Joe Pass alle prese con i Rolling Stones nel 1966: «necessity is the mother of invention» o, per dirla col Folengo, necessitas aguzzat ingegnum. Gli arrangiamenti per trombone choir di Bob Florence limano alquanto la vivida rozzezza degli originali e per quanto mi riguarda, poco appassionato come sono degli Stones, li migliorano.
Lady Jane (Jagger-Richard), da «The Stones Jazz», World Pacific WP-1854. Joe Pass con Milt Berhnardt, Dick Hamilton, Herbie Harper, Gale Martin, trombone; Dennis Budimir, chitarra; Bob Florence, piano e direzione; Ray Brown, contrabbasso; John Guerin, batteria; Victor Feldman, percussioni. Registrato il 20 luglio 1966.
Mother’s Little Helper (Jagger-Richards), id.
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3 commenti:
La World Pacific ha fatto anche di peggio (con o senza Bob Florence) in quegli anni con Chet Baker e Bud Shank, nonostante il sassofonista fosse abbastanza a suo agio col repertorio pop. Qui siamo in un territorio elegante, anche lontano anni luce dagli Stones.
Al povero Chet, invece, avevano preparato un'orchestra mariachi pensando che lui potesse fare il sostituto di Alpert...
scusate se parto per la tangente ma Pass mi fa venire in mente che sarei curioso di sentire la tua (la vostra) su Pasquale Grasso. Io ho lasciato da parte la prudenza da un po', per me è (nonostante il fatto che sia un passatista) un talento sensazionale. Non so, forse sono abbagliato dalla tecnica spaventosa (uno che prima ancora che altri chitarristi come Pass fa venire in mente un mix di Tatum, Bud Powell e Charlie Parker sulla chitarra), ma non mi sembra assolutamente solo un frulladita. Qualcuno dice che sia freddo (che non so bene come prendere come obiezione, visto che volendo c'è tutta la scuola cool piena di grandi musicisti), io resto ipnotizzato a sentirlo. Non so, sarei curioso di sentire qualche parere.
Marco non ama moltissimo la chitarra e penso che si asterrà dal giudizio.
Sulla bravura tecnica non ci sono problemi. Sul fatto che sia un passatista, direi che è secondario, visto che è nel filone mainstream che la chitarra ha dato il suo meglio nel jazz.
Il problema suo (e di molti chitarristi) è che pensano troppo in solitario (forse perchè quelli bravi sono autosufficienti) e poco al gruppo che li circinda. Nel senso che ci lavorano dopo per dargli un'identità complessiva.
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