Ancora più che negli altri dischi del Secondo Quintetto, in «Filles» sembra di sentire un concerto o una suite per batteria e quartetto.
Petits Machins (Davis-Evans), da «Filles de Kilimanjaro», Columbia CK 86555. Miles Davis, tromba; Wayne Shorter, sax tenore; Herbie Hancock, piano elettrico; Ron Carter, basso elettrico; Tony Williams, batteria. Registrato il 20 giugno 1968.
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5 commenti:
E' questo il vero disco transizionale. Lo dice anche la foto in copertina. E forse senza Betty Mabry nulla di tutto questo (e di quello che verrà) sarebbe mai avvenuto - nel bene e nel male.
Curioso come Davis non abbia mai suonato dal vivo nessuno dei brani del disco. "Little Stuff" diventerà, qualche anno dopo, la sigla dell'orchestra di Gil Evans col titolo – forse quello originale – di "Eleven" (brano che comunque Gil non ha mai inciso in studio).
Nel 1971 un altro evansiano di ferro come il trombettista Johnny Coles ne incise una bella versione (come "Petits Machins") per la Mainstream in compagnia di trombone, tuba (Howard Johnson) e sax tenore, più Cedar Walton, Reggie Workman e Bruce Ditmas. Anche qui, a mio avviso, c'è la mano arrangiatoria di Evans o, quanto meno, di Howard Johnson, evansiano di ferro.
...erano tutti evansiani di ferro, insomma :-)
Bastava venire in contatto con Evans una volta per magnetizzarsi per sempre...
Chapeau!
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